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Editori in ascolto - Autodafé Edizioni

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Editori in ascolto
- Cristiano Abbadessa per Autodafé Edizioni - 



Presentazione ufficiale di Autodafé Edizioni (FNAC, Milano, 10 ottobre 2010)



Quando è nata la vostra casa editrice e con quali obiettivi?
Autodafé è nata nel marzo del 2010 e ha cominciato a pubblicare nell’ottobre dello stesso anno. Il nostro scopo è quello di dare voce a buoni narratori capaci di raccontare solide storie che sappiano fa riflettere sulla realtà sociale dell’Italia contemporanea: un aspetto che ci sembra trascurato dalla letteratura che va per la maggiore, dove prevalgono gli elementi di fuga o gli eccessi di introspezione, il guardarsi dentro rispetto al guardarsi intorno.

Il direttore alla presentazione di Daniele Trovato
Come è composta la vostra redazione? Accettate curricula?
Il lavoro redazionale è svolto da alcuni dei soci di Autodafé, ovviamente quelli che hanno alle spalle una lunga esperienza nell’ambito dell’editoria (altri soci si occupano della gestione amministrativa e della produzione). Non siamo in cerca di nuove collaborazioni.

Qual è stata la vostra prima collana? E il primo autore?
Abbiamo pubblicato 12 titoli, senza creare per ora una divisione in collane, anche per l’unitarietà del nostro progetto editoriale. Siamo usciti, al debutto, in contemporanea con quattro titoli. 

A distanza di un anno e mezzo dalla fondazione della vostra casa editrice, quali obiettivi ritenete di avere raggiunto e a quali puntate?
Abbiamo trovato autori valide e opere meritevoli di pubblicazione: in questo senso abbiamo avuto la conferma dell’esistenza di voci che meritano spazio e di un patrimonio narrativo che non dovrebbe restare marginale. Il mercato, però, è ancora tutto da conquistare, anche soltanto quel piccolo spicchio che un editore delle nostre dimensioni punta a ritagliarsi.


Come vi ponete nei confronti delle nuove tecnologie?
Laicamente. Cerchiamo di sfruttarne le potenzialità (siamo usciti subito anche con gli e-book, per esempio), ma senza mitizzazioni e avendo ben presenti alcuni limiti insiti nella parcellizzazione pulviscolare che, nel lavoro e nella comunicazione, sono connessi all’uso esclusivo dei nuovi media.

Cosa pensate delle mostre-mercato del libro? Hanno accusato forti cambiamenti negli ultimi anni?
Lo stand a "Parole nel tempo" di Belgioioso, 2010
Per un piccolo editore il discorso è molto delicato. Ritengo perfettamente inutile andare a far passerella in manifestazioni dove la visibilità è riservata ai grandi nomi. Come “mercato” hanno potenzialità molto limitate, come vetrine funzionano solo scegliendo molto bene quelle giuste. Ma, soprattutto, dovrebbero tornare a essere un luogo di confronto tra operatori del settore che hanno magari ruoli diversi ma le medesime esigenze di fondo.

Come vi ponete nei confronti dell’editoria a pagamento e del print-on-demand?
Non credo siano due temi assimilabili. L’editoria a pagamento non è editoria: semmai, può essere fornitura di un servizio editoriale, a patto che sia molto chiaro quali sono i servizi offerti e cosa resta invece in capo all’autore. Il print-on-demand è una formula di risparmio, che può essere praticata da un editore come da un self-publisher: non è quindi una filosofia o un fine, ma un semplice strumento gestionale.

Ritenete che il passaparola informativo, tramite blog o siti d’opinione, possa influenzare il mercato librario? E la critica tradizionale?
Sarò sincero: può esercitare un’influenza, ma finora molto ridotta. Soprattutto perché mi pare ci sia più la voglia di parlare di editoria in senso generale che di opere, e che alla fine molti preferiscano esternare piuttosto che leggere. La critica tradizionale, totalmente avulsa da questi circuiti, influenza più direttamente il mercato, ma anche e soprattutto perché una recensione “importante” si ottiene solo (salvo rarissime eccezioni) pagandola in pubblicità, e quindi va sommato l’effetto combinato del parere critico e degli spazi pubblicitari.

L'ufficio stampa
Pubblico: quali caratteristiche deve avere il vostro lettore ideale?
Non abbiamo un lettore ideale. Certo, viste le tematiche delle opere che pubblichiamo viene naturale pensare che il lettore di riferimento sia una persona dotata di sensibilità sociale, magari impegnata in attività politiche o di volontariato, informata e attenta ai fenomeni collettivi. Poi, però, non è neppure vero: perché capita che molti lettori apprezzino la qualità letteraria di un nostro autore, e della sua opera, senza troppo soffermarsi sulla sua capacità di esprimere uno sguardo attento al sociale.

Un aspirante scrittore può proporvi i propri manoscritti? Come deve fare? Sono graditi consigli!
Il consiglio è di leggere con molta attenzione la pagina Manoscritti sul nostro sito (www.autodafe-edizioni.com). La valutazione delle proposte editoriali è ora diventata un servizio che forniamo a pagamento, anche in considerazione dell’eccessiva quantità di manoscritti inviatici senza alcuna attinenza con il nostro progetto editoriale. Il rispetto delle indicazioni e l’estrema chiarezza nella formulazione della proposta (a partire da una sinossi ampia ed esaustiva) sono requisiti fondamentali per poter avviare un’ipotesi di collaborazione.

Parlando di promozione online...
Avete un sassolino nella scarpa o un piccolo aneddoto da raccontarci circa la vostra casa editrice?
I sassolini sarebbero centinaia, alcuni vere e proprie pietre. Mi limiterei a dire che, in generale, fatico ad accettare l’idea che nella filiera commerciale dell’editoria nessuno (con l’eccezione di qualche piccolo libraio indipendente) conosca per davvero il prodotto che vende, o che decide di non vendere. In altre parole, trovo davvero bislacco che distributori e grandi librai non leggano i libri e si limitino ad accettare o respingere un editore sulla sola base del suo fatturato pregresso e della capacità di investimento pubblicitario, senza alcuna altra considerazione sulla qualità del prodotto-libro o sulla bontà del progetto editoriale.

Qual è il vostro ultimo libro in uscita? Lo consigliereste perché…
Siamo usciti da poco con tre titoli: “Ali e corazza” di Daniele Trovato, “Viola” di Pervinca Paccini e “Diecipercento e la Gran Signora dei tonti” di Antonella Di Martino. Sono molto diversi tra loro, nello stile e nel ritmo della narrazione. Proprio per questo li consiglierei tutti, perché una lettura dei tre titoli, come degli altri che abbiamo già pubblicato, consente di farsi un’idea non teorica di quali siano gli elementi identitari del nostro progetto editoriale e di cole essi possano essere d’altra parte declinati in forme e strutture profondamente diverse.

Lo stand a Un Libro a Milano (2011)
Volete preannunciarci qualche obiettivo per il vostro futuro?
Il primo, urgente, obiettivo è valorizzare i dodici titoli che abbiamo pubblicato. Dobbiamo dare la giusta visibilità alle opere, attraverso il web, il contatto diretto con le librerie, iniziative sul territorio e forme di collaborazione con altri editori. È il momento di consolidare la nostra offerta. Poi penseremo a ulteriori passi in avanti.


Intervista a cura di Gloria M. Ghioni
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