#CritiMUSICA - Sbam! di Jovanotti

SBAM!
di Lorenzo Cherubini - Jovanotti
Edizioni Mondadori, 2017
Collana Arcobaleno


pp.180
€18,00 (cartaceo)
Gli autori presenti nel libro sono: Andrea Bajani, Franco Cava, Giovanni Soldini, Davide Toffolo, Michele Lupi, Bombino, Vasco Brondi, Paolo Benanti, Francesca Valiani, Federico Taddia, Mariangela Gualtieri, Sergio Ramazzotti, Dave Eggers, Zadie Smith, Vasilij Grossman, Piero Negri, Gabriel García Márquez, Telmo Pievani, Donatella Di Pietrantonio, Paolo Baldini, Iacopo Barison, Emma Rathbone.



Il nuovo libro di Lorenzo Cherubini, in arte Jovanotti, si configura come una nuova e interessante proposta nel panorama editoriale, a cavallo tra una rivista e un diario di viaggio, un susseguirsi variopinto e incalzante di colori e forme dal ritmo interessante preso in prestito alla musica. Sbam! è stato scritto durante il periodo di lavorazione del nuovo album discografico Oh Vita! uscito per Universal, che contiene un brano dal titolo omonimo. In modo fresco, attraverso un layout moderno, Jovanotti svela il dietro le quinte del suo percorso creativo, di quel mondo intimo che ciascun fan generalmente vorrebbe scorpire, anche e solo per un istante, per cogliere la magia invisibile, che porta alla stesura dei brani, alla creazione della musica che diventa successivamente di pubblico dominio.

#RileggiamoConVoi - i consigli di gennaio 2018

Foto di Elena Ghioni

Cari lettori,
eccoci al primo #RileggiamoConVoi del 2018! Abbiamo scelto un po' di consigli in grado di accompagnarvi nelle giornate ancora fredde (e addirittura nevose, qui e là). Come vedrete, saggi, thriller, graphic novel, libri d'arte...: per questo primo appuntamento con la nostra rubrica di fine mese,  vogliamo darvi ampia scelta di genere! 
Cosa fa per voi? Cliccate sui link e scoprite la recensione. 

Buona lettura,
la Redazione

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#PagineCritiche - Un kolossal che sembra un fumetto ma è tutto vero: Mussolini contro Lenin di Emilio Gentile

Mussolini contro Lenin
di Emilio Gentile
Editori Laterza, 2017

pp. 241
€ 16,00


In questi ultimi anni si stanno, letteralmente, sprecando i film che hanno come protagonisti i supereroi, spesso e volentieri colti in, più o meno, epici scontri e duelli. Ecco, questo Mussolini contro Lenin di Emilio Gentile, uscito per i tipi di Editori Laterza, pare quasi avere una vena fumettistica nel presentare le personali parabole biografiche e politiche di due titaniche e centrali figure del secolo scorso. Già perché sia Lenin come Mussolini, volenti o nolenti, e anche ciò che incarnano a livello filosofico-politico, continuano ancora oggi, nonostante i cambiamenti e le rivoluzioni, a influenzare decisioni, indirizzi e modi di pensare di numerose persone e forze politiche. Quindi questo volume di Laterza, grazie al fine lavoro di uno storico del calibro di Emilio Gentile è un passo obbligato per comprendere ed essere più consapevoli del presente, non solo del (recente) passato.

Donna e manicomio: come il fascismo "previene e combatte" la malattia mentale

Malacarne. Donne e manicomio nell'Italia fascista
di Annacarla Valeriano
Donzelli, 2017

pp. 220
€ 28,00 (cartaceo)
€ 18,99 (ebook)


Le recluse protagoniste dell'"esperienza di vita offesa" dell'internamento acquisirono lo status di "rinnegate" che le privò della "nazionalità ideale e morale prima ancora che politica". Per molte di loro il disagio mentale rappresentò un tentativo per comunicare la loro presenza in una comunità che le voleva invisibili e nelle loro cartelle cliniche, oltre a un "semplice inventario delle scorrettezze sociali", è conservato anche il prezzo pagato, in termini di sofferenze, miserie, sopraffazioni, per non essere state donne secondo un modello culturale. Molte scontavano la colpa di avere dei desideri, di voler esistere al di là dei ruoli tradizionali loro assegnati, di non essere capaci di sopportare il peso della miseria. (p. 114)
Sono passati quarant'anni dalla Legge Basaglia: perché tornare indietro e raccontare cosa accadeva nel periodo del cosiddetto «grande internamento», tra fine Ottocento e primi decenni del Novecento? Innanzitutto, per il dovere storico ed etico di documentare un periodo in cui la detenzione manicomiale era strumento principe per mantenere l'ordine e tutelare la moralità. In secondo luogo, per riportare in vita tante storie di donne che sono passate per il manicomio, lasciando tracce registrate meticolosamente (sebbene filtrate dalle chiare esigenze delle cartelle cliniche). Nei manicomi, non vengono internate solo «madri inadeguate - che hanno ricusato un ruolo materno vissuto come costrittivo - oppure ragazze ribelli, colpevoli di non saper controllare pulsioni sessuali, caratteri indomiti, [...] isteriche», ma anche le vittime «di violenza sessuale o dei traumi di guerra» (dall'introduzione, p. X).

Heidegger: un'eredità culturale mefistofelica e irrisolta

L’ombra di Heidegger (La sombra de Heidegger)

di José Pablo Feinmann

Neri Pozza, 2007

traduzione di Lucio Sessa

pp. 176
€ 15,00


Di José Pablo Feinmann avevo letto due libri piacevoli, ma non banali, come “Cinebrivido” e “Amaro, non troppo”, e un romanzo di spessore più denso, verrebbe da dire buzzatiano, come “L’esercito di cenere”. È stato uno dei miei scrittori di gioventù. Da anni venti, che poi al secolo erano gli anni Novanta. Poi, dopo decenni, capita di vedere il titolo di questo libro, l’accenno a Heidegger e il nome dell’autore argentino mai dimenticato e tralasciato da tanto tempo. Mi ha preso un misto di curiosità e desiderio di chiedere perdono, mi sono detto che Feinmann poteva imbastire sul tema una storia interessante. Partendo peraltro da una certa cognizione di causa visto che a Buenos Aires ha insegnato proprio filosofia.

#CritiCINEMA - Summer days driftin' away but oh, those summer nights... - Call me by your name di Luca Guadagnino

Chiamami col tuo nome, ed io ti chiamerò col mio.

Un nome che sicuramente sentiremo chiamare, invano o meno, è quello di Luca Guadagnino, che col suo ultimo film Chiamami col tuo nome (Call me by your name, in questi giorni nelle sale italiane) confeziona un piccolo gioiello, nominato agli Oscar 2018 come miglior film, miglior canzone originale, migliore sceneggiatura non originale e miglior attore.
E sono candidature che colpiscono a segno nei quattro punti di forza (più uno, secondo me, la fotografia, del thailandese Sayombhu Mukdeeprom, già collaboratore di Guadagnino e, per i cinematografari più sfegatati di Apichatpong Weerasethakul, Palma d’oro a Cannes 2010 con Lo zio Boonmee che si ricorda le vite precedenti) di un film che è un distillato di umori dolcissimi.

La storia è quella, tenerissima e sfibrante, di un amore estivo. Il primo, per Elio (interpretato da un Timothée Chalamet meritevolissimo della candidatura a miglior attore protagonista). Sbocciato, succoso come una pesca, denso e travolgente, nell'apatia di giorni languidi e soleggiati trascorsi nella residenza estiva, una villa di campagna immersa nella campagna cremasca, della famiglia Perlman e dal suo entourage di vecchi amici e servitori, nell'estate del 1983.

#PagineCritiche - Dall'Italia al mondo. Andata e ritorno

Storia mondiale dell'Italia
a cura di Andrea Giardina
Editori Laterza, 2017

pp. 847 
€ 30,00 (cartaceo)




Che cosa vuol dire scrivere di storia italiana oggi? Quale potrebbe essere una nuova chiave per interpretare il passato e leggere il presente? Tenendo conto che «la storia è l'arte di lasciarsi sorprendere», come dice Patrick Boucheron, autore dell'Histoire mondiale de la France a cui questo imponente libro si ispira...


Duplice la risposta, le chiavi innovative dell'opera di Giardina sono due: una contenutistica e una metodologica. Contenutistica perché i brevi e agili saggi del libro, scritti da storici di primo piano, hanno tutti l'obiettivo di analizzare il posto dell'Italia nel mondo (e il posto del mondo in Italia) e metodologica perché, per arrivare a questo, Giardina non procede per un «racconto nazionale», con uno sviluppo lineare di cause, concause e conseguenze, ma sceglie, nell'arco di 5mila anni, 176 date che simboleggiano, sotto gli aspetti più diversi, la nostra connessione profonda con il resto del mondo. Si parte con il 3.200 a.C., il tempo in cui visse Ötzi, l'uomo del Similaun, nostro errabondo antenato, ritrovato sul confine tra Italia e Austria e la cui mummia, crioconservata, riposa ora nel freddo del Museo archeologico dell'Alto Adige di Bolzano. E si arriva fino al 2015 con Lampedusa, l'isola diventata il simbolo dell'evento, quello dei flussi migratori, che (insieme al riscaldamento globale) più sta cambiando il profilo del mondo nell'epoca in cui ci è dato di vivere. Tutti insieme, qui, su questo piccolissimo pianeta nell'universo. Un cerchio quindi che è temporale e anche geografico, che ci porta dalle Alpi fino all'ultimo lembo di terra nostra, quell'isola luminosa più vicina all'Africa che all'Italia.

#vivasheherazade: biografia e leggenda di Luisa Casati Stampa, la Marchesa che visse d'arte e d'amore per se stessa

Memorie di un’opera d’arte.
La  Marchesa Casati
di Luca Scarlini
Skira, 2014
pp. 106; euro 14,00
La Casati.
La musa egoista
di Vanna Vinci
Rizzoli Lizard, 2013
pp. 96; euro 17,00

Quanti e quali aggettivi sono stati scelti, negli anni e nei libri a lei dedicati, per cercare di descrivere la Marchesa Luisa Casati Stampa (1881-1957), ereditiera milanese della dinastia tessile degli Amman che dedicò l’intera esistenza alla magnificazione estetica della propria persona? Quante versioni più o meno veritiere sono state divulgate a proposito di questa figura femminile unica e irripetibile, attraente e respingente come solo le personalità dotate di innato carisma sanno essere? Interprete perfetta della Belle Époque, indifferente alle brutture di entrambi i conflitti mondiali, frequentatrice e non di rado amante dei più importanti artisti e scrittori del suo tempo, la Casati ha legato il proprio nome alla smania per l’eccentrico e l’occulto, al gusto per l’eccesso fine a se stesso, nelle passioni come nella cura di un corpo progressivamente segnato dall’abuso di droghe e piegato a particolarissime esigenze da performer ante litteram. Pettegolezzi e lodi in parti uguali hanno da sempre ricamato attorno alla persona della Marchesa il più perfetto dei merletti, specie da quando, ormai invecchiata e impoverita nell’estremo soggiorno inglese, si preparò ad andare in sposa a Sorella Morte truccata di tutto punto, con indosso un nuovo paio di ciglia finte per il sonno eterno, avvolta dalle amate pellicce e con indosso gli inseparabili guanti di leopardo dotati di veri artigli. A lei, che a settantasei anni venne colta da emorragia celebrare dopo l’ennesima seduta spiritica, e che volle sul suo epitaffio i versi shakespeariani tratti dall’Antonio e Cleopatra dedicati all’imperitura bellezza della regina egiziana, Luca Scarlini e Vanna Vinci hanno recentemente dedicato due differenti lavori dai titoli ugualmente evocativi: Memorie di un’opera d’arte e La musa egoista.

#CriticARTE – Con Orlando, fine dei giochi.

Giocando con Orlando. Assolo 
con Stefano Accorsi
regia di Marco Baliani

Teatro Nuovo (Verona)
16-21 gennaio 2018

Attenzione: segue pezzo di natura fortemente autobiografica. Credo di essere stata una delle poche persone in Italia ad essere davvero felice del mancato compimento del nuovo spettacolo dell'insuperabile duetto Baliani/Accorsi. 
Come tutti, mi ero procurata per tempo i biglietti per Favola del principe che non sapeva amare, ispirata a Lo cunto de li cunti di Giambattista Basile. Come si poteva fare altrimenti, del resto? Sono cresciuta in adorazione di Stefano Accorsi. Mi piaceva giovane e ribelle in Radiofreccia, l'ho amato più serio e tormentato in uno dei film che tuttora staziona in vetta alla mia personalissima classifica, Le fate ignoranti. Non potevo perdere l'occasione di vederlo da vicino, dal vivo, almeno una volta. Sarei andata, detto tra noi, anche se avesse interpretato Cappuccetto Rosso (tragica storia di decadenza giovanile con morale conclusiva). 
Quando è stato comunicato, a quattro giorni dalla prima, che lo spettacolo tratto da Basile non sarebbe andato in scena, c'è stato un momento di sconcerto generale. Non erano riusciti a prepararlo in tempo, dicevano, non volevano fare un torto agli spettatori proponendo una rappresentazione assemblata frettolosamente, a scapito della qualità. Avrebbero quindi proposto, in alternativa, un testo già noto, Giocando con Orlando. Assolo. 

#CritiCOMICS - Per non scordare mai: una graphic novel racconta la storia di Anne Frank

Anne Frank - diario
di Ari Folman e David Polonsky
tradotto da laura Pignatti ed Elisabetta Spediacci
Torino, Einaudi, 2017 (gruppo editoriale GEDI)

pp. 149
€ 15,00 (cartaceo)
€ 7,99 (cartaceo)


Trovarsi tra le mani questo volume è stata una vera e propria sorpresa: infatti, tutti conosciamo la storia di Anne Frank, ragazzina che con la sua voce ha raccontato uno dei peggiori drammi dell'età moderna, ma l'idea di trasformare la sua testimonianza indelebile in una graphic novel è quantomai impegnativa e coraggiosa: saper disegnare su carta tutto lo strazio e l'ineffabile sofferenza vissuto dalla giovane e dal suo nucleo famigliare è una sfida non da poco.
Il libro, uscito il 15 settembre 2017 in cinquanta paesi, e pubblicato in Italia da Einaudi, è il primo graphic novel dedicato ad Anne Frank, ed è stato ripubblicato dal gruppo Gedi, e venduto ora in edicola in allegato alle testate del gruppo editoriale.

La voce dei sommersi. Letture per una memoria che persista.

La voce dei sommersi. Manoscritti ritrovati di membri del Sonderkommando di Auschwitz
a cura di Carlo Saletti, 
prefazione di Frediano Sessi,
postfazione di Franciszek Piper
Marsilio, 2016

pp. 300 
€ 17,00


Ci sono libri di cui non si riesce a parlare, pur desiderando farlo, e a gran voce, dalla prima pagina. Questo è quel che accade con La voce dei sommersi. Si vorrebbe divorarlo, ma non si può invece che centellinarlo, macinando pagina dopo pagina, con fatica, per lasciare ai contenuti il tempo di sedimentarsi, di trovare una collocazione in fondo alla coscienza. Si vorrebbe raccontare a tutti, diffondere le informazioni, rendere testimonianza secondo le proprie possibilità, ma ci si rende conto di essere inadeguati al compito, che nulla di ciò che si potrebbe dire restituirebbe la verità dei contenuti. Questo saggio targato Marsilio e curato da Carlo Saletti apre uno spiraglio su una realtà poco conosciuta, nel vasto mare della letteratura sull'Olocausto: riporta le testimonianze di alcuni membri del Sonderkommando di Auschwitz, la squadra di prigionieri addetti, all'interno del campo, alle camere a gas e allo smaltimento dei cadaveri. Le loro parole consentono oggi di sanare quella mancanza già rilevata da Primo Levi, ne I sommersi e i salvati: il profondo, insopportabile paradosso per cui i sopravvissuti (i "salvati") non avevano in realtà avuto accesso all'essenza più profonda della barbarie, mentre coloro che ne avevano fatto esperienza, i "sommersi", non erano sopravvissuti per raccontarla. Gli uomini del Sonderkommando, al contrario, hanno toccato con mano la profondità del male. Hanno visto i loro compagni morire. Hanno avuto un accesso pressoché totale ai meccanismi della distruzione e dello sterminio. Sono sopravvissuti, per quel poco tempo in più che è stato loro concesso, e hanno voluto conservare memoria dell'abbrutimento a cui erano sottoposti.

Una, nessuna, centomila: chi è davvero la colpevole Katharina Blum?

L'onore perduto di Katharina Blum, ovvero come può nascere e dove può condurre la violenza
di Heinrich Böll
Einaudi, 2015

Traduzione di Italo Alighiero Chiusano
1^ edizione: 1974

pp. 140
€ 10,00 (cartaceo)
€ 6,99 (ebook)

Solo allora Katharina si sfilò di tasca le due edizioni del GIORNALE e domandò se lo Stato - si espresse in questi termini - non poteva far nulla per proteggerla da tutta quella sporcizia e restituirle il suo onore perduto. (p. 59)
Attenersi ai fatti, in una cronaca il più possibile secca e aderente a quanto accaduto: è davvero possibile? Il narratore ci prova, ritagliando per sé piccoli commenti qui e là, comprese excusatio al lettore per dettagli in più e qualche concessione narrativa. Per il resto, tutto mira a raccontare cosa è accaduto dal 20 febbraio 1974, quando la ventisettenne Katharina Blum, in costume per il carnevale delle donne (festa celebrata a Colonia), ha ucciso a colpi di pistola il giornalista Tötges, che le aveva rovinato la vita. Quattro giorni dopo, la sua confessione al commissario Moeding. 

#PagineCritiche - La New Woman nella letteratura vittoriana - Nuove forme di letteratura per nuovi ideali

La New Woman nella letteratura vittoriana
di Debora Lambruschini
Edizioni Flower-ed, 2017

pp. 200

€ 15,00 (cartaceo)
€ 7,99 (e-book)



Se l'Ottocento ha rappresentato l'epoca dei grandi romanzi (tra le altre) di Jane Austen e delle sorelle Brontë, al termine della stagione vittoriana la narrativa inglese dovette confrontarsi col problema di trovare delle nuove forme di letteratura che riuscissero a esprimere i cambiamenti del mondo circostante e che fossero in grado di raccontare la modernità.
Nel bel saggio di Debora Lambruschini, "La New Woman nella letteratura vittoriana" (Edizioni Flower-ed, 2017), assistiamo allo sviluppo in Inghilterra della short story, un nuovo canone di letteratura che negli anni '80 e '90 dell'Ottocento si libera degli argini in cui era costretto il romanzo vittoriano permettendo agli autori e alle autrici di sperimentare sia dal punto di vista linguistico che tematico.
A proposito dell'ispirazione che l'ha guidata nella stesura di questo lavoro, Debora ci riferisce:
Per molto tempo mi sono dedicata principalmente al romanzo, dai classici alla letteratura contemporanea, sempre con un particolare interesse nei confronti della narrativa inglese e nord americana. La "scoperta" della forma breve deriva, quindi, da questo background di letture e studi: i grandi maestri del racconto, Carver, Munro, Hemingway, Poe, Salinger, Lucia Berlin, Eudora Welty, solo per citarne alcuni, mi hanno accompagnata dentro il mondo del racconto, una modalità narrativa che nel tempo mi ha sempre più appassionata. Nel corso del biennio magistrale, inoltre, come anglista mi sono imbattuta nella narrativa breve dell'età vittoriana e modernista, una produzione molto interessante e variegata, per lungo tempo subordinata al novel, genere egemone. Insieme al mio relatore per la tesi, la Prof.ssa Villa, ho scelto di concentrarmi sulla produzione letteraria inglese di fine Ottocento, un periodo di transizione, teso tra tradizione e modernità, in cui la short story diviene il mezzo espressivo ideale per cogliere il senso di transitorietà che caratterizza l'epoca.

La prosa della vita è poesia: Entro a volte nel tuo sonno di Sergio Claudio Perroni

Entro a volte nel tuo sonno
di Sergio Claudio Perroni
La Nave di Teseo, gennaio 2018

pp.173
€ 12,00



Quanto spazio c'è per la poesia nel mondo moderno? Questa domanda, se da un lato può avere un campo di risposte praticamente infinito senza molte certezze a riguardo, può avere anche una sola risposta, declinata in due varianti: no, non c'è più spazio per la poesia oggi e lo spazio c'è ancora, ma bisogna trovare il modo di possederlo pienamente. A questo secondo modo di pensare appartiene Sergio Claudio Perroni, che in questo Entro a volte nel tuo sonno, appena uscito per La Nave di Teseo, non sembra avere troppi dubbi. Contro il chiacchiericcio incessante del mondo contemporaneo e il mai domo flow delle notizie sui social network, Perroni oppone un movimento lento, compassato, quasi iconoclasta rispetto a tali rigidi (anche se all’apparenza flessibili) dogmi dell’oggi. E come lo fa? Sbraitando più forte degli altri, inneggiando alla violenza o al ritorno di quegli “ordini vecchi” che tanto ricordano gli “ordini nuovi” degli anni passati? Niente di tutto questo, egli lo fa professando la parola, nuda parola che si mondo e si fa presenza se articolata assieme alle altre

Viaggiano sulla Svezia a cavallo di un papero: "Il meraviglioso viaggio di Nils Holgersson"

Il meraviglioso viaggio di Nils Holgersson
di Selma Lagerlöf
Iperborea, 2017

Traduzione di Laura Cangemi
Illustrazioni di Bertil Lybeck

pp. 667
€ 18,00
Ora vi racconterò che, per una strana coincidenza, proprio l'anno in cui Nils Holgersson viaggiava con le oche selvatiche, c'era qualcuno che stava meditando di scrivere un libro sulla Svezia che fosse adatto per i bambini delle scuole. Ci aveva pensato da Natale fino all'autunno, ma non aveva scritto neanche una riga del libro, e alla fine era così stanca di tutta quella faccenda che si era detta: "Non sei capace. Rimettiti a inventare storie e racconti come fai di solito e lascia scrivere a qualcun altro questo libro che deve essere istruttivo e serio e che non può contenere una sola parola non vera.
Questo qualcuno era una giovane maestra elementare; originaria del Värmland, regione svedese al confine con la Norvegia, dopo studi e sacrifici si trasferisce a Stoccolma dove inizia ad insegnare. Ogni sera, per quanto stanca dopo aver seguito, spiegato e, a volte, anche urlato ai suoi alunni, si siede alla scrivania e scrive. Scrive favole, leggende, saghe epiche. Scrive così tanto e così bene, che nel 1909 è la prima donna a vincere il premio Nobel per la Letteratura e, pochi anni dopo, viene ammessa all'Accademia di Svezia.
Per fortuna questa giovane maestra, Selma Lagerlöf, non si è lasciata prendere dallo sconforto come dichiarava nelle frasi che avete appena letto; provengono da una delle opere che le hanno fruttato il Nobel e hanno portato il suo nome a varcare i confini della Scandinavia: Il meraviglioso viaggio di Nils Holgersson da poco ripubblicato da Iperborea.

PagineCritiche - Il fascino imperituro di Achille e altre suggestioni omeriche nei «Canti» leopardiani

L'Achille dei «Canti». Leopardi, «L'Infinito», il poema del ritorno a casa
di Gilberto Lonardi
Le Lettere, 2017

pp. 240
€ 20,00 (cartaceo)


«Così tendenzialmente lavora Leopardi, specie con gli antichissimi. Se la vera e propria citazione è esclusa, a essere consentite e anzi cercate saranno piuttosto le vie indirette. Di vario tipo. Il fine resta quello: che non si copra affatto, illusionisticamente, e invece resti intravedibile lo sfondo del nulla» (p. 112).

È da questa sfida ermeneutica, allettante e al tempo stesso temibile, che muove l'indagine di Gilberto Lonardi, che è stato professore ordinario presso l'Università di Verona di Storia della Letteratura italiana, Critica Dantesca e Storia della tradizione classica. D'altra parte, studiare Leopardi e addentrarsi entro le sue fonti e ispirazioni significa misurarsi dialetticamente con la tradizione: mai rivolto all'omaggio pedissequo o piegato al reimpiego lessicale tout-court, il poeta recanatese ha sempre dialogato con i classici senza restare vittima di un'ammirazione statica; piuttosto, reimpiegando immagini, suoni, trasformando frammenti frasali e soprattutto instaurando con i personaggi del passato un rapporto in grado di travalicare il tempo. Elasticità, unita a un incredibile istinto e a una memoria letteraria: si tratta di tre requisiti fondamentali per lo studioso che voglia reinterpretare Leopardi. 

Nessun uomo è un'isola, tanto meno un libraio: "La misura della felicità" di Gabrielle Zevin

La misura della felicità
(The Storied Life of A. J. Fikry)
di Gabrielle Zevin

Nord, 2014

Traduzione italiana di Mara Dompé

pp. 320

€16 (cartaceo)


Il proprietario di Island Books, A. J. Fikry, è un libraio sui generis. Burbero e solitario, rimasto vedovo da poco, A. J. vende soltanto libri che corrispondono ai suoi gusti e, se un cliente chiede un titolo più commerciale, non risparmia improperi e ha un totale disgusto nei confronti dei turisti (the summer people) che ogni estate affollano l’isola di Alice. Le sue giornate si concludono sempre con una cena surgelata scaldata al microonde, fiumi di vino scadente e un’occhiata alla sua unica proprietà di valore, una copia della prima edizione del Tamerlano e altri poemi di Edgar Allan Poe. Nel giro di pochi mesi, però, due eventi cambiano la sua vita: il Tamerlano sparisce dall’appartamento di A. J. e, dopo pochi giorni, una bambina di due anni, Maya, viene lasciata nella sua libreria, insieme a una lettera in cui la madre supplica il libraio di prendersi cura della piccola e di farla crescere tra i libri.

Questo romanzo di Gabrielle Zevin è una grande dichiarazione d’amore per le persone e i professionisti che fanno parte del mondo dell'editoria. Una fetta particolare di quest’amore ovviamente è riservata ai gestori delle librerie indipendenti come A. J. Fikry, persone capaci di dare la propria impronta a una intera comunità. Un mondo che per noi lettori è di fatto una “filiera” virtuale diventa poi in questo romanzo una galleria di personaggi in carne e ossa: Amelia Loman, dolcissima rappresentante editoriale; Daniel Parish, autore diventato personaggio di sé stesso, bravo scrittore ma una persona orribile; la penna sfuggente dietro The Late Bloomer; il poliziotto Lambiase, uno dei personaggi meglio riusciti, che si appassiona alla lettura per amicizia e per affetto e finisce per diventare l’organizzatore del gruppo di lettura più frequentato di Alice.

Incontri ravvicinati con un bel tipo

Conversazioni sentimentali in metropolitana
di Elena Bibolotti
Castelvecchi, 2017

pp. 155
16,50


Elena Bibolotti ha scelto la strada dell’indagine sull’universo femminile. O universi. Perché fra una 20enne abituata a fare solo selfie con il cellulare e una 50enne che si ostina a scattare con una reflex passa la differenza come dal giorno alla notte. Verrebbe da dire che Elena parte avvantaggiata visto che è donna e ha avuto/ha frequentazioni non banali. Con lei abbiamo cominciato con i giochi sessuali dietro ai quali la Justine dell’esordio, una submissive che soggiaceva alle offese e umiliazioni del suo master, celava una spiccata consapevolezza. Justine era una che la sapeva lunga su come funzionava il mondo, dal social al letto, tanto per intendersi.
Poi è venuta “Pioggia dorata” ed Elena Bibolotti ha allargato lo sguardo. La pioggia dorata del titolo nulla aveva a che fare con la magia sciamanica ma era riferita al pissing, la pratica sessuale che consiste nell’urinare nella bocca o sul corpo del partner allo scopo di provocare eccitazione. Di norma, chi subisce deve pure berne almeno un goccio. “Pioggia dorata” si dimenava tra opportunismi, insicurezze e legami sbiaditi. Dal confronto ne uscivano meglio le donne ma qua e là, un maschietto buono per intessere un rapporto positivo si trovava.

Invito a vivere al 100%: l'esordio di Antonella Capalbi in tredici racconti

Storie di vita al 30%
di Antonella Capalbi
Leima, 2017

Illustrazioni di Federica Zancato


pp. 88
€ 14,00


"Cosa c’è di più stressante del convivere ogni giorno con la paura?"
Avete mai l’impressione di vivere al di sotto delle vostre ambizioni? Dei vostri desideri e gusti, delle vostre speranze? Vi capita di pensare «potrei fare di più, potrei essere altro, potrei essere con qualcun altro, potrei esserci io lì. Potrei, ma…». Mentre dentro di voi si agita qualcosa (un sogno nascosto nell’ombra) fuori non si muove nulla. Bloccati dalla paura, ci costringiamo in una situazione immobile, appena sufficiente quando non sgradevole, perdendo infinite possibilità.

Un manifesto confuso sul futuro del passato, eppure da leggere: "Noi tutti" di Mario Capanna


Noi Tutti
di Mario Capanna
Garzanti, 2018

pp. 117
€ 16 (cartaceo)


Ecco perché la pratica della democrazia diretta costituisce il lascito forse maggiore, e più importante, del Sessantotto.
Nel 2018 si, per così dire, festeggiano i cinquant'anni del Sessantotto, quella stagione gravida di fatti e di eventi epocali che, ancora al giorno d'oggi, non finisce di influenzare la vita, non soltanto politica, e il nostro modo di pensare. E chi meglio di Mario Capanna, storico leader studentesco di quegli anni, può raccontare e spiegare l'eredità, non soltanto storica ma anche filosofica, di quella stagione? In Noi Tutti, uscito per Garzanti, Capanna fa giustappunto il tentativo di costruire un manifesto programmatico indirizzato soprattutto alle generazioni future che, finalmente, libere dalla "cattiva lettura" del Sessantotto e in grado di liberarsi dall'ordine capitalistico mondiale, potranno rendere l'umanità "più umana" e, in ultima analisi, il mondo migliore. Un grande compito che, certamente, Noi Tutti non soddisfa pienamente, ricco com'è di passaggi confusi, di ragionamenti troppo brevi e di una retorica che ogni tanto risulta poco apprezzabile. Ma tuttavia è un libro da leggere, anche e soprattutto per capire "il futuro del passato".

#CriticaNera - L'assassino non dimentica

Mai dimenticare
di Michel Bussi
edizioni e/o, 2017

Titolo originale: N'oublier jamais
Traduzione dal francese di Alberto Bracci Testasecca

pp. 452 
€ 16,50 



Ho scelto questo romanzo, come prima lettura del 2018, perché tra i libri letti l'anno scorso tra quelli che più mi avevano preso, dal punto di vista narrativo e del coinvolgimento emozionale, c'era sicuramente Ninfee nere di Michel Bussi (ne avevo fatto la recensione qui su Critica letteraria, www.criticaletteraria.org/2017/07/Bussi-Ninfee-Nere.html). Un romanzo che mi era piaciuto moltissimo per la geniale costruzione del racconto giallo, per l'ambientazione proposta e per il finale che mai potrò dimenticare. Avevo quindi grandi aspettative per l'ultimo romanzo di Bussi, autore molto amato Oltralpe, vincitore di numerosi premi e riconoscimenti, che, lodevolmente, la edizioni e/o si è incaricata di portare in Italia.

#CriticARTe – Quel genio di Alberto Savinio in mostra a New York


Achille piegò la fronte enorme, e i suoi lunghi occhi di capra piansero, piansero, piansero […] il silenzio della morte si stendeva per chilometri e chilometri intorno al dolore grande, immenso, incommensurabile di Achille innamorato. 
Le songe d’Achille, 1929. Olio su tela, 74 x 91.5 cm. 
Collezione privata, Brescia. 
(c) 2017 Artists Rights Society (ARS) / SIAE, Roma. 
Foto: Dario Lasagni
Con queste parole si conclude il racconto Achille innamorato di Alberto Savinio, all’interno dell’omonima raccolta. Nel testo di Savinio Achille piange e ama. E in un suo dipinto sogna (Le songe d’Achille, 1929): l’eroe omerico è semi disteso su una spiaggia, possiamo immaginare che guardi con languore al mare e a quelle strane forme colorate nel cielo davanti a lui. E già da questo particolare trattamento che Savinio riserva alla figura di Achille è possibile dedurre almeno due cose. La prima è che Savinio – profondo conoscitore della mitologia greca – amasse giocare col mito, dare agli eroi e alle eroine dell’antica Grecia un nuovo significato: Achille non è più il potente guerriero acheo, ma una nuova malinconica figura, con fianchi femminei, i piedi molto grandi e la testa molto piccola. E poi, già da questo esempio – uno tra i tanti possibili – è evidente come letteratura e arte siano estremamente intrecciate in Savinio, che era artista, scrittore, drammaturgo e musicista e per tutta la sua vita ha sempre considerato le arti che praticava in continuità e relazione l’una con l’altra.

#CritiCINEMA - Suburra - Quando le serie tv superano i film e (forse) i romanzi


Suburra - La serie
di Michele Placido, Andrea Molaioli e Giuseppe Capotondi,
prodotta da Netflix
(tratta dal libro Suburra di Giancarlo De Cataldo e Carlo Bonini)



È un dato di fatto che al giorno d'oggi le serie tv possiedano molto spesso una qualità di gran lunga superiore ai film al cinema, e Suburra - La serie, prequel dell'omonima pellicola di Stefano Sollima, a mio parere non fa eccezione a questa regola.

Prima serie italiana prodotta da Netflix, si compone di 10 episodi affidati a tre registi (Michele Placido, Andrea Molaioli e Giuseppe Capotondi) e prende le mosse dall'omonimo libro (Einaudi, 2013) scritto dal magistrato Giancarlo De Cataldo (già acclamato dalla critica per Romanzo criminale) e dal giornalista Carlo Bonini (autore, tra gli altri, di ACAB - All cops are bastard, Einaudi, 2009).

Davvero non era possibile capire prima i "sintomi" della conversione?

Buio
di Patrick Bard
EDT, 2017

Traduzione di Claudine Turla

pp. 160
€ 15 (cartaceo)

A un certo punto Maëlle ha iniziato a cambiare.
Ma l'adolescenza, in fin dei conti, non è nient'altro che questo: un cambiamento. (p. 62)
Sono tanti, molti più di quanti possiamo immaginare, i ragazzi occidentali che incontrano gruppi islamici sui social network e, attraverso video, notizie, chat mettono in discussione e cambiano dapprima le loro idee, quindi la fede e le aspirazioni per il futuro. Fino a partire per abbracciare la causa islamica. Il caso di Maëlle è iniziato proprio così: nelle primissime pagine del romanzo facciamo la conoscenza di una sedicenne agli arresti domiciliari, incinta, in lutto per il marito perso da poco in Siria, ormai diffidente nei confronti della sua famiglia d'origine e della cultura occidentale. 

#PagineCritiche - Jean-Jacques Rousseau alla riscoperta dell'uomo

Discorso sulla disuguaglianza
di Jean-Jacques Rousseau
Editori Laterza, 2017

a cura di M. Garin

pp. 195
€ 12,00



A chi appartiene, questo profilo bizzarro le cui mani erigono confini? All’uomo, certo. Che sia lui, proprio lui? Dove lo splendore dell’intelletto cui dovrebbero sottendere le mani che ora annientano e recludono? Quest’uomo non possiede che una luce fievole: di tanto in tanto la depone, persino; la rilucenza lo acceca. Attacca la luce al chiodo. Non sarà investito da alcuna illuminazione, perpetuerà piuttosto la delizia del confinamento. Allora sarà lui, proprio lui, e non qualcun altro; insonne, lo angoscia la sostituzione dell’identità, nonostante Cartesio, nonostante la filosofia; disciplina prediletta, quella economica. Tale, la fisionomia attraverso cui Jean-Jacques Rousseau tratteggia «una delle questioni più interessanti che la filosofia possa proporre», quella dell’uomo, presentata da Laterza in un abito carta-da-zucchero cui la cornice annuncia Discorso sulla disuguaglianza (a cura di Maria Garin).

#PagineCritiche - Di sguardo in sguardo: visioni e revisioni del rapporto uomo-paesaggio tra cinema, nuovi media e flânerie digitale

Filmare le arti.
Cinema, paesaggio e media digitali
A cura di Cristina Jandelli
Edizioni ETS, 2017

pp. 297
€ 22,00




L’immagine scelta per la copertina di Filmare le arti – raccolta degli atti dell’omonimo convegno internazionale di studi svoltosi presso il Dipartimento SAGAS dell’Università di Firenze il 25 e il 26 gennaio 2017 a cura di Cristina Jandelli – non potrebbe essere più appropriata. La bella fotografia aerea della Spiral Jetty, la celebre opera d’arte ambientale realizzata sul Grande Lago Salato nello stato americano dello Utah nel 1970 da Robert Smithson (che ne documentò anche il processo costruttivo), pare quasi la sintesi visiva del sottotitolo del volume, Cinema, paesaggio e media digitali. La bellezza perfettamente sinuosa del “molo a spirale”, divenuto iconico per la geometria monumentale delle sue forme artificiali, è immortalata in un momento del suo divenire, e proprio per questa ragione lo scatto si pone come pretesto per una riflessione più profonda su una serie concatenata di rapporti: da quello, antico e generalissimo, tra l’uomo e lo spazio – e dunque tra cultura e natura – a quello, più recente e specifico, tra l’osservazione del paesaggio e la sua registrazione attraverso i vecchi e nuovi media.

Quando un Paradiso in terra diventa l'Inferno: "Orient"

Orient
di Christopher Bollen
Bollati Boringhieri, 2018

Traduzione di D. Guglielmino

pp. 673
€ 20 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)


«Come può l'ispettore sospettare di me quando tutta questa gente aveva un movente?» (p. 504). 
Cosa potremmo mai leggere in un thriller di quasi 700 pagine? Una scelta coraggiosa, quella di Orient e ammetto che all'inizio ho avuto qualche timore, perché negli ultimi anni fatico a trovare libri di ampio respiro che mi appassionino. Stavolta la magia si è avverata, forse perché Christopher Bollen ha scritto ben più di un thriller ben calibrato, nel pieno di rispetto delle regole del genere: la sua è anche un'indagine sull'animo umano, che in dialoghi brillanti e azioni apparentemente in contrasto con quanto mostrato in pubblico conferma la differenza tra chi siamo e chi mostriamo di essere.
Ma andiamo con calma (e senza spoiler). L'azione è per la maggior parte ambientata a Orient, un ridente paesino del Long Island, a poche ore da New York: avete presente il classico luogo-rifugio, abbastanza vicino alla grande città ma sufficientemente lontano per avere proprie tradizioni? Ecco, anche senza sforzi di immaginazione, è facile pensare a tante case indipendenti, con i giardini curati e i proprietari di casa sorridenti, a chiacchierare con i vicini. Per anni la comunità di Orient è stata così: unita.
Tre sono gli eventi che mettono in crisi l'equilibrio apparentemente inattaccabile. Innanzitutto, si è diffusa da qualche anno la moda di comprare una casa a Orient per il fine-settimana: sono soprattutto artisti newyorchesi a cercare lì un rifugio dove fuggire dallo stress cittadino e creare in pace le proprie opere da migliaia di dollari. Per i nativi, che guardano male anche chi si è trasferito in città durante l'anno e ha conservato la vecchia casa per le ferie, questa tendenza è una minaccia vera e propria. Cosa diventerà Orient, se gruppi di estranei stravaganti arrivano con le loro feste, i laboratori artistici? 

"La crepa" di questi nostri stati uniti d'Europa

La crepa
di Carlos Spottorno e Guillermo Abril
add editore, 2017


171 pp.
€ 28,00


Cosa succede quando un giornalista e un fotografo decidono di visitare tre luoghi di confine fra quella zona geopolitica definita "Europa" – l'Europa con le sue tradizioni e le sue guerre, la sua identità così limpida, eppure territorio di scontri per secoli fino alla fine della seconda guerra mondiale e alla nascita del Patto atlantico; l'Europa cristiana e però anche laica, l'Europa delle libertà e dei regimi totalitari – e il resto del mondo?
Succede che un viaggio che doveva comprendere Melilla (una zolla spagnola in terra marocchina, blindata come un caveau), qualche fetta di confine fra Grecia, Bulgaria e Turchia, e l'immancabile Lampedusa diventa l'inizio di un'esplorazione dantesca fra gironi infernali ai limiti della civiltà occidentale; un percorso che si stende dai terreni quasi desertici del nord Africa fino alle distese infinite di ghiaccio intorno al circolo polare artico, là dove roccaforti dal sapore tardo medievale si minacciano, una in terra finlandese e l'altra in territorio russo, come se la guerra fredda non fosse mai terminata.

Non giovani, non carine, molto occupate: Zitellone vs Sex & the City (spoiler: vincono le prime)

La bruttina stagionata
di Carmen Covito
Bompiani, 2017 (1992)

pp. 272
€ 12

«Nella nostra società essere povera, brutta e per giunta intelligente condanna a percorsi cupi e disillusi a cui è meglio abituarsi quanto prima. Alla bellezza si perdona tutto, persino la volgarità. E l'intelligenza non sembra più una giusta compensazione delle cose, una sorta di riequilibrio che la natura offre ai figli meno privilegiati, ma solo un superfluo gingillo che aumenta il valore del gioiello. La bruttezza, invece, di per sé è sempre colpevole, e io ero già votata a quel tragico destino, reso ancora più doloroso se si pensa che non ero affatto stupida.»
(L'eleganza del riccio, Muriel Barbery)
In una società dominata dall'idea della bellezza femminile come valore di scambio, essere brutte, o peggio bruttine*, è una sorta di peccato mortale.
Che va scontato con dignità, pudore e la giusta dose di autocommiserazione (e gatti, per le intenditrici).
Perché se sei brutta, come ci tengono a ricordare le tue amiche belle, magari però sei intelligente. Sei simpatica. È davvero un peccato che tu non abbia nessuno. Ma guai a te se ti trovi un uomo. Perché che una brutta rimanga "a secco" è ormai un fatto culturale non solo accettato, ma anche quasi una questione di principio.

(*Anche se, come fa notare la Aspesi nella sagace prefazione, oggi di donne "bruttine" nel senso in cui viene usata qui la parola, non ce ne sono più, per comodità lasciamo libera interpretazione.)

Cosa succede quando una coppia vive nell’abitudine della quotidianità?


Terapia d'amore
di Daniel Glattauer
Feltrinelli Editore, 2017

pp. 114
€ 13 (cartaceo)

€ 9,99 (ebook)



Joana e Valentin, dopo diciassette anni di matrimonio, decidono di affrontare una terapia di coppia e si accomodano nella stanza di un terapeuta dove «una naturalezza innaturale» fa da sfondo a tutto il romanzo.
«[…] Siedono ben distanti, tue sedie vuote a separarli. Nulla autorizza a credere che si conoscano o siano interessati a sapere qualcosa l'una dell'altro.». Nell’immagine iniziale troviamo la sintesi del romanzo: il vuoto e l’incomunicabilità che possono caratterizzare la vita a due dopo numerosi anni di matrimonio.
I protagonisti si rivolgono ad un terapeuta per affrontare i loro problemi. Si sono conosciuti sott’acqua, in un corso di sub, data la passione comune per le immersioni. L’inizio del loro amore è stato all’insegna di un abbandono all’altro in totale fiducia. Tuttavia, i figli, il lavoro, le piccole diatribe quotidiane, hanno corroso il loro amore assoluto.

Il troppo che a volte "stroppia": "Nulla (o forse qualcosa) da ridire"

Nulla da ridire 
di Marco Cubeddu, Christian Raimo, Carola Susani, Filippo Tuena, Antonella Cilento, Emiliano Ereddia
Corrimano edizioni, 2015

pp. 143
€ 17,00


Copertina accattivante, edizione gradevole, Nulla da ridire è un'opera che parte da una bellissima idea, ma presenta qualche inconveniente nella realizzazione. L'intento è ambizioso: sei scrittori prestano le loro voci (e le loro penne) per “ridire” grandi classici della letteratura. Come osserva Francesco Romeo, autore della prefazione, "le grandi opere racchiudono l'istigazione alla propria profanazione" (d’altronde, ci ricordava Italo Calvino, il classico è “un libro che non ha mai finito di dire quel che ha da dire”). È sempre suggestiva l’idea della riscrittura, che ricrea e plasma parole amate dando loro nuova vita. Così è con curiosità e grandi aspettative che ci addentriamo nel testo e ritroviamo tra le pagine alcuni vecchi amici: Stefan Zweig, Herman Melville, Anton Čechov, Aleksander Puškin, Giovanni Boccaccio e addirittura Omero, che a loro volta concedono alcuni dei loro passi più celebri alla manipolazione e rielaborazione degli epigoni. L’esito di tale procedura sono racconti che “non dicono niente di nuovo, ovvero non dicono alcunché una seconda volta, dicono invece qualcosa di nuovo”. Un sofisma linguistico che anticipa alcune delle problematiche insite nella realizzazione del volume, colpevole a tratti di pretese eccessive e non sempre sufficiente chiarezza.

#CriticaNera - La serialità prima della tv: "La maledizione dei Dain" di Dashiell Hammett

La maledizione dei Dain
di Dashiell Hammett
Mondadori, 2010

Traduzione italiana di Sergio Altieri

pp. 231
€ 9,00

Il protagonista è lo stesso detective dell'Agenzia Continental presente in Raccolto rosso e in altri lavori di Hammett. Ciò che dà il via alla girandola di eventi è un furto di diamanti; gioielli di poco valore, in realtà, rubati però in una modalità strana che fa sospettare che sotto ci sia altro. Presto arriva il primo morto e la trama si infittisce terribilmente. Come nel suo esordio, anche in questo libro lo scrittore americano affastella azioni e svolte narrative in pochissimo spazio: i capitoli sei e sette, che potrebbero già chiudere le vicende, contengono una quantità di rivelazioni e colpi di scena (con un gusto quasi da feuilleton) che sarebbe bastata per un intero romanzo.
La seconda parte è incentrata su un nuovo incarico per il protagonista, collegato al primo: deve sorvegliare Gabrielle, la figlia dei due coniugi morti nella precedente sezione del libro. La ragazza, ancora scossa dagli eventi, si è rifugiata presso il Tempio del Santo Graal, a metà tra un centro di riabilitazione e una setta. Sarà vittima della maledizione dei Dain, ovvero del destino di sangue che la madre ha profetizzato per tutte le donne della famiglia? O il coinvolgimento in un nuovo delitto ha a che fare (letteralmente, come scopriremo) con l'aria che si respira al Tempio?
Tra scazzottate e ectoplasmi, il detective riuscirà comunque a mantenere la sua proverbiale calma e supererà ogni ostacolo.
Il problema della maledizione è che ha funzionato troppo bene, con troppa regolarità. È la prima con cui abbia mai avuto a che fare che funzioni così bene.

Storie che credi di conoscere: il Cassio Longino di Louis de Wohl

La lancia di Longino. La storia straordinaria di un uomo comune
di Louis de Wohl
BUR, 2016

pp. 472 
€ 13,00

Titolo originale: The Spear (1957)
Traduzione di Elisabetta Ciaccia Zaffaroni


Scritto sul finire degli anni ‘50 da un grande autore di romanzi storici, La lancia di Longino colpisce per la sua capacità di condurre il lettore molto lontano da dove l’inizio farebbe supporre. Pertanto, chi fosse ragionevolmente interessato a lasciarsi sorprendere dall’opera, non solo non dovrebbe leggere questa recensione, ma neppure la quarta di copertina, e forse neppure il titolo tradotto – come sempre troppo esplicativo rispetto alle intenzioni originali. 
Protagonista della storia sembra essere Cassio Longino, giovane legionario romano di belle speranze, appartenente a una dinastia illustre, figlio unico di un ex comandante dell’esercito che si era distinto nella guerra germanica ed era caro all’Imperatore. Innamoratosi della donna sbagliata e poco diplomatico nelle relazioni, Cassio inizia subito a scontrarsi con i meccanismi di potere di Roma, che finiscono per travolgere e stritolare la sua famiglia. Sarà la sua particolare abilità di tiro – quella lancia che ci aspettiamo dal frontespizio – a salvarlo da una situazione drammatica e a regalargli una nuova possibilità. Solo e disilluso, Cassio si imbarca per una provincia lontana, al seguito del nuovo procuratore, tale Ponzio Pilato.

Pillole d'autore: celui qui silence, Félix Fénéon e i romanzi in tre righe


Romanzi in tre righe
di Félix Fénéon
a cura di Matteo Codignola
Adelphi, 2009

pp. 58
€ 5,50


Probabilmente la figura di Fénéon ha davvero a che fare con il silenzio [...] è forse l'unico ad aver trovato, e proprio in queste cronache da una Lilliput moderna, l'equilibrio perfetto tra la parola e il suo contrario.
Postfazione di Matteo Codignola

Nella mia mente di bambina, la cosa più difficile era scrivere "tanto". Più un tema, un racconto, un romanzo era lungo, più meritava la mia meraviglia e la mia stima. In letteratura, per me, le dimensioni contavano! Con il passare del tempo e con una crescita di coscienza e di preferenze in quanto lettrice, mi sono resa conto che, in verità, ciò che desta maggior stupore è riuscire a dire tutto scrivendo poco. Non è facile trovare autori con il dono delle sintesi precisa, quelli che in poche battute riescono a sviluppare fabula, intreccio, atmosfera, personaggi, epiloghi fulminanti. Così quando mi sono imbattuta nello scarno libello di Félix Fénéon Romanzi in tre righe non ho potuto resistere.

CritiCINEMA - "Mystic River": Un racconto forte che tocca il cuore e lascia il segno

Mystic River - La morte non dimentica
di Dennis Lehane (traduzione di Francesca Stignani)
Piemme, 2013 (I edizione 2001)

pp. 457
€ 12


Quando sentiamo parlare di Mystic River la memoria corre al bellissimo film uscito nel 2003 con la regia di Clint Eastwood e la straordinaria interpretazione di Kevin Bacon, Sean Penn e Tim Robbins, che ha fruttato agli ultimi due la vittoria del premio Oscar.

Da sempre, però, sono irresistibilmente attratta dai testi che hanno ispirato film e serie tv, perché mi piace leggerli per poi poter fare un confronto ragionato tra le opere. Questa volta è stato davvero arduo decidere a quale delle due accordare la mia preferenza, se alla pellicola di Eastwood o al libro dello scrittore, sceneggiatore e produttore cinematografico statunitense Dennis Lehane.

La storia inizia nel 1975 nella periferia di Boston (città dove risiede l'autore e nella quale ama da sempre ambientare i suoi romanzi), zona East Buckingham, quartiere Flats, quando tre ragazzini, Jimmy, Sean e Dave, assistono al rapimento di quest'ultimo da parte di due uomini che si fingono poliziotti, ma che in realtà lo tengono in ostaggio per quattro giorni e gli infliggono indicibili torture. Da quello scantinato buio Dave riuscirà a scappare, ma qualcosa dentro di lui si romperà per sempre.

PagineCritiche - La fuga: unica ribellione concessa alle donne nel Medioevo

Donne in fuga. Vite ribelli nel Medioevo
di Maria Serena Mazzi
Il Mulino, 2017

pp. 182
€ 14 (cartaceo)


Quale forma di ribellione è concessa alle donne nel Medioevo? Stando alle regole di comportamento, la ribellione non era neanche contemplata: la donna doveva essere remissiva e obbediente, pronta a passare dalla famiglia d'origine a quella del marito, dove si trovava a essere a disposizione dei desideri del consorte, sollecita e attenta nella cura dei figli, spesso chiusa in casa per non essere indotta in tentazione, devota alla Chiesa. Se non spose, le donne potevano dedicarsi alla preghiera nei conventi o appartenere alla parte più disagiata della società (prostitute, serve-schiave). In ogni caso, non c'era spazio per le emozioni, per la libera scelta o per l'autonomia decisionale: molte erano le donne costrette a sottostare a queste regole, ma non tutte ce l'hanno fatta. E la via per la ribellione l'hanno trovata, anche se con esiti diversissimi, come scopriamo leggendo il recente saggio di Maria Serena Mazzi, Donne in fuga (Il Mulino).