L'ultimo ritorno di un'estate infinita

Molto mossi gli altri mari
di Francesco Longo
Bollati Boringhieri, 2019

pp. 176
€ 16,00 (cartaceo)
€ 1,99 (e-book)

"Abbiamo sempre invocato onde giganti, anche se lo spettacolo della perturbazione, ogni settembre, ci portava via tutto ciò che possedevamo di più intimo e prezioso: i giorni felici dell'estate". (p. 15)

Molto mossi gli altri mari è il primo romanzo di Francesco Longo. Ed è quello che si può certamente definire un esordio con i fiocchi. Con questa sua prima prova narrativa (nel suo carnet finora scritti di altra natura, tra cui un libro-racconto sulle Eolie, leggi qui la nostra recensione), Longo ci regala una storia intensa e ricca di suggestioni, capace di risvegliare nel lettore miti ed emozioni legate a una fase cruciale dell’esistenza, l’adolescenza. Con tutti i suoi ossimori, la sua inquietudine e la sua spensieratezza, le sue gioie esplosive e i suoi dolori apparentemente insuperabili. E lo fa scegliendo il tema archetipale della stagione estiva, immagine riflessa e specchio esistenziale della giovinezza.
Il desiderio di essere ancora un gruppo e di non invecchiare mai. Il desiderio incontenibile che l'estate non finisca più. (p. 162)
La vicenda prende avvio da un ultimo giorno d’estate, in una località marina di nome Santa Virginia (un luogo facilmente identificabile con il Circeo o giù di lì), dove si sta per abbattere una tempesta di dimensioni colossali, mai viste. Sono ore concitate, scandite da bollettini meteorologici sempre più apocalittici. Sul litorale di Santa Virginia arriva un gruppetto di ragazzi e ragazze, quasi si fossero dati tacito appuntamento in quella località tanto amata, teatro delle loro vacanze estive fin da bambini. Sono giovani adulti ormai, ma sono cresciuti insieme, anno dopo anno, prima con palette e secchielli, poi con i primi giri in bici, i primi baci, le grigliate, i falò sulla spiaggia. E infine con il surf, passione che li ha cementati ed è divenuta il Leitmotiv dei loro incontri "da grandi". C’è Guido, il “figo” del gruppo, c’è Silvia, la ragazza più bella, c’è Valentina, sportiva e sempre abbronzata, c’è il Cicogna, il filosofo. E c’è Michele, l’unico “locale”, lui che da Santa Virginia non si è mai mosso, che ha sempre vissuto gli inverni in apnea, in attesa spasmodica del ritorno dell’estate, la bella stagione che riportava i ragazzi da Roma al mare, dall'inverno alla vacanza. Lui che attendeva che l'inverno passasse studiando le stelle con un telescopio, lui che spalancava gli occhi alle novità portate dai ragazzi di città, le felpe con i personaggi, i modi di dire, le vacanze-studio. Lui, segretamente ed eternamente innamorato di Micol, capelli ricci, selvaggi, frammenti di luna negli occhi blu (lei figlia di una ricca famiglia di origine ebraica, una villa superba, con un giardino lussurioso, una raffinata collezione di lattimi in camera, amante del tennis e del ping-pong… vi ricorda qualcuno?).
Un amore, quello di Michele per Micol, rimasto intatto, fermo in un momento atemporale, dilatatosi nel presente, ma mai passato dal pensiero all'atto. E mentre i ragazzi attendono l'arrivo della tempesta, quella che creerà le onde perfette per il loro volo con il surf, il romanzo prende forma grazie a una lunga sequenza di flashback all'interno dei quali i protagonisti si muovono in un’estate infinita. Ecco allora l'arrivo della bella stagione segnato dalla riapertura delle ville, dai primi lavori di giardinaggio, dalle prime grigliate primaverili e, per converso, l'arrivo inesorabile del tanto temuto autunno, scandito dalla sparizione di dondolo, tavoli e poltroncine che vengono riposti nei capanni, dallo sbattere delle portiere e dal rombo dei motori che riportavano i ragazzi verso un nuovo anno di lavoro e di impegno. In mezzo, l'estate, i giorni più belli. I giorni in cui anche Michele poteva sentirsi parte di loro. Intense e dolorose le pagine in cui Michele racconta di essersi finalmente forzato, dopo tanta ansia e tanti tentennamenti, ad andare a Roma a trovare Micol, solo per scoprire di essere un pesce fuor d'acqua e che la magia dell'estate non poteva rinnovarsi.
Fermo in stazione ebbi la sensazione che la città mi stesse crollando addosso. [...] giurai a me stesso che non sarei mai più partito. (p. 122)
Tutto il romanzo è permeato da una sensazione forte e avvolgente di nostalgia, di malinconia per qualcosa che avrebbe potuto essere e non è stato. Ma senza drammi, anzi quasi con rassegnazione. Francesco Longo sceglie le sue parole con estrema maestria per dipingere quel sentimento dolce e amaro allo stesso tempo. Quel mood che si nutre di rimpianto, di desiderio e di attesa. Di Micol («Correva verso la Baia, io andavo al porto. Sollevai la mano, la chiamai, l'inverno finì», p. 41), dell'estate, delle onde. Della tempesta, che infine arriverà e si abbatterà con tutta la sua furia sul promontorio. Cambiando per sempre le vite di quei ragazzi cresciuti assieme.
Due parole ancora sulla scrittura di Longo, intrisa di richiami letterari, che si dipana grazie a un linguaggio pulito, quasi antico, che non fa alcuna concessione a banalità o peggio volgarità (e sembra quasi impossibile per un romanzo contemporaneo che, per giunta, parli di giovani), mantenendo da un lato tutta la sua congruità (i dialoghi sono veri, per nulla artificiosi) e dall'altro tutta la sua plasticità evocativa. Che dipinge quell'estate infinita, quella stagione dei primi amori e delle amicizie inseparabili, che tutti noi, come Silvia,  desideriamo prolungare «cercando stazioni dell'autoradio per immalinconirsi con le canzoni che avevamo ascoltato d'estate». (p. 15).

Rosatea Poli







Un gruppo di amici che, estate dopo estate, si ritrova nello stesso posto di villeggiatura. Seguiamo il loro crescere attraverso le parole di Michele, l’unico “locale”. Per lui l’inverno non esiste, è solo una parentesi d’attesa. Anno dopo anno si consumano gli stessi riti vacanzieri, le stagioni sono segnate all’inizio dal profumo dei primi barbecue e poi dai rombi delle macchine che ripartono verso le città e verso un nuovo anno di lavoro e di impegno. Ma ci sono le onde da “surfare” nell’attesa della tempesta perfetta. Che si scaricherà sul mare ... e non solo. Primo romanzo (splendidamente riuscito) per Francesco Longo. Sabrina, @book_the_travel, ve ne parlerà sul sito di #criticaletteraria. #moltomossiglialtrimari #francescolongo #bollatiboringhieri #mare #onde #surf #amici #lettura #inlettura #recensione #books #bookworm #bookstagram #bookaholic #bookalicious #leggo #viconsigliounlibro
Un post condiviso da CriticaLetteraria.org (@criticaletteraria) in data: