RileggiamoConVoi - Novembre

Un pensiero alla Sardegna (Portoferro)










 Cari amici,
un mese terribile, questo. Ha visto abbattersi, ancora una volta, la forza della natura. Ci strigiamo agli amici sardi che stanno affrontando con grande coraggio e dignità questa alluvione.
E vogliamo consigliarvi come ogni mese qualche titolo che possa, si sa, distrarre dal presente e portare lontano. I libri, a volte, servono anche a questo: a quel viaggio che ad occhi aperti non sappiamo percorrere.
Buona lettura!

 ***

CriticaLibera: anche l’ipotetico, con Calvino, è consistente


L’edizione Mondadori in mio possesso delle “Lezioni Americane” di Italo Calvino presenta un’appendice sulla sesta lezione, la più ipotetica di tutte, che nelle intenzioni doveva essere dedicata al valore della consistenza. Non vi sto a fare il riassunto delle puntate precedenti perché ci ha pensato Francesca Cioce con le sue “Pillole d’autore” dello scorso 23 luglio e passo direttamente a questi appunti conclusivi. Prima di entrare nel vivo mi piace ricordare un aneddoto: incredibile ma vero mi sono ritrovato una sera su Twitter a ragionare di consistenza calviniana con altri soggetti. Non tutto dei social network è da buttare.

Calvino parla di incipit e finali ed è una cosa spettacolare: il punto di partenza per uno scrittore è scontatamente la pagina vuota. In principio è il non scritto e in potenza lo scrivere su tutto. Il mondo, l’universo sono davvero a disposizione. Ma mai potranno essere utilizzati in toto per oggettive barriere scientifiche, cognitive ed editoriali: dunque, la prima operazione è di estrazione, isolare un sentimento, un fatto, un frammento dalla molteplicità.

Le stelle brillano a New York: tra Grande Mela e Middle West gli anni ruggenti rivivono ancora

Le stelle brillano a New York
di Laura Moriarty
Piemme, Milano 2013

pp. 476
€ 18,50


Nessuna città al mondo è probabilmente nella storia della letteratura occidentale (e del cinema) ambientazione e materia privilegiata dei narratori come New York, di cui di volta in volta ne vengono messi in risalto gli innumerevoli volti: il centro culturale e cosmopolita del Nord America, cuore del mondo secondo alcuni, fucina di mode e idee che presto faranno il giro del globo, meta agognata da molti, ma anche una città difficile, alienante, con quartieri spesso conosciuti per degrado e violenza. E con buone probabilità mai epoca è entrata nell’immaginario collettivo (soprattutto per i suoi aspetti più vivaci e sfavillanti) come i ruggenti anni Venti, sorta di mitica età dell’oro americana in cui lo champagne scorreva inesauribile e inebriante incurante del Proibizionismo, sulle pazze note del jazz. Epoca celebrata con una miriade di libri e personaggi, su cui Il grande Gatsby resta il capolavoro assoluto, capace più di ogni altro di racchiuderne il senso più profondo e le contraddizioni appena celate dietro feste e precaria spensieratezza. Un mondo che recentemente sembra essere tornato ancora una volta materia di spunto privilegiata –se mai avesse conosciuto crisi- anche sulla scia del successo dell’ultima trasposizione cinematografica del romanzo di Fitzgerald, con un Di Caprio in splendida forma.

"Claire Clairmont" - Marco Tornar



Claire Clairmont 
di Marco Tornar
Solfanelli Editore

«Miss Clairmont! Aspettatemi!» le gridai dietro…L’inseguii per tutta l’estensione della boscaglia, superammo due ponti, uno dopo l’altro…Arrivati ad una spiaggia deserta, la figura si rivelò una ragazza. Si guardò intorno spaesata, sotto l’ombrellino aperto, il colore degli occhi identico a quello del mare, il cui fragore si levava a pochi passi.[1]

In un’ambientazione ottocentesca, in una Firenze impreziosita dai dettagli artistici, in una città luogo del “bello e del sublime,” accanto alla protagonista del romanzo, Claire Clairmont, lo scrittore si immedesima nel ruolo dell’affascinante e colto erudito americano dell’Ottocento, Edward Silsbee, affascinato dal carisma della donna.
Claire è la sorellastra di Mary Shelley che giunge in Italia per  trascorrere una vacanza assieme al poeta marito Shelley, nel mitico soggiorno condiviso con George Gordon Byron. Il romanzo, inizialmente, è giocato sulla seduzione architettata da Edward  per sorprendere e conquistare l’ammirevole donna. La lettura del romanzo offre al lettore la possibilità di immergersi nel clima ottocentesco borghese italiano attraverso alcuni accadimenti, seppur verosimili, che rinviano ai reali fatti  che precedono l’epilogo storico della famiglia Shelley; la stessa qualità narrativa della scrittura permette al lettore un avvicinamento significativo ad un passato tale, che i quadri cittadini borghesi descritti ci appaiono intrisi quasi di contemporaneità: la stessa precarietà del vivere di Claire in un paese per lei straniero, le attente descrizioni degli interni testimoni del corteggiamento di Edward, (delicato ma al contempo ardito) le azioni  cadenzate che appaiono in antitesi con l’immagine della gente che affolla le piazze della città, quasi indifferente alle bellezze dell’arte fiorentina, danno una resa sul piano della narrazione convincente, proiettando il romanzo più sul versante della modernità.

Più libri più idee - aspettando la fiera della piccola e media editoria di Roma



Anche quest’anno l’AIE (Associazione Italiana Editori) ha deciso di introdurre il lungo finesettimana di Più Libri Più Liberi – la fiera della piccola e media editoria che si terrà a Roma dal 5 all’8 dicembre prossimo – con il ciclo di incontri Più Libri PiùIdee, dedicato soprattutto agli studenti e interessati. I quattro incontri si presentano come uno stimolo per riflettere e prendere consapevolezza di come sta cambiando l’editoria e quindi i libri, la lettura e il lettore, la scrittura e l’autore,  le librerie e i loro clienti, la progettazione, la stampa e la programmazione di un progetto editoriale.

Questi sono i quattro incontri:

25 novembre: Romanzi disegnati. Come si fa un graphic novel? Università Tor Vergata di Roma

25 novembre: Professioni editoriali 2.0. Nuove professioni per nuove case editrici. Università La Sapienza di Roma

26 novembre: Dalla grafica all’infografica. IED (Istituto Europeo di Design) di Roma

29 novembre: Storytelling & co. Come si progetta un universo narrativo? Università Roma Tre di Roma 

"Tre camerati" di Erich Maria Remarque


Tre camerati
di Erich Maria Remarque
Neri Pozza, 2013

1^ edizione: 1936

15 € cartaceo
7,99 € ebook


Niente di nuovo sul fronte occidentale di Erich Maria Remarque fu un romanzo di grande successo (il primo dell’autore) e una testimonianza storico-letteraria di valore da parte di un giovane che quella prima terribile guerra mondiale l’aveva combattuta al fianco dei molti compagni morti per quella Germania che sarà sconfitta e pesantemente penalizzata. Con Tre camerati, Remarque ci immerge nella tragedia post bellica dei sopravvissuti, che hanno i cadaveri dei compagni morti nel loro cuore e nelle vene e sempre li vedono davanti ai loro occhi.

I tre camerati del romanzo sono Gottfried Lenz, Otto Köster  e Robert Lohkamp che racconta questa sua fetta di vita in prima persona. Sono stati compagni di battaglia e, finita la guerra, hanno dovuto ricostruirsi una vita con quel tragico fardello che è la consapevolezza di essersi salvati. Tutti e tre gestiscono un’officina grazie alla quale sopravvivono e possono pagarsi l’affitto delle loro stanze (i vecchi camerati vivono in case diverse) e le bevute all’International e in altri caffè dove si ritrovano ridenti prostitute e ubriaconi che festeggiano  perchè ancora vivi, reduci da quella terribile guerra di trincea e bottiglia.
Un bere europeo più tragico di quello di Addio alle armi e che non lascia spazio alla poesia, ma che si rifugia piuttosto nelle capacità di fare affari nella compravendita di automobili e nel far sopravvivere e vincere quel relitto di Karl, una vecchia auto sgangherata messa a nuovo da Otto e pronta per gareggiare contro le fuoriserie del suo tempo.

Mabel dice sì, di Luca Ricci


Mabel dice sì
di Luca Ricci
Einaudi, 2012




Una donna particolare e il titolo del romanzo dedicato a lei; si immagina facilmente questa brunetta sensuale, ma di Mabel rimane l'ombra o una scia di profumo, evanescente. Il protagonista, l'io narrante che invece non ha nome, ci appare più chiaramente: un pianista che studia per diplomarsi, ma che rinuncia a poco a poco all'immagine di sé tutta concerti e frac, mentre un lavoro che avrebbe dovuto essere temporaneo diventa definitivo e gli fa incontrare Mabel.
Non è una storia d'amore, o perlomeno non come ce la si immaginerebbe.
Anzitutto lo spazio: Mabel dice sì è ambientato in un antico convento del tredicesimo secolo che ospita un hotel, e un hotel rimane un ottimo pretesto per raccontare delle persone, specie se chi lavora alla reception osserva e racconta, come in questo caso, in cui il protagonista fa il portiere di notte per guadagnare un po'.
Pianista e portiere di notte. Quando lo dicevo subito mi venivano attestate due qualità: la nobiltà d'animo e l'arte di arrangiarsi.
La prima persona che incontra in albergo è proprio lei.
E più che altro la guardai. Non era una bellezza canonica. Bruna, dall'incarnato chiaro, aveva curve trascurabili. Poco seno, pochi fianchi, nessuno slancio. Eppure, quando si muoveva - perfino nei movimenti impercettibili che si possono fare stando seduti -, comunicava una morbidezza del tutto assente nelle sue forme.
Praticamente un paradosso, immaginare un'anima sensuale in un corpo con poche curve, eppure Ricci riesce a trasmettere al lettore tutto fascino che lei sa esercitare, tanto da non poter passare inosservata a nessun uomo. Nonostante le sue parole continuo a immaginarla bellissima, quasi una Marilyn Monroe coi capelli neri.

In margine a un "manuale semiserio di seduzione"

La Bruttina che conquista 
Come tenersi un uomo
di Marina “Morgatta” Savarese

Edizioni Ink


Si prendono in mano questi due libretti rosa, La Bruttina che conquista e Come tenersi un uomo, sottili sottili, con i disegnini invitanti in copertina e, diciamolo, magari dopo il tomo critico su Proust o su Hesse, ci attirano pure parecchio per l’aspetto vaporoso da chick lit, anche se qui non si tratta di romanzi. Le aspettative che ci creiamo sono due e vengono entrambe deluse: che i libriccini in questione siano scritti male, e non lo sono, e che dicano qualcosa di nuovo risolvendo i problemi, e non fanno nemmeno questo.
Se siamo bruttine (nel caso specifico lo siamo) di certo coltiviamo la segreta e imperitura speranza d’imbatterci nel ricettario magico che ci trasformerà, nel consiglio di bellezza gratuito e miracoloso. Pia illusione.

La Bruttina Sfiduciata la stima l’ha seppellita nel cassetto dei ricordi (e ha buttato via la chiave.) Forse l’ultimo complimento l’ha ricevuto al suo primo compleanno, quando, ancora incosciente, non capiva l’ironia della frase “che carina questa bambina”, classico riconoscimento di circostanza dove non è ammesso dire alla mamma che la sua pupetta è un mostriciattolo. Poi l’ha capito, che la bruttina se ne accorge anche da sola che è veramente bruttina. E la vita spalleggia sempre queste sue convinzioni, continuando a infierire con stilettate e piccole coltellate a ogni occasione, sgretolando ogni mattoncino di fiducia e ogni piccola conquista. E così la bruttina si adegua, si lascia colpire, si annulla, azzera i sentimenti e ogni tipo di aspettativa.”

Patricia Brent, 24 anni, zitella





Patricia Brent, zitella
Titolo originale: Patricia Brent, spinster
di Herbert G. Jenkins
Elliot, 2012

1^ edizione - 1918

9,90 €
pp. 247

Londra, 1917. Mentre infuria la guerra, alla Galvin House, rispettabile pensionato di centro città, la vita scorre regolare: il tempo viene scandito dal cibo che si ripete con invariabile prevedibilità e della chiacchiere sempre a modo, cortesi e solo leggermente insinuanti dei pensionati. Tra di loro vive Patricia Brent, giovane segretaria di un politico in ascesa e, cosa inaudita, nubile! All’età di 24 anni! Per placare i pettegolezzi che la circondano, una sera, a cena, la giovane annuncia con nonchalance che il giorno successivo è stata invitata dal suo fidanzato nel lussuoso ristorante Quadrant. Messa alle strette e seguita dagli inquilini più impiccioni della pensione, è costretta a sedersi al primo tavolo che trova, occupato da un giovanotto. Molto cavallerescamente lui accetta di reggerle la parte. Patricia è così convinta di aver messo a tacere tutte le voci maligne su di lei, la povera zitella. Ma non sa ancora che quella serata sarà l’inizio di una divertente commedia degli equivoci. Perché l’uomo con cui ha cenato è in realtà lord Peter Bowen che si è innamorato di lei e la vuole ad ogni costo sposare.

#vivasheherazade - Invito alla lettura di "Una stanza tutta per sé"



Una stanza tutta per sé 
di Virginia Woolf

traduzione di L. Bacchi Wilcock e J. Rodolfo Wilcock
Feltrinelli

pp.158

Ma, direte, noi le abbiamo chiesto di parlare delle donne e il romanzo – che c’entra il fatto di avere una stanza tutta per sé? Quando mi avete pregato di parlarvi delle donne e il romanzo, mi sono seduta sulla sponda di un fiume e mi sono domandata cosa significassero queste parole. Potevano semplicemente significare qualche osservazione su Fanny Burney; qualche nota su Jane Austen; un tributo alla Brontë e una breve descrizione del presbiterio di Haworth sotto la neve. […] Una donna, se vuole scrivere romanzi, deve avere soldi e una stanza tutta per sé, una stanza propria; il che come vedete, lascia insoluto il grande problema della vera natura della donna e della vera natura del romanzo.  (pp. 33-34)

Le due conferenze a cui viene invitata Virginia Woolf nel 1928 a Londra, dal tema Le donne e il romanzo rappresentano un’importante occasione per la scrittrice, per presentare le proprie riflessioni sulla condizione di subalternità delle donne rispetto a ciò che lei stessa definirà, nel corso del convegno, un  vero e proprio patriarcato maschile.
Il libro è un saggio sulla condizione femminile delle donne e sul difficile cammino di emancipazione connotato dal dibattito politico, culturale e sociale europeo sulla condizione femminile, a partire dal periodo in cui scrive Virginia Woolf e che percorre tutto il Novecento.
Olio essenziale della verità è ciò che ad un certo punto della narrazione, Virginia Woolf cerca alla biblioteca del British Museum; scorrendo una lunghissima serie di titoli la scrittrice scopre che esistono molti libri scritti da uomini sulle donne.

#BCM13: un tè con Frederick Forsyth

Sono le cinque in punto del 23 novembre quando Frederick Forsyth fa il suo ingresso nella hall dell'Hotel Principe di Savoia di Milano per concederci un'intervista. Ci accomodiamo sui divanetti e diamo il via alla nostra piacevole chiacchierata.

Innegabile l'emozione di trovarsi di fronte a uno dei più noti scrittori inglesi di spy stories, la firma di romanzi diventati bestseller assoluti come Il giorno dello sciacallo (1971), Dossier Odessa (1972), I mastini della guerra (1974), Il quarto protocollo (1984), Il pugno di Dio (1994), L'Afghano (2006).
E' stato premiato dalla critica - nel 1971 si è aggiudicato l'Edgar Allan Poe Award e nel 2012 il Cartier Diamond Dagger Award per la carriera - e acclamato dal grande pubblico, anche grazie alle riuscite trasposizioni cinematografiche dei suoi romanzi (si pensi alla versione di The Day of the Jackal diretta da Fred Zinnemann nel 1973). 
Forsyth è stato pilota di guerra nella RAF, giornalista, corrispondente diplomatico. Il lavoro di reporter l'ha in larga misura influenzato nella sua produzione letteraria successiva, dando alla sua scrittura quell'impronta unica, lo stile semplice, asciutto, "clear" (per dirla all'inglese).


Da poco pubblicato in Italia da Mondadori, il suo ultimo romanzo si intitola La lista nera (The Kill List in originale). Il titolo prende il nome da una lista contenente i nomi dei più pericolosi terroristi che minacciano la sicurezza internazionale. L'esistenza della lista è nota solo a pochissime persone del governo e delle istituzioni americane, tra cui naturalmente il Presidente. Il primo nome è quello di un uomo noto come il Predicatore, un fondamentalista islamico  che instilla l'odio nei suoi seguaci attraverso video pubblicati sul web e in cui compare con il volto sempre coperto. Dopo una serie di omicidi a politici e uomini delle istituzioni negli Stati Uniti e in Inghilterra, la caccia all'uomo è ufficialmente aperta. A guidarla sarà Kit Carson, ex marine, aiutato da Ariel, giovane hacker e genio del computer che vive rintanato in una soffitta a Centreville, Virginia. 
Tra intrighi internazionali, assalti di pirati somali e manovre di accerchiamento del nemico, Forsyth ci ha regalato un nuovo romanzo in cui la fiction è sapientemente mescolata all'attualità.

Anna Maria Carpi, gli accorati versi di "un nulla incoronato"

L'asso nella neve. Poesie 1990-2010
di Anna Maria Carpi

Transeuropa Edizioni, 2011



La postfazione di Fausto Malcovati al libro di versi di Anna Maria Carpi enuclea già tutti i temi della raccolta, lasciando poco spazio di commento ad eventuali critici (e i temi sono quelli che si trovano in ogni poeta che si interroghi, quindi in ogni poeta tout court: l'immagine di sé, l'infanzia, i luoghi, gli oggetti, l'amore e la morte...). Ma quello che a Malcovati preme è il sottolineare la peculiarità di questo dettato poetico: la limpidezza, il non nascondimento. La sincerità, la chiarezza. E infatti l'autrice non lascia nessuno spazio a fraintendimenti o interpretazioni fallaci, a ricostruzioni personali e inventive del lettore. Dice tutto, spiega tutto, quasi con un'ansia di definizione che prova nei riguardi di sé stessa prima che di chi legge. E l' impressione che subito se ne trae è quella di un'infelicità senza desideri, rassegnata, pervasiva, che incombe su ogni aspetto del semplice esistere e perdurare nel tempo. È un'accoratezza delusa che investe anche la stessa scrittura: 

È il mestiere più sconcio che c'è.
Che cosa resterà di tutto questo,
di esorditi e abortiti,
di tutti noi che facciamo un po' per amore,
un po' per bisogno, ma soprattutto
per l'ansia di apparire/ un istante
sullo sfacciato video del tempo.
Nulla, ma nessuno vuole che resti qualcosa.

Pillole di Autore: "Terra ignota" di Vanni Santoni



L'avevamo lasciato a coordinare - insieme a Gregorio Magini - il progetto di SIC (Scrittura Industriale Collettiva) che aveva dato vita al romanzo di successo In territorio nemico. 
Con Terra ignota Vanni Santoni ha deciso di cimentarsi con il fantasy, genere che in Italia ha ancora bisogno di essere esplorato, in bilico com'è tra nuove ricerche e la solita emulazione di modelli stranieri. 
Autore anche di Personaggi precari (da poco uscito per l'editore Voland), già con la firma sulla copertina dichiara che con questo fantasy ha inizio un percorso parallelo rispetto a quello degli altri romanzi pubblicati. Quel "Vanni Santoni HG" è "una sigla dai vari significati, il primo dei quali è un omaggio a Guido Morselli", come si legge nella Nota dell'autore che chiude Terra ignota. 
Il lettore avrà certamente modo di cogliere i numerosi richiami intertestuali che ricamano il testo e l'autore non ne fa mistero, anzi rivendica la volontà di costruire un discorso retto su una rete di rimandi non solo letterari. Dalle Città invisibili calvinianeBerserk di Kentaro Miura, dal fantasy cinematografico (pare di cogliere echi anche da Willow diretto da Ron Howard) alla visionarietà di certi quadri di Hieronymus Bosch. Il setting è debitore alla mitologia germanica e al ciclo arturiano della ricerca del Graal e della spada di Excalibur. Il "fennag", una delle due valute usate nelle Terre Occidentali, richiama l'antico pfennig di tedesca memoria, come anche le rune germaniche utilizzate per invocare la magia.

Una cronaca da #BCM13 - 21 novembre

Anche quest'anno Milano diventa Book City. La seconda edizione del festival è iniziata ieri e con i suoi eventi popolerà la città fino a domenica 24. Tanti - forse troppi? - gli incontri in programma. Con buona volontà, una tazza di tè caldo e armata di un evidenziatore rosa, anche io sono riuscita a creare una personale agenda #BCM13.

Vi racconto la mia prima giornata. Per cominciare ho preso parte a Engaging The Reader 2013 alla Cooperativa La Cordata di via San Vittore. Introdotto dai saluti del Prof. Edoardo Barbieri, il convegno ha segnato la conclusione ufficiale del master in Professione Editoria cartacea e digitale dell'Università Cattolica. Io e gli altri allievi del corso abbiamo avuto l'occasione di presentare per la prima volta Fuori dal Comune, il libro che abbiamo scritto e curato interamente durante l'anno di master. Una guida ironica sui 133 comuni della provincia di Milano piena di curiosità, storia, leggende e tradizioni. Vi avverto, non vi aspettate i soliti paragrafi sui monumenti più importanti, le chiese e le statue cittadine: Fuori dal Comune è diverso dalle solite guide e, tra feste, mercati, fantasmi e ricorrenze, scoprirete le più insolite particolarità del territorio milanese.

#BookCity e #CriticaLibera - La rivolta della poesia


GUIDO OLDANI, IL REALISMO TERMINALE, MURSIA 2010

La similitudine rovesciata e la rivolta della poesia


Venerdì 22 novembre 2013, nell’ambito delle manifestazioni milanesi di Book city e nella suggestiva cornice dell’ex chiesa di San Carpoforo in Brera, ha avuto luogo un interessante convegno di poetica. Argomento: il libro di Guido Oldani, uscito per Mursia alcuni anni fa, Il realismo terminale: un’originale analisi della poesia contemporanea e del suo destino, che sta suscitando un interesse crescente da parte della critica e del mondo accademico.

Comincerei a presentare quest’opera con una «similitudine rovesciata», molto simile a quelle che l’autore stesso scopre come caratteristiche della poesia contemporanea: il saggio di Guido Oldani sul realismo terminale è simile a un dado Knorr. E non solo in quanto concentrato e gustoso, ma anche perché raccoglie in se stesso l’elaborata maestria dell’arrosto (cioè di oltre un secolo di storia della poesia).

Oldani parte da lontano, dal minimalismo ironico del crepuscolarismo – le famose “buone cose di pessimo gusto” – e vede nel futurismo le radici di almeno due caratteristiche fondamentali del «realismo terminale»: l’idolatria della meccanica e l’estetica della velocità.

#vivasheherazade - Questo non è amore. Venti storie raccontano la violenza domestica sulle donne


 



Questo non è amore. Venti storie raccontano la violenza domestica sulle donne
a cura delle giornaliste della Ventisettesimaora
Gli Specchi Marsilio, 2013

pp. 272
€ 16,50



Sono le storie, più di tutto quello che le circonda, ad arrivare dritte al cuore. Storie come quella di Monika che dopo aver trovato il coraggio di lasciare il marito violento e cercato riparo in una struttura protetta, a colloquio con la psicologa, non riesce a trattenersi: ‘’Meglio le botte di questo dolore allucinante, di questo buio. Io lo amo ancora’’.

Questo non è amore. Venti storie raccontano la violenza domestica sulle donne è il libro curato dalle giornaliste della Ventisettesimaora, il blog del Corriere della sera le quali hanno raccolto testimonianze di donne maltrattate da mariti o compagni . 
Sono immagini autentiche quelle si hanno di fronte scorrendo le pagine. Monologhi, pagine di diario, sfoghi di donne picchiate e umiliate dai propri compagni, messe nero su bianco riducendo al minimo il lavoro redazionale
A colpire è la somiglianza di queste storie, i loro protagonisti, le loro trame in cui si confondono amore e violenza
La prima volta che mio marito mi ha picchiata sono rimasta sorpresa, ma l’ho presa come una dimostrazione d’affetto. Anche mio padre da piccola mi picchiava sempre’’....  ‘’Per non sentire il dolore mi colpevolizzavo. Era come se cercassi di dare un senso logico a tutto per cercare di sopportarlo’’.... ‘’Mi confondeva le idee: ‘Ti amo, se mi lasci mi uccido’.
I partner sono, in molti casi, uominiall’apparenza irreprensibili, professionisti stimati, compagni affettuosi fino a un cambiamento spesso improvviso. Dalla premura si passa a un mix micidiale di violenza fisica e verbale fatto di frasi destinate a fissarsi per sempre nella testa e nell'anima delle loro vittime: ‘’Sei incapace’’, ‘’Non vali nulla’’, ‘’ Senza di me non sei niente’’.

Tra fiaba e realtà, un incontro equilibrato

La piramide del caffè
di Nicola Lecca
Mondadori, 2013

pp. 233


È falso dire che la narrativa italiana non proponga alcunché. Giulia Pretta mi ha fatto scoprire con un’intervista uscita su CriticaLetteraria e con una recensione questo libro che sa di coraggio e di arcigna dolcezza. Di coraggio perché Nicola Lecca si accosta alla fiaba, contemporanea quanto si vuole, ma sempre fiaba. Un genere dunque da maneggiare con cautela, dove tradizionalmente il reale sembra partire sconfitto in partenza e il verosimile diventa fantasia allo stato puro.

L’arrivo a Londra di Imi, un ragazzo ungherese che fino a 18 anni è vissuto in orfanotrofio, è coerente. Il giovane è meravigliato, di una meraviglia che potevano provare le principesse e i cavalieri dinanzi ai castelli incantati, Artù con le pozioni di Merlino o Alice nel paese creato dalla penna di Lewis Carroll. Se ne vede il volto, la sua nuova vita pare indirizzata verso un meritatissimo riscatto. Imi, infatti, è stato scaricato all’orfanotrofio da una macchina, non sa quando è nato e chi siano i genitori. Tuttavia, anche in un ambiente triste non ha ceduto, conservando una visione limpida del mondo. Con questo sentimento, il giorno del suo diciottesimo compleanno, ha preso uno sgangherato treno, passato il confine con l’Austria e continuato verso nord finché non è arrivato, appunto, a Londra. La fiaba marcia sui binari giusti.

"L'educazione cattolica", di Neri Pozza

L'educazione cattolica
di Neri Pozza
Angelo Colla Editore, 2012


Il libro contiene due romanzi che si snodano tra autobiografia e memoria storica: nel primo, L’ultimo della classe, lo sfondo degli accadimenti della prima guerra mondiale si intreccia ai ricordi biografici delle prime esperienze scolastiche del protagonista, accompagnate dalle vicende familiari.
 La formazione scolastica di Salvatore, il protagonista, viene a coincidere con l’attraversamento di un mondo che, rispecchiando l’ideologia dominante, tende a imporre ai giovani studenti un modello culturale indiscutibile e retorico. Raccontare gli anni scolastici, dall’infanzia all’adolescenza è per lo scrittore anche l’occasione di indagare, testimoniando attraverso la propria esperienza, un preciso momento della cultura italiana, le complesse dinamiche di un’educazione.
Una scuola che tende ad imporre quindi modelli letterari precisi e a cui il giovane studente non aderisce con entusiasmo: Carducci, Alfieri, Mazzini, De Amicis tra questi.

ScrittorInAscolto - #perdieciminuti - Cronaca di un incontro milanese



Il 19 novembre a Milano piove. Chiara Gamberale viaggia nel cuore della città sul tram 1. Chissà cosa pensa lei, romana, di questo grigiume milanese.

Per dieci minuti è il diario di un esperimento, e anche Feltrinelli ne propone uno: intervistare l'autrice a bordo di questo tram, su una corsa ordinaria di un ordinario martedì pomeriggio.
Ma, e sì, c'è un ma, qualcuno come la sottoscritta non è abbastanza rapida, e il tram passa e lo perde. Fortunatamente questo non è uno di quei treni che passano una volta sola nella vita, ma tornano indietro, o eventualmente, ti aspettano al capolinea. Treni generosi, insomma. Come è generosa Chiara che risponde alle nostre domande in libreria.

#Perdieciminuti, il nuovo romanzo di Chiara Gamberale


Per dieci minuti
di Chiara Gamberale

Feltrinelli, 2013

€ 16 (cartaceo)
pp. 187


Quanti sono dieci minuti? Tanti quanti ci impiega la pasta a cuocere. Quanto ci mettiamo ad arrivare al lavoro, se siamo fortunati. I minuti necessari per una doccia, per truccarci. Ma se, per un mese, dovessimo riempire dieci minuti della nostra giornata facendo qualcosa che non abbiamo mai fatto nella vita? Non vale barare, dieci minuti per fare qualcosa di assolutamente nuovo. Un gioco, ma per persone serieQuesto è l'esperimento, di ispirazione steineriana, che la dottoressa T. propone a Chiara. Per superare una crisi, per ricominciare a vivere. E questo libro è il diario del mese che ne segue. 

Chiara sta male. Da un anno e mezzo mangia poco, dorme meno e vive peggio. Due telefonate le hanno portato via tutto: il marito che ama e un lavoro che la appassiona. Perché, si chiede. Forse perché il loro amore viveva di delusioni e incoerenze, forse perché uno dei due era cresciuto di mezza consapevolezza in più dell'altro e non ci si ritrova più. E il giornale per il quale scriveva la sua rubrica le ha chiuso la porta in faccia nel momento peggiore. Intanto vive a Roma, ma non le piace, si sente in prigione in quella casa che non ha mai voluto. Il suo posto è nel paesino di origine.

#vivasheherazade - Sputando (ancora) su Hegel: Dividua. Femminismo e cittadinanza.


Dividua. Femminismo e cittadinanza.
di Emma Baeri Parisi
con letture di Elena Caruso Raciti e Antonia Cosentino Leone
Il Poligrafo, 2013
pp. 294
€ 22,00

All’inizio del mese di ottobre è uscito per la casa editrice Il Poligrafo l’ultimo scritto della femminista catanese Emma Baeri Parisi: Dividua. Femminismo e cittadinanza.
Un libro prezioso che, riproponendo e adattando alcuni scritti già pubblicati dalla Baeri, espone un cammino che ripercorre alcune delle fasi fondamentali del femminismo storico e che semina molte domande sulla via. Una lettura scandita da parole chiave. E non è certo un caso questa attenzione alla parola, da sempre oggetto di discussione tra le femministe che sanno bene che “parlare non è mai neutro”, come scriveva Luce Irigaray. Termini che si riempiono di significati riecheggiandosi tra le pagine.
Memoria: quella delle donne escluse dalla storiografia ufficiale, delle compagne che vogliono trasmettere i frutti delle passate stagioni politiche a chi – nonostante non le abbia potuto vivere – le sente come proprie.
Uguaglianza: parola che era lotta in passato, ma ora temuta perché sinonimo di forzata identificazione a qualcosa che uguale non è.
E quindi la parola più splendente nel libro. Differenza: parola femminile che dovrebbe essere riflessa nelle scelte politiche, nel linguaggio e nei simboli per rappresentare correttamente tutti i cittadini e tutte le cittadine. Lo scopo da raggiungere è l’ inclusione delle donne, e delle loro diversità, nel sistema democratico, scopo ancora lontano dall’essere raggiunto – nonostante le apparenze –  perché, come scrive la Baeri:

Le donne, io, camminiamo ancora oggi su un territorio ancora ambiguo, tra natura-casa e cultura-carriera, tra destino e scelta, tra lavori ancora sommati, un percorso sdrucciolevole tra l’arcaica comunità delle donne in carne e osa e la storica società degli uomini in carne e ossa, uno spazio quest’ultimo nel quale siamo entrate a patto di lasciare il nostro corpo fuori dalla porta.

J.M. Coetzee, "L'infanzia di Gesù"

L'infanzia di Gesù
di J.M. Coetzee

traduzione di M. Baiocchi

Einaudi, 2013

256 pp.



J.M. Coetzee, premio Nobel nel 2003, vincitore del Booker Prize nel 1983 e 1999 - uno tra i pochissimi autori ad averlo vinto due volte - è uno scrittore tutt'altro che facile. Chi conosce la sua opera conosce la sua grande capacità introspettiva, che riesce sempre a smuovere le angosce fondamentali del lettore e a suscitare in lui un remoto senso di disagio. L'infanzia di Gesù, l'ultimo romanzo dello scrittore originario del Sudafrica ma naturalizzato australiano, pubblicato in Italia proprio oggi da Einaudi, non sfugge a questa dinamica.

Ambientato in un tempo/spazio imprecisato, è la storia di un uomo maturo e di un bambino di cinque anni che giungono in un Paese straniero dove vengono loro assegnate nuove identità: è questo l'esito di una ricollocazione esistenziale di cui non è dato sapere la ragione. Nulla infatti viene rivelato della precedente vita di alcuno dei protagonisti, si intuisce solamente che ha avuto luogo un processo di azzeramento per cui l'arrivo in questa terra costituisce una sorta di rinascita. Nessun legame di parentela vi è fra Simón - l'uomo - e il bambino che lo accompagna: i due si sono incontrati sulla nave che li stava conducendo verso questo "Nuovo Mondo",  e proprio lì Simón ha preso in carico il piccolo David dopo che questi ha perso i documenti di viaggio con le indicazioni per raggiungere la madre. Questa ricerca diventa pertanto il compito primario di Simón, convinto di poter riconoscere la madre del bambino quando la incontrerà.

Il Veleno di Desiati, l'antidoto alla riprovazione

Il libro dell’amore proibito
di Mario Desiati
Mondadori, 2013

pp. 197


Dopo le prime pagine di questo nuovo romanzo di Mario Desiati è subito Messapia arcaica. Ogni volta che m’immergo nei libri del giovane scrittore martinese preferisco chiamarla così questa regione del sud. Non Puglia. Al limite Apulia. I popoli remoti, il loro dna, le loro ombre è come se vagassero ancora, alla ricerca di un rito apotropaico e di tradizioni che, inchiodate dal tempo, rendono l’atmosfera carica di pregiudizio.

I contemporanei si confondono con i loro antenati. A partire dai nomi: il protagonista Francesco è soprannominato Veleno perché un suo trisavolo avvelenò il padrone e divenne proprietario di terre. Il riscatto sociale nel Levante è passato attraverso questi gesti, non la lotta di classe. Il latifondo cambiava semplicemente di titolo catastale, altrimenti stessi solchi nel terreno, stesse pietre, stessi mattoni a secco, stesso sole, stesse chianche, stessi trulli, stessi dolmen. Il primo amore di Veleno sono «i muri che dividevano la vigna dalla strada», un sentimento di cui nonna Comasia è complice, grazie a detti di saggezza popolare che un tempo, fra murge e gravine, venivano pronunciati in greco e ora in dialetto. In una valle che pare fiabesca, a forza di coni affioranti dall’edera, e invece ha risvolti maligni. La valle d’Itria, rivestita di bianco e di feste patronali. Ma anche di spose infelici, per riecheggiare il titolo di un precedente romanzo di Desiati, e di amori proibiti. Perché qui si perdona, si condona, «un omicidio per indigenza o per onore», delitti «accettati dalla comunità con consapevolezza», mentre può essere follia criminale un affetto reciproco.

“Atletico Minaccia Football Club”: anche una donna può divertirsi con un libro sul calcio!

Atletico Minaccia Football Club 
di Marco Marsullo
Einaudi Editore

Pp. 212


Un libro sul calcio? Ebbene sì. Perché un buon libro è tale a prescindere dall'argomento. Non è necessario essere appassionati di questo sport per apprezzare “Atletico Minaccia Football Club”, basta saper gustare delle belle pagine ben scritte, l’ironia, la fantasia e il goliardico destreggiarsi, o sarebbe meglio dire dribblare, tra serio e faceto dello scrittore partenopeo Marco Marsullo. 
È ambientato nella provincia napoletana, i protagonisti non sono supereroi, ma sognatori in canottiera e ciabatte, possono trascorrere le vacanze a Mondragone, indebitandosi pure di 3.000 euro, ma sentirsi come Josè Mourinho o almeno suoi colleghi. Il celebre ex allenatore dell’Inter è il Dio da venerare, il calcio la religione da professare per Vanni Cascione, l’allenatore (il più espulso delle ultime stagioni, 35 espulsioni negli ultimi 3 anni) dell’ Atletico Minaccia Football Club, squadra di Giugliano, acquistata a un’asta di beni confiscati alla camorra da un magnate dei mobili, il cavaliere Eros Baffoni, che gioca nel campionato d’Eccellenza. 

¡Que viva Sheherazade!

#vivasheherazade


Nell’articolo del 1979 Le temps des femmes Julia Kristeva scriveva che sono tre i momenti storici che hanno segnato il progresso delle donne nella presa di coscienza della loro soggettività. Il primo è quello in cui le donne cercano di inserirsi nel tempo lineare della Storia, quello della lotta politica per i diritti, segnata dalle battaglie delle suffragettes; la seconda fase è quella post-sessantottina, in cui le rivendicazioni femminili hanno implicato un’inevitabile elaborazione culturale su problemi come la sessualità, la riproduzione, la violenza domestica; la terza fase è, infine, rappresentata dalla coesione di entrambe entrambe le attitudini: “l’inserimento nella storia e il rifiuto radicale delle limitazioni imposte dal tempo della storia a un’esperienza condotta nel nome dell’irriducibile differenza”. [1]

Differenza: termine chiave della riflessione femminista che, dagli anni Settanta, si concentra su questioni identitarie. Quale dovrebbe essere per le donne il modello a cui potersi rispecchiare per affrancarsi dalla tradizione patriarcale? Può il soggetto maschile rappresentare correttamente la donna?
La prima a dare una risposta è la filosofa belga Luce Irigaray che, fin dalla pubblicazione del suo primo libro Speculum. L’altra donna (1974),  è stata considerata una delle principali rappresentanti della teoria della differenza sessuale. Le donne, secondo la Irigaray, non possono essere correttamente descritte da una società dove perfino la lingua che usiamo quotidianamente è connotata sessualmente. Ad esempio, dicendo “l’uomo è mortale” saremmo tutti d’accordo che con la parola “uomo” si intenda “l’umanità”. Ma se diciamo “la donna è mortale”, arriveremo alla logica conclusione che l’uomo è, invece, immortale. Il soggetto maschile, quindi, porta con sé sia il segno a lui proprio sia un segno universale, mentre invece la soggettività sessuata della donna è negata dal linguaggio.
Conseguenza del linguaggio maschile, neutro solo in apparenza, è un maschilissimo ordine simbolico proprio alla società a cui apparteniamo. Come scrive la filosofa e accademica Adriana Cavarero nello splendido Nonstante Platone (1990):
Nel vasto campionario della tradizione nessuna figura può risultare adeguata alla soggettività femminile che ne fa richiesta, proprio perché in questa tradizione è appunto tale soggettività femminile ad essere occultata nelle maschilissime figure di uomini e nelle figure di donne pensate dagli uomini. [2] 
Immenso il catalogo delle figure femminili nascoste dalle immagini dei loro ipertrofici compagni. Penelope accanto a Ulisse, Era accanto a Zeus, Margherita accanto a Faust. Mai da sole nella loro piena e autonoma soggettività di donne.

CriticaLibera: Parigi




In viaggio non cerco la libertà ma la cattura e la prigionia. Se si presenta un’occasione da fuorilegge, quella è la mia. Una volta dentro, ai luoghi s’intende, erigo muraglie da cui il tempo resta fuori senza trascorrere. Non mi metto a scavare gallerie per evadere. Al più, un cunicolo tra cella e cella. Come Edmond Dantes, ma lui era a Marsiglia mentre io a Parigi.

"Parole dell'elegia dell'anima", di Laura Tonelli

Parole dell’elegia dell’anima
di Laura Tonelli
Arezzo, Edizioni Helicon, 2013

€ 12
pp. 150


      Laura Tonelli ama profondamente la poesia perché per lei rappresenta un campo di ricerca interiore continuo, da cui riesce a far riemergere molti tasselli della propria vita passata e da cui  la scrittrice indaga tuttora per cercare risposte che non sempre sono risultate risolutive durante tutto l’arco dell’esistenza. Dall’intensa attività poetica, la scrittrice  riesce a  trarre costantemente nuova linfa che ha un sapore estensivo, una poesia non rigorosamente limitante ma che sa rilevare  i momenti di passaggio e di intervallo peculiari di alcune fasi della vita, offrendoli al lettore ricchi di significato ulteriore.
La nuova raccolta include un corpus di poesie in cui in ogni lirica si può individuare il significato globale della nostra esistenza racchiuso curiosamente in triadi; la peculiarità di tre elementi congiunti  da un particolare rapporto sembra essere infatti la parte caratterizzante di molte poesie: il ciclo vitale nella triade infanzia/ giovinezza/maturità  è sinteticamente presentato da Laura Tonelli in molti versi. Alla precedente triade enunciata, si aggiungono ad esempio quelle seguenti: mistero/sogno/realtà     e   natura/simbolo/favola.
     Leggiamo qualche passo esemplificativo a riguardo.

I Neologissimi di Luigi Malerba



I neologissimi 
di Luigi Malerba
Quaderni dell'Oplepo, 2013

Se fosse possibile condensare in poche pagine i tratti salienti dell'opera di Malerba otterremmo probabilmente qualcosa di simile a I neologissimi. Se fosse possibile, ma possibile non è, troppo vasto è l'universo malerbiano, troppo forte la pluridirezionalità dei contenuti e multiforme la sperimentazione linguistica. Nonostante ciò, la plaquette appena pubblicata è, da questo punto di vista, assai efficace. Beninteso, i tipi che l'hanno edita non si sono prefissi di riassumere alcunché, non è quella la loro ambizione, ma di fatto il risultato si avvicina a qualcosa del genere. Tolto – com'è ovvio, trattandosi di un breve e succoso elenco di parole inventate e non di un romanzo – tutto quanto pertiene alla narrazione strictu sensu, gli intrecci sghembi che riflettono il coacervo di contraddizioni e caos solitamente ritenuto e definito “realtà”, rimangono parecchi ingredienti base della fucina letteraria dello scrittore.
I sessantacinque lemmi qui raccolti sono stati pubblicati tra il 1977 e il 1978 su alcune riviste letterarie e punteggiano diversi romanzi (Il Pataffio su tutti). Leggerli riuniti uno in fila all'altro, però, dà modo di formulare qualche considerazione che trae origine dalle singole voci ma abbraccia il modo di fare letteratura del nostro autore.

"Il prezzo della bellezza" di Rosa Teruzzi


Il prezzo della bellezza
di Rosa Teruzzi
Ed. Rusconi Libri, 2013

pp. 160
€ 9,90


Una bomba deflagra nel cuore della notte facendo tremare i quartieri alti di Milano: la Porsche di un chirurgo plastico si disintegra, mandando in frantumi anche quell'universo dorato e inconsistente in cui le attempate signore della buona e buonissima borghesia si confondono con le dive e le starlette del piccolo schermo che inseguono il sogno della perfezione e dell'eterna giovinezza. Edoardo Pincio, questo è il nome del chirurgo preso di mira dall'azione intimidatoria che si è da poco consumata, si trova ora sotto il fuoco di fila delle domande di Irene, giovane cronista non certo d'assalto, goffa e un po' intimidita da quell'ambiente a lei estraneo, scortata da Angelo, un fotografo scaltro e navigato, sempre pronto a dispensare consigli con paterna bonomia. Ma ora, al cospetto di quel chirurgo che trasuda arroganza da tutti i pori, Irene cerca di comprendere il movente di un gesto così violento: un'amante tradita? Una cliente insoddisfatta? Un regolamento di conti che affonda le radici nel sottobosco della malavita? Il dott. Pincio esclude qualsiasi ipotesi di vendetta, ostentando incredulità ad ogni piè sospinto. Nei giorni successivi, arriveranno in redazione tre lettere "scritte su carta verdina, in inchiostro rosso sangue con poche righe di invettiva contro i chirurghi estetici, avidi macellai, dispensatori di false illusioni, bastardi prezzolati". L'attentato, il primo di una lunga serie di gesti intimidatori piuttosto eclatanti, è rivendicato dalle Brigate Antisilicone.

Kundera e "La festa dell'insignificanza"

La festa dell'insignificanza
di Milan Kundera

Adelphi, 2013



Un'opera eclettica, uno scrittore onniscente che spacchetta in paragrafi, periodi e segmenti i pensieri dei personaggi, li intreccia quasi fosse una trama teatrale, con gli attori che entrano ed escono continuamente dal palcoscenico della pagina: momenti - quasi tutti insignificanti agli occhi del mondo - poche battute a ricordare la vita di ciascuno.

"La festa dell'insignificanza", l'ultimo romanzo di Milan Kundera pubblicato da Adelphi, non è una lettura semplice per gli intrecci e i voli pindarici che l'autore concede ai protagonisti. Romanzo mentale prima che di trama, con una scrittura leggera Kundera mette il lettore davanti ai misteri irrisolti della vita, sostrato drammatico alle azioni e al vivere quotidiano. E quell'irrisolto che ognuno si porta dentro è al contempo tanto pesante, individuale (ma l'individualismo non esiste, fa dire Kundera a uno dei suoi personaggi), da essere insignificante e universale. E allora tutto diviene insignificante: i gesti, le parole, le bugie, gli scherzi, le assenze, gli amori mancati, la morte. In una parola: ad essere insignificante per Kundera è l'individuo, la vita stessa di personaggi del tutto comuni e senza storia. Ma insignificanti e quasi clowneschi appaiono anche grandi personaggi storici come Stalin e Cruschev che Kundera fa comparire nell'opera: tutti leggeri, inconsistenti come una piuma che all'improvviso qualcuno s'accorge cadere dal soffitto alto di una sala da ballo. Una scena affollata, costellata di esistenze che trascolorano nel personaggio successivo, incapaci di segnare un sentiero, di lasciare traccia. Tanto nella vita quotidiana quanto nella storia.

La musica segreta dei ricordi: tra Cile, Finlandia e Svezia una storia di sofferenza e speranza

La musica segreta dei ricordi
di Alyson Richman
Piemme, 2013

€ 17.50
pp. 406

I ricordi. La gioia, la scoperta dell’amore, il profumo di casa e i sapori dell’infanzia, l’affetto per la famiglia, le note del tango che invadono la stanza; il dolore, fisico e psicologico, acutissimo e impossibile da dimenticare, la perdita, l’incertezza, l’abbandono, solitudine e distanza. Ma sempre i ricordi, anche quando sono così dolorosi da lasciare un segno indelebile nel cuore e nelle vite delle persone che da quei ricordi cercano invano di sfuggire, all’altro capo del mondo, in una vita nuova o nella propria solitudine, per dimenticare e trovare finalmente un rifugio sicuro. Questa storia è fatta innanzitutto di ricordi, immagini di una vita passata nella quale improvvisamente gli equilibri vengono stravolti, la quotidianità spezzata. Un prima e un dopo in cui la Storia fa da spartiacque e segna il destino a venire. Quattro personaggi e altrettanti destini che si snodano tra il Cile del golpe di Pinochet – di cui lo scorso 11 settembre sono ricorsi i 40 anni-, la Finlandia sotto le bombe della Seconda Guerra Mondiale e la Svezia tra anni ’70 e ’90 dove cercare la pace. 

#SpecialeCAMUS - Lo straniero



Lo straniero
di Albert Camus
Ed. Bompiani, 2012
Prima Edizione, 1942
pp. 176
cartaceo € 8,90

Lo straniero, pubblicato da Albert Camus nel 1942 per l’editore Gallimard, è uno di quei libri che, complice una scrittura sintetica nelle parole ma corposa nelle immagini, si legge e si rilegge volentieri, nel giro di due ore, nel corso delle quali a prendere il sopravvento non sono i fatti narrati dal protagonista ma il modo in cui ad essi il protagonista decide di reagire.
La non azione diventa, nel libro, espressione del concetto di assurdo che Camus all'epoca delineava e che troverà la sua teorizzazione ne Il Mito di Sisifo (qui la recensione).
Nella prima parte del libro il protagonista, Meursault, ci racconta la sua vita, le sue origini francesi, il suo lavoro e la sua quotidianità ad Algeri senza una reale volontà di trasporto. In modo asettico e quasi con tono giornalistico, tutto ha una linearità che sta al lettore decidere e percepire come consequenziale, logica...Oppure no. E così, la “cronaca” di un decesso, quello della madre del protagonista, diventa occasione di scoperta di un animo e un carattere aridi, freddi e silenziosi.

"Vecchi amici e nuovi amori" di Sybil G. Brinton



Vecchi amici e nuovi amori
di Sybil G. Brinton
Traduzione di Camilla Caporicci
Jo March, 2013

pp. 341
14,00



Fin dal 2009, le edizioni Jo March si occupano di “riportare alla luce narrativa lontana, nel tempo o nello spazio, a torto dimenticata o mai tradotta in lingua italiana”. La traduzione e la ristampa di “Vecchi amici e nuovi amori”, di Sybil G. Brinton, definito “l’antenato di tutti i sequel”, di tutti gli spin off e derivati austeniani, scritto cento anni dopo “Orgoglio e Pregiudizio” (1813) e tradotto in italiano cento anni dopo la sua pubblicazione (1913), soddisfa proprio questo criterio.
Duecento anni ci separano, dunque, dall’originale di Jane Austen e cento da questo seguito della Brinton, della quale poco si sa, se non che ebbe una vita breve e non godé mai di buona salute. L’autrice fu un’appassionata janeite, con quanto di positivo e di negativo il termine implica. Il janeitismo si sviluppò dopo il 1870, con la pubblicazione di  “A Memoir of Jane Austen” di J.E. Austen - Leigh.  Addirittura Rudyard Kypling  scrisse un racconto, intitolato "The Janeites", su un gruppo di soldati della prima Guerra mondiale appassionati dei romanzi della Austen.

#SpecialeCAMUS - Il mito di Sisifo

 Il mito di Sisifo
di Albert Camus
Ed. Bompiani, 2012
Prima Edizione, 1942
pp. 176
cartaceo € 9

A cento anni dalla nascita, avvenuta il 7 novembre a Mondovi in Algeria, odierna Dréan (nei pressi di Annaba) le commemorazioni di Albert Camus si sprecano in tutto il mondo, coinvolgendo perfino la Uefa, essendo stato in gioventù, nonostante i problemi di salute, portiere del “Racing Universitaire d’Alger all'inizio degli anni '30” (dirà Camus a proposito "Tutto quello che so sulla moralità e sugli obblighi degli uomini lo devo al calcio").
Quotidiani e riviste si sono affrettati, sfruttando l’onda di una sempre maggiore fama e consenso attorno all’autore, a pubblicare monografie e numeri speciali (tra le più interessanti quelli di “Le Point” e “Philosophie Magazine”). Google in Francia (Google.fr) gli ha dedicato perfino un doodle ovvero uno dei quotidiani loghi utilizzati per commemorare eventi mondiali particolarmente significativi.
In Italia, “Micromega”, la nota rivista culturale, ha offerto un ebook gratuito dal titolo "Camus filosofo dell’avvenire", dove è possibile leggere l’intervista della figlia Catherine ("Mio padre, solitarie, solidaire") e il saggio di Paolo Flores d’Arcais su "Albert Camus filosofo del finito".
Inoltre, da segnalare in mezzo a diverse iniziative, un’expo documentaria presso la Biblioteca Nazionale di Potenza e diverse rappresentazioni teatrali (ricordiamo che Camus scrisse alcuni importanti testi per il teatro, tra cui Caligola).
Scrittori come André Brink, Yasmina Khadra e perfino il premio Nobel Imre Kertész hanno ammesso di essersi ispirati alla sua opera; filosofi del calibro di Michel Onfray e Alain Finkielkraut hanno voluto omaggiarlo dedicandogli dei saggi.