di Orlando Figes
Mondadori, 2023
€ 26,00 (cartaceo)
€ 13,99 (ebook)
Il modo in cui i russi hanno raccontato la loro vicenda - e l'hanno reinventata nel corso del tempo - è un aspetto cruciale della loro storia. È la struttura portante fondamentale di questa storia. (p.13)
In undici densissimi capitoli, Figes percorre più di mille anni di storia, riuscendo con un linguaggio semplice e fluido a tenere sempre desta l'attenzione del lettore, mostrando che la storia è sempre storia contemporanea (secondo una felice espressione di Benedetto Croce). Nel primo capitolo, Origini, si comincia dal mito di Rjiurik, uno dei tre fratelli Rus' arrivati su lunghe imbarcazioni a Novgorod. Anche su questo mito si è molto dibattuto: vi è chi sostiene che i Rus' fossero di origine vichinga e chi invece rigetta l'idea che i russi non siano un popolo autoctono. In questa controversia normannista, si contrappongono da un lato i filo-teutonici (come la zarina Caterina la Grande, di origine germanica), che sostengono il ceppo europeo della Russia e dall'altro i nazionalisti, che insistono sul carattere esclusivamente slavo delle origini del popolo russo. Quest'ultima posizione raggiunse il culmine ai tempi di Stalin, nei quali la contrapposizione alla Germania fu totale. Ancora una volta la Storia piegata alla politica, lo studio della storia che diviene oggetto di controversie e censure politiche. In un paese così vasto che anche la storia va studiata con l'uso dei paralleli e delle latitudini, il problema dell'identità non può che essere sempre stato avvertito come problematico. A partire dall'Impatto mongolo, questo è il titolo del secondo capitolo. Fu proprio l'invasione mongola dell'XI secolo a dividere la storia della Rus' kieviana da quella della Moskovia. La Russia, infatti, sposterà il proprio centro, con Ivan IV il Terribile, a Mosca, riprendendo in parte dai bizantini e in parte dai mongoli miti e riti legati allo zar.
Ivan fu così salutato come erede per diritto di sangue degli imperatori di Roma e dei loro successori di Costantinopoli, la «nuova» o «seconda» Roma, com'era chiamata. Inventando questa discendenza imperiale, Mosca rivendicava il diritto di governare quelli che erano stati i territori della Rus' kieviana ed erano stati soggetti all'autorità spirituale del patriarca di Costantinopoli, comprese le terre (nelle odierne Ucraina e Bielorussia) che da allora erano passate alla Polonia-Lituania. L'elevazione di Ivan al rango di zar era un'asserzione sullo status della Russia nel mondo. Derivando dal termine romano Caesar, il titolo era stato attribuito al khan dell'Orda d'Oro, al sultano ottomano e ai re dell'Antico Testamento. (p. 69)
La sacralità dello zar, l'inscindibile unione fra la sua persona (non il suo titolo, ma la sua persona) e lo Stato, sono temi che Figes utilizza per leggere tutta la storia russa, anche dopo la Rivoluzione d'ottobre. La mausoleizzazione della morte, con l'imbalsamazione di Lenin, risente proprio della sacralizzazione del corpo del leader, che viene anche e soprattutto ai tempi di Stalin considerato Batjuska, titolo che designa una persona anziana e cara, che esercita in modo patriarcale e paterno il proprio ruolo di autorità.
Nel capitolo finale, Figes ci parla in modo davvero illuminante della rilettura fatta da Putin della storia e della storiografia russe, mostrando come Vladimir Putin sia più che consapevole, "ossessionato" dalla narrazione storica degli eventi per modellare il consenso. Nella costruzione di alcuni parchi a tema, chiamati «La mia Storia» il messaggio che passa è che la Russia prospera quando è unita da un leader forte, mentre quando non lo è, è vulnerabile all'invasione di nazioni straniere ostili:
La necessità della Russia si avere un leader forte è illustrata nelle esposizioni dedicate a Ivan IV, a Pietro il Grande e a Nicola I, forse lo zar preferito da Putin per la sua resistenza contro l'Occidente in difesa dei «principi tradizionali russi» durante la guerra di Crimea. In questa narrazione la storia moderna della Russia è semplice: il racconto di una grandezza minata dai «nemici» filoccidentali all'interno, ma ripristinata da grandi leader. (p. 322)
Tramontata l'Unione sovietica, scrive Figes, non è ancora tramontato l'Homo sovieticus.
Un testo essenziale non solo perché fornisce le chiavi di lettura per comprendere il difficile presente che stiamo vivendo, ma perché compie ciò che ogni lavoro storiografico dovrebbe fare: spiegare le cause senza giustificare, comprendere senza assolvere e senza trasformare lo storico in un giustiziere. Allo stesso tempo, Storia della Russia di Orlando Figes è, al pari di quell'altra perla della sua produzione (La danza di Nataša), uno strumento indispensabile per gli amanti della cultura e della letteratura russa. Ma non solo: è un testo che interroga anche noi, come europei, come Occidente, in questo rapporto dialettico con una identità "altra" eppure affine, in merito ai nostri miti fondativi, alla nostra riscrittura della Storia, al nostro impegno nel presente.
Deborah Donato