Una distopia, un nuovo ordine religioso e un gruppo di donne addestrate all'arte dell'agonia: torna in libreria Agustina Bazterrica


 

Le indegne
di Agustina Bazterrica
Eris Edizioni, novembre 2025

Traduzione di Francesca Signorello

pp. 204
€ 16 (cartaceo)

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Purificare.

Ci ha chiamate indegne, come tutte le volte, come fa quando ci riuniamo nella Cappella dell'Ascensione ogni tre o nove giorni (non sappiamo mai esattamente quando verremo convocate). Ha pronunciato di nuovo la parola indegne e un riverbero si è propagato per le pareti di pietra come se la sua voce avesse il potere di muovere la materia inerte. Le Sante Minori hanno intonato l'Inno Primario, l'originale, uno dei più importanti, quello che attesta il loro contatto con il divino. Non capiamo cosa dicono, è un linguaggio che conoscono solo le Elette. Lui ci ha spiegato ancora una volta che l'inno parla di come il nostro Dio, attraverso Le Illuminate, ci protegge dalla contaminazione, e proclama che senza fede, non c'è salvezza. (p. 10)

Dopo il clamoroso successo di Cadavere squisito, Agustina Bazterrica - autrice argentina classe '74 - torna in libreria pubblicata sempre da Eris Edizioni con un secondo romanzo di genere distopico che condivide col precedente alcuni punti: la deumanizzazione, una catastrofe ambientale, la crudeltà del "nuovo" sistema, la presenza di una setta. 
Stavolta, però, la storia non ci viene raccontata da un protagonista uomo, ma da una donna senza nome, che ci parla e dipana i fili della narrazione attraverso delle lettere che scrive di nascosto (se avete visto o letto Il racconto dell'ancella parliamo dello stesso tipo di dissimulazione). Possiamo quindi dire che le vicende della Casa della Sacra Sorellanza ci vengano esposte grazie a un diario, a volte scritto con l'inchiostro, a volte con la linfa dei fiori - quei pochi che ancora esistono - a volte col suo sangue. 

La Casa della Sacra Sorellanza è una sorta di oasi nel deserto: il mondo ha subito delle gravissime catastrofi ambientali, il mare è evaporato, l'acqua è scomparsa, gli animali e la flora sono morti, gli uomini hanno combattuto per la sopravvivenza - e hanno perso miseramente - ma, per qualche ragione, un luogo ha resistito, e questo luogo, che possiamo accostare come concetto a quello del convento femminile, accoglie numerose donne sopravvissute, alcune considerate spazzatura, altre beni preziosissimi da proteggere.

Esiste infatti una gerarchia nella Casa: le serve sono quelle donne contaminate, macchiate, buone solo per le mansioni più umili; le indegne, donne che hanno il compito di servire quelle che tra loro sono sante e che non desiderano altro che diventare una di loro; le Elette, donne che predicono il futuro, che sanno interpretare i segni della natura, che comunicano il messaggio di un nuovo Dio, di un nuovo ordine religioso che rinnega quello precedente - il nostro; infine le più preziose, le Illuminate, donne che hanno ricevuto la chiamata e che hanno l'onore di stare accanto a Lui.
Ma chi è Lui? Un uomo? Un nuovo messia? Un Dio egli stesso?

Purificare.

Le gocce scendevano sulle vetrate sporche di vernice nera. Sulle vetrate con le immagini del Dio ingannevole, del figlio mendace, della madre negativa, del Dio che non ha saputo porre freno all'avarizia e alla stupidità del suo gregge, che ha lasciato che avvelenassero il nucleo dell'unica cosa che importava realmente. Non bisogna nominare né guardare quel Dio che ci ha lasciati alla deriva in un mondo intossicato. (p. 30)

A presiedere su tutto, col pugno di ferro e una serie di punizioni corporali che faranno inorridire i lettori e le lettrici più sensibili, c'è La Sorella Superiora. Come il testo ci tiene a ripetere, senza fede non c'è salvezza, per cui tutte le indegne si infliggono punizioni fisiche, compiono sacrifici, si affamano, si mutilano, si feriscono per dimostrare la loro fede. Ma in cosa? In Lui e nel nuovo ordine delle cose, nella speranza di risalire i gradini della piramide e diventare Elette o addirittura Illuminate. Perché a queste donne sono riservate le cure migliori, il poco cibo commestibile - le indegne mangiano grilli - tutti gli onori. Per fare un parallelismo sono considerate delle sante, della martiri, perché se è vero che sono intoccabili e divine, anche loro subiscono delle mutilazioni: vengono accecate, rese sorde, chiuse in clausura per sempre.

Nella Sacra Sorellanza qualcuna ha provato a diffondere l'anno del calendario proibito, ma la Sorella Superiora si è premurata di distruggere anche quella diceria a colpi di frusta. Non sappiamo in che anno viviamo. Spero che, se qualcuno leggerà queste pagine, lo farà da un mondo in cui il tempo si misura artificialmente, anche se sappiamo che si tratta di un costrutto umano, anche se intuiamo che dietro quel tessuto numerico non c'è nient'altro che il presente. Forse in un futuro, da qualche parte, sarà nuovamente l'ANNO UNO, o forse ANNO DEL DRAGO ROSSO e i numeri non si useranno più, e al loro posto si useranno parole belle come l'ANNO DELLE LUCCIOLE, l'ANNO DEL LUPO INVISIBILE. E nel calendario orientale che anno staremo attraversando? E in quello ebraico? Perché sono così preoccupata che il tempo e lo spazio possano scomparire quando il mondo è a pezzi? Ci saranno ancora frontiere e paesi nel futuro? Oggi, qui, adesso, i giorni non contano. Neanche i mesi. Scivolano via come sabbia fra le dita, senza lasciare traccia. A eccezione di questo libro della notte, di questo calendario clandestino, in cui la giornata di oggi potrebbe chiamarsi IL GIORNO DEL CERVO. (pp. 91-92)

Tutte le donne della Casa sono crudeli le une con le altre. Sorellanza, in questo caso, non significa che siano unite - anzi - se possono fanno di tutto per ferire, screditare, anche uccidere le proprie compagne. Il mondo che è cambiato ha cambiato anche loro: sono cattive, hanno perso la speranza, tutto ciò che conoscono è la fame, l'odio, la paura. 

Le donne come simulacri, educate all'arte dell'agonia

La nostra protagonista senza nome, nelle sue lettere, non solo ci racconta il presente, ma anche parte del suo passato, di quando era una bambina e la Terra era ancora un posto più o meno vivibile: i suoi ricordi ci portano da sua madre, da Circe, da un gruppetto di bambini che lei chiamava bambini tarantola, fino alla congiunzione triste e dolorosa che - da condizione di errante, come vengono chiamate le persone esterne alla Casa - la porta proprio alla Casa. 

Poi, finalmente, un evento che segna la rottura: nel bosco del convento trova una donna, un'errante. Questa donna, che successivamente prenderà il nome di Lucia, causerà l'inizio e la fine di tutto. Ma chi è davvero Lucia? Una santa anche lei? Perché riesce a compiere miracoli? Forse è destinata a diventare una Illuminata, la migliore di tutte?
Lucia, immune al fuoco; Lucia, l'incantatrice di vespe; Lucia la strega. 

Era al mio fianco, si fidava di me. Condividiamo un segreto, siamo unite da un senso di lealtà. Con un dito, ho sfiorato il tessuto ruvido della sua tunica. Percepivo l'abisso del suo profumo, la pelle impregnata di un paradiso celeste in cui volevo abbandonarmi, lasciarmi andare, precipitare per sempre. Faticavo a concentrarmi, perché Lucía irradiava qualcos'altro. Ardore? No, lei non portava addosso quel serpente a tante teste che è il desiderio. Io ero gonfia di avidità. Tutte lo eravamo. Le serve volevano smettere di fare le serve, anche se non potevano, anche se per tutta la vita avrebbero continuato a esserlo. Noi indegne volevamo smettere di essere chi eravamo perché potevamo aspirare a diventare Elette (mutilate) o Illuminate. Sacrificandoci abbastanza, saremmo potute diventare emissarie della luce. Ma le altre non l'hanno notato subito perché da fuori non era così evidente. Abbiamo stentato ad adattarci, a comprendere. Alcune non parlavano nemmeno la lingua della Casa della Sacra Sorellanza. No, non era avidità quella di Lucía. Aveva la sicurezza delle persone che sanno perché calcolano, perché pianificano strategie oppure, semplicemente, perché hanno compreso di essere speciali. (pp. 94-95)

L'avvento di Lucia cambierà tutti i paradigmi: riporterà la speranza, ma anche il desiderio più dirompente, porterà il miracolo, ma anche la rovina e lo svelamento di tutti gli inganni. 

In senso biblico, ma quello non canonico, la figura di Lucia mi ha ricordato Lilith: la disobbediente, la ribelle, la miracolosa, la madre del peccato e di tutti i diavoli, in egual modo santa e prostituta. Portatrice di empatia e speranza in un mondo che non sa più cosa sia né l'una né l'altra. La chiave di volta per rompere tutte le menzogne, per far risorgere la natura attraverso la morte. 

Il romanzo mi è piaciuto moltissimo per l'abilità dell'autrice di costruire un mondo oppressivo, denso, claustrofobico in cui la violenza viene normalizzata, persino incoraggiata. Lo fa con uno stile che non ha nulla di pietoso, di empatico - pur lasciando che le sue protagoniste ne facciano esperienza - ma che trasmette con grande efficacia al lettore gli stessi sentimenti di queste donne infelici. 

Ho letto da qualche parte che viene considerato un romanzo di genere horror, ma non mi pare sia il termine corretto: è vero che l'orrore, nella sua forma più umana che quasi esclude il fantastico, è assolutamente centrale, ma la poeticità e il lirismo della sofferenza del romanzo lo sposta su un terreno più metaforico, distopico in senso stretto. 

Lo consiglio vivamente a chi ha amato Il racconto dell'ancella di Atwood, o Dolce il frutto, aspra la terra di Ley, o ancora Vox di Christina Dalcher. 

Deborah D'Addetta