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"Il gesto sacro. Una conversazione con Mario Botta" a cura di Sergio Massironi, Beatrice Basile

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Il gesto sacro 
Una conversazione con Mario Botta 
a cura di Sergio Massironi, Beatrice Basile 
Electa, 2020 

pp. 132 
€ 22 (cartaceo)



Sergio Massironi, autore del libro, non intende scrivere un libro, il giorno in cui incontra Mario Botta. La sua intenzione è quella di intervistare l’architetto ticinese per “L’Osservatore Romano”, in occasione dell’assegnazione del premio Ratzinger 2018. I due si erano incontrati in occasione della proiezione a Mendrisio di “Oltre Lo spazio” - il documentario incentrato sulla vita ed opera di Mario Botta, presentato al festival del cinema di Locarno di quell’anno. 
Sergio Massironi non si aspetta di essere accolto da un uomo, che nonostante la notorietà mondiale, conquistata a pieno merito, ha preservato l’unicità di un carattere affabile, concreto e disponibile all’ascolto. Così nasce una conversazione, che va ben oltre le iniziali aspettative e che raccoglie, a più riprese, riflessioni e dettagli importanti sulla pratica dell’architettura ed il suo significato. 
Il gesto ed il sacro, questi due termini fusi nel titolo del libro, contengono due degli indizi fondamentali per decifrare l’intera opera dell’architetto svizzero. Il gesto, il segno, è quello della matita, che Botta utilizza per creare le sue opere, tracciando linee sulla carta, che strato dopo strato rispondono alle esigenze espresse dal sito su cui l’architettura sarà costruita. In quella precisa operazione si nasconde la filosofia dell’infinito, della linea d’orizzonte che si sposta man mano che l’individuo si avvicina. Una linea che non nasconde, ma connota. Non limita, ma estende. Contrariamente alla stampa di un plotter, la matita può assorbire nuove critiche, riflessioni sulla materia, lo stile, la funzione. Le tramature si arricchiscono di bianco e nero, sfumandosi o incupendosi, sotto il peso della gravità. Il sacro è la soglia, il limite tra il finito ed infinito, che raccoglie ogni riflessione dell’animo. Ed è proprio all’interno dell’elemento sacro che Botta rivela di aver definitivamente trovato i fondamenti base della sua disciplina: 
“attraverso gli edifici di culto ho l’impressione di aver individuato le radici profonde dell’architettura stessa. I concetti di gravità, di soglia e di luce come generatrice dello spazio, il gioco delle proporzioni e l’andamento ritmico degli elementi costruttivi, fanno riscoprire all’architetto le ragioni primarie, di matrice in qualche modo sacra, dell’architettura stessa.” 
Il 25 aprile del 1986, un’enorme valanga travolge il piccolo paese della Vallemaggia, Mogno, in Svizzera. Una dozzina di case vengono distrutte insieme alla chiesa dedicata a San Giovanni Battista del 1600. Il comitato di ricostruzione affida la ricostruzione dell’edificio sacro a Mario Botta, che in quattro anni, dal 1992 al 1996, edifica su quello stesso sito una chiesa di piccole dimensioni. È questo edificio, primo nel suo genere, a segnare una svolta nella carriera dell’architetto in età matura. 

La chiesa di Maggio si sviluppa su pianta ellittica, ha piccole dimensioni ed è collocata all’interno di un maestoso panorama, ai margini di un villaggio di montagna. Botta, per la prima volta, si confronta con un edificio di culto e la sintesi formale a cui approda non ha precedenti nell’antologia delle sue architetture. La sezione del solido di base è circolare, il corpo cilindrico della costruzione è in pietra viva, mentre il lucernario, che ricopre l’intera area, è inclinato. I conci di pietra non si appoggiano come giunti assemblati, oggetti inerti, ma palesano la nobile pesantezza della materia di cui sono costituiti, sprofondando nel terreno, come l’impatto cosmico dell’elemento naturale, che incontra il suolo e la gravità terrestre. Il sacro incontra l’uomo. Si ipotizza che l’ispirazione per questo edificio possa essere nata nel lontano 1965, quando Maro Botta lavorava a Parigi, nell’atelier di Sevres, in cui Oubrerie conduceva studi per ultimare la chiesa di Le Corbusier a Firminy ed i bozzetti per le chiese erano stati pubblicati su riviste specializzate come “L’Art Sacre”. 

Diverse ipotesi teorizzano come la sintesi formale di Mogno rappresenti la trasposizione dell’idea “circolare” dalla Casa Rotonda dell’uomo a quella di Dio per semplice comparazione di due luoghi con diverse interpretazioni dell’idea di abitare, fornendo una attendibile interpretazione anche per il progetto della cattedrale di Evry. Entrambe le Chiese sono attraversate dalla luce del sole, che filtra dai lucernai. 

Il muro delle pareti curve sfugge alla misurazione. La perfezione materica inganna lo sguardo, così che spessore e lunghezza restano sconosciuti, mentre il limite della linea che chiude, diviene al tempo stesso, inizio e fine della parete che avvolge lo spazio. 

Il nutrito compendium di immagini, fotografie e bozzetti raccolti all’interno Il Gesto Sacro mostra il progresso delle opere architettoniche create durante la carriera dell’Architetto, passando in rassegna il famoso rifacimento del Teatro alla Scala di Milano, del MART di Rovereto, del MoMa di San Francisco, si affonda nella dimensione dell’architettura dedicata al culto religioso, la Cattedrale di Evry (1995); la Chiesa di San Giovanni Battista a Mogno (1998); la Sinagoga Cymbalista e il Centro dell'eredità ebraica a Tel Aviv (1998); la Chiesa Papa Giovanni XXIII a Seriate (2004); il Monastero dei Santi Apostoli Pietro e Andrea a Leopoli in Ucraina (2014). 

Sergio Massironi e Beatrice Basile, giovane studentessa al Politecnico di Milano, conversano (più che intervistare) con Mario Botta, che architetto di rilevanza planetaria lo è davvero diventato, mentre Alessandro Nanni, fotografo, e Riccardo Cavallaro, grafico, arricchiscono il volume con una serie di scatti sul «Botta sacro» e un layout dall’ariosità che certamente merita la gratitudine del lettore.

La conversazione tra Massironi, Beatrice Basile e Botta si completa con l’analisi degli elementi fondamentali dell’architettura, a ciascuno dei quali è dedicato un capitolo, con riferimenti ai Maestri che hanno influenzato l’opera di Mario Botta, da Le Corbusier a Louis Khan a Carlo Scarpa. Il fotografo Alessandro Nanni ed il grafico Riccardo Cavallaro arricchiscono il volume, rispettivamente con una serie di scatti ed un impaginato di particolare gusto e compostezza.

Nella costruzione di spazi vivibili, a misura d’uomo, i punti di resistenza e di nuovo inizio, a fronte di molte derive nell'evoluzione delle città, sono gli elementi fondanti di un’architettura che volge lo sguardo all’intera storia dell’umanità, per trarre la sua forza, per esprimere la concretezza della più alta espressione formale della stessa razza umana. 

Elena Arzani
@arzanicurates