«Essere frustata è stata la cosa più vicina al nulla che io abbia mai provato. Credo di aver bisogno del dolore. Forse ne abbiamo bisogno tutti.» (p. 127)
Ella Baxter, scrittrice australiana portata in Italia da Cantoni Editore nella collana Le Tele 2025, ci trascina nel caos emotivo di Amelia, una giovane truccatrice di cadaveri che, alla morte improvvisa della madre, crolla dentro un vuoto ingestibile. Per sfuggire al suo dolore, si rifugia in Tasmania dal padre biologico – un uomo che conosce a malapena – e lì comincia una discesa fisica e simbolica nel mondo del BDSM.
Ma Un nuovo animale non è un libro sul sesso. Non è nemmeno un libro sul BDSM. È un libro sul dolore, in tutte le sue forme. Sul tentativo maldestro e disperato di contenerlo, di trasformarlo, di renderlo visibile. In un primo momento, ciò che guida Amelia sembra una sorta di ninfomania: ha bisogno di sesso, non importa con chi. Ha bisogno di fondersi, per poi scomparire subito dopo. Il contatto fisico è una scorciatoia, una cura improvvisata. Un costume spesso, da indossare per isolarsi dai sensi di colpa: dissociazione. Ed è qui che il libro svela il suo centro. Il trauma non è rappresentato come un evento isolato, ma come una condizione persistente di scissione tra corpo e coscienza. Baxter questo lo sa bene. Sembra averlo vissuto, per quanto lo racconta con precisione e senza retorica.
La
sua scrittura è cruda, essenziale, ironica quando serve, ma mai compiaciuta. Il
ritmo è incalzante, quasi confessionale: spesso sembra che Amelia stia parlando
direttamente al lettore, riflettendo mentre trucca i corpi – quello di una
ragazza che si è tolta la vita, o quello di un neonato. Amelia è un personaggio
difficile da amare, ma profondamente onesto nella sua incapacità di elaborare
il dolore. Ha il talento di una mentalista: riesce a leggere la vita di una
persona attraverso i segni lasciati sul corpo. Perché i corpi, dice più volte,
sanno parlare. E lei, oltre ad ascoltarli, li rincuora:
Mentre spennello il trucco sul viso di Jennifer, vorrei poterle dire cosa comporterà questa giornata. Quanto sia importante per i suoi cari vederla così, quanto abbiano bisogno di osservare l’immagine di lei in pace prima di poter cominciare a sentirsi in pace a loro volta. (p. 27)
Tra
i tanti temi che Un nuovo animale porta in superficie, quello legato
alla famiglia è forse il più silenzioso e stratificato. Amelia non è figlia
adottiva, ma vive con Vincent, il compagno della madre, che ha sempre
considerato suo papà. Jack, il padre biologico, vive in Tasmania e ha mantenuto
con lei un rapporto distante, quasi formale. Dopo la morte della madre, Amelia
si ritrova in una terra di mezzo affettiva, costretta a confrontarsi con due
figure maschili che, solo ora, sembrano disposte a comportarsi da adulti. La
sua riflessione è amara e lucida:
La cosa triste è che avremmo potuto avere tutto questo anni fa, se avessero tutti accettato di bucare il proprio ego per il bene della famiglia. [...] È terribile che ci sia voluta la sua morte perché riuscissero a comportarsi così, con me. (p. 205)
È un momento chiave del romanzo, in cui Baxter riesce a condensare il nodo emotivo dell’intera vicenda: la possibilità di un legame c’era, ma è stata sprecata per orgoglio, paura o incapacità. La morte, ancora una volta, diventa rivelatrice. Ma, in modo beffardo, anche risolutiva. Solo in assenza della madre si creano finalmente equilibri, si aprono possibilità, si sgretolano le difese. Ed è proprio questo – il fatto che serva un lutto per far funzionare ciò che poteva funzionare in vita – a rendere tutto ancora più doloroso.
Un nuovo animale è un esordio potente e disturbante, che non offre consolazioni. Chi ha conosciuto il dolore sa quanto sia difficile raccontarlo; questo romanzo ci riesce, senza filtri né soluzioni, ma con verità:
C’è una quantità insostenibile di caos e di bellezza da sopportare e da ammirare per una breve, piccola vita. (p. 32)
Leonardo D'Isanto
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