La memoria del tempo trascorso: il Novecento italiano visto dagli occhi di Antonio Giusti


Memorie scompaginate
di Antonio Giusti

Apice Libri, 2016

pp. 146


€10



Antonio Giusti, classe 1932, industriale dalla lunga e fortunata carriera, nella sua vita non ha mai messo da parte la passione per la letteratura, pubblicando negli anni diversi volumi (citiamo, a titolo esemplificativo, La casa di Forte dei Marmi, La fabbrica dei soldi e Mare grosso, titoli da cui – come dichiara lo stesso autore nel libro – sono tratti alcuni degli episodi raccontati nel volume). Memorie scompaginate è una lunga carrellata di personaggi che hanno incrociato il cammino dell'autore, o perché ospitati nella sua casa a Forte dei Marmi, oppure perché incontrati grazie ad amici comuni.

Carmelo Bene, Nino Tirinnanzi, Nanda Pivano, Germana Maruccelli, Eugenio Montale, e molti altri. Tutti ci vengono descritti dal Giusti con un occhio benevolo, talvolta affettuoso, tuttavia mantenendo un costante tono narrativo che conferisce al racconto una piacevole scorrevolezza. Dei personaggi, sia che gravitino attorno al vivace universo artistico (Louise Nevelson, Paolo Scheggi) oppure che appartengano al mondo industriale (Pietro Barilla, Attilio Monti), vengono raccontate sia le vicende professionali sia quelle strettamente personali, rivelando, talvolta, qualcosa di più sul carattere dei protagonisti.

Pietro Barilla era simpatico, molto educato e riservato. Quando a volte lo invitato a cena, l'indomani non si sdebitava con un mazzo di fiori, ma mandando uno scatalone pieno di pasta dalle mille forme e qualità. Scatolone graditissimo a Lydia Mancinelli, in quei giorni nostra ospite con Carmelo Bene e Montale, che se ne appropriava per cucinarci delle variate e sempre squisite pastasciutte.
Ed è proprio Eugenio Montale il protagonista di uno dei più interessanti e meglio riusciti capitoli del libro, ricco di documenti fotografici che ritraggono il poeta assieme al Giusti. Il lungo paragrafo si articola in diversi momenti, dal momento dell'incontro tra i due – una sera, durante uno dei giovedì letterari organizzati da Germana Maruccelli, a Milano, e di nuovo vent'anni dopo, nel 1970, casualmente, alla stazione di Milano – al racconto della vita quotidiana, delle abitudini e dei piccoli vizi del poeta ligure.
Montale era un ospite molto preciso. Scendeva le scale esattamente alle dieci, faceva colazione per poi sedersi strategicamente sul terrazzino davanti al giardino a guardare chi entrava e chi usciva di casa. Prima delle undici mia moglie lo accompagnava alla spiaggia dove, su una poltroncina di paglia, conversava all'ombra di una tenda blu senza mai togliersi le scarpe di tela.
Tra i diversi e gustosi aneddoti che vengono raccontati nel capitolo, fanno capolino le divertenti storie sullo spirito ironico che animava il poeta e che forse in pochi conoscono.
Ciò chè però in pochi sanno è che Montale provava un gran gusto a burlare la gente. Era domenica, giorno di elezioni e mi trovavo a Milano dove votato anch'io. Gli telefonai e lui mi chiese se potevo accompagnarlo al seggio. […] Fu allora che Montale superò sé stesso. Senza spostarsi, ne aprì una con mano tremante, la guardò meravigliato e chiese con aria innocente: «Come si fa a votare?» […]
Non feci commenti, però pensai che, se invece di me ci fosse stata Gina, lei non gli avrebbe permesso di prendere tutti in giro con quella commedia.
Gina Tiozzi, la storica governante di casa Montale, viene ritratta da Giusti come una compagna fedele e attenta, «rispettosa ma severa», che «sembrava essersi presa l'impegno  di tenere Montale in vita proteggendolo da qualsiasi cose attentasse il suo benessere». Premurosa e devota, Gina è il perfetto argine della ben nota ritrosia montaliana.
Montale sbuffava ma poi le obbediva, anche perché Gina era intelligente e lo conosceva così bene che preveniva i suoi desideri. Sapeva cosa gli era gradito e cosa detestava. Quando Montale non voleva vedere qualcuno, non aveva che far finta di dare la colpa a lei e se la cavava senza fare la figura dell'orso.
Tale riserbo, che in taluni casi rischiava di sfociare in una manifesta scontrosità, non risparmiava né i visitatori occasionali né le alte cariche:
Aveva diviso i visitatori  in due categorie: gli amici e i seccatori. Gli amici erano i bambini, le cameriere, il garzone del droghiere che consegnava a domicilio, il giardiniere e qualche attore della troupe di Carmelo che bivaccava in giardino, mentre i seccatori erano principalmente quelli che si davano importanza o che volevano parlargli di letteratura. Con loro era inflessibile: se ne udiva la voce, si rifugiava in camera e mandava a dire di essere indisposto.
Montale era già stato nominato senatore a vita e un giorno telefonò la segreteria della Presidenza della Repubblica. Era Saragat che voleva dirgli qualche cosa. Il telefono era in sala, avevo risposto io e Montale mi faceva segno con la testa di non voler essere seccato. Ero imbarazzato perché dopotutto, scherzi a parte, al telefono avevo il Presidente della Repubblica. Ma dovetti mentire e dire che Montale dormiva, non lo si poteva disturbare pena la sua preziosa salute e che gli avrei chiesto di richiamare. Montale non richiamò mai.
Certamente un occhio privilegiato quello del Giusti, che può contare sulla quotidiana convivenza con il poeta, e che non ci risparmia divertenti aneddoti su un'ipotetica e reciproca intolleranza tra il poeta e Carmelo Bene, ospite anche lui presso la casa di Forte dei Marmi.
Tutto fu idilliaco fino a quando invitammo anche Carmelo Bene e Lydia Mancinelli. In privato, Carmelo diceva male di Montale sostenendo che non era un vero poeta e Montale diceva male di Carmelo dandogli del guitto, anzi, del delinquente abituale. Ma poi, quando erano insieme, discutevano animatamente per ore sui vari argomenti e sembravano andare d'accordo.
Quello di Giusti è un Montale privato, lontano dai riflettori, talvolta scostante e reticente, abitudinario e silenzioso, ma sempre fedele alla cara Gina.
Pagine altrettanto interessanti e gradevoli sono quelle dedicate a Carmelo Bene, ospitato da Giusti fin dal periodo in cui l'attore era ancora agli albori della sua carriera. Uomo dalla spiccata esuberanza e connotato da uno spirito vivo e impetuoso, Bene prendeva facilmente il comando delle serate nella casa al Forte dei Marmi, andando a letto solo a notte fonda.
Dopo le undici, l'ora in cui Montale andava a letto, in sala cominciava la grande nottata. Nessuno andava a dormire prima delle sei del mattino e Carmelo si scolava da solo una bottiglia di whisky. Amava organizzare delle recite, generalmente l'Amleto, distribuendo i ruoli in modo assurdo. […] Conosceva i testi a memoria, impostava le scene, insegnava le battute e suggeriva i gesti. A un nostro amico capitato per caso impose di interpretare il fantasma del re e a un altro il testo di Jorik, naturalmente obbligandoli a stare immobili e zitti.
A Carmelo Bene seguono altri personaggi, tutti di peso notevole all'interno del novecentesco panorama culturale italiano: Germana Maruccelli, Paolo Scheggi, Attilio Monti, Don Carlo Gnocchi, Papa Woytila, Nanda Pivano, Nino Tirinnanzi e altri ancora.
Antonio Giusti, quindi, con questo libro scorrevole e piacevole, ci testimonia l'intricata e fittissima rete di rapporti sociali che egli ha intessuto negli anni – soffermandosi talvolta anche sui dettagli meno conosciuti dei personaggi – diventando il fortunato amico di alcune delle figure più importanti del nostro Novecento.

Valentina Zinnà