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Giù la maschera! Ovvero: dal cialtrone "di per sé" al cialtrone che c'è in noi

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Fenomenologia del cialtrone.
Come riconoscere i buoni a nulla capaci di tutto

di Andrea Ballarini
Laterza, 2013

pp. 131
Euro 14,00

«Motto emblematico: Ciao, come sto?»

Date fondo a tutto lo zen che c’è in voi prima di intraprendere la lettura di Fenomenologia del cialtrone (Laterza, 2013), il manualetto di Andrea Ballarini che, per citare il sottotitolo, vi spiegherà Come riconoscere i buoni a nulla capaci di tutto. Sgomberate la mente da ogni possibile referente o candidato ideale al ruolo – quello di cialtrone, appunto – perché viceversa non otterrete nessun effetto didattico, benefico e liberatorio. Al contrario, il nome del cialtrone di turno echeggerà all’infinito nelle vostre orecchie, il suo volto vi danzerà dinnanzi agli occhi come una zanzara dalla prima all’ultima pagina, e soprattutto il suo sorriso entusiasta e beato vi perseguiterà come un ghigno, rendendo troppo amare le risate che l’umorismo brillante dell’autore mira comunque a suscitare fin dall’esilarante Indice dei capitoli e dei paragrafi. Tanto calzante è la descrizione stilata da Ballarini di questa purulenta piaga sociale, che ad ogni brano vi verrebbe da concludere che stia parlando proprio di quella persona lì (quel politico lì, quell’intellettuale lì, quel professore lì, quel compagno di banco lì, quel collega lì, quel dottorando lì, quell’impiegato lì…), riuscendo a farvi perdere di vista il senso propedeutico dell’impresa – per l’appunto: non subire passivamente una cialtroneria sempre più diffusa e palmare – o, peggio ancora, non riuscendo a smascherare la vostra stessa inclinazione al “vizietto”, un’attitudine tanto più insinuante quanto più ignorata.

L’identikit del cialtrone non è poi così preciso come ci si potrebbe aspettare: le stesse definizioni del dizionario, nella loro generale e vaga negatività, mancano di restituire con esattezza quel quid essenziale che testimonia senza scampo l’esistenza della natura cialtronesca. Sostanzialmente, il cialtrone non è altro che un mediocre di successo, un incapace che, tuttavia, a differenza del millantatore, crede di meritare il proprio status. Se ciò accade è perché, proprio come il Gastone di Ettore Petrolini, il cialtrone è un personaggio “senza orore di se stesso”: se ne avesse, di questo benedetto “orore”, forse potrebbe ambire, al massimo, a divenire amministratore delegato dei pastelli e del temperamatite sulla sua scrivania. Invece no: privo com’è della più pallida parvenza di senso critico (dunque di autocritica), tronfio e gonfio di autostima, si convincerà di meritare addirittura la qualifica di vostro superiore, alla quale è giunto “arronzando” alla meglio, bluffando a cuor leggero e rattoppando di paillettes la propria plateale incompetenza.

Ben consapevole delle più perniciose conseguenze legate all’esistere e all’agire del cialtrone, Ballarini sceglie saggiamente di declinare la trattazione del fenomeno in chiave semiseria, con il ricorso a una terminologia dotta e filosofico-scientifica che, nel descriverne le gesta con apparente distacco accademico, non manca di trasmettere un evidente e disincantato giudizio autoriale: si va dalla «citatio praecox» alla «parallasse cialtronica», dalla «cialtroneria cartesiana» alla «semantica cialtronesca», passando per «metafisica», «eziologia» ed «estetica». Non mancano nemmeno gli esempi, tutti rigorosamente tratti da storie vere: episodi che, sebbene esilaranti e grotteschi, ci ricordano quanto proteiforme e senza età siano la natura e la nonchalance del cialtrone. Soprattutto: quanto ingiustamente tollerate. E questo anche quando il cialtrone ha le fattezze di Vittorio Gassman e risponde al nome di scena di Bruno Cortona, «inarrivabile» e archetipico protagonista di Il sorpasso (1962).

“Se lo conosci, lo eviti”, recitava una nota pubblicità progresso. Così sia pure per il cialtrone, dunque, ma con una sola, inquietante, eccezione: esserlo. Perché proprio qui sta il busillis: i semi della cialtroneria sono sempre pronti ad attecchire e germogliare in ciascuno di noi. Così, per schiaffeggiarci per bene con il primo concreto guanto di sfida, Ballarini aspetta la fine del volume, laddove ci invita a un primo test di auto-valutazione e auto-smascheramento: Scopri il cialtrone che è in te ovvero Cialtroni sono sempre gli altri? Non resta che sottoporsi di buona lena e meditare sull’esito. A ben guardare, sembra esserci speranza di redenzione per tutti, dai cialtroni “q.b.” ai cialtroni “spezzati”. Addirittura, anche i cialtroni più “magnifici” possono provare a migliorare la propria evidenza, forse consolati dal fatto che il “virus”, sopito e silente, può sempre circolare con successo anche nei cosiddetti cialtroni “zero” (quelli Too good to be true), pronto ad attivarsi per il contagio. Mal comune mezzo gaudio, verrebbe da dire. O meglio, per tornare allo zen iniziale, un bell’esempio del concetto dello yin e dello yang, declinato, si capisce, in chiave cialtrona.

Cecilia Mariani