di Chiara Montani
Nella figura di Sofonisba Anguissola, Chiara Montani trova una delle più affascinanti icone femminili del Rinascimento: una donna che trasformò il talento in destino e la pittura un modo per farsi strada in un mondo che voleva relegarla ai margini. Il destino di Sofonisba è un romanzo storico colto e sensibile, in cui la ricostruzione documentaria si intreccia a una voce narrativa intima, capace di dare corpo ai dilemmi interiori e alle battaglie quotidiane di una delle prime pittrici riconosciute della storia dell’arte.
Il romanzo si apre evocando il legame tra memoria, paura e infanzia:
«Se non fate le brave, l’anima nera di Cabrino Fondulo verrà stanotte a portarvi via.» (p. 9)
Questa frase, narrata dalla nutrice alla piccola Sofonisba, non è un semplice ricordo infantile: è l’immagine primordiale di un mondo che tenta di governare i corpi femminili attraverso la paura. Il romanzo è disseminato di echi di questa tensione: l’arte come ribellione al buio, la pittura come illuminazione. Non è un caso che Sofonisba distingua il mondo esterno come «un inferno quotidiano popolato solo di spettri» (p. 9) il contrasto tra oscurità e luce, tra limite e desiderio, è l’asse simbolico dell’intero romanzo.
Montani racconta la vocazione artistica della protagonista con una prosa che unisce delicatezza descrittiva e vigore psicologico. A Cremona, nel 1546, Sofonisba è solo una bambina quando riconosce la propria inclinazione alla pittura. È una vocazione che nasce come scelta di libertà: dipinge per vedere oltre, dipinge per esprimere sé stessa. Ma la società del tempo la circoscrive, la protegge, la limita: nessuna bottega, nessun apprendistato, nessuna prospettiva o anatomia. Una formazione mutilata, che però non riesce a mutilare il talento.
Quando Sofonisba approda alla corte spagnola, dove Filippo II la vuole dama di compagnia e ritrattista non ufficiale, il romanzo incanala la tensione tra arte e politica. Il potere osserva, controlla, misura ogni gesto «con quel ritratto avete superato voi stessa» (p. 308). La frase, rivolta alla pittrice con un misto di ammirazione e opportunismo, rivela due livelli: il riconoscimento del talento e l’uso strumentale che il potere può farne. Il romanzo esplora con finezza questo equilibrio fragile: Sofonisba è celebrata e insieme sorvegliata, applaudita ma sempre confinata in un ruolo che non può oltrepassare.
Montani riesce, con stile limpido e visivo, a rendere la complessità emotiva della protagonista. Sofonisba è infatti una donna che osserva, registra e sente in eccesso. Nei momenti di inquietudine, alla corte come nel viaggio verso la Spagna, percepisce il mondo come un continuum di bellezza e minaccia:
«Avendo conosciuto solo l’atmosfera pallida e spesso velata della mia terra natale, ero sbalordita dalla limpidezza del cielo di Spagna». (p. 161)
L’autrice qui non descrive solo un paesaggio: descrive un’educazione emotiva. La Spagna non è solo luogo geografico, ma spazio simbolico in cui Sofonisba scopre una luce nuova, che esalta e toglie mistero, che rivela e obbliga a vedere. È anche un modo sottile per suggerire come l’arte della protagonista cambi con i luoghi: tonalità più luminose, volti più definiti, un diverso rapporto con le ombre.
Il romanzo dà spazio anche ai sentimenti: desideri repressi, amori segreti, slanci trattenuti. La pagina in cui Sofonisba e Broccardo, sotto una tettoia riparata, si sfiorano tra paura e desiderio, restituisce con grande intensità la condizione delle donne del tempo.
Ciò che Sofonisba non può dire, trapela nei gesti, nei dettagli, nei moti interiori. Montani esplora magistralmente il conflitto tra l’educazione al silenzio e l’urgenza del sentire, tra il codice sociale e l’autenticità emotiva.
Il rapporto con la pittura torna come una costante salvifica. In una delle pagine più belle, durante i preparativi per il viaggio verso la Spagna, apprendiamo che Sofonisba copia e ricopia con dedizione infinita la grafia dei pigmenti, degli strumenti e dei materiali: «Questo è tutto ciò che mi occorre sapere» (p. 125). Questa frase, che Montani rende con naturalezza, è la chiave del personaggio: la conoscenza tecnica è un porto sicuro, un legame con il mondo creativo che nessuna costrizione patriarcale può scalfire. La pittura diventa non solo mestiere, ma identità, radice, resistenza.
La prosa di Chiara Montani è elegante, precisa, attenta ai dettagli d’epoca. Non indulge mai nell’estetizzazione eccessiva del Rinascimento, ma restituisce il vero cuore di quell’epoca: il ruolo ambiguo delle corti, la rigidità delle convenzioni, l’imprevedibilità della fortuna e del favore. Nel creare voce e pensiero di Sofonisba, Montani evita l’idealizzazione e costruisce un personaggio tridimensionale, fragile e forte, consapevole e smarrito, determinato e ferito.
Il romanzo si apre e si chiude con la stessa domanda che accompagna l’artista per tutta la vita: come costruire un destino proprio quando il mondo ha già deciso il tuo?
L’opera di Montani suggerisce una risposta luminosa: con la dedizione, con il talento, con la tenacia, ma soprattutto con la volontà di vedere ciò che altri non vogliono vedere.
Il destino di Sofonisba è un romanzo storico raffinato e appassionante, che restituisce voce e profondità a una figura femminile eccezionale. Chiara Montani ricostruisce non solo la biografia di una pittrice, ma la storia di una donna che ha combattuto contro i limiti del suo tempo per lasciare un segno nel mondo.
La sua vita, come la sua arte, attraversa i secoli con una forza che non sbiadisce. E il romanzo di Montani gliela restituisce intatta.
Alessia Alfonsi