di Sara Gambazza
Longanesi, giugno 2025
pp. 372
€ 18,60 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)
Non è per niente semplice crescere da sola due figlie piccole, a maggior ragione se si vive in una catapecchia e si ha solo il proprio corpo per guadagnare qualcosa. Anita, detta "Bórda", è una giovane e bella prostituta in un quartiere popolare di Parma. La incontriamo dapprima nel 1922, quando la sua primogenita Rosa è costretta a lasciare la scuola per andare a servizio e lavare le scale dei palazzi, mentre la sua secondogenita Ninfa è ancora una bimba di pochi anni. Rosa e Ninfa hanno sempre fame, ma hanno ormai imparato a non chiedere, perché la madre altro non può dare.
Lì al borgo, si sa bene come stringersi l'uno con l'altro, e sono soprattutto le donne a far fronte alla miseria come possono, ingegnandosi per procurarsi cibo, trovare lavoretti, assistere chi deve partorire, darsi una mano. Intanto, fuori imperversa il fascismo, che va affermandosi tra squadristi dalla violenza imprevedibile e provvedimenti drastici da un giorno con l'altro. Anita non ha paura di nessuno, ma sente di doversi preservare per il bene delle bambine, che non hanno nessun altro adulto di cui fidarsi.
Intanto, sulla riva del fiume Ninfa sogna famiglie che non si trovano nelle loro stesse condizioni e tiene nascosto un piccolo tesoro pieno di ninnoli e cose da nulla, che rappresentano però per lei un bene privato su cui fantasticare. Sì, perché la piccola ha bisogno di distrarsi per via di un dono che fin dalle prime pagine suscita lo sgomento in chi viene a scoprirlo: percepisce l'odore della morte in chi è ormai prossimo al trapasso. Un miracolo da condividere o una maledizione da tenere nascosta? Lo vedremo nel corso del romanzo.
In ogni caso, il focus non è su questo elemento magico o sovrannaturale che dir si voglia; al centro del romanzo, ci sono i rapporti familiari – non necessariamente di sangue, un po' come si era letto nel romanzo d'esordio Ci sono mani che odorano di buono (Longanesi, 2023). Anita è infatti una madre-tigre, che difende le sue piccole dal mondo esterno come a lei non è stato mai garantito; Rosa è la ragazzina più accondiscendente, che sacrifica i suoi desideri per le altre due donne della sua vita; Ninfa è anche lei portata ad adattarsi, a non lamentarsi mai e a rinunciare a ciò che la rende felice, se pensa che possa danneggiare la sorella.
Attorno a loro e a tanti personaggi secondari – ad esempio, le altre prostitute del borgo e i loro figli – si sviluppa una narrazione a tratti corale, che mostra come la Storia possa intrufolarsi o addirittura abbattersi sulle vite di tanti innocenti, che hanno chiesto solo di poter vivere dignitosamente. E come in un'altra recente opera, Promettimi che non moriremo di Mara Carollo (Rizzoli, 2025), Quando i fiori avranno tempo per me parte da memorie familiari (in questo caso, Ninfa è la nonna dell'autrice) su cui si costruisce un'epopea familiare di ampio respiro a sfondo storico, ben calata in una realtà in minore, che offre un punto di vista originale. Prosegue insomma questo bisogno di narrare a partire dalle proprie radici, confrontandosi con una realtà (anche geografica) che si conosce bene, trasfigurata però da un passato bellico. E Sara Gambazza riesce a essere convincente anche con questa sua seconda prova.
GMGhioni