Leggere per vivere: il pensiero di Hearn


Leggere
di Lafcadio Hearn
Elliot, 2019

Traduzione di Emanuela Sarti

pp. 41
€ 5,00 (cartaceo)

Poche densissime pagine compongono questo libretto di Lafcadio Hearn, ma al suo interno le lezioni sulla letteratura e la scrittura ci svelano verità universali indispensabili per ogni lettore che si rispetti.
Innanzitutto è bene spendere due parole sull’autore. Eclettico pensatore, studioso incredibile e capacissimo, nato da padre irlandese nel 1850 in una delle isole Ionie, Leucade, si trasferì a Dublino all’età di sei anni, mentre a 19 anni fu mandato a vivere in Ohio.
Dopo un periodo di vicissitudini finanziarie che lo portarono alla totale povertà, iniziò, grazie a un amico, la carriera giornalistica. Fu corrispondente nelle Indie Occidentali e nel 1889 si recò in Giappone, che divenne presto la sua nuova patria. Fu amante di questa cultura, sposò Setsu Koizumi e venne naturalizzato giapponese con il nome di Koizumi Yakumo.
Per i giapponesi è uno scrittore notissimo, conosciuto per le sue raccolte di leggende giapponesi e per le storie di fantasmi. Ed è incredibile la sua capacità di calarsi in una cultura tanto lontana dalla sua.  Ora la casa editrice Elliot pubblica, per la prima volta in Italia, le sue lezioni sulla Letteratura, con la traduzione dall’inglese di Emanuela Sarti.
Non sono semplici riflessioni, ma veri e propri consigli su come si legge un libro e su quali libri sia necessario leggere, oltre che sulla serietà con cui bisognerebbe accostarsi a ogni opera d’arte:
Migliaia e migliaia di libri vengono comprati ogni anno, ogni mese, potrei persino dire ogni giorno, da persone che non leggono affatto, ma credono di farlo. Comprano libri solo per divertirsi, “per ammazzare il tempo”, come dicono; in un’ora o due i loro occhi hanno sorvolato tutte le pagine e nella loro mente è rimasta una vaga idea o poco più di ciò che hanno guardato; credono davvero che questo sia leggere. (p. 6)
Il suo giudizio potrebbe sembrare severo o elitario; in realtà, il suo è un modo per affermare quanta serietà dovrebbe esserci nell’affrontare un testo, e parimenti, se il testo non riesce a garantirci una lettura su più piani, quanto sia inutile dedicarsi a libri che non sono in grado di lasciare in noi una traccia, di portarci a un livello più alto del semplice godimento.
Un altro importante punto trattato nella sua interessante e condivisibile analisi riguarda la lettura delle opere in originale, punto su cui si trovano d’accordo tanti intellettuali del nostro tempo, e che denota la modernità del pensiero di Hearn. La fruizione consapevole è, in sostanza, la tesi di fondo che aleggia all’interno di questi consigli. Considerando il tempo come un bene da non sprecare e la mente di ogni studioso come uno scrigno da arricchire, non bisognerebbe mai, secondo Hearn, prestare troppa attenzione a libri che non meritano tale cura, considerando che il “lettore professionista” possiede la capacità di cogliere la differenza tra ciò che è meritevole e ciò che non lo è, già ad un primo sguardo.
Alcuni manoscritti hanno un minuto o addirittura cinque minuti della sua attenzione; sono davvero pochi quelli che ricevono maggiore considerazione. Su sedicimila, possiamo supporre che sedici verranno alla fine selezionati per un giudizio. Questi verranno letti dall'inizio alla fine. Una volta letti, deciderà che solo otto continueranno il loro percorso.
Insomma alla fine si arriverà, attraverso un procedimento in cui la logica lascia spazio anche all’intuito, a una scrematura che vedrà vincere un solo manoscritto tra tutti, e questo, secondo il nostro scrittore, è anche il procedimento che regola la scelta all’interno delle grandi case editrici, anche se, non essendo un ingenuo e aprendo una polemica con alcune scelte che sono discutibili anche oggi, è sempre il gusto del pubblico che riesce ad avere la meglio su alcune pubblicazioni, e non sempre questo è sinonimo di qualità. 
Chissà cosa avrebbe detto Hearn del movimento creato dai social sul mondo editoriale, e del culto del libro come oggetto?! Non ci è dato saperlo, ma possiamo intuirlo, visto che uno dei suoi consigli riguarda anche la rilettura. Un’opera dovrebbe essere scelta solo se la riteniamo fruibile più di una volta, ovvero se pensiamo che ci piacerebbe rileggerla, perché a ogni età e in tempi diversi sarà in grado di dirci qualcosa di nuovo, che prima non eravamo in grado di cogliere.
Interessante è anche la visione che l’autore ha sul legame strettissimo che intrattengono letteratura e politica e su come i libri siano in grado di influenzare l’opinione pubblica. La formazione della coscienza collettiva non può essere demandata solo ai giornali, e ricordiamoci che a dirlo è un uomo che ha dedicato gran parte della sua vita al mestiere di giornalista, ma la vera forza che modella l’opinione, soprattutto verso le altre nazioni, è quella della letteratura.
L’opinione pubblica, per come la concepisco io, non è affatto una forza intellettuale. Non potrebbe mai costituire una forza intellettuale. È principalmente emozionale e può essere una forza morale, nulla di più. Nonostante questo, persino i ministri di Stato inglese devono rispettarla sempre e infatti le devono obbedire molto spesso. (p. 32)
Senza alcuna pretesa di verità assoluta nelle sue parole, il ciclo di lezioni si conclude con un monito da rispettare, ovvero leggere le opinioni di questo letterato come utili consigli e ricordarsi che un uomo di lettere può coi suoi libri, in certi tempi, essere più determinante di una battaglia vinta, e anche questa è una cosa da non sottovalutare mai.

Samantha Viva




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