#bookcity: Incontrando Sepùlveda… e inaugurando! (1^ giornata)



Vi avevamo già anticipato lo spirito di Book City Milano, grazie alla cronaca della conferenza stampa scritta da Martina. Domani prenderà avvio la manifestazione, che durerà fino a domenica 18 novembre. Intanto, oggi, Milano ha potuto godere di un piccolo assaggio di quello che accadrà  durante il week end: 350 eventi dislocati nelle varie parti della città che vedranno protagonisti tutti coloro che sono legati alla filiera dell’editoria e della lettura. 



A inaugurare la tre giorni di libri e cultura ci ha pensato  un autore straordinario, Luis Sepùlveda, che ci ha incontrati alla Triennale per parlare del suo ultimo romanzo, Storia di un gatto e del topo che diventò suo amico, uscito proprio oggi nelle librerie. Introdotto da Luigi Brioschi, Presidente di Guanda, e dal giornalista e scrittore Bruno Arpaia che ha dialogato con lui nel corso dell’incontro, lo scrittore cileno oggi non festeggia solo la pubblicazione dell’ultimo libro, ma anche i vent’anni di straordinaria esperienza editoriale italiana, iniziati con Il vecchio che leggeva romanzi d’amore e proseguiti con il clamoroso successo di Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare, libro che – con le sue due milioni di copie vendute – ha segnato un’intera generazione di bambini e ragazzi (ma anche di lettori adulti) che si sono appassionati ai due teneri personaggi e anche al film che, successivamente, li ha visti protagonisti. Chiunque avrebbe cavalcato l’onda di un tale successo pubblicando immediatamente un secondo best-seller, ma Sepùlveda ha aspettato sedici anni prima di tornare con un nuovo romanzo, deciso a farlo solo quando i temi e i personaggi ideati avessero raggiunto un buon livello di maturazione e affinamento. Oggi l’autore è pronto a consegnarci un’altra dolce storia di amicizia che parli ai più piccoli e non solo. Ha confidato al pubblico le difficoltà incontrate nel suo percorso di scrittura: la lettura per i giovani è esigente, non tollera le ambiguità, richiede messaggi diretti, una semplicità che veicoli temi importanti. “Libri facili da leggere e difficili da capire”, come avrebbe detto Milan Kundera, di una leggerezza quasi calviniana. E Sepùlveda riesce a farlo perfettamente.


 Lo scrittore ha usato queste parole per spiegare quanto sia stato importante crescere nella temperie comunista cilena degli anni ’70: “Sono cresciuto con un senso della collettività enorme che ha determinato in me un comportamento etico e sociale con cui sento di dover mantenermi coerente nella vita come nei miei libri”. E ancora ha parlato di amicizia, il tema principale del suo ultimo romanzo, rivelando particolari intimi della propria storia, quali il rapporto di fratellanza con un amico pescatore o quello con il grande Julio Cortàzar, grande autore latinoamericano, da sempre infinitamente ammirato. Sepùlveda si è mostrato generoso nel donarsi al pubblico e ha affrontato temi diversissimi: dalle ideologie in tempo    di crisi al problema di una definizione di “Letteratura sudamericana”.



Ci ha lasciati con un messaggio politico e civile di intenso valore, definendo la nostra un’”epoca di resistenza” a una crisi economica che è prima di tutto etica. È tempo di recuperare una morale che l’economia (lasciata a se stessa) e la politica hanno perso. Uno dei modi di resistere è quello “creativo”, ha detto l’autore, perché un paese che legge è un paese capace di innovare, immaginare, cogliere la complessità della società, specialmente nei momenti di crisi, per rispondere ad essa con un fiducioso “Non tutto è perduto”, che si erga a difesa della cultura e dell’immaginazione.
 

Subito dopo l’incontro con Sepùlveda mi sono spostata al Castello Sforzesco per assistere a una seconda conferenza inaugurale di Book City Milano. Lo scenario era suggestivo: i cortili erano illuminati, decorati con grandi lettere che formavano il nome della manifestazione; musiche e letture di sottofondo facevano contribuivano a definire un’atmosfera affascinante. L’assessore alla Cultura Stefano Boeri, il Sindaco Giuliano Pisapia, Umberto Eco, Aldo Pirola, Direttore del Sistema delle Biblioteche civiche di Milano, hanno sottolineato ancora una volta gli obiettivi dell’evento, sottolineandone la valenza plurale che ben si adatta a una “città dispersiva” come Milano. 

L’esposizione degli intenti programmatici è stata accompagnata dalla lettura di alcuni brani su Milano e sul senso della città in generale: La ragazza Carla di Elio Pagliarani, Ascolto il tuo cuore, città di Alberto Savinio, Un romanzo estivo che mi facesse un poco caldo di Goffredo Parise, Milano è una selva oscura di Laura Pariani, Storia del guerriero e della principessa di Borges.  Attraverso la lettura dei testi si è sottolineata l’importanza di ascoltare la lettura, di trasmetterla per tutta la città come fosse un “fenomeno virale”.

 Umberto Eco ha anche accennato a un progetto, attualmente ancora allo stato di proposta, che mi è parso molto interessante: si creerebbero dei gemellaggi tra le ventiquattro biblioteche civiche milanesi e alcuni editori; per un periodo stabilito l’editore sfrutterebbe lo spazio della biblioteca come luogo di presentazioni di autori, readings, incontri, dibattiti. Se gli editori e i responsabili delle biblioteche dovessero rispondere positivamente sarebbe una bella occasione di incontro e propaganda culturale.

Soddisfatta di questa prima giornata di Book City, torno a casa pensando che eventi del genere (come non pensare - avendolo vissuto in prima persona - anche al Festival della Letteratura di Milano che si è svolto lo scorso giugno?) fanno bene alla città, ne mettono in luce il ruolo di capitale dell’editoria. Attraverso essi si riacquista il senso di Milano come città di cultura, organismo pulsante animato da molte persone che vorrebbero che fosse – non solo per un week end, ma per tutto l’anno – una “Città-libro” da sfogliare.

A domani, con la cronaca della seconda ricca giornata di Book City Milano!

Claudia Consoli