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#CritiComics - March: tanto vale leggersi Wikipedia

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March: libro uno
di John Lewis, Andrew Aydin e Nate Powell
Traduzione di Giovanni Zucca
Mondadori Oscar Ink, 2017

121 pag.


John Lewis è un uomo semplice. Si sveglia, fa colazione, doccia e poi barba. Indossa giacca e cravatta e si dirige nel suo ufficio. John Lewis è un deputato per lo stato della Georgia al Congresso degli Stati Uniti, un attivista per i diritti degli afroamericani e l'ultimo uomo vivente ad aver partecipato alla marcia su Washington in cui Martin Luther King recitò il suo famoso discorso. Questo progressivo svelamento mette il protagonista di March: libro uno sotto il fascio di luce che illumina quegli eroi semplici e umili, i cui ideali si sono manifestati non con gli scontri consumati sul campo di battaglia ma con l'esercizio della non-violenza. È un tipo di eroismo difficile da rappresentare proprio perché non esistono scontro e contrattacco, ma esclusivamente la rappresentazione di un corpo che si spezza ma non viene piegato. Se volete, è persino un eroismo più puro e viscerale di quello a cui siamo abituati, un eroismo che esclude la forza e le capacità tattiche per innalzare a vera arma di scontro la fortezza dello spirito, l'ideale che permette a quei corpi di resistere a botte e percosse.  


Questo vorrebbe fare March: raccontare con la stessa semplicità e mitezza del suo protagonista una storia di grande eroismo personale e colletivo. Il risultato è desolante. Lo sceneggiatore Andrew Aydin evita qualsiasi tipo di enfasi e non fa altro che elencare i fatti, metterli in fila e ridurre il tutto a mera cronaca, come se bastasse riportare gli accadimenti per raccontare e descrivere una complessa situazione socio-politica e l'importanza del movimento per i diritti civili. Il risultato ottenuto è un fumetto istruttivo ma privo di qualsiasi mordente, una storia vuota che riesce coinvolgerci emotivamente tanto quanto una voce di Wikipedia. 




Non si tratta qui di desiderare una spettacolarizzazione dei fatti, di piegare la cronaca ai desideri beceri del pubblico, ma di mettere la narrazione al servizio di un'ideale in un momento storico in cui racconti come questo possono fare la differenza. È  forse questa la cosa che più fa inorridire del fumetto, ovvero il ricorrrere continuo di Aydin a mezzucci narrativi di serie b (come tutta la parte iniziale con i bambini) che non riesce ad abbandonare nemmeno nei momenti più toccanti. March è un'elencazione senza anima e senza cuore, narrata col pilota automatico da chi pensa che bastano le Grandi Storie per reggere la struttura di un libro. Come se stesse scrivendo una fiction Rai o un libro Beccogiallo, Aydin non si impegna mai nel trasmettere un'emozione e di conseguenza toglie forza al messaggio. In più, come il peggiore degli esordienti, usa una voce narrante soporifera che pare più avere la funzione di descrivere ciò che accade piuttosto che raccontarcelo. 



Nate Powell ai disegni non fa di meglio. Svogliatissimo, il suo racconto riflette le mancanze della sceneggiatura: mai che si respiri oppressione, mai che si venga sferzati da raffiche di eroismo. È  apprezzabile come Powell tenda sempre a non mettere al centro della scena Lewis privilegiando le azioni collettive  della massa, ma la cosa si rivela comunque poco efficace e accentua forse quel distacco dalla materia di partenza che affligge il libro.


March: libro uno è un fumetto catechetico cui interessa propagandare le proprie idee ma che a conti fatti trasmette solo informazioni su ciò che accadde. Impossibile trovarci dentro un'idea narrativa, un senso del racconto o la voglia di raccontare una bella storia, e in questo modo le idee scoloriscono sino a scomparire, per lasciare posto solo a una fredda copia carbone di un articolo di cronaca.


Matteo Contin