Settembre è il mese perfetto per mettersi in cammino e percorrere strade di campagna e sentieri, in montagna, in collina, ma anche al mare. Se la canicola di agosto è un ricordo, la luce è invece ancora calda e intensa, capace di rivelare i più piccoli particolari della vegetazione, che, al fresco, rinasce. Se avete la possibilità di attendere l'arrivo dell'autunno organizzando qualche camminata, l'ultimo libro di Franco Faggiani, Verso la libertà con un bagaglio leggero, pubblicato da Aboca, si rivelerà una lettura piacevolissima, densa di significati e suggestioni.
Lo scrittore, camminatore di professione (ha scritto numerose guide itineranti, tra cui Il cammino Balteo, Sui sentieri del Tor, Sentiero Italia Cai Liguria-Piemonte, solo per citarne alcune, ma la sua esperienza in cammino si dipana davvero per vari continenti) ha scritto un volume sull'importanza dell'andare per sentieri. Senza fretta, senza correre. Osservando la natura, i suoi movimenti, anche impercettibili, le tracce umane, magari antiche di secoli, le impronte degli animali, soffermandosi sul potere taumaturgico del cammino.
Il volume, impreziosito da tantissime splendide fotografie, scattate dall'autore stesso, prende le mosse dai motivi che l'hanno spinto, nel tempo e ogni volta, a mettersi in cammino. Ragioni che potrebbero valere per ognuno di noi, ma che potrebbero anche essere diverse e personali. L'importante è armarsi di uno zaino leggero e partire.
Negli anni ho camminato in diversi posti nel mondo. per necessità, piacere, esplorazione, ricerca dell'incanto, per andare a fare compagnia a qualcuno o per togliermi di mezzo; per provare a vedere cosa c'è laggiù, oltre la foresta, o dopo quella montagna, quindi per curiosità, per stare da solo, per raffreddare le mie intemperanze, per provare un brivido o per cercare di cambiare. Perché qualcosa non va e allora andare a perdersi per qualche tempo lungo le rive di un fiume o in un bosco può servire. (p. 12)
Tutte cose che possono essere riassunte sotto la parola libertà. Perché camminare rende liberi da ogni costrizione, dal tempo, dai mezzi, anche dallo spazio perché a piedi si può andare quasi ovunque. Ognuno con il proprio passo, questo è l'importante.
Verso la libertà con un bagaglio leggero non è una guida, non un manuale, non troverete cartine, mappe, itinerari, ma come dice la copertina «riflessioni, suggestioni, pensieri volanti, racconti di viandanti solitari in luoghi visti o immaginati». Ci addentriamo quindi con l'autore per boschi e valli, incantandoci di fronte allo spettacolo della natura, imparando come, durante il cammino in solitudine, condizione privilegiata, il pensiero possa vagare libero, lasciando dietro di sé le angustie e concentrandosi sugli aspetti essenziali, diventando così acuto, chiaro e limpido. Un'esperienza comune, capita a tutti di schiarirsi le idee facendo due passi. Ma qui l'autore ne fa una condizione esistenziale. Ecco allora gli esempi di camminatori illustri, come il regista Werner Herzog che fece 900 chilometri a piedi, da Monaco di Baviera a Parigi, per andare a trovare un'amica in fin di vita, quasi una forma terapeutica per scongiurarne il male (cosa che evidentemente, per qualche strano miracolo, riuscì, visto che l'amica si riprese e visse per altri otto anni). O ancora il poeta francese Arthur Rimbaud che non lasciava recapiti perché non sapeva dove si sarebbe trovato il giorno dopo. O David Henry Thoreau, il precursore dell'ambientalismo che, dell'andare per boschi, fece un vero e proprio progetto di vita. Per non parlare di Aristotele che addirittura insegnava camminando.
Nel libro è poi la volta dei camminatori protagonisti dei romanzi di Faggiani, come i cavié, i raccoglitori di capelli che, nei secoli scorsi, percorrevano le valli tra Piemonte e Francia per raccogliere i capelli, in trecce tranciate, delle contadine che scambiavano l'unica cosa che possedevano, i loro lunghi capelli, con materiali di vario genere per la casa, pentole, coperte, vasellame. Sono questi i protagonisti del romanzo L'inventario delle nuvole. O ancora i maestri itineranti, gli insegnanti che prestavano la propria opera, all'epoca della Repubblica degli Escartons, quasi quattro secoli di istituzione nelle montagne francesi. Come Bertrand Guyot, il protagonista de Il maestro itinerante. Insieme a Faggiani percorriamo anche i sentieri dei caminant, gli uomini incaricati, fino addirittura al secolo scorso, di portare al legittimo proprietario il bestiame acquistato nei mercati e magari arrivato in qualche stazione sui treni merci, sentieri calpestati dalle mandrie, tracce labili, conosciute soltanto da quegli uomini (anche perché i rischi di furti erano frequenti), che diventano vie di comunicazione, percorse da cavalli, mucche, maiali, oche, capre. O le strade dei bergamini, i formidabili mungitori originari delle valli bergamasche, che prestavano la propria opera in tutta l'Italia del Nord, percorrendo, durante l'inverno in discesa, e in estate a ritroso, su verso le proprie valli, sentieri e piccole strade. Dalle mie parti (io sono cremonese), il mungitore tuttora si chiama bergamino. A riprova di una tradizione radicata nel tempo. Sentieri percorsi da milioni di passi che diventano il filo sottile che cuce, unendoli, i luoghi della Terra e con essi i popoli, gli usi, i costumi, le lingue, uomini e donne.
Non manca, infine, un accenno, seppure indiretto, a uno dei fenomeni che, quest'estate, hanno riempito le pagine dei giornali, il sovraffollamento di certi sentieri montani, quelli più "instagrammati". Un fenomeno già accaduto nell'Ottocento, a seguito del successo dei pittori en plein air, o alla Foresta di Barbizon, dove, a metà dell'Ottocento, si era creata una comunità artistica stabile che richiamava un gran flusso di turisti, come deprecato da una certa Amantine Aurore Lucile Dupin, ossia George Sand.
Oggi in questa estesa foresta ci sono circa 500 chilometri di sentieri, di varie lunghezze, adatti a camminatori esperti o ai primi passi, a comitive di pensionati con libri o cavalletti e colori nello zaino e a famiglie con bambini, a botanici, entomologi o semplici camminatori, desiderosi di percorrere qualche salutare chilometro tra i boschi (p. 150).
Ascoltiamo dunque il consiglio di Faggiani, riempiamo di poche cose un comodo zaino, solo l'essenziale, tutto il resto è superfluo e partiamo, lasciandoci trasportare dalla gioia del cammino, liberando la mente, aprendo gli occhi e il naso per lasciarci inebriare dalla bellezza e dal profumo della Natura.
Anche in questo libro, che non è un romanzo, nemmeno una guida, bensì una prova d'autore sui generis, Faggiani conferma la delicatezza della sua scrittura, così attenta e suggestiva, intensa e fine, descrittiva e profonda. A fare di questo volume un'opera preziosa, concorrono le fotografie, bellissime ed evocative, che accompagnano le pagine, come un controcanto d'immagine alla parola e alla riflessione.
Sabrina Miglio