«Se continui a parlare così, non ti prenderanno mai all'Air France».«Ma mamma, parlo nella mia testa. Non possono accorgersene». (p. 162)
Il segreto del successo de Il Campo di Nessuno – libro che consacra nel 1995 Daniel Picouly nel panorama letterario francese, ripubblicato oggi da Nutrimenti – sta, forse, proprio in questa frase. Il romanzo narra l'infanzia dell'autore negli anni ’50 e ’60 in una periferia popolare di Parigi. La sua famiglia, composta da padre, madre e ben tredici figli, ricorda fin da subito l'affollata tribù dei Malaussène descritta nella saga di Pennac, dove ognuno provvede al fabbisogno dell'altro. La differenza sta nella scelta, da parte dell'autore, di narrare gli avvenimenti in prima persona, affidandosi ai pensieri e al vocabolario di un bambino di dieci anni. Il risultato che ne consegue è un testo estremamente godibile, ricco di ironia e ingenuità.
Il protagonista, il cui nome "Djamil" compare appena una volta a p. 151, si aggrappa ai cinque sensi – soprattutto all'udito e all'olfatto – per orientarsi nel buio della casa e capire in quale stanza i genitori lo hanno messo a dormire. È grazie all'aroma del caffè e ai rumori di suo padre mentre sorseggia dalla tazzina che riesce a localizzare la cucina e a intuire che ore sono. I soldatini Mokarex, i Moicani, le biglie, le macchinine e la Studebaker (la cui storia cela un significato triste e profondo) rappresentano una parte rilevante del testo, in quanto evocano un mondo infantile fatto di fantasia e costruzione di regole, attraverso cui lui tenta di dare un senso al suo universo caotico. Le parabole del parroco André e gli aforismi informali della signora Piponiot lo avvicinano alla realtà degli adulti, che non comprende e, anzi, reputa affascinante ma priva di logica.
Il
legame tra il bambino e sua madre rimanda
in maniera inconfondibile al piccolo Marcel della Recherche:
La sento che mi spalma la crema Nivea sulle screpolature. Ha finito. Passa il secondo più lungo del mondo. E all'improvviso sulla mia guancia… il bacio del mattino! […] Un bacio sfregato che conserverà per tutta la giornata il profumo delle dita e delle labbra della mamma… (p. 41)
Lui la cerca con tutte le sue forze; la venera e la considera come l'unica custode in grado di tramandare il passato della sua famiglia. La Seconda Guerra Mondiale, la resistenza contro i crucchi, i partigiani, l'occupazione. Ma, soprattutto, i dolci senza gli ingredienti adatti. Il classico clafoutis si trasforma così in un clafoutis di guerra: senza uova né latte, senza burro né ciliegie; «bastava che fosse un po' rossiccio, capisci» (p. 75). Per il padre invece prova un sentimento di orgoglio. Lui è il Caldrake dotato di poteri eccezionali e capace di qualsiasi cosa. L'albero di ciliegio fuori dalla casa è il luogo dove il protagonista aspetta il ritorno del suo eroe; è su quei rami che, come un Cosimo Piovasco di Rondò, si arrampica in attesa che torni dal lavoro.
Lo stile del romanzo è sintetico, frammentato, fatto di frasi brevi e telegrafiche, proprio come il flusso dei pensieri di un bambino. I paragrafi sono spesso di poche righe, delimitati da punti secchi, con raro uso di virgole o punti e virgola. Questo ritmo spezzato ricorda la logica spontanea e associativa dell’infanzia, in cui sogni, paure e realtà si mescolano liberamente. Il protagonista, ad esempio, prima vuole diventare campione del mondo dei pesi welter, poi, dopo uno scontro fisico avvenuto a scuola, preferisce immaginarsi campione di calcio, il tutto con uno stile che unisce comicità e delicatezza. Una delle scelte più riuscite è forse quella di fondere nella stessa frase piani temporali diversi, facendo convivere passato e presente in modo naturale. Una volta superata la soglia d’ingresso in questo mondo narrativo, il lettore ne viene assorbito con naturalezza. Il risultato è una prosa agile e coerente con il punto di vista infantile che struttura tutto il romanzo.
Oltre ai temi della povertà e del razzismo – che in
Il Campo di Nessuno emergono in
maniera velata pur rimanendo sempre sullo sfondo – un peso importante lo ha la letteratura. Il protagonista riempie
quaderni con liste di parole copiate da libri, riviste, giornali e lettere
trovate nelle discariche, che impara a memoria come formule magiche. Ed è
proprio questa passione a rendere ancora più divertente il fatto che in classe
abbia il terrore del dettato: le parole che ama diventano nemiche quando deve
scriverle correttamente. Gli omofoni lo mandano in confusione, la sua disgrafia
lo tradisce, e il giudizio scolastico mortifica ciò che in lui è puro
entusiasmo e istinto. Come spesso accade, quando qualcosa si fa per passione
viene naturale. Ma appena subentrano l’impegno e la valutazione, ecco che arrivano
l'ansia e la paura, e si inciampa:
Capirsi senza dirsi niente è uno dei giochi preferiti della mia famiglia. Solo che non sappiamo di giocarci. Nella vita bisognerebbe parlare solo per scherzo. Quando si parla seriamente, la situazione si fa grave, e a forza di essere grave si muore. (p. 303)
Leonardo D'Isanto