#CritiCOMICS: Il continuo e incessante mutare della vita secondo Ken Niimura

Henshin
di Ken Niimura
Bao Publishing, 2019
Collana Aiken - Manga

Traduzione di Prisco Oliva

pp. 296
€ 10,90



Non vi aspettate di trovare in Henshin la stessa esperienza di lettura che Ken Niimura ci ha consegnato con i suoi disegni di I Kill Giants. In quest'ultimo volume autoconclusivo di cui Niimura è unico padre (il graphic novel era stato infatti scritto insieme a Joe Kelly) c’è tutto il mondo dell’autore, incluse le sue schizofrenie, raccontato con l’ironia dirompente che chi ha avuto modo di conoscerlo dal vivo, durante le sessioni di firma al Lucca Comics and Games, ha toccato con mano. Perché i tredici racconti brevi che costituiscono il volume hanno un denominatore comune: parlano di una visione della vita con gli occhi dell’autore senza che il mangaka scompaia in qualità di narratore onnisciente, ma lasciando trapelare se stesso in ogni battuta, in ogni scorcio, in ogni istantanea catturata e restituita grazie al tratto della china.

Il volume si inserisce nel canonico filone dei testi autoconclusivi di tradizione nipponica. Per intenderci, il graphic novel alla giapponese raramente ha una sua parabola in un unico volume, così come accade per i titoli occidentali. Più frequentemente le storie per adulti (inclusi i gekiga di cui avevamo già parlato qui) hanno una loro intrinseca serialità, la marca distintiva del manga rispetto ad
altre forme espressive della nona arte in giro per il mondo. È così, ad esempio, per i testi di Naoki Urasawa o di Kamimura Kazuo: l’esperienza di lettura del novel è frammentaria e come tale si identifica nell’immaginario del lettore. Quando invece gli scrittori giapponesi decidono di concepire un volume che abbia un suo inizio e una sua fine, non è raro che lo facciano concependolo come una raccolta di racconti e non come un’unica storia. Il fascino della dilatazione di tempo e spazio che contraddistingue i manga seriali si contrae in pochissime pagine e dell’insieme di un mondo gli autori scelgono un frammento, talmente importante da rilucere rispetto al resto. Tra i modelli più famosi ricordiamo senz’altro Jirō Taniguchi, il maestro del racconto su carta e inchiostro.


Niimura accoglie quindi questa tradizione e la fa propria, calando tredici storie, in qualche modo legate tra di loro (e non dico come per non privare i lettori della scoperta) senza però avere apparentemente nulla in comune, nella sua sensibilità giovane e contemporanea. Fatta eccezione per le incursioni autobiografiche in cui si racconta dell’amore (non corrisposto) per un amico a quattro zampe del tutto particolare, le storie non sembrano avere nulla in comune se non, come dicevo, l’essere quei momenti della vita e delle esperienze umane viste che gli occhi dell’autore hanno selezionato tra mille altre, incluse quella della sua immaginazione.

Tra la storia del business man giapponese che perde l’ultimo treno della giornata e comprende il senso della vita dopo una nottata al seguito di una sconosciuta, a quella che lega due amici dai banchi di scuola fino a un letto d’ospedale, dalle vicende di una famiglia dotata di superpoteri, a un’amicizia nata tra neve e spiaggia passando per la nuova vita di una studentessa che dalla provincia si trasferisce a Tokyo Henshin (in giapponese 変身 e significa trasformazione, appunto) avvolge con i suoi disegni la trasformazione della vita e delle emozioni e le conferisce un’aura unica di verità e genuinità, in cui è spontaneo riconoscersi, qualunque sia l’oggetto del mutamento. Tutti i personaggi vivono un’esperienza di illuminazione e grazie a questa vedono le cose da un’altra prospettiva. I nuovi loro sono sì, cambiati, ma la leggerezza e l’ironia con cui il processo viene raccontato abbassa il tono del dramma senza per questo banalizzarlo: Niimura si affida a un tratto di disegno che ricorda i manga comici più famosi (penso a Doraemon o a Dr. Slump e Arale), ma sceglie una tematica profonda e universale. Per questo la lettura procede come in un incanto in cui si viene toccati dalle cose ma al tempo stesso se ne viene respinti, con divertimento. Un po’ come andrebbe presa la vita: con consapevolezza e al suono di una sonora risata.

Federica Privitera





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