#paginedigrazia - Lungo il crepaccio distruttivo dell'eros





Il vecchio della montagna
di Grazia Deledda
Ilisso, 2007

con prefazione di Susanna Paulis

pp. 176
€ 11 (cartaceo)
€ 4,90 (ebook)




«Melchiorre Carta saliva la montagna, ritornando al suo ovile»: si apre così Il vecchio della montagna, romanzo di Grazia Deledda uscito prima a puntate sulla «Nuova Antologia» nel 1899 e pubblicato l'anno successivo, in contemporanea ad Elias Portolu. Il primo personaggio che incontriamo non è il protagonista del titolo: è suo figlio, il cui movimento agitato anima il romanzo: come un novello Renzo manzoniano, Melchiorre è ingenuo e irruento, sa di amare la cugina Paska (certo, sente per lei un'attrazione selvaggia ben diversa dal ben più pacato amore dei Promessi sposi) e di non essere l'unico a godere delle sue attenzioni. Questo porta Melchiorre a salire con stizza la montagna che lo riporta al pascolo dove lo attende il padre, Pietro Carta, cieco, ma avvezzo a muoversi con la guida dei rumori della natura che conosce tanto bene. E altrettanto abituato a riconoscere turbamento nella foga del figlio: a nulla vale la sua saggezza; come Grazia Deledda postulerà anche in Il vecchio e i fanciulli, l'esperienza dei vecchi non vale più a nulla. In particolare, Pietro Carta è un eroe innocente, come rileva Susanna Paulis nella prefazione e come il lettore constaterà nel corso del romanzo. 

Bridget Jones è tornata... con un ironico fertility book: "Bridget Jones's Baby"

Bridget Jones's Baby. I diari
di Helen Fielding

Traduzione di Licia Vighi e Anna Carbone

Rizzoli, 2016
pp 240, € 18,00



Bridget Jones è tornata! Ora è magra, lavora come produttore di punta a Buon Pomeriggio! ed è...sì, ok è ancora single. Mark Darcy, quello che sembrava essere l'amore della sua vita, ha sposato la magrissima e supponente Natasha. E allora? Bridget è una splendida donna in carriera, con tantissimi amici ed è felice. Certo, come tutti le ricordano costantemente, il suo orologio biologico, più che ticchettare, sta per esplodere. Pazienza! Senza figli può ancora concedersi delle notti di sesso bollente ed occasionale, magari anche con qualche suo ex. Forse avrebbe fatto meglio a tenere conto della data di scadenza dei preservativi biodegradabili amici dei delfini. Perché i chili di troppo che sta accumulando non sono sicuramente dovuti ad uno smodato consumo di fette di emmental e tavolette di cioccolato.
Essere vicina ai quaranta e senza figli è la situazione più brutta in cui una donna si possa trovare. È uno scoglio biologico che, ne sono certa, nei prossimi anni verrà superato. Ma per ora è una vera tortura.

#Rileggiamoconvoi - A far paura non sono solo gli horror...

La zucca di Halloween di Giulia

Cari lettori, 
nel weekend di Halloween anche noi ci siamo fatti contagiare: Giulia ha costruito una zucca bellissima, c'è chi in redazione festeggerà in maschera e chi leggerà libri del terrore. Ma non vi consiglieremo titoli del genere: ci sono libri che ci fanno paura pur non essendo horror...  
Ecco dunque alcune proposte tra le meno scontate, per scoprire che a volte sono libri che raccontano sentimenti apparentemente innocui a terrorizzarci! 

E a voi... Quali libri fanno paura? Scrivetecelo nei commenti! 

Buon Halloween,
La Redazione

***


Per Barbara fa paura...
"La figlia sbagliata" di Raffaella Romagnolo (Frassinelli)
Leggi la recensione
Perché fa paura: l'amore materno viene qui declinato nei suoi risvolti peggiori: una madre può soffocare gli impulsi di un figlio,mascherando il suo intervento costante con l'istinto di protezione. Una madre può preferire un figlio a un altro, generando un costante e pernicioso senso di inadeguatezza in quello respinto. In questo romanzo, è l'amore materno a spaventare il lettore e lo fa proprio perché è immenso, irrazionale, irrefrenabile.
A chi consigliarlo: a coloro che amano i romanzi capaci di far riflettere e suscitare sgomento, a chi non ha paura della vita vera, della spaventosa piega che può prendere la quotidianità.

#CritcARTe - Hackatao: WAZHACK!!!




Hackatao - Wazhack!!!
a cura di Gianluca Ranzi


Inaugurata sabato 1 ottobre, la personale del duo Hackatao: WAZHACK!!!, curata da Gianluca Ranzi, presso ArteA Gallery a Milano, visitabile fino al 5 Novembre 2017.
Hackatao è una coppia di giovani artisti composta da Nadia Squarci e Sergio Scalet. Il loro nome nasce dalla fusione di due parole "hacker", inteso come "persona che supera le limitazioni imposte con creatività e ingegno" e "tao", nel senso di "tutto vivente".


"Protagonisti delle opere di Hackatao sono i Podmork, creature bizzarre, colorate, che sembrano uscite da un fumetto per portare luce e colore nel mondo. Queste opere, che potrebbero erroneamente essere associate a dei semplici pupazzi, se osservate in modo superficiale, sono Art Toys, una forma d’arte che affonda le radici nello stile pop surrealista e richiama sia artisti come Andy Warhol e Takeshi Murakami, sia elementi della cultura popolare come i manga, facendosi portatrice di un messaggio e di una riflessione sul contemporaneo.  
“La loro invenzione - afferma il curatore della mostra, Gianluca Ranzi - sta nella messa a punto di un linguaggio che ruba ai nuovi media la velocità e la sintesi del tratto, la bidimensionalità di un’informazione che non ama l’affondo per natura, la piattezza meccanica del colore steso a zone, ma che riesce a divenire uno strumento che sa anche mettere in luce l’intolleranza storica di un mondo che segna il passo per quanto riguarda la convivenza e il rispetto delle differenze.”

#ScrittoriinAscolto - A Milano con il prof. Ivano Dionigi, a lasciarci stupire dal latino

Milano, Mondadori Megastore, via San Pietro all'orto
20 ottobre, h. 18


Perché studiare latino, oggi? È una domanda ricorrente, che popola la cronaca di quest'ultimo anno: la risposta si può trovare in libreria, dando voce (e lettura) ad alcune pubblicazioni recenti che si occupano della legittimità del latino e del greco nel nostro presente. Sì, perché Il presente non basta, suggerisce Ivano Dionigi sulla copertina del suo nuovo saggio, e se ci predisponiamo ad ascoltare La lezione del latino, invitati dal sottotitolo, il risultato sarà sorprendente. Fin dalle prime pagine, intraprendiamo un viaggio nel tempo, approfittando della «chiave del latino» per aprire «lo scrigno della nostra storia, della letteratura, del passato»
Dobbiamo allontanarci dal riuso e dalle distorsioni intepretative in epoca fascista, che hanno reso il latino una lingua elitaria, dalla retorica tossica: molto meglio, come sostiene Gramsci in una pagina dei Quaderni del carcere, impiegare il latino per capire a che punto siamo oggi

I classici infatti, per citare Eco, «sono quelli che vi hanno fatto odiare a scuola e che avete riscoperto da adulti»; e, ancora, non si sono esauriti con il tempo, ma hanno sempre qualcosa di nuovo da dire. I classici, secondo Dionigi, «hanno una forza antagonista contro il potere» e «resistono alla moda», intesa in senso etimologico, ovvero come una tendenza fortemente legata al momento.
Si può fare a meno dei classici? Forse sì, ma si sta infinitamente peggio, e i nostri governanti dovrebbero capire perlomeno il valore (anche economico, oltre che culturale) del nostro infinito patrimonio nel segno di Roma. 

#CritiComics - Superzelda. La vita (provocatoria) di una super eroina in lotta contro se stessa

Superzelda. La vita disegnata di Zelda Fitzgerald
di Tiziana Lo Porto e Daniele Marotta
minimum fax, 2011

pp. 170
15 euro



Mi sono avvicinata alla graphic novel di Tiziana Lo Porto e Daniele Marotta mantenendo una certa aura di voluta ignoranza sul personaggio meraviglioso e affascinante che ne è al centro: di Zelda Sayre Fitzgerald sapevo solo che era stata la moglie e musa ispiratrice di Scott Fitzgerald, grande scrittore americano dei ruggenti anni Venti.
Conoscerla attraverso le belle immagini di Daniele Marotta e il testo lineare, divertente ed essenziale di Tiziana Lo Porto è stato un viaggio interessante, uno di quelli che, quando ci si decide a partire, non si vorrebbe interrompere.

#ScrittoriInAscolto: con Gianrico Carofiglio a Roma

Foto di ©DeboraLambruschini

25 Ottobre 2016, h 18
La Feltrinelli, Roma

L'occasione era davvero ghiotta: partecipare alla prima presentazione ufficiale di L'estate fredda, l'ultimo romanzo di Gianrico Carofiglio, ospiti di Einaudi, presso la libreria Feltrinelli di via Appia a Roma. Insieme ad un piccolo gruppo di blogger e giornalisti, infatti, siamo stati infatti invitati pochi giorni fa all'incontro con lo scrittore barese che presentava il suo ultimo lavoro in dialogo con Francesco Colombo (editor) e Paolo Repetti (editor e direttore, insieme e Severino Cesari, della collana Stile Libero di Einaudi). Un incontro davvero interessante, durante il quale la riflessione su temi e spunti di quest'ultimo romanzo si è inevitabilmente intrecciata a considerazioni su politica, magistratura, mafia, attualità e letteratura, e che noi blogger abbiamo avuto il privilegio di poter proseguire insieme a Carofiglio in una chiacchierata informale, di fronte ad un paio di bicchieri di vino, al termine della presentazione. Quello che forse non ci si aspettava è stata proprio la generosità di Carofiglio nel dialogare con noi, i suoi lettori, attento alle domande che gli si ponevano, tra riflessioni sui temi caldi centrali nel libro e qualche momento di leggerezza, conferendo alla lettura da poco conclusa nuovi interessanti punti di vista. Si è parlato di mafia, uso attento della parola e credibilità della narrazione, influenze letterarie e contesto editoriale, romanzo e short story, in un dialogo dal ritmo vivace, prima e dopo la presentazione al pubblico.

Racconto biblico e tragedia greca: "Lo spregio" di Alessandro Zaccuri

Lo spregio 
di Alessandro Zaccuri
Marsilio, 2016

pp. 120
€ 16,00 (cartaceo)


Con una certa facilità si può ipotizzare che il lettore arrivato d'un fiato all'ultima pagina de Lo spregio (Marsilio, 2016) di Alessandro Zaccuri non sia troppo distante dallo spettatore che nel V secolo a. C. abbandonava, meditabondo e sbigottito, il teatro al termine di una rappresentazione di Sofocle. Al di là del sommovimento catartico che dovrebbe scaturire in chi fruisce dell'opera d'arte, il racconto di Zaccuri - apologo morale con chiari echi veterotestamentari - sembra infatti ricalcare in carne e ossa la struttura della tragedia greca, con l'aggiunta - questa sì contemporanea - di una scena finale in cui, moderatamente e contro i canoni della tragedia classica, gronda anche del sangue. Se è vero infatti che i motivi centrali de Lo spregio sono facilmente riconducibili alla cultura biblica, così come è esplicito il riferimento alla religione cristiana - seppure nella forma brutalmente arcaica e superstiziosa della religiosità popolare -, è altrettanto vero che la 'messa in scena' narrativa di questi elementi richiama da vicino le radici profonde che sottendono i conflitti del teatro greco: l'ereditarietà della colpa, i conflitti familiari, la hybris, l'ineluttabilità del fato che si mescola al libero arbitrio degli uomini.

#paginedigrazia - Come il sogno di un amore lontano : “Anime Oneste” di Grazia Deledda






Anime oneste
di Grazia Deledda
Ilisso, Nuoro, 2009

Prefazione di Tania Baumann

pp. 183
11


Pubblicato nel 1895, Anime Oneste si inserisce all'interno della produzione giovanile di Grazia Deledda, imponendosi fin da subito come uno dei romanzi più interessanti di questo periodo.
Come sottolinea Tania Baumann nella prefazione, la giovane Grazia, che all'epoca aveva appena ventiquattro anni, con questo libro attira l'attenzione della critica e del pubblico a livello nazionale, cominciando a porre le basi del suo futuro successo.
L'opera si apre immediatamente con la morte di donn'Anna, fatto che cambierà per sempre le vite dei protagonisti. La nipote, che viveva presso la nonna, viene presa in carico dallo zio, che la porta a stare nella sua famiglia, a Orolà.

Quando la delicatezza annienta le difese del lettore: «Un bene al mondo».

Un bene al mondo
di Andrea Bajani
Einaudi, 2016

pp. 138
€ 16,50 (cartaceo)
€ 8,99 (ebook)



Il bambino non ricordava più niente, ma come sapeva che da alcuni dolori doveva tenersi alla larga, allo stesso modo sapeva che c'erano dolori dei quali poteva essere amico. (p. 19)
Parte come una fiaba, Un bene al mondo, l'agile librino uscito per Einaudi da poco tempo: un ritorno singolare per Andrea Bajani, che sceglie un paese indeterminato con un bambino protagonista indeterminato dallo zaino rosso, che porta a spasso il suo dolore, compreso e coccolato solo da una bambina altrettanto indeterminata. Eppure, dopo poche pagine queste figurine potenzialmente sfocate si stagliano sul nostro orizzonte della fantasia e si trasformano in "il bambino" e "la bambina". Li seguiamo attraverso la loro faticosa scoperta del mondo, in case che sembrano del tutto moderne eppure vuote, fatte di oggetti senza colore, forma. O sarà che non ci interessa immaginarli, perché contano di più le emozioni e le riflessioni che il piccolo protagonista costruisce, la scoperta di quanto sia ad esempio difficile portare con sé il suo dolore, che gli ha affidato la madre alla nascita; o quanto sia deleterio e pericoloso l'aggressivo dolore del padre, che ringhia e allontana tutti. È un mondo dalla comunicazione complessa e quasi inesistente con gli adulti: se non fossero troppo bloccati nella loro vita affannata e frustrante, questi riuscirebbero a intercettare questi pensieri del figlio:
La felicità, si diceva camminando sui suoi tappeti rossi e guardando fuori dalle finestre, era chiudere a chiave le cose belle che erano successe. Diventare con le cose che aveva vissuto, e poi non vivere più. (p. 28)

Editori in ascolto | Bookabook, la piattaforma italiana di crowdfunding editoriale


Bookabook è una giovane realtà milanese che, da qualche anno a questa parte, ha fatto molto parlare di sé: non solo per la qualità dei libri pubblicati ma anche per la "filosofia" che sottende l'intera linea editoriale. Vi avevamo già anticipato di questo progetto di crowdfunding editoriale nel 2014 (leggi l'articolo di Claudia Consoli), e a due anni dal lancio dell'iniziativa abbiamo incontrato il fondatore, Tomaso Greco, assieme a Emanuela Furiosi, per parlare dei loro risultati e dei loro progetti.

Come è nato Bookabook e quale finalità vi eravate proposti all'inizio? 
Nell’estate del 2013 io e Emanuela abbiamo iniziato a mettere a punto l’idea, ma il lancio vero e proprio è dell’aprile 2014. Erano gli anni in cui il crowdfunding iniziava a imporsi come fenomeno di massa anche fuori dagli Stati Uniti. Nei mesi di preparazione abbiamo cambiato molte cose, ma non le finalità del progetto: unire le potenzialità del crowdfunding, la sua attitudine a creare comunità, con la ricerca della qualità propria dell’editoria tradizionale. Non volevamo replicare il lavoro di piattaforme come Kickstarter e Indiegogo, così ci siamo imposti una rigida selezione qualitativa delle proposte, affidata a editor professionisti.

Quindi la vostra, sin da subito, è stata una dimensione molto internazionale...
Cerchiamo di tenere un occhio su tutto quello che si muove nell’innovazione editoriale: Stati Uniti, Inghilterra, ma anche Europa continentale. Allo stesso tempo vogliamo avere le radici saldamente piantate nell’editoria italiana, che ha le sue particolarità e dove si innova più di quanto si sarebbe portati a credere.

"L'imperfetta meraviglia", di Andrea De Carlo


L'imperfetta meraviglia
di Andrea De Carlo
Giunti, 2016

366 pp.
18,00 €






 

«Guarda che non sono il tuo prevaricatore.»


Sta tutto qui il senso dell'ultimo libro di Andrea De Carlo: i protagonisti sono in cerca della loro libertà, che passa attraverso la definizione e la proclamazione della loro identità.
Provenza, giorni nostri. Milena è approdata in Francia con la sua compagna Viviane. Qui ha aperto una gelateria artigianale, anzi, personale: ogni gusto è diverso perché rispecchia i sentimenti di chi lo prepara. Nick è il frontman della band dei Bebonkers, costretto a interpretare il personaggio del ribelle nonostante col tempo sia diventato molto più posato e riflessivo. Entrambi sono a un punto di svolta: Milena sta per diventare madre, perché Viviane insiste affinché si faccia inseminare artificialmente. Nick, invece, è alle prese con un mastodontico matrimonio, ripreso in diretta da un team di giornalisti di gossip.
Il romanzo è costruito sull'alternanza dei punti di vista di Milena e Nick: per De Carlo è stata una sfida, perché «non ci si improvvisa nei panni di una donna.»

Sul gioco antico della reciproca credibilità: reputazione e umanità "comparativa" secondo Gloria Origgi

La reputazione
di Gloria Origgi
EGEA. Università Bocconi Editore, 2016
(edizione originale: La réputation, Presses Universitaires de France, 2015)

pp. 209

Euro 18,00

La reputazione, il saggio socio-filosofico di Gloria Origgi appena dato alle stampe da EGEA nella sua traduzione italiana dal francese (a cura della stessa autrice), è un testo “ambiguo”. Non tragga però in inganno l’utilizzo di questo aggettivo, apparentemente negativo eppure quanto mai appropriato per suggerire la sensazione di destabilizzante inquietudine conseguente la lettura del volume. Da una parte, difatti, esso ha l’andamento logico e rigoroso che convenzionalmente caratterizza le pubblicazioni accademiche (la studiosa, parigina d'azione, si occupa di filosofia presso l'Institut Nicod dell'Ecole Normale Supérieur e insegna presso l'Ecole des Hautes Etudes en Sciences Sociales); dall’altra, al contrario, ha la capacità di suscitare una molteplicità di reazioni epidermiche e irrazionali, in tutto simili a quelle che di solito si accompagnano alla narrativa di finzione. Se questo accade è probabilmente per effetto dell’argomento da cui il lavoro prende il titolo – la reputazione, appunto – un tema antico eppure talmente pervasivo e pruriginoso da potersi considerare una delle più significative cartine di tornasole della vita associata in generale e di quella contemporanea in particolare.

L'estate fredda: l'ultimo romanzo di Carofiglio, in una Bari bellissima e crudele

L'estate fredda
di Gianrico Carofiglio
Einaudi editore, ottobre 2016

pp. 352
€ 18,50 (cartaceo)




E ti chiedi: chi vincerà? Noi o loro?

Noi o loro: da una parte i buoni, o quelli che dovrebbero esserlo, in un mondo più semplice, rassicurante; dall’altra i cattivi, esattamente come uno se li immagina, mafiosi, spacciatori, criminali comuni, violenti e disperati. Nel mezzo una città, Bari, costretta a fare i conti con una guerra di mafia in una situazione sempre più tesa. È l’estate del 1992 e la città è scossa da agguati, sequestri, violenza, per il controllo del territorio. Il rapimento del figlio di un capo clan locale lascia tutti quanti con il fiato sospeso, il pericolo concreto di una guerra aperta nelle strade. Ma quando viene ritrovato il cadavere del bambino, abbandonato in un pozzo in aperta campagna, il giovane affiliato che aveva scatenato la guerra, inaspettatamente, si presenta alle forze dell’ordine per collaborare con la giustizia, svelando in un lungo racconto di fronte a carabinieri e magistrati una vita di crimini e violenze, la rapida escalation tra gli uomini di fiducia del boss, la faida interna, vendetta e sete di potere, che hanno portato a quell’estate di fuoco; ma prendendo fin da subito le distanze dal sequestro del bambino, che resta un mistero pericoloso da svelare.
L’ultimo lavoro di Carofiglio, in uscita proprio oggi per Einaudi, è qualcosa di sorprendente, costruito su più livelli di lettura che inchiodano alla pagina. È l’avvincente storia di mafia dal ritmo serrato, la trama densa di colpi di scena, racconto vivido di un mondo caotico e violento, dove l’invenzione si intreccia alla cronaca di quell’estate terribile degli attentati a Falcone e Borsellino, un’estate di sangue e dolore, eroi ed omertà, paura ed orgoglio. Ed è un racconto che all'autore riesce piuttosto bene: l’esperienza di quella prima vita da magistrato e sostituto procuratore nell’antimafia, rielaborate sulla pagina con il piglio esperto di chi sa come bilanciare realtà e finzione letteraria, senza che l’una vada a discapito dell’altra. Un mondo dal quale si è allontanato scegliendo di dedicarsi completamente alla scrittura, ma che rivive in queste storie, dove è facile per il lettore cadere nella trappola di un gioco alla ricerca di quel confine tra verità e finzione che si fa inevitabilmente confuso. L’invenzione letteraria in quest’ultimo romanzo, diviene racconto travolgente e crudo di un mondo criminale regolato da codici, rituali, gerarchie, prove di coraggio e fedeltà; Carofiglio non indugia più del necessario nella violenza, che è certo un elemento centrale della narrazione, ma non l’aspetto dominante. Necessaria, per raccontare una storia come questa, ma non gratuita per il solo scopo di divenire disturbante.

#paginedigrazia - La storia di Marianna Sirca, un'eroina "sola come la fiera nel bosco"



Marianna Sirca
di Grazia Deledda
Ilisso, 2007

a cura di Dante Maffia


pp. 203

cartaceo: 11,00 euro
e-book: 4,99 euro

È il 1915 quando l’editore Treves di Milano pubblica Marianna Sirca. A quella data, la Grande Guerra sta diventando cronaca sempre più quotidiana anche per Grazia Deledda, che ormai da tre lustri abita a Roma, e – come opportunamente nota Dante Maffia nella sua Prefazione all’edizione Ilisso – non manca di intriderne di sangue la bella prosa. Non solo si assiste alla storia dell’amore impossibile, e destinato a un tragico epilogo, tra il latitante Simone Sole e la ricca possidente da cui l’opera prende il titolo, ma all’origine di tutto vi è proprio il lacerante conflitto – sia interiore che “esteriore”, e senza attenuante di “prigionia” – della protagonista femminile. Sarebbe in ogni caso riduttivo inscrivere il lavoro all’interno dei canoni classici dell’amour fou: quella di Marianna Sirca non è solo una sfortunata passione osteggiata da norme sociali e culturali, resa tuttalpiù etnograficamente accattivante proprio per via del contrasto tra il pedigree alto-borghese dell’eroina e quello delinquenziale del suo spasimante; il romanzo, in cui la complessa parabola passionale-sentimentale dell’elemento femminile della coppia segue anzi un andamento più materno che muliebre, è l’autopsia di un desiderio più psicologico che fisico, più trascendente che materiale: la storia di una donna che vorrebbe vivere la sua vita illudendosi di esserne padrona, e che infine non solo si arrende all’omicidio dell’amato, ma sceglie, simbolicamente, di suicidarsi a se stessa, andando in sposa a un uomo dal sembiante simile a quello del giovane bandito.

«La vita degli altri, attraverso lo spioncino del mio appartamento, era sempre una vita migliore della mia»

Candore
di Mario Desiati
Einaudi, 2016

pp. 232
€ 19 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)


L'involuzione a volte è solo una momentanea mancanza di coraggio che si esprime in timidezze, nevrosi, paraonoie... ma soprattutto vergogna.
Difficile, se non impossibile, resistere all'illusione fatata del porno per Martino Bux: lì tutto è sempre perfetto,  perché in fondo «il porno ha un vantaggio, l'immagine. Ti illude che il sesso non sia mai fallace e deperibile, come l'immagine dei suoi protagonisti». Non esiste tempo, lo spazio diventa irrilevante e si riduce a un disperdersi di umori tra lenzuola sporche, umori che resteranno impressi sulla pellicola, infinitamente ripetibili davanti agli occhi dello spettatore. Quando lo spettatore, poi, è un vero e proprio cultore del genere come Martino, ecco che tutta la realtà è leggibile attraverso un confronto con questo o quel film porno: le donne, specialmente, vengono paragonate alle attrici hard più famose. Basta un dettaglio, ed ecco che Martino si illude di innamorarsi, o perlomeno intraprende insoliti e scoraggianti corteggiamenti. 

Stratagemmi per resistere al sonno: "Ti sfido a non sbadigliare" di Hélène Boudreau e Serge Bloch


Ti sfido a non sbadigliare
di Hélène Boudreau
illustrazioni di Serge Bloch
traduzione di Maria Pia Secciani

Edizioni Clichy, 2016

pp. 32

15 euro


«Gli sbadigli sono furbi», hanno modi sottili per coglierti di sorpresa. Ti s'attaccano addosso e contagiano chi ti sta attorno. Se poi è la mamma ad accorgersene allora è la fine: in un batter di ciglio ti ritrovi a letto, con le coperte rimboccate, infagottato come «un ragno nel suo buco» e pronto per la buonanotte. Il punto è che dormire, a luce spenta, nel buio propria cameretta, è davvero una scocciatura. Fine dei giochi, dei dispetti al gatto col maglione rosso. Fine delle trovate, delle costruzioni con i cubotti di cartone, delle letture e delle storie da inventare. Così, qualsiasi stratagemma è buono per resistere: l’importante è non cedere alla tentazione, non soccombere alla stanchezza che, inesorabile, metterà fine alla giornata.

Hélène Boudreau, canadese, classe 1969, un passato da biologa e un presente da scrittrice, lavora a quattro mani con Serge Bloch, "bulimico dell'illustrazione" d’oltralpe e capo redattore del giornale per ragazzi Astrapi. Il risultato è un volumetto di trentadue pagine da leggere tutto d'un fiato, carico d'umorismo e leggerezza. Il tratto di Bloch è schematico e rapidissimo, felice nelle sue impurità, nelle imperfezioni grafiche che raccontano sentimenti e frustrazioni. Le espressioni del protagonista, accompagnate dalle trovate per non soccombere alla dura legge dello sbadiglio, sono da lacrime agli occhi. Consigliato per chi, giunta l'ora della nanna, ne inventa una più del diavolo pur non di non andare a dormire.


#CritiCINEMA - Woody a pezzi: la biografia di Grueso sull'ultimo genio del cinema

Woody Allen, l'ultimo genio
[Woody Allen, el último genio]
di Natalio Grueso

trad. di G. Manna e E. Rolla

Salani editore
pp. 268
€ 16,00



'Tutto quello che avreste voluto sapere su Woody (e avete sempre sperato di leggere)'. Potrebbe intitolarsi così, forse in modo poco originale, un libro autobiografico su Woody Allen che abbia la pretesa e l'ambizione di essere, se non certamente definitivo, almeno il più esaustivo possibile e ricco di dettagli inediti o comunque sconosciuti al grande pubblico. Non è compito facile, infatti, cimentarsi con il mare di aneddoti, notizie più o meno attendibili, gossip, racconti mitici e perfino malignità che circolano su uno degli artisti più eclettici e brillanti a cavallo tra il XX e il XXI secolo. Ci ha provato Natalio Grueso in Woody Allen, l'ultimo genio, "l'unica biografia ufficiale e autorizzata da Woody Allen", come si legge nella fascetta di copertina che accompagna questo volume edito da Salani in contemporanea con l'uscita nelle sale dell'ultimo lavoro del regista newyorkese, Café Society.

#Scrittorinascolto - Il ritratto in negativo di Chiara Moscardelli in "Volevo solo andare a letto presto"


«Quando a scuola c'era sciopero ero l'unica ad entrare. Adesso, alla mia età, vorrei fare filone!»
Si apre subito, Chiara Moscardelli: alla presentazione del suo nuovo libro, Volevo solo andare a letto presto, spiattella senza vergogna dettagli intimi sulla sua infanzia e la sua vita presente, con una naturalezza che non ti aspetteresti dalla Chiara della Gatta morta. È fatta così: ha imparato a controllare le debolezze, anche grazie alla scrittura, che per lei è stata terapeutica.

Ma partiamo dall'inizio, partiamo dall'ambiente: non è la consueta presentazione. Niente abiti formali, nessuna distanza tra autore e pubblico: Chiara non ama mettersi sul piedistallo, preferisce circondarsi fisicamente dei suoi interlocutori, invitarli alla sua tavola, mangiare qualcosa insieme. L'effetto? Un clima informale, disteso, in cui ci si parla sopra e, perché no?, si devia anche dall'argomento prinicipale. Lo spazio giusto per le confidenze. Forse questo è necessario perché Chiara in ogni libro mette un pezzo di sè: ognuno dei suoi personaggi in qualche modo la rispecchia (nel primo romanzo, la protagonista era lei), e per una ragazza timida e impacciata è più facile aprirsi in questo modo.

Un intero mondo sub specie lessicografica: "Quelle cose scomparse, parole" di Giuseppe Samonà

Quelle cose scomparse, parole
di Giuseppe Samonà
Ilisso, 2013 (e-book); 2004 (cartaceo)

pp. 181
€ 6,90 (e-book)
€ 13,00 (cartaceo)



«Nunsosearivoaccapimme».

Come affrontereste la lettura di un vocabolario, ammesso e non concesso che fosse l’unico libro rimasto a vostra disposizione? Con tutta probabilità andreste alla ricerca di un lemma che vi interessa – il primo – e poi, magari, attivereste la modalità random, saltando di parola in parola, di etimologia in etimologia. Difficilmente procedereste come per il più tradizionale dei romanzi o dei racconti, ovvero in senso progressivo, una pagina via l’altra. Quelle cose scomparse, parole di Giuseppe Samonà potrebbe però farvi cambiare idea: perché in questo caso il dizionario - anzi: il Diz - è non solo una raccolta alfabeticamente ordinata di "concetti" cari all’autore, ma si configura a tutti gli effetti come una peculiarissima narrazione autobiografica tenuta insieme da un filo conduttore esistenziale che, pur nel fittissimo sistema di rimandi inter ed extra testuali, riesce a partire da A per arrivare a Z passando obbligatoriamente per tutte le lettere. E questo, nell'opinione di chi compila questa recensione, accade nonostante l'autore vi inviti a muovervi a piacimento, e dunque anche a salti (magari come nel gioco d'infanzia detto "Paradiso"...) o direttamente all'indietro, partendo dalla fine (sebbene, nel contempo, vi esorti a non andarci subito).

Se "La grande bellezza" si mescola a critica sociale e irrisione...

Gin tonic a occhi chiusi
di Marco Ferrante
Giunti, 2016

pp. 352
€ 16 (cartaceo)




«L'attualità macina tutto, basta non restare fermi e in rete tutto si dimentica» (p. 196).

Prendete il mondo di apparenza e solitudine estrema de La grande bellezza, shakeratelo con il sale degli scandali, le spezie della politica corrotta e una spruzzatina di escort; aggiungete abbondanti tradimenti, drammi famigliari q.b. e una dose doppia di uomini a dir poco egoisti e misogini. Se spolverate il tutto con carati di Bulgari, avete ottenuto la ricetta base del gin tonic secondo Marco Ferrante. 
Nel suo romanzo l'eccesso è alla base di ogni pagina, così come il menefreghismo dei vari componenti della famiglia Misiano: viziati e ricchi da generazioni, affrontano con una scrollata di spalle e un indefinito senso di tristezza la fine delle loro relazioni, matrimoniali ed extra-coniugali. Molto più immediato, invece, il bisogno di vedersi riconfermare l'incarico parlamentare o apparire bene in tv, soprattutto agli occhi di Elsa Misiano, mater familias controversa e ingenerosa, arpia balzana per la sua servitù, punto di riferimento da accattivarsi continuamente per i figli. Pur sapendo che Elsa non darà mai piena approvazione, né loderà veramente uno dei suoi figli.

La sintassi di una preghiera impossibile: "Una ragazza lasciata a metà" di Eimear McBride

Una ragazza lasciata a metà
(A Girl is a Half-formed Thing)
di Eimear McBride

trad. italiana di Riccardo Duranti

Safarà, 2016



L'esordio dell'irlandese Eimear McBride, Una ragazza lasciata a metà, arriva nelle librerie italiane con un resumé di tutto rispetto. Il romanzo ha vinto in Irlanda e Regno Unito numerosi e prestigiosissimi premi (il Goldsmiths Prize nel 2013, il Bailey Women’s Prize for Fiction, il Kerry Group Irish Novel of the Year Award e il Desmond Elliott Prize nel 2014) ed è stato accolto con grande entusiasmo in tutto il mondo anglofono. Ma ve lo dico subito: se siete in cerca di un libro che vi metta a vostro agio, questo romanzo non fa per voi.

Immaginate Effy Stonem, uno dei personaggi principali della serie tv inglese Skins, raccontata dal James Joyce di Finnegan's Wake. (Il riferimento a Joyce non è un caso: l'autrice ha dichiarato che l'ispirazione per la sua scrittura nasce proprio dalla lettura dell'Ulysses.) C'è una ragazza, la narratrice, e c'è suo fratello, il suo interlocutore - il suo "tu". Sono i due poli di una galassia famigliare sospesa tra salvezza e perdizione: lui condannato da un tumore al cervello, lei vittima di una continua violenza tra le mura domestiche che trova sfogo solo in una nevrotica espressione della sessualità, anche incestuosa.

"Come Rocky Balboa": al Brunch Longanesi con Duccio Forzano

Risucchiato dentro questo mirino, mi sento completamente a mio agio. Il tempo passa veloce e devo già riconsegnare la telecamera per continuare le riprese del documentario. Niente mi pesa qui, sono stanco ma ho tutte le energie per scaricare l'attrezzatura e metterla a posto, ricaricare le batterie, pulire l'ottica, insomma avere tutto pronto per la prossima uscita, sperando che Renzo mi richiami. Secondo me lo farà, sono stato sempre attento, presente e curioso. Non ho mai metabolizzato uno degli insegnamenti di mio padre: mi diceva che avevo troppa fretta e che "presto e bene difficilmente vanno d'accordo". Ma io quando ho un obiettivo in mente lo voglio raggiungere subito. 
Quando arriviamo al Brunch Longanesi Duccio Forzano ci viene presentato con un video che ripercorre i suoi anni alla regia televisiva. Successi, gag, passione, musica, risate: l'energia di un narratore per immagini non può che essere raccontata attraverso le immagini. E cattura subito la nostra attenzione.
Nato a Genova nel 1960, da quasi vent'anni Duccio è alla regia di alcuni dei più noti programmi italiani come Che tempo che fa, il Festival di Sanremo, Vieni via con me, DiMartedì.
Ha collaborato con cantanti, comici, attori, è la mente dietro alcune delle scelte e delle inquadrature che un po' tutti abbiamo visto, ma in pochi conoscevano la sua storia. Negli anni aveva scritto dei fogli che non aveva fatto leggere a nessuno. Quegli appunti oggi sono diventati Come Rocky Balboa, un libro nato per raccontare questa storia.
Un narratore per immagini che decide di cimentarsi con la parola scritta: il Direttore editoriale Giuseppe Strazzeri ha detto che quando hanno iniziato a leggere la sua storia hanno subito capito si trattasse di un'avventura. Un'avventura vera.

In fondo, è tutta questione di punti di vista!

Oltre il giardino
di Jerzy Kosinski
Minimum Fax, 2014

Con prefazione di Giorgio Vasta
Traduzione di Vincenzo Mantovani

1^ edizione originale: 1970
pp. 139
€ 11 (cartaceo)

Finché uno non le guardava, le persone non esistevano. Cominciavano a esistere, come alla tv, quando uno concentrava lo sguardo su di loro. Solo allora potevano soffermarsi nella mente di chi guardava prima di essere cancellate da nuove immagini. Lo stesso valeva per lui. Guardandolo, gli altri potevano obbligarlo a essere chiaro, potevano aprirlo e spiegarlo; non essere visti significava confondersi e svanire. Forse c'era molto da perdere a guardare semplicemente gli altri alla tv e a non essere guardato da loro. Chance era lieto del fatto che ora, dopo la morte del Vecchio, sarebbe stato visto da gente dalla quale non era mai stato visto prima. (p. 48)
Immaginate una commedia degli equivoci spettacolare, svelta e brillante, con un passo narrativo che cura il ritmo dell'azione, prepara il sorriso del lettore, e poi un vago sentimento del contrario, per dirla con Pirandello. È un po' quello che accade con Oltre il giardino, breve romanzo di Jerzy Kosinski, un autore fin troppo poco letto oggigiorno, ma attualissimo perché in grado di muovere alla risa e alla riflessione come se le sue opere fossero state scritte ora. O anzi, forse si ride proprio perché non sono state scritte ora, ma nel 1970. Bando alle polemiche, forse l'opera è pienamente riuscita grazie al suo protagonista, Chance, un uomo sempliciotto, che vive nella sua stanza di servizio e ha due unici interessi: il giardino e la tv. Senza aver mai percepito stipendio, Chance vive recluso nella sua stanza e nel giardino del proprietario di casa, coltiva e semina incredibili varietà di fiori; per il resto, invece, conosce la vita solo da quanto vede sul piccolo schermo in bianco e nero che ha in stanza.

I dolci che guariscono l'anima: incontro con Valentina Cebeni, autrice di "La ricetta segreta per un sogno"

La ricetta segreta per un sogno
di Valentina Cebeni
Garzanti, 2016

pp. 352
€ 16.90



Le pabassinas sono dei dolci a base di uvetta, si preparano in molte zone della Sardegna nel giorno dei morti e ogni volta si desidera fare un dono a qualcuno: «oggi mi avete regalato la vostra presenza e io ho portato qualcosa per ringraziarvi». La semplicità di Valentina Cebeni incanta, come affascina la trama fitta del suo ultimo romanzo La ricetta segreta per un sogno che, con la scrittura viva e sensoriale, riesce a evocare il profumo di cose buone e di una terra meravigliosa e ostile in mezzo al mare. Lo ha presentato lo scorso 24 settembre al sesto incontro di Le pagine di Clio, la rassegna letteraria di Cernusco Sul Naviglio alla libreria Bottega del libro, a cura dell’associazione CLIO e diretta dalla scrittrice Loredana Limone.

XVI Settimana della Lingua Italiana nel Mondo: festeggiamo l'italiano!





Dal 2001 la terza settimana del mese di Ottobre è dedicata alla nostra lingua: è la Settimana della Lingua Italiana nel Mondo. Un’iniziativa promossa dal Ministero degli Affari Esteri in collaborazione con la Accademia della Crusca. L’obiettivo è far conoscere e apprezzare la bellezza e la ricchezza della nostra lingua in tutto il mondo, o meglio, come si dice nella premessa del volume relativo a quest’anno, per festeggiare l’italiano. Una sorta di grande festa dedicata a ciò che di tanto prezioso abbiamo, da proteggere e diffondere, con appuntamenti ed eventi ad ogni latitudine.
Ogni anno viene scelto un tema: la musica, l’editoria digitale, l’innovazione. Il 2016 vede come fulcro della manifestazione la creatività, i marchi, la moda e il design - fiori all’occhiello della nostra produzione industriale che ci rendono famosi e apprezzati in tutto il mondo – dal punto di vista, naturalmente, della lingua. L’Accademia della Crusca ha in questa occasione pubblicato un prezioso volume, a cura degli Accademici Paolo D’Achille e Giuseppe Patota, linguisti di un’importanza incommensurabile, e lo rende disponibile gratuitamente in formato digitale proprio lungo tutto l’arco della Settimana: un’iniziativa quanto mai formidabile e un bellissimo regalo per noi. Critica Letteraria ha avuto il piacere di leggerlo in anteprima, con l’entusiasmo di chi ama la nostra lingua, di chi ne ha studiato la storia, e vede in questa occasione un’imperdibile opportunità di conoscenza e arricchimento.

La felicità degli uomini semplici (inseguendo un pallone)


La felicità degli uomini semplici
di AA. Vv.
(a cura di Alain Mabanckou)
66thAnd2nd

trad. di Michele Martino, Cinzia Poli, Nunzia De Palma

pp. 160
€ 18,00



Narrativamente parlando, uno dei binomi più felici è quello tra il gioco del calcio e l'espressione letteraria, soprattutto laddove i due termini tendono a confondersi l'uno nell'altro dando vita a una vera e propria epica contemporanea, per nulla inferiore a quella classica che si manda giù a memoria svogliatamente tra i banchi di scuola. Si pensi, ad esempio, ai maestri sudamericani Osvaldo Soriano e Eduardo Galeano, o agli europei Nick Hornby e Anthony Cartwright, o ancora a quell'indimenticabile cantore, omerico e lombardo a un medesimo tempo, che è stato il nostro Gianni Brera. La felicità degli uomini semplici, antologia di quindici autori africani per altrettanti racconti incentrati sullo sport più popolare al mondo pubblicata da 66thAnd2nd, si inscrive nel solco di questa recente ma già gloriosa tradizione, aggiungendo un tassello importante nel mosaico geografico del calcio globale: il continente africano. Come osserva nella prefazione Alain Mabanckou, curatore della raccolta, l'Africa non è affatto immune dal fascino del calcio, tanto che "noi africani continuiamo a sognare il giorno in cui finalmente un paese del continente nero vincerà la Coppa del Mondo. Per adesso abbiamo avuto solo la gioia di ospitare il mondiale in Sudafrica, nel 2010".

#paginedigrazia - Al pascolo con le "male passioni" dell'animo umano





Il vecchio e i fanciulli
di Grazia Deledda
Ilisso, 2011

Con prefazione di Nicola Lecca

pp. 146
€ 11 (cartaceo)
€ 4,90 (ebook)

Ulpiano Melis si sentiva padrone, in questo mondo, e mungeva le pecore e le capre con un senso di divinità: gli pareva d'esser lui a produrre il latte, che le sue dita simili alle radici del rovere facevano stillare dalle mammelle violacee delle bestie; lui che era più sollecito del sole e, vecchio, lavorava ancora, mentre molti giovani giacevano come Luca abbattuti dal turbine delle loro male passioni. (p. 110)
Due protagonisti carismatici, un vecchio e un ragazzo, animano fin dalla prima pagina Il vecchio e i fanciulli di Grazia Deledda: «libro di confine», secondo la definizione di Nicola Lecca nella prefazione, che vede la pubblicazione nel 1928 per Treves, ovvero dopo il conferimento del tanto discusso Nobel. Grazia Deledda qui non sperimenta, lascia che siano i suoi personaggi a parlare e a imporsi con i loro caratteri forti: Ulpiano Melis ha bisogno di un servo per il suo ovile e lo trova in Luca Doneddu, apparso quasi magicamente, con una storia familiare complessa alle spalle. A Ulpiano non interessa la giovane età del ragazzo, né la sincerità sulle sue origini: conta che sappia lavorare e che sia onesto. Dalle prime pagine, al lettore di oggi non può che risuonare - e mi scuserete l'anacronismo - Il pescatore di De Andrè: con lo stesso gesto di misericordia disinteressata, Ulpiano sfama Luca, gli dà un giaciglio e gli affida la grossa responsabilità del suo gregge. Quel che invece Ulpiano non vuol fare, è lasciare che Luca si insinui nella sua vita e nella sua famiglia; d'altra parte, anche la nipote Francesca teme proprio questo, ovvero che il servo inizi a comportarsi da padrone e che rubi il companatico e l'affetto dello zio. 

La strada del ritorno è sempre più corta: il viaggio a ritroso di Valentina Farinaccio


La strada del ritorno è sempre più corta
di Valentina Farinaccio
Mondadori, Milano, 2016

pp. 216
€ 18



La strada del ritorno è sempre più corta è il primo romanzo di Valentina Farinaccio, giornalista e critico musicale, autrice di La sindrome di Bollani (2009) e di Yesterday. Storia di una canzone (2015).
Non a caso, sono molti nel libro i richiami al mondo della musica, tanto che la loro presenza potrebbe dirsi quasi un tratto distintivo dell'autrice. Dalla passione per il Festival di Sanremo alla bellissima immagine dell'amico immaginario d'infanzia Ringo Starr, il personaggio di Vera bambina, in particolare, è strettamente legato all'immaginario musicale.
"Cosa aveva Ringo di speciale, rispetto a Paul, John e George?
Niente, niente di speciale o di sacro. Solo, mi pareva facile da toccare. Là dietro, seduto alla batteria come su una giostra, sembrava che pensasse ai fatti suoi, alla maniera di un comune mortale che sta facendo una cosa ma che con la testa è chissà dove."[1]

#CritcArte - Junya Ishigami vincitore del BSI Swiss Architectural Award 2016

Junya Ishigami
 vince la quinta edizione del 
BSI Swiss Architectural Award

Si è tenuta il 29 settembre a Mendrisio, presso Palazzo Canavée Aula magna e Galleria dell’Accademia di architettura - USI, la cerimonia di premiazione della quinta edizione del BSI Swiss Architectural Award 2016, ha visto come protagonista vincitore: l’architetto giapponese Junya Ishigami. Secondo le motivazioni della Giuria, che ha attribuito all’unanimità il premio ed è stata presieduta da Mario Botta e composta da Jean-Louis Cohen, Marc Collomb, Bruno Reichlin, José Maria Sanchez Garcia, “gli edifici di Junya Ishigami creano spazi di grande bellezza e serenità, che s’impongono con una forza iconica inusuale, offrendo al contempo risposte concrete a precise esigenze funzionali”.

Charlotte Bronte: la passione e l'ombra

La vita di Charlotte Brontë
di Elizabeth Gaskell
Castelvecchi editore, novembre 2015

Traduzione di Simone Buffa di Castelferro

pp. 464
€ 22 (cartaceo)









Charlotte Brontë: una vita appassionata
di Lyndall Gordon
Fazi editore, aprile 2016

Traduzione di Nicola Vincenzoni

pp. 498
€ 18 (cartaceo)









Era la vita ad ispirare la letteratura o la letteratura a dar forma alla vita?
È la domanda che rincorre Lyndall Gordon in questa bellissima biografia dedicata a Charlotte Brontë, - pubblicata per la prima volta nel 1994 e in Italia uscita pochi mesi fa per Fazi editore - su cui, pagina dopo pagina, ritorna anche il lettore. Personaggio sfuggente, celato dietro il mito che nel tempo si è sempre più sostituito alla figura reale, l’immagine di Charlotte Brontë tramandata negli anni è stata per lungo tempo quella dipinta da Elizabeth Gaskell, amica e prima biografa ufficiale, che scrisse un testo ancora oggi imprescindibile per i lettori della Brontë. Appare molto interessante leggere oggi, nel bicentenario della nascita di Charlotte, entrambe le biografie, così diverse per approccio e stile ma fondamentali per ricostruire la vicenda personale ed artistica di un’autrice sfuggente, contraddittoria, mentre i suoi quattro romanzi – tutti disponibili anche in traduzione italiana – restano oggetto di profondo interesse critico.

#CritiComics - L'ombra venuta dal tempo: Culbard e la fedeltà a Lovecraft



L'ombra venuta dal tempo
di I.N.J. Culbard
Traduzione di Giorgio Saccani
Magic Press Edizioni, 2016

pp. 120
€ 15.00


Come sempre parte tutto da un sogno. È il 1932 e Lovecraft sogna di risvegliarsi su una lastra di una sostanza sconosciuta, in uno spazio enorme, fiocamente illuminato e colmo di lastre che ospitano corpi coperti da lenzuola. Descriverò questo suo sogno solo l'anno successivo in una lettera indirizzata a Clark Ashton Smith, evidenziando un aspetto molto importante ovvero la sensazione che il mio corpo fosse simile a quello degli essere nascosti dalle lenzuola. È da qui che nasce l'idea per L'ombra venuta dal tempo, racconto che l'autore scriverà tra il 1934 e il 1935 e che diventerà il suo penultimo racconto (escludendo le collaborazioni con altri autori).

Pur non essendo uno dei suoi racconti migliori (come spesso accade c'è un ritmo incerto e una narrazione un poco grossolana), è sicuramente uno di quelli più importanti. L'ombra venuta dal tempo è infatti il tassello successivo a Le Montagne della Follia, che Lovecraft usa per costruire e ripensare la fantastoria del nostro Pianeta, spostando verso il cielo l'origine di tutte le paure e di tutte meraviglie. Più che in ogni altro racconto infatti, qui l'autore riesce infatti a far trasparire il profondo fascino provocato dall'ignoto e dai suoi incubi, quel senso di meraviglia e di terrore che scaturisce dalla tremenda conoscenza della storia del nostro mondo.

Nobel sì, Nobel no: tre posizioni sull'assegnazione del Nobel a Bob Dylan

Nevermind

New York, 13 ottobre. Distretto del Bronx, 07.15 am. Una trentina di telefonate alla centrale, cinque dai coniugi Profane, hanno lamentato forti schiamazzi provenienti dal terrazzo di uno stabile tra la 187th e Southern Blvd. Rispondendo a un 10–52, gli agenti Wesley e Missus, di pattuglia in zona, sono giunti sul posto e, dopo aver dato conferma alla centrale, si sono avviati verso il tetto. Non immaginavano certo quel che si sarebbe presentato ai loro occhi. Tra cocci di bottiglie di vodka e root beer, tre uomini, dall’età apparente di anni settanta, con indosso nient’altro che biancheria intima e in evidente stato di alterazione, cantavano a squarciagola “We’re on the eve of destruction” imprecando contro il popolo svedese e un certo Mr. Zimmermann, apostrofandoli con epiteti e ingiurie di ogni tipo. Invitati alla calma, i tre uomini hanno cominciato a colpire gli agenti con oggetti parallelepipedi dotati di pagine. Uno in particolare, molto ingombrante, ha colpito l’agente Wesley sul naso al grido di “arriva il missile!”. I tre anziani si sono immediatamente dati alla fuga, riuscendo a raggiungere uno degli appartamenti del palazzo, più tardi scoperto essere di proprietà di uno dei tre; solo dopo diverse ore di contrattazione, una volta esaurito tutto il repertorio rock anni Sessanta della West Coast, hanno accettato la resa. Una volta al commissariato, declinate le generalità tra lo sconcerto dei presenti, dopo una telefonata con il sindaco de Blasio, Shylock l’ufficiale in comando ha deciso di far accompagnare i signori DeLillo Richard Donald, Pynchon Ruggles Thomas e Roth Milton Philip alle loro abitazioni. Il rapporto è stato archiviato e siglato NN PTSD: Sindrome da Stress Post-Traumatico per Nobel Mancato. (Augusto Petruzzi)

La storia del ristorante secondo Christoph Ribbat? Un pasto "crudo" per buongustai della lettura

Al ristorante.
Una storia culturale dalla pancia della modernità
di Christoph Ribbat
Marsilio, 2016

Traduzione di Marina Pugliano e Valentina Tortelli

pp. 201
16,50 euro

Al ristorante di Christoph Ribbat, appena pubblicato in Italia da Marsilio Editori e in uscita in undici Paesi, somiglia in tutto e per tutto a una certa tipologia di ristorazione divenuta di moda negli ultimi decenni. Difatti, come alcune famose attività di preparazione e consumo di pasti in esercizi pubblici, anche il testo dell’americanista e docente presso l’Università tedesca di Paderborn non è ciò che sembra. Meglio: non è ciò che ci si aspetterebbe che fosse. A dispetto del sottotitolo, che promette Una storia culturale dalla pancia della modernità, il volume somiglia di più a una sessione di cucina molecolare presso il famosissimo El Bulli di Ferran Adrià: è, vale a dire, un’esperienza emozionale.