L'amore tossico e il tunnel della dipendenza affettiva: "Gli uomini che fanno piangere" di Lucrezia Lerro






Gli uomini che fanno piangere
di Lucrezia Lerro
La Nave di Teseo, ottobre 2022

pp. 128
€17,10 (cartaceo)
€9,99 (ebook)


Mi sono accostata al nuovo romanzo di Lucrezia Lerro, Gli uomini che fanno piangere, con una certa curiosità. Il libro si incentra su uno dei temi caldi del nostro tempo: il narcisismo patologico e la dipendenza affettiva. Negli anni recenti, gli sviluppi degli studi psicologici e la contestuale attenzione alla salute mentale hanno rivelato qualcosa che fino a pochi decenni fa non era neanche pensabile: alcune aree del cervello che si attivano quando si soffre di una dipendenza da sostanze possono essere messe in funzione anche nel momento in cui si è vittime di rapporti sentimentali tossici, che sfociano nella dipendenza affettiva. Un argomento affascinante, che impone una rivalutazione dei modi in cui letteratura, società e cultura ci hanno sempre raccontato l’amore: ne verrebbero fuori nutrite riflessioni antropologiche, per le quali non è questa la sede opportuna.

In questo contesto, possiamo soltanto limitarci a dare un giudizio sui libri che, non senza una buona dose di coraggio, provano a mettere nero su bianco una condizione che fin troppe persone hanno vissuto almeno una volta nella vita, magari senza averne piena consapevolezza. Lucrezia Lerro ci racconta una storia di dipendenza affettiva che segue lo schema più classico, ormai ampiamente riconosciuto dagli psicologi. Ornella è una pittrice affermata e, come tutte le persone che tendono a cadere vittime di amori disfunzionali, custodisce in un angolo del proprio sé alcuni conflitti irrisolti. Non è un caso che l’autrice (in questo scrupolosa) ci presenti la protagonista rimarcandone il passato difficile, incrinato da una dipendenza nei confronti del cibo che tuttora incombe minacciosa, ma in altre forme. Il buio spazio interiore che per tanti anni di vita è stato occupato dal cibo accoglie improvvisamente un altro destinatario, un altro usurpatore: l’amore. Non è semplice definire l’idea di amore della protagonista, che poco ha a che fare con quanto di positivo e luminoso possono donare i sentimenti. Potremmo usare le sue parole: per lei è la sintesi di amore immaginato, amore sognato e amore reale. Si sa, quando qualcosa viene sognato intensamente e a lungo finisce per perdere i suoi contorni di realtà, distaccandosi in misura sempre maggiore da ciò che il mondo ha davvero da offrire. Ornella idealizza l’amore fino a smarrire un’idea razionale di ciò che dovrebbe essere, e questo è il momento in cui, ancora prima di incontrare la persona fatidica, si gettano le basi per la dipendenza affettiva.

Durante una lezione privata con un professore di francese, Ornella si lascia catturare dal racconto dell'insegnante riguardo questo noto medico, tanto affascinante quando subdolo nell’arte della manipolazione. Scatta un meccanismo dentro di lei, lo stesso che la attirava verso la dipendenza per il cibo, e fa di tutto per conoscerlo, riuscendo infine nel suo intento. È qui che c’è un punto di rottura: Ornella, donna emancipata e indipendente fino a un momento prima, cade vittima di una forza irrazionale che la trascina in basso, nel luogo dove la ragione si piega alle oscure leggi della dipendenza affettiva. Diversamente da quanto avviene nello schema classico di un amore tossico, però, non c’è una fase in cui ci si illude di un amore. L’uomo, al contrario, da un lato sfrutta tutte le proprie abilità seduttive per attrarre Ornella a sé, dall’altro sottolinea costantemente il fatto che la sua vita sia con un’altra donna, la moglie, con la quale è felice (perlomeno in apparenza). Alla protagonista non viene lasciato spazio per l’illusione, pure si inganna credendo contro ogni logica che ci sia qualcosa di speciale che la lega a quell’uomo. Dopo aver toccato il fondo, Ornella riemerge dal baratro e nelle pagine finali leggiamo la sua rinascita, la volontà di trasformare ciò che resta della sua relazione malata in immagini e colori sulle sue amate tele. Si può guarire solo smettendo di proiettare sugli altri un amore che va destinato in primo luogo a sé stessi, questo è ciò che Ornella impara dalla sua esperienza e da qui riparte per rimettere insieme i pezzi della sua vita.

Credo che il valore di questo libro possa misurarsi in relazione alle aspettative che si hanno. Confesso che mi aspettavo una storia incanalata in una direzione più profonda, e questo è probabilmente legato al livello di conoscenza che si ha del tema. Nonostante affronti un argomento tutt’altro che leggero, il libro non trasmette appieno il dolore che si cela dietro a questo tipo di esperienza. Al contrario, in alcuni punti il sentimento estremo di Ornella viene presentato in maniera poco complessa, associato più a un delirio pseudo adolescenziale che a un disagio profondo che realmente può colpire persone adulte e affermate. Forse si tratta di un’impostazione narrativa voluta, al fine di proporre una trattazione dell’argomento più leggera, probabilmente adatta a un pubblico giovane. È sicuramente meno impattante agli occhi di un pubblico adulto che può avere maggiore difficoltà a empatizzare con la protagonista, proprio perché non vengono sviscerate a fondo le dinamiche subdole innescate dalla dipendenza affettiva. I fatti stessi, a dire il vero, possono risultare un po’ strampalati, a partire dall’inverosimile sfogo del professore di francese durante la lezione privata: è ciò che avvia la storia, ma a mio avviso rischia di apparire forzato. In conclusione, il messaggio del romanzo è nobile, ma mi sentirei di consigliarlo a giovani lettori e lettrici che devono perlomeno iniziare a sentir parlare di amore tossico e narcisismo. Lo trovo meno indicato, invece, per coloro che hanno subìto sulla propria pelle un’esperienza di questo tipo e cercano una lettura in grado di aiutarli a comprendere meglio il trauma, in quanto ritengo abbastanza alto il rischio di non riconoscersi.

Alessia Martoni