"Rosso profondo" quando una vittima si perde nel suo vestito. L'indagine su Franca Demichela di Paolacci e Ronco



Rosso profondo



Rosso profondo
di Antonio Paolacci e Paola Ronco
Ubagu press, aprile 2025

pp. 420
€ 16,90 (cartaceo)
€ 11,49 (ebook)

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Questo libro nasce dalla collaborazione di due scrittori: Antonio Paolacci e Claudia Ronco, coppia anche nella vita, e si basa sulla storia reale di Franca Demichela, il cui corpo fu ritrovato tra i rifiuti il 15 settembre 1991 a Moncalieri, sotto il cavalcavia della tangenziale. All’inizio fu scambiata per una prostituta, forse perché quando fu trovata indossava un elegantissimo - e molto vistoso - vestito di chiffon rosso; qualcuno l'aveva strangolata: il suo omicidio è passato alle cronache come il caso della “Signora in rosso”, probabilmente per l’influenza cinematografica dettata dal famoso film di Gene Wilder di qualche anno prima; quella di Franca Demichela è tuttora un caso irrisolto.


È molto interessante la scelta operata dai due scrittori di parlare a posteriori di questo cold-case italiano, per molte ragioni, che poi sono anche i temi portanti del libro. Va subito detto che non si arriva a nessuna verità e che il caso resta quello che è, un atroce omicidio irrisolto. 


Innanzitutto colpisce è la linearità con cui i due autori conducono le indagini, basandosi sugli atti processuali, i riscontri evidenziati dagli inquirenti e in alcuni casi riuscendo a risentire anche coloro che hanno avuto un ruolo nella vicenda, come legali, testimoni, vicini e persone informate sui fatti. 


Soprattutto vengono ricostruiti l’atmosfera di quegli anni, gli errori nelle indagini, gli indizi tralasciati e i pregiudizi sulla vittima, considerata una prostituita e quindi magari schedata e da identificare con impronte digitali, sporcando così la parte subunghiale e inquinando le possibili tracce di Dna rimaste in quella zona. Inquinando le prove dal primo minuto, un caso che poteva risolversi in poche ore, come afferma anche uno degli intervistati, il giornalista Meo Ponte, si trasforma in un mistero sepolto per sempre.


All'epoca i sospetti si concentrarono su due filoni d’indagine: uno che portava alla pista slava, viste le frequentazioni della vittima, che era vicina a quegli ambienti, intrattenendo spesso amicizie con uomini dell’est molto giovani o con nordafricani; il secondo che si concentrava sul marito, Giorgio Capra, morto nel 2023, inizialmente sospettato, poi rilasciato e in definitiva mai del tutto considerato estraneo alla vicenda.


Il libro mette in luce il contesto in cui si svolsero le indagini, l’Italia del 1991, anno che ultimamente ricorre spesso nei romanzi gialli e soprattutto i pregiudizi sulla vittima. Perché se c’è una cosa che da subito svia le indagini è appunto la condotta della vittima, quarantottenne bella e spregiudicata, che nonostante fosse sposata con un uomo molto diverso da lei, non faceva mistero della sua condotta libertina, Franca Demichela era una donna appariscente, che amava la vita e gli uomini giovani, che andava in giro con tanti gioielli e molto truccata, nel contesto di una città che non ama sbavature e che discute pacatamente sottovoce, lei era una donna chiassosa, una scheggia impazzita di vitalità e disordine. All’opposto, il marito, Giorgio Capra, era un grigio ragioniere della Fiat, negli anni in cui la Fiat era una sorta di status symbol, un’azienda molto amata e mitizzata dall’immaginario collettivo dell’epoca, e anche sua moglie era figlia di un noto dirigente della stessa azienda; il loro sembra subito un matrimonio che unisce due solitudini.


Due diversi indagini condotte sia dai carabinieri, che dai poliziotti, invece di trovare un punto in comune confondono ancora di più la vicenda. Anche il modo in cui si conducevano gli interrogatori una volta, quasi suggestionando i testimoni, non semplifica le cose. 


Il mistero continua a pervadere le ultime ore della vita di questa donna vittima di femminicidio e uccisa più e più volte, dalla stampa, dal perbenismo imperante in quegli anni, dalla reticenza dei molti che potevano parlare e non lo fecero e da un sistema che troppo spesso, anche oggi, mette in luce la condotta della vittima, come fosse lei ad essere sul banco degli imputati e tralascia i possibili moventi, tra tutto quello economico, dato ad esempio dall’eredità cospicua ricevuta dalla donna alla morte del padre, quello legato alle vendite, spesso sottobanco, di gioielli e vestiti, quello della gelosia di un marito che spesso assisteva agli incontri della moglie con uomini più giovani e tanto altro, che ha contribuito a rendere questo caso uno dei misteri irrisolti di quest’Italia, così perbenista con chi subisce e così clemente con chi aggredisce.


Samantha Viva