RileggiamoConVoi - marzo 2020: come non farci prendere dal panico





Buongiorno lettori!
Speriamo che questo marzo porti via il contagio e allontani anche il panico da tanti di noi.
Per chi è a casa, ma anche per chi viaggia e porta con sé un po' di inquietudine, abbiamo pensato di consigliare titoli utili a distrarvi, e capirete perché! 
Come sempre, oltre al consiglio trovate il link per poter approfondire il testo con le nostre recensioni e capire se il libro fa davvero al caso vostro.
Anche questo mese le foto sono a cura di ©Elena Ghioni (varie vedute del Lago d'Orta), che ringraziamo. 

Keep quiet and read a book!
La Redazione

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Carolina consiglia: 
“Per ridere aggiungere acqua” di Marco Malvaldi (Rizzoli)
Perché in questi giorni sembra dilagare nelle città un panico talvolta incontrollato: la gente si assiepa nei supermercati per ammonticchiare nei carrelli confezioni su confezioni di pelati e latte in polvere, salvo poi darsi alla fuga appena il vicino di coda emette un colpo di tosse; sul web proliferano articoli che oscillano tra la conta dei caduti e proiezioni allarmistiche sulla sopravvivenza del genere umano. In questi giorni, dunque, una prospettiva ironica sul reale può essere un’arma di difesa e una fonte di salvezza. Forse l’unica, dopo l’Amuchina. Malvaldi ci accompagna, con passo lieve e una fitta rassegna di aneddoti divertenti, sulla via dell’umorismo, mostrandoci da dove nasce, quali vantaggi ce ne derivano, come possiamo sfruttarlo per stare e vivere meglio. 
A chi: agli ipocondriaci cronici che, come la sottoscritta, vorrebbero però redimersi. A chi non sa bene come passare le giornate di reclusione forzata (a causa del virus, o più semplicemente del maltempo). A chi vuole capire meglio perché l’ignoranza è spesso incompatibile con l’ironia. A chi crede nel celebre assunto filosofico: “Rido, quindi sono”.

Cecilia consiglia: 
"IMAGINARIUM. Un compendio di ispirazioni" di Sibella Court (Ippocampo)
Perché: perché in caso di panico ogni persona dotata di una vivida immaginazione rischia di trasformare questa risorsa in uno strumento di autosabotaggio, ritrovandosi a vivere nella paura di pericoli inesistenti o evidentemente distorti da una percezione irrazionale della realtà: molto meglio esaltare la propria attitudine a fantasticare prendendo spunto da un libro che non solo placa gli animi in virtù della sua eccellente veste grafica e fotografica, ma eleva lo spirito grazie alla potenza evocativa di dettagli, paesaggi e vedute d'interni su cui lo sguardo di Sibella Court si è già posato con amore e giudizio, alla ricerca di quella pace e quel benessere interiore che derivano dalla rievocazione di ricordi piacevoli o dal vagheggiamento di quelli che potrebbero diventarlo. 
A chi: a chi, costretto a stare a casa per l'emergenza coronavirus, si sente inibito dalla permanenza forzata tra le mura domestiche e prova il bisogno di spaziare altrove con la mente; a chi, frastornato da un'informazione cacofonica e contraddittoria tutta basata su descrizioni a effetto, preferisce il silenzio suggestivo di immagini gentili ma non meno ricche di storie possibili; a chi semplicemente desidera spegnere la TV, il PC e lo smartphone e abbandonarsi tra pagine che chiedono solo la disponibilità del nostro animo ad aprirsi su orizzonti narrativi ricchi di fascino e ispirazione.

Debora consiglia: 
"Uomini di poca fede" di Nickolas Butler (Marsilio) 
Perché: forse una delle lezioni che dovremmo trarre da questi giorni strani è il recupero del senso di comunità. Nelle storie di Butler e anche in questo suo ultimo romanzo, si avverte il calore di quegli affetti, di casa, famiglia e amici, di chi condivide fatiche, gioie e difficoltà. Torniamo a essere umani, prima di tutto. E cerchiamo conforto nelle storie, nella letteratura. 
A chi: agli individualisti, per rendersi conto che un po' di solidarietà fra persone è proprio quello che serve, sempre. A chi viaggia lontano, fisicamente o solo con la fantasia, e sogna di essere lì, in quella piccola comunità del Wisconsin, a osservare il ritmo lento delle stagioni che cambiano, il cuore degli uomini uniti dalla fatica e da uno sguardo compassionevole sul mondo.

Giulia consiglia: 
"L'allegra apocalisse" di Arto Paasilinna (Iperborea)
Perché: se l'autore finlandese avesse visto la diffusione del coronavirus, avrebbe avuto tra le mani l'ennesimo capolavoro. Arto Paasilinna non ha paura del tema della morte. Il suo umorismo ammanta anche gli aspetti più tragici della vita, apocalisse nucleare inclusa. Il concetto è che basta essere preparati e con un pizzico di ironia per sopravvivere a tutto perché la morte è solo il seme per una nuova rinascita. Crolli Babilonia, New York sia sommersa dalla spazzatura, si sposti l'asse terrestre: basta che, da qualche parte, ci sia un vecchio bruciachiese comunista che ha lasciato i fondi per la costruzione di quella che diventerà il nuovo punto di partenza per la razza umana. 
A chi: ai relativisti. Abbiamo superato il Millenium Bug, sappiamo da anni, ingozzati come siamo di film apocalittici e, ahimè, anche osservando la realtà intorno a noi, che la fine della nostra civiltà a un certo punto arriverà. Ma i relativisti sanno anche che sia noi che il pianeta troveremo il modo di adattarci e sopravvivere. Sempre che si abbia una buona scorta di grappa e coregonini.

Gloria consiglia:
"Inventario di un cuore in allarme" di Lorenzo Marone (Einaudi)
Perché: se non lo provate sulla vostra pelle, spesso non capite le fobie degli ipocondriaci e in questi giorni di pura follia vi sarete chiesti se la gente sia improvvisamente ammattita. Invece, semplicemente, il coronavirus ha smosso le classiche paure di chi teme per la propria salute in modo esagerato, oltre qualsiasi razionalità. E a volte è utile immergersi invece nella realtà degli altri, comprendere a fondo come si vive a essere ipocondriaci, anche grazie il romanzo autobiografico di Lorenzo Marone, ironico e al tempo stesso estremamente vivido nel presentare la vita di un ipocondriaco e le mille accortezze che deve avere chi gli vive accanto.
A chi: a chi è fatalista, per imparare a guardare oltre il suo vivere "audacemente"; ma anche a chi si sente ipocondriaco, per capire se l'etichetta che si auto-affibbia o che gli affibbiano gli altri sia veritiera o meno. In ogni caso, ci si sente umanamente capiti. E, sì, per leggere questo libro non serve l'amuchina. 

Sabrina consiglia: 
"L'arte della fuga" di Fredrik Sjöberg (Iperborea)
Perché: innanzitutto per l'invito contenuto nel titolo stesso. Di fronte a un bombardamento mediatico senza precedenti che infonde e diffonde panico, di fronte a notizie date da giornalisti con voce concitata, dirette televisive fuori dagli ospedali o dalle strutture di quarantena, numeri che avanzano progressivamente (cosa che di fronte a un virus influenzale non può avvenire diversamente), forse è proprio il caso di coltivare l'arte della fuga. Almeno mentale. Trovare qualche ora di serenità sulle tracce di Gunnar Widforss, il pittore dei Parchi nazionali d'America, è un respiro di serenità. Perdersi nell'immensità del Gran Canyon, nel deserto multicolore della Death Valley, nel verde degli alberi giganteschi dello Yosemite Park attraverso i suoi delicatissimi acquerelli è un viaggio che non può fare che bene. 
A chi: a chi vive nelle regioni in questo momento colpite da una serie di restrizioni che interrompono il ritmo civile e quotidiano della vita. Perché in questo momento di esasperazione (e per qualcuno, e il nostro pensiero va a loro, di preoccupazione) possano affacciarsi sulle meraviglie della natura, sulla grandiosità di certi paesaggi così lontani da noi che consentono allo sguardo e al pensiero di vagare liberamente, con leggerezza nell'aria pura dei Parchi. E perché possano trovare nella scrittura così nordica, ironica e disincantata di Sjöberg un ottimo contraltare a tutte le voci agitate che ci circondano in queste settimane.

Samantha consiglia: 
"La vita automatica" di Christian Oster (Clichy)
Perché dovremmo fare tutti come il protagonista Jean e utilizzare la tecnica del disinnescare, ovvero lasciar perdere i drammi, più o meno grandi, che nella vita possono colpirci e andare avanti, sempre, nonostante tutto. Nella vita di Jean tutto comincia con un incendio, ma il protagonista, invece di disperarsi, decide di partire, mentre tutta la sua vita e i suoi ricordi bruciano dentro casa, raccoglie le poche cose essenziali che riesce a salvare e si allontana a piedi, alla volta della stazione. Dalla campagna decide di trasferirsi a Parigi, senza chiedersi troppo come sopravviverà. La situazione poi prenderà delle pieghe paradossali ma il succo del discorso non cambia, quando tutto attorno a noi brucia, camminiamo guardando avanti, e cerchiamo di capire da che parte è la prossima strada verso un nuovo futuro. 
A chi: A coloro che pensano di poter controllare tutto, di avere sotto controllo ogni singolo gesto e finiscono per essere prigionieri delle loro stesse abitudini; il rischio di perdere di vista la dura realtà, ovvero che sono tante le incognite che ci riserva il destino, ad ogni passo, è il prezzo che si paga. In verità noi incidiamo in minima parte su ciò che ci succede, possiamo però scegliere in che modo rapportarci di fronte a queste incognite, comprendendo che siamo noi a dover cambiare punto di vista e non gli avvenimenti ad essere soggiogati al nostro volere. Magari senza perderci nel labirinto della nostra vita automatica.