in

Di peccati, cibo e redenzione: «La custode dei peccati» di Megan Campisi

- -


La custode dei peccati
di Megan Campisi
traduzione di Alessandro Storti
Nord, 2022

pp. 400
€ 19 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)


Ci vuole almeno una speranza di liberarsi dal rimpianto, dal tormento, dal dolore – allo stesso modo in cui un serpente si libera della vecchia pelle – e andare incontro alla morte liberi e leggeri. Se così non fosse, la vita sarebbe insostenibile. (p. 170)

Il romanzo che segna l’esordio in narrativa di Megan Campisi – già drammaturga, scrittrice, insegnante ed ex guardia forestale e sous-chef – affonda le radici, nonostante i tentativi di ingannare il lettore con nomi di pura invenzione, in un periodo storico ben preciso della nostra epoca moderna, vale a dire l’Inghilterra del Sedicesimo secolo, nello specifico il regno di Elisabetta I. Per quanto mascherati, infatti, è possibile riconoscere Enrico VIII dietro il fittizio re Aroldo II, così come la regina Bethany è facilmente associabile a Elisabetta I. Allo stesso modo lo scontro religioso fra Eucaristiani e Creatoriti ricalca a grandi linee quanto realmente accaduto fra cattolici e anglicani dopo lo scisma provocato da Enrico VIII.

C’è da dire che se, da un lato, lo stratagemma di utilizzare personaggi di pura invenzione funziona in quanto consente alla Campisi di narrare vicende su un campo libero da paletti dovuti alla aderenza storica, dall’altro lato la facile associazione fra finzione e realtà porta il lettore a gettare l’occhio in quello che potremmo definire un “al-di-qua storicamente fondato". Volendo cercare il pelo nell’uovo, in diversi passaggi la sensazione è che l’autrice abbia voluto tenere il famoso piede in due scarpe, quasi come se temesse di importunare qualcuno utilizzando nomi e vicende reali, oppure come se non volesse essere troppo vincolata alla storia dell’Inghilterra del Cinquecento ma, al contempo, avesse avuto bisogno di un periodo ben definito e facilmente riconoscibile per evitare di doversi dilungare troppo nella spiegazione di fatti di pura invenzione. Il quale, in fin dei conti, è un problema tipico dei fantasy, nei quali gli autori devono spendere una buona parte del testo a delineare i caratteri di un mondo totalmente inventato. 

Al di là di questo elemento critico, la trama della Custode dei peccati – curiosa la scelta di tradurre così un titolo semplice come Sin Eater, laddove in tutto il libro la protagonista May viene chiamata giustamente “mangiapeccati” o “mangiatrice di peccati” – decolla sin dalle prime pagine e mantiene alto il ritmo per tutto il tempo, pur con cali fisiologici dovuti alla lunghezza del testo. Lentamente ma con costanza, la trama si “ingrossa” come un fiume che dalla sorgente acquisisce man mano altri affluenti: se all’inizio siamo preoccupati per le sorti della giovane May Owens – orfana, povera, illetterata –, quasi subito assistiamo ai suoi primi giorni da mangiapeccati e a intrattenerci è la curiosità verso gli usi e i costumi di questo alter locus inglese, finché non intervengono gli intrighi di corte e la componente thriller del testo prende il volo.

Dei vari attributi di May Owens quello che maggiormente influenza le sue vicende è il suo essere analfabeta, che si associa ben presto all’obbligo di restare muta in quanto mangiapeccati. La protagonista, infatti, pur dimostrando notevole intelligenza, fa fatica a comprendere molte delle dinamiche che le capitano attorno in quanto immersa nell’ignoranza tipica del popolo incolto dell’epoca medievale e moderna. Preda facile di credenze religiose e mistiche senza alcun fondamento concreto – curioso è l’incontro con esponenti di altre culture i quali irridono l’uso di mangiare cibi per liberarsi dai peccati –, May è costretta ad affidarsi ad altri individui per poter comprendere cosa sta accadendo intorno a sé, magari anche solo per decifrare un testo o indovinare il significato di una singola parola. Megan Campisi riesce benissimo a trasmettere nel lettore il senso di precarietà e confusione che avvolge la mente della persona sperduta in un mondo fatto di lettere e parole sconosciute. Se a tutto questo aggiungiamo il fatto che la protagonista è una donna appartenente agli strati più bassi di una società contadina, abbiamo il quadro della situazione: solo il suo ruolo da mangiapeccati – che è fondamentale quale elemento salvifico delle anime altrui e al contempo considerato da tutti una maledizione – la salva, in fin dei conti, da una vita di stenti e indifferenza.

La custode dei peccati è in conclusione un romanzo di notevole spessore, in cui molti temi oggi attualissimi come il ruolo della donna e il rapporto fra fede e scienza si concentrano in una trama ben articolata, quasi sempre imprevedibile e non banale nel finale. C’è forse qualche margine di miglioramento nella scrittura di Megan Campisi, della quale attendiamo una nuova opera per confermare la sua bravura.


David Valentini