Il breve abbecedario per riconoscere il fascismo eterno



Il fascismo eterno
di Umberto Eco
La nave di Teseo, 2017

pp. 52
€ 5 (cartaceo)



Il fascismo era un totalitarismo fuzzy.
Il fascismo non era una ideologia monolitica, ma piuttosto un collage di diverse idee politiche e filosofiche, un alveare di contraddizioni.
Un piccolo Umberto all'età di dieci anni vince il primo premio di un concorso di scrittura il cui tema era: “Dobbiamo noi morire per la gloria di Mussolini e il destino immortale dell'Italia?”. 
Il bambino che cresceva sotto il fascismo ha risposto affermativamente e come si evince dal risultato, è certo con convinzione ed entusiasmo.
Uno dei più grandi intellettuali italiani del nostro tempo ha aperto con il suddetto aneddoto la conferenza tenuta il 25 aprile del 1995 alla Columbia University.
L'intero discorso, pronunciato in lingua inglese, ha avuto come platea giovani studenti americani e oltre a Gramsci, D'annunzio e Mussolini, viene citato spesso, per ovvie ragioni, l'ex presidente americano Franklin Roosevelt.
Ma i racconti della sua infanzia proseguono. Oscillano tra l'esperienza diretta del fascismo italiano, la resistenza e la liberazione. Quei partigiani che nell'aprile del '45 arrivarono a Milano e qualche giorno dopo furono raggiunti dai soldati americani. Memorie di bambino che non sono così distanti da quelle narrate da Erri De Luca nei suoi testi. Il primo chewing-gum donatogli dal capitano Muddy. La prima volta, nel maggio dello stesso anno, che sentì dire che la guerra era finita, lui che stava crescendo in tempi in cui si parlava di guerra permanente. 

Vidi le prime fotografie dell'Olocausto, e ne compresi così il significato prima di conoscere la parola. Mi resi conto da che cosa eravamo stati liberati.
[…] La liberazione fu un'impresa comune per gente di diverso colore.
E via un excursus di come dal fascismo italiano si passò al nazismo in più Stati e Paesi, e come le dittature si declinarono in totalitarismi nel mondo. Ma Eco specifica che “il fascismo fu certamente una dittatura, ma non era compiutamente totalitario, non tanto per la sua mitezza, quanto per la debolezza filosofica della sua ideologia”.
L'intellettuale ci conduce nella seconda parte del breve saggio. Il fascismo cambia forma, muta, si traveste, ma mantiene alcune archetipe caratteristiche che lui stesso identifica e annovera in quattordici punti. Ci illustra minuziosamente quanto sia necessaria la contraddizione nelle varianti e nelle variegate forme del “fascismo eterno”. Ce lo dipinge come un virus resistente che si evolve nel tempo, ma che se si sta attenti, parte sempre da alcune banalissime -e uguali- basi.
A dispetto di questa confusione, ritengo sia possibile indicare una lista di caratteristiche tipiche di quello che vorrei chiamare l'”Ur-Fascismo”, o il “fascismo eterno”.
Tali caratteristiche non possono venire irreggimentate in un sistema; molte si contraddicono reciprocamente, e sono tipiche di altre forme di dispotismo o di fanatismo. Ma è sufficiente che una di loro sia presente per far coagulare una nebulosa fascista.
I quattordici punti sono uno il sillogismo dell'altro, a domino. Si scartano come caramelle, uno dietro l'altro. Si mangiano con gli occhi come ciliegie del sapere, per essere preparati a riconoscere ciò che di fatto non ha mai smesso di esistere. Come una malattia i cui sintomi devono essere noti a più persone possibili per prevenirla e se proprio non la si può evitare, almeno si deve essere all'altezza di poterla diagnosticare per tempo.
Almeno finché non è troppo tardi. 
Il sincretismo è uno dei punti di partenza dell'Ur-Fascismo: una miscellanea di idee, religioni, filosofie inconciliabili tra loro si trovano in realtà racchiuse nel medesimo contenitore. Ma vi è anche il culto della tradizione. E la conseguenza è un'ardita tolleranza nei confronti della contraddizione. Dal culto della tradizione non vi può essere un miglioramento nel sapere, dato che ci si rivolge sempre al passato, a quanto già espresso da altri, dagli stessi pensatori.
Il tradizionalismo implica il rifiuto del modernismo”, si legge. Un'ideologia basata sul “Blut und Boden”, ossia “sangue e terra” che racchiude in sé la negazione  -quindi anche la rinuncia- verso la modernità.
E già che si parla di sangue, un altro punto è il richiamo all'azione, intesa come violenza. Vietato è pensare, perché l'atto stesso del pensare sta già bloccando, o in alcuni casi valutando, l'azione da svolgere.
Pensare è una forma di evirazione. Perciò la cultura è sospetta nella misura in cui viene identificata con atteggiamenti critici.
Dalla dichiarazione attribuita da Göbbels (“Quando sento parlare di cultura, estraggo la mia pistola”) all'uso frequente di espressioni quali “porci intellettuali”, “teste d'uovo”, “snob radicali”, “le università sono un covo di comunisti”, il sospetto verso il mondo intellettuale è sempre stato un sintomo di Ur-Fascismo.
Gli intellettuali fascisti ufficiali erano principalmente impegnati nell'accusare la cultura moderna e l'intellighenzia liberale di aver abbandonato i valori tradizionali.
Ma l'Ur-Fascismo sfoggia una delle più prevedibili armi ideologiche: la paura del diverso, l'avversione verso le differenze e la diversità. L'Ur-Fascismo è dunque razzista per definizione”.
E nei punti a seguire si fa appello al nazionalismo, all'essere nati nello stesso Paese, si ricorre alla xenofobia per esaltare le folle e si crea -e si condanna- un nemico comune da combattere. Un tempo gli ebrei, fuori e dentro lo stesso paese. Oggi?
Questi passaggi sembrano spaventosamente recenti, contemporanei. Attuali.
Siamo nel cuore nero delle componenti che identificano l'Ur-Fascismo o il “fascismo eterno”.
Un altro passo del testo merita di essere riportato fedelmente perché sembra descrivere alcuni drammatici scenari italiani dei giorni nostri.
L'Ur-Fascismo non può fare a meno di predicare un “elitismo popolare”.
Ogni cittadino appartiene al popolo migliore del mondo, i membri del partito sono i cittadini migliori, ogni cittadino può (o dovrebbe) diventare un membro del partito. Ma non possono esserci patrizi senza plebei.
Il leader, che sa bene come il suo potere non sia stato ottenuto per delega, ma conquistato con la forza, sa anche che la sua forza si basa sulla debolezza delle masse, così deboli da aver bisogno e da meritare un “dominatore”.
Si tenga presente sempre il concetto principale espresso da Eco: “il fascismo eterno” cambia, muta, si evolve e dunque oltre alla forza fisica, ci si riferisce certamente anche alla forza di chi sa comunicare alla massa, di chi sa trovare i punti deboli del popolo per farsi eleggere, di chi sa bene che parlare di paura, di minacce, di famiglia tradizionale, di legittima difesa e di invasione, di diversità pericolosa è e sarà sempre una leva di forza psicologica vincente dove il cittadino medio non si rende neppure conto di essere manipolato
Basti leggere “Il demone della paura” di Zygmunt Bauman per comprendere meglio questi ultimi concetti.
E negli ultimi tre passaggi rimanenti Umberto Eco compara il sesso del fascista all'estenuante ricerca/elogio del machismo. Odiare le donne e tutte le abitudini sessuali differenti dall'eterosessualità (inclusa la castità) appartiene ai comandamenti dell'eroe Ur-Fascista. E dal sesso ci parla delle armi: “Dal momento che anche il sesso è un gioco difficile da giocare, l'eroe Ur-Fascista gioca con le armi, che sono il suo Ersatz fallico: i suoi giochi di guerra sono dovuti a una invidia penis permanente”.
Ipse dixit, anzi Eco dixit.
Mussolini non aveva nessuna filosofia: aveva solo una retorica. Cominciò come ateo militante, per poi firmare il concordato con la Chiesa e simpatizzare coi vescovi che benedivano i gagliardetti fascisti.
Nei suoi primi anni anticlericali, secondo una plausibile leggenda, chiese una volta a Dio di fulminarlo sul posto, per provare la sua esistenza. Dio era evidentemente distratto.
In anni successivi, nei suoi discorsi Mussolini citava sempre il nome di Dio e non disdegnava di farsi chiamare “l'uomo della Provvidenza”.
Nell'ultimo punto l'intellettuale ci mette in guardia. Sotto attacco è sempre la cultura e il linguaggio forbito. A tal proposito scomoda e menziona George Orwell con la “neolingua” per rammentarci che ogni testo fascista o nazista prevede un lessico carente per limitare il pensiero. Meno termini, meno possibilità di descrivere in maniera accurata un fatto, un evento, un abuso. E dunque meno capacità di formulare un pensiero più complesso e più critico.
E nel quattordicesimo punto conclude: “Ma dobbiamo essere pronti a identificare altre forme di neolingua, anche quando prendono la forma innocente di un popolare talk-show”.
E aggiungo anche quando essa, la neolingua, viene impiegata e abusata in un qualsiasi social-network per ammaliare il popolo.


Pressoché superfluo fare qualche appunto sull'eccelso stile usato. Va ricordato che si tratta di un discorso tenuto in un'università e che l'intellettuale ha saputo dosare informazioni, citazioni e aneddoti personali con maestria per non annoiare il pubblico, cadenzando anche con una giusta dose di ironia e sagacia. Pungente, mai banale, forse pure un po' furbo, ha mantenuto sicuramente alta l'attenzione degli studenti. L'altalena magica dello stile colloquiale -per quanto concerne la parte inerente la sua infanzia- intervallato con concetti arditi, perspicaci in riferimento a fatti storici snocciolati qua e là, e infine il ricorso, sebbene non frequente, ad un lessico non proprio usuale -elemento che rende ancora più gradita la lettura del testo, in quanto piccola fonte di curiosità e crescita personale- rende il breve saggio un piccolo gioiello che non si può non leggere.
Ancor più di questi tempi, si rivela un testo non solo da leggere, ma anche da regalare. 
Avendo letto e recensito in precedenza -sebbene sia una recensione non ancora edita, ma in arrivo- “Istruzioni per diventare fascisti” di Michela Murgia, ho notato alcuni passaggi in comune espressi dalla scrittrice sarda in maniera differente, con il suo tipico stile personale, e posso quasi essere certa che la stessa abbia a sua volta letto, apprezzato e stimato il testo qui preso in esame di Umberto Eco.
Il mattino del 27 luglio del 1943 mi fu detto che, secondo delle informazioni lette alla radio, il fascismo era crollato e Mussolini era stato arrestato.
[…] Il messaggio celebrava la fine della dittatura e il ritorno della libertà: libertà di parola, di stampa, di associazione politica.
Queste parole, “libertà”, “dittatura” - Dio mio- era la prima volta in vita mia che le leggevo. In virtù di queste nuove parole ero rinato uomo libero occidentale.
Dobbiamo stare attenti che il senso di queste parole non si dimentichi ancora. L'Ur-Fascismo è ancora intorno a noi, talvolta in abiti civili. Sarebbe così confortevole, per noi, se qualcuno si affacciasse sulla scena del mondo e dicesse: “Voglio riaprire Auschwitz, voglio che le camicie nere sfilino ancora in parate sulle piazze italiane!”.
Ahimè, la vita non è così facile. L'Ur-Fascismo può ancora tornare sotto le spoglie più innocenti. Il nostro dovere è di smascherarlo e di puntare l'indice su ognuna delle sue nuove forme -ogni giorno, in ogni parte del mondo-.
Il libretto si chiude con “Canto degli ultimi partigiani”, poesia di Franco Fortini.

Alessandra Liscia 



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“Ritengo sia possibile indicare una lista di caratteristiche tipiche di quello che vorrei chiamare l’ ‘Ur-Fascismo’, o il ‘fascismo eterno’. L’Ur-Fascismo è ancora intorno a noi, talvolta in abiti civili. Sarebbe così confortevole, per noi, se qualcuno si affacciasse sulla scena del mondo e dicesse: «Voglio riaprire Auschwitz, voglio che le camicie nere sfilino ancora in parata sulle piazze italiane!» Ahimè, la vita non è così facile. L’Ur-Fascismo può ancora tornare sotto le spoglie più innocenti. Il nostro dovere è di smascherarlo e di puntare l’indice su ognuna delle sue nuove forme ogni giorno, in ogni parte del mondo.” Una lettura necessaria, consigliata a tutti, soprattutto a chi pensa che non si possa più parlare di fascismo. È un piccolo e immenso saggio che -oggi più che mai- dobbiamo leggere tutti. Presto sul sito la recensione di @shanumi Alessandra Liscia. #IlFascismoEterno #UmbertoEco @lanavediteseo #lanavediteseo #booklover #book #libro #libri #culturetripbooks #Italiainlettura #bookstagramfeatures #bookaddict #picofthebook #igersitalia #igbooks #bookstagram #igreads #bookalicious #bookpassion #libromania #leggerechepassione #leggeresempre #bookaholics
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