«Essere giovani per certe persone è una forma di celebrità»: "Effimeri", di Andrew O'Hagan



Effimeri 
di Andrew O'Hagan
Bompiani, marzo 2022

Traduzione di Marco Drago

pp. 288
€ 18 (cartaceo)
€ 11,99 (ebook) 


«Ciò che vivemmo quel giorno fu la nostra storia. Non vivemmo il resto, il futuro, e non avevamo modo. di sapere come sarebbe stato. Forse il futuro avrebbe cambiato i nostri ricordi di quel giorno, o forse si sarebbe fondato proprio su quelli, nessuno lo sapeva. Ma sono sicuro di essermi reso conto allora che la storia di quel concerto e di come c'eravamo arrivati non sarebbe mai svanita» (p. 123).  
Che libro pieno di significato, persino nelle sue chiacchiere in apparenza più vuote! Mi è venuto da pensarlo più volte, leggendo la prima parte di Effimeri, il romanzo di Andrew O'Hagan ritenuto il libro dell'anno da molte prestigiose testate e vincitore del premio Christopher Isherwood per la prosa autobiografica. A questo pensiero si è spesso intervallato un: "meno male che non me lo sono perso!", esclamazione che capita di rado. E ho ringraziato altrettante volte l'ufficio stampa, che, conoscendomi bene, mi ha consigliato di leggere O'Hagan. 

Cosa mi ha colpito? Innanzitutto lo stile: c'è qualcosa nella scrittura di Andrew O'Hagan che ha suscitato tutta la mia ammirazione e una sana invidia. Per cominciare, l'opera è in perfetto equilibrio: divisa in due sezioni speculari, ci racconta gli eventi dell'estate del 1986, poi l'autunno del 2017

D'estate si ambienta uno scampolo di giovinezza con tutta la sua freschezza dinoccolata, il gusto per la provocazione, l'aggressione verbale e l'idea di entrare nel mondo criticandolo eppure sbranandolo. Il protagonista, James, detto Jimmy o Noodles, ha "divorziato" dai genitori, come dice sempre lui per definire la loro scelta di andarsene subito dopo la maggiore età del figlio. Certo, Jimmy è rimasto senza famiglia, ma non certo da solo, perché il suo amico Tully è come un fratello, e così la sua famiglia lo accoglie in un alveo caldo, fatto di quotidianità: cene insieme, programmi televisivi commentati ad alta voce, discussioni politiche a mezza bocca. Certo, il padre è incostante e ha problemi psichici, ma questo pensiero si infila solo di volta in volta nella quotidianità, perché «era sempre così con Tully: si teneva strette le sue preoccupazioni» (p. 82). E poi ci sono le tante uscite con Tully, che, esplosivo e incontenibile, coltiva l'arte della provocazione con un talento straordinario. Riflessivo e portato per la lettura e lo studio Jimmy, più concreto e istrionico Tully. Mira all'università Jimmy, anche grazie al contributo di una sua docente di Letteratura inglese (figura splendida); non sa ancora a cosa puntare, invece, Tully, operaio saldatore che ha interrotto gli studi. Ad accomunarli, oltre a un legame pieno di lealtà e di fratellanza, la passione per la musica. L'estate dell'86, infatti, gira attorno al progetto di raggiungere Manchester e seguire il suo festival musicale, che si preannuncia epocale! Tully è disposto a tutto per partire: sente che lui, Jimmy e altri amici devono per forza diventare parte della storia di quel festival. Quelli che li aspettano sono giorni sensazionali e folli, a ritmo di musica: bagaglio leggero, spazzolino nella tasca della giacca, capelli pettinati alla bell'e meglio davanti agli specchi di bettole piene di birra, ragazze incontrate dentro e fuori il festival, e soprattutto tanto punk rock. Enormi sono le aspettative davanti alle loro birre: ottenebrati dall'alcol e dalla musica, durante quell'evasione dalla quotidianità Tully e Jimmy si promettono che trent'anni dopo la loro vita sarà diversa.

La seconda parte del romanzo, che arriva quasi alla metà precisa del libro, è un brusco risveglio dall'atmosfera sincopata e goduta della giovinezza: siamo in autunno, scelta quantomai simbolica. Una telefonata rompe il silenzio nella casa di Jimmy, diventato scrittore di successo. È Tully, che porta con sé una terribile notizia: ha una malattia inguaribile, «e mentre parlava, sentii per la prima volta nella vita che la nostra amicizia aveva un'ultima fermata» (p. 156). Cosa fare? Tully, che ha cambiato profondamente vita, anche grazie ai consigli di Jimmy di riprendere a studiare, adesso ha un amore e un buon posto di lavoro, eppure questo non è servito a evitargli la malattia. Ecco perché ha ripensato al suo amico Jimmy: solo lui può realizzare il suo desiderio di seguirlo nel suicidio assistito. È un compito gravoso e delicatissimo, soprattutto perché in un primo momento nessuno prende sul serio le intenzioni di Tully e poi c'è chi ostacola il suo progetto. Non solo le scartoffie da firmare e informazioni sulla clinica svizzera uniscono ancora i due; sono tanti, invece, i momenti in cui Jimmy e Tully si rivedono per il puro gusto di stare insieme, ben sapendo che gli anni del passato non torneranno, ma quanto sono stati straordinari! Così tanto che Jimmy arriverà a riflettere: «Mi sono concesso il lusso di dimenticarmi che è tutto effimero» (p. 232). E l'effimero torna a farsi avvertire nella parabola discendente di Tully, che non perde mai la sua imperiosa gioia di stare al mondo: ed è proprio per questo suo omaggio alla vita che intende dire addio a tutti a tempo debito. 

Vivace e scanzonato nella prima parte, toccante e riflessivo nella seconda, Effimeri è un romanzo potente, ritratto di una generazione che si credeva re dell'universo e che poi si riscopre solo, inesorabilmente, un granello in un mondo che ha le sue leggi imperscrutabili. Quel che si può fare? Berci su con un buon amico affianco, con cui condividere i momenti più importanti, finché si può. 

GMGhioni