Quando l'unico imperativo è salvarsi, nonostante la disperazione, nonostante la guerra: "I bambini di Haretz" di Rosa Ventrella




I bambini di Haretz
di Rosa Ventrella
Mondadori, ottobre 2022

pp. 252
€ 18 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)
Audiolibro disponibile su Audible (lettura di: Chiara Francese; tempo di ascolto: 7 ore e 45 minuti)


Raccontare la guerra concentrandosi sulle storie dei bambini rimasti orfani per via delle deportazioni non è una novità, ma la scrittura di Rosa Ventrella, ancora una volta, si conferma fortissima nel calarsi in vicende difficili anche solo da accettare e rendercele addirittura vivide davanti agli occhi. 

Il romanzo si apre con un evento che avrebbe, purtroppo, sconvolto per sempre la vita della dodicenne Margit, della sua famiglia e di tanti altri ebrei: la Cecoslovacchia è diventata tedesca. E in un giorno terribile, lì sulle rive gelate dello Svitava, i nazisti fanno irruzione nella casa di Margit, stuprano la madre davanti a loro e al padre, quindi malmenano i genitori e li portano via. Se Margit e il suo fratellino János si salvano, è solo perché stanno rinchiusi in un mobile, senza proferire parola. Ma si salva davvero chi assiste impotente a un simile orrore? 

Certo, i due non immaginano immediatamente che i genitori siano stati portati a morire in qualche campo di concentramento, in quanto ebrei; anzi, all'epoca non si conosceva l'espressione "campo di concentramento" - e, d'altra parte, sappiamo che a lungo ben pochi avrebbero saputo che cosa fosse accaduto davvero lì dentro. L'unico imperativo, per Margit e János è salvarsi, in qualsiasi modo, procurandosi cibo e, chissà, qualche foglio perché la ragazzina possa coltivare la sua passione per il disegno e continuare a «catturare l'anima delle cose» (p.12), come le diceva spesso suo padre. Se nell'immediato i due bambini provano a cercare sostegno e rifugio a casa dei vicini, i signori Roth, ben presto scopriranno che anche i benefattori possono essere terrorizzati e non sentirsela più di nascondere due ebrei in soffitta. 

L'unica soluzione è, dunque, partire, ma per dove? Il sogno di János è di raggiungere Parigi, città amatissima dalla loro madre, ma questo obiettivo, tenuto stretto come uno scampolo di passato da non infrangere, si rivela ben presto un'utopia. Per due bambini soli si rivela molto difficile aggirarsi nei boschi, tanto quanto cercare aiuto nei diversi paesi, perché Margit e János sono due bocche da sfamare e non hanno nulla da offrire, se non il rischio di essere denunciati e deportati anche per chi li dovesse ospitare. 

In questo loro peregrinare, mossi dal desiderio di sopravvivenza, Margit e János sperimentano la gentilezza e il buon cuore di molti sconosciuti, tanto quanto i comportamenti ormai spietati e addirittura disumani di altri. Ora oggetto di attenzioni, più spesso vittime della malvagità e della disperazione altrui, altri bambini vagano alla ricerca di qualcosa da mettere sotto i denti, di un posto per scaldarsi e per attendere la fine della guerra. Ed è in alcuni di loro che Margit e János trovano una nuova compagnia, a cominciare dal coraggiosissimo Franz, "capofamiglia" indiscusso agli occhi di tutti. Costretti a crescere prematuramente, imparando a conoscersi e a rispettarsi, mentre subiscono gli effetti devastanti della guerra, Margit e gli altri camminano, incontrano, conoscono, lottano, sfiorano la morte e qualcuno ne cade vittima. Ma vivono anche i primi sentimenti, dalla lealtà all'amicizia, dal coraggio all'amore. 

In questa storia, tratta da una vicenda realmente accaduta, Rosa Ventrella non ci risparmia scene crude di violenza e momenti di reale disperazione, indifferenza alla vita e vuoto interiore. Eppure Margit è una protagonista forte e resistente a qualsiasi prova, una ragazzina che nelle avversità è solita pensare agli altri, in particolare a János, verso cui si comporta più come una giovanissima madre che come una sorella. Chi volesse accostarsi a questa storia nell'intento di trovare anche un po' di speranza sappia che effettivamente l'autrice ci mostra anche quel che accade dopo la guerra per alcuni dei personaggi che abbiamo conosciuto, conducendoci attraverso la narrazione di Margit fino ai giorni nostri. 

Dunque,I bambini di Haretz è un romanzo che consiglierei di leggere o di ascoltare in audiolibro? Sì, se state cercando una storia toccante, coinvolgente, se siete disposti a sentire fin sulla pelle il disgusto per l'umanità e a commuovervi, invece, per piccoli e grandi gesti di solidarietà. Non è un romanzo che consiglierei a lettori giovanissimi - e questo è il motivo per cui non porterò I bambini di Haretz nelle mie classi del liceo, perlomeno non al biennio -, perché alcune scene di violenza sono veramente crudeli e insistite. Per i lettori adulti invece questo romanzo è una testimonianza - l'ennesima, forse, ma sicuramente doverosa - di quanto certi orrori del passato abbiano mozzato l'infanzia e l'adolescenza di tanti, tantissimi bambini, facendo sentire i sopravvissuti non tanto salvati quanto scampati per caso e, anche in ricordo di chi non c'è più, in dovere di raccontare. 

GMGhioni