Un manifesto confuso sul futuro del passato, eppure da leggere: "Noi tutti" di Mario Capanna


Noi Tutti
di Mario Capanna
Garzanti, 2018

pp. 117
€ 16 (cartaceo)


Ecco perché la pratica della democrazia diretta costituisce il lascito forse maggiore, e più importante, del Sessantotto.
Nel 2018 si, per così dire, festeggiano i cinquant'anni del Sessantotto, quella stagione gravida di fatti e di eventi epocali che, ancora al giorno d'oggi, non finisce di influenzare la vita, non soltanto politica, e il nostro modo di pensare. E chi meglio di Mario Capanna, storico leader studentesco di quegli anni, può raccontare e spiegare l'eredità, non soltanto storica ma anche filosofica, di quella stagione? In Noi Tutti, uscito per Garzanti, Capanna fa giustappunto il tentativo di costruire un manifesto programmatico indirizzato soprattutto alle generazioni future che, finalmente, libere dalla "cattiva lettura" del Sessantotto e in grado di liberarsi dall'ordine capitalistico mondiale, potranno rendere l'umanità "più umana" e, in ultima analisi, il mondo migliore. Un grande compito che, certamente, Noi Tutti non soddisfa pienamente, ricco com'è di passaggi confusi, di ragionamenti troppo brevi e di una retorica che ogni tanto risulta poco apprezzabile. Ma tuttavia è un libro da leggere, anche e soprattutto per capire "il futuro del passato".
Cosa vogliamo dire con questa frase? No, non è un gioco di parole utile solo a far sollevare il sopracciglio ai lettori più attenti. In realtà il lascito più importante di Capanna in questo libro è una sorta di archeologia a posteriori della stagione movimentaria del Sessantotto con quella frase, riportata ad inizio della recensione, che è un po' la cartina di tornasole dell'intero libro. Già perché Capanna, dopo i "soliti" strali verso la società capitalistica e l'irrazionalità del mercato moderno, nelle ultime pagine "svela" un risvolto molto interessante, specialmente per la discussione politica attuale (in particolar modo quella italiana).

Se uno dei maggiori esponenti infatti del'68 dice che uno dei più importanti doni di quella stagione è la possibilità di una democrazia diretta; ovvio che non si possa non fare un collegamento alla retorica della "democrazia diretta via web" che il MoVimento Cinque Stelle ha portato e sta portando avanti. Qui non si vuole dire che Noi Tutti sia una specie di endorsement nei confronti dei grillini. Va però segnalato il fatto, non trascurabile, di questa precisa presa di posizione.

Ma che cosa c'è d'altro in questo libro? Si potrebbe rispondere, in modo forse un po' sardonico, "tutto tutto, niente niente" per citare Antonio Albanese. Già perché Mario Capanna in poco più di cento pagine parla di tantissimi argomenti, citando filosofi, usando numerose etimologie greche e latine per spiegare i veri sensi (e i giusti usi) delle parole al giorno d'oggi e si appella ad un ingente Pantheon di grandi modelli.

Tuttavia, come è facilmente desumibile dal titolo della recensione, il quadro finale è confuso, un poco affrettato e sicuramente difficilmente percorribile per qualsiasi formazione di Governo, rivoluzionaria o meno che sia. Quando Capanna scrive:
La logica e le conseguenze nefaste del profitto non sono ineludibili. Già da tempo esiste la loro alternativa. Accanto al mondo capitalistico - e fuori di esso - opera la nuova economia, basato sulla produzione e il commercio equi e solidali.
È ovvio che lascia scoperto il fianco ad una ridda, praticamente infinita, di dubbi, critiche e ripensamenti. Ritenere che il commercio equo e solidale possa, anche nella migliore delle ipotesi, prendere il posto dell'attuale sistema capitalistico non è soltanto una chimera, ma è anche una sorta di boutade che non porta da nessuna parte. Di altro spessore invece sono le riflessioni sulla televisione dell'uomo, ovvero dell'incapacità ormai, per l'uomo moderno, di vedere oltre uno schermo o un device tecnologico, non riuscendo più ad entrare in contatto col mondo vero.

Un bel concetto che sarebbe da sviluppare ma che in Noi Tutti non viene ragionato a dovere. Come se non ci fosse tempo, come se si dovesse fare in fretta, come se il 1968 non fosse già passato.

Mattia Nesto