Dalla Ciociara alla Parigi della Belle Époque: l'incredibile avventura di Madame Vitti


Madame Vitti
di Marco Cosentino e Domenico Dodaro
Sellerio, 2022

pp. 536
€ 17,00 (cartaceo)
€ 10,99 (ebook)


Un tuffo nella Ville Lumière, nelle luci e nei sogni della Belle Époque, passeggiando lungo le rive della Senna a braccetto con Paul Gauguin e gli altri strabilianti protagonisti dell'arte e della cultura parigina. È tutto questo, Madame Vitti, ma anche molto altro. Perché questo spaccato di straordinari mutamenti e di entusiasmo creativo è narrato da una prospettiva insolita: quella di un'immigrata d'eccezione: Maria Caira, sposata Vitti. 
Marco Cosentino e Domenico Dodaro riscoprono una storia vera e la narrano con la precisione dei biografi e la tempra dei romanzieri. 
Per la famiglia Caira le due stanze al 52 di rue Vercingétorix sono troppo piccole; un lenzuolo steso su una corda divide la camera da letto, da un lato il padre e la madre, dall'altro le tre ragazze. Carlo, l'unico maschio, dorme in cucina. Maria si è alzata prima di tutti. Ha acceso una candela. Sopra il fornello della stufa, vecchia e malmessa, ci sono una pentola d'acqua con il mestolo appeso alla maniglia e un tegame di coccio [...] Lei si veste in fretta, prende il pezzo di pane che sarà il suo pranzo ed esce che non è ancora mattina. L'aria è ancora gelata. A Parigi fa freddo più che a Gallinaro, ma non le importa. (p. 11)

Entra così in scena Maria Caira, una delle tante ragazze che dalla povertà della Ciociaria si trasferisce, con la sua famiglia, nella povertà delle case parigine, in cui trovano un precario rifugio gli immigrati. Come tante donne che dalla Ciociaria emigrarono all’estero per sfuggire alla fame alla ricerca di qualunque occupazione, Maria si rimboccherà le maniche e non crederà alla facilità del sogno di una nuova vita. A differenza di tante altre donne, Maria ha una tempra, una furbizia e un'intuizione che la porteranno a fondare la prima Accademia d'arte femminile, l'Accademia Vitti. Maria Caira è una sedicenne dalla tipica bellezza mediterranea, che decide di mettere a frutto tale bellezza, il suo colorito olivastro e le sue forme generose, facendo la modella per i pittori. 

Il primo artista con cui lavora è Frederick William MacMonnies, scultore americano e amico di Monet, che la ritrae come una Diana cacciatrice. Grazie a Mac Monnies, Maria inizierà a frequentare il circolo di pittori, come Gaugain e Picasso, e di poeti quali Mallarmé che hanno resa unica e irripetibile quella stagione parigina. 

Maria è una ragazza ignorante e umile, ma i suoi occhi sono come carta assorbente: registrano, osservano, mettono insieme fatti e idee. Maria gioca la carta della sua bellezza in modo differente dalla sua amica Gisella, che imboccherà senza via d'uscita la strada della prostituzione. L'obiettivo di Maria è uscire dalla miseria, donare a sé e alla sua famiglia una vita dignitosa, ma fin dall'inizio si capisce che vuole essere lei al timone di questa svolta, che non vuole dare neanche al marito, Cesare Vitti, la possibilità di decidere per lei. Gioca di furbizia, dandogli sempre l'impressione di essere lui il capo, ma, in realtà, con determinazione e lungimiranza, Maria si ritaglia i suoi spazi e prepara le sue scelte. Nella sua breve carriera di modella, nota che le scuole di pittura sono accessibili solo agli uomini; loro prerogativa è la possibilità di studiare i corpi nudi dal vivo. L'École des Beaux-Arts non apre le porte alle donne. Eppure sa che molte pittrici, soprattutto straniere, vengono a Parigi per inebriarsi dell'arte della capitale francese, da qui l'idea di aprire una scuola di pittura per donne, dando loro la possibilità di ritrarre il nudo sia femminile che maschile. 

Maria Caira non lo ha fatto con alcuna volontà di suffragette, ma con la determinazione di chi per motivi non solo di genere, ma anche sociali e geografici ha vissuto sulla propria pelle l'esclusione dal mondo dei diritti e dei privilegi. Accanto a lei, Madame Vitti ci presenta un ritratto forte e convincente di altre due figure femminili: le sorelle Annette e Giacinta, belle, anche loro colme di sogni, con un destino fatalmente diverso. 

Il libro è corredato di foto e documenti e ciò rende ancora più coinvolgente la narrazione, più vicini i personaggi. Dal 1889 al 1914 al 49 di Boulevard du Montparnasse vi fu l'Accademia Vitti, intitolata al marito per non smuovere troppo le acque della pubblica opinione, e si creò una comunità di artisti, di studentesse, di insegnanti straordinari (il primo fu Gauguin). 

Nemmeno a raccontarlo bene le sarà possibile far capire a chi non l'ha mai visto che cosa abbia significato quel posto. Sembreranno millanterie, o sarà troppo poco. Nessuno ne ascolterà la musica o sentirà l'odore. Del carbone, della colonia di Luc-Olivier, dei solventi per pulire le macchie di colore a terra. Ci sono passati Gauguin, Collin, Gervais, Leroy, Martin, Meron, MacMonnies, Anglada Camarasa, Van Dongen, decine di altri insegnanti sconosciuti, e allievi a centinaia. Certamente più di mille, anche se Maria ha smesso da anni di contarli. (p. 451)

Fugace coma la Belle Époque, anche l'Accademia Vitti ebbe una vita fulgida e una fine che lascia malinconia nei lettori; il ritorno in Ciociaria, l'abissale distanza fra il costume delle donne laziali e ciò che Maria ha imparato ad essere, anche sull'idea di famiglia che ha creato, la lascia in solitudine, incompresa e invidiata dai suoi concittadini. 

Con un linguaggio lineare, asciutto, con cui gli autori "fanno parlare l'opera da sé", Madame Vitti è un romanzo prezioso e autentico.

Deborah Donato