#ilSalotto - Rosa Teruzzi: non solo Quarto Grado, «la "nera" è nel mio Dna, ma ogni tanto amo cambiare pelle»


Elena Sassi e Rosa Teruzzi

Rosa Teruzzi, esperta di cronaca nera, ha pubblicato per Sonzogno una trilogia nella quale le tinte di giallo si mescolano agli aspetti di vita quotidiana. Le donne protagoniste: Libera, libraia-fioraia del Giambellino, sempre accompagnata dalla madre Iole e dalla figlia Vittoria, si trovano a risolvere enigmi ed omicidi, spesso in modo parallelo. Lo stile narrativo rende fluida la lettura e, paradossalmente, sono proprio ironia e leggerezza dell’autrice a stemperare situazioni di mistero e di buio.
Letture piacevoli e rilassanti ideali per i prossimi giorni di vacanza!
La nostra redattrice Elena Sassi ha trascorso una serata con Rosa e ne ha approfittato per una lunga chiacchierata.

Quando è nata la tua passione per la scrittura?
Da quando ho ricordi, ho sempre scritto. Circola ancora per casa un imbarazzante libretto con la copertina viola nel quale mia madre aveva raccolto le mie poesie infantili. In seconda media, ho addirittura scritto un racconto lungo sulle avventure di un’eccentrica famiglia brianzola che parte per le ferie dimenticandosi a casa la nonna e l’ombrellone.
Ho sempre scritto, ma non mi sono mai sentita all’altezza di pubblicare fino a quando, a quarant’anni suonati, mi sono iscritta a una scuola di scrittura.

Perché hai optato per tre donne come protagoniste dei tuoi romanzi?
Sono sempre stata affascinata dal cuore e prima ancora dalla mente di noi donne. Dalla nostra capacità di spaccare il capello in quattro, di disperarci per cose insignificanti come un abito che non cade bene addosso e nel contempo dalla forza che sappiamo dimostrare nelle situazioni davvero difficili.
Nella mia famiglia siamo quattro donne. Mio marito ci definisce “le cavaliere della tavola quadrata” e dice che tutte le decisioni importanti della nostra vita vengono prese nel salotto di mia mamma, che dispensa consigli e strigliate a noi tre sorelle. Così, nei romanzi mi sono divertita a rappresentare i sentimenti e i conflitti di un universo femminile, calandoli però dentro una trama gialla. 
Libera (la fioraia del Giambellino), sua madre Iole e sua figlia Vittoria sono tre persone autentiche, per me. Tre caratteri molto sfaccettati. Io vorrei che chi legge i miei libri, al di là della storia che raccontano, le sentisse vicine e in qualche modo le amasse.

Che ruolo ha Milano nelle tue storie?
Milano non è la quinta su cui agiscono i miei personaggi, è a tutti gli effetti un personaggio dei miei libri.
È una città bellissima e poetica, che vive soprattutto nelle periferie, quelle cantate da Gaber e Iannacci e raccontate nei romanzi di Scerbanenco. Non ho mai amato il lato più modaiolo della mia città, anche se so che esiste. Come scrittrice, non mi affascina la Milano degli aperitivi e della sfilate, dei party a base di cocaina e degli intrighi dell’alta finanza. La lascio ad altri, più bravi di me a raccontarla.

Quanto il tuo lavoro influisce sul tuo modo di scrivere?
Ho 53 anni e da 35 faccio la cronista, prima per la carta stampata, poi in televisione. Il giornalismo è parte integrante della mia vita ed è stato prezioso per me, perché mi ha messo in contatto con mondi che altrimenti non avrei conosciuto e mi ha permesso di incontrare persone le cui storie hanno arricchito il mio bagaglio di donna, prima che di scrittrice.
Certo, la scrittura giornalistica e quella letteraria sono differenti, perché la prima impone un rigore sui fatti e sulle fonti che probabilmente sarebbe nemico della seconda. Per questo, tengo i miei due mondi rigidamente separati. Durante l’anno, lavoro. D’estate, in ferie, scrivo i miei romanzi e quello è il mio angolo di totale libertà creativa.

Sei una giornalista di cronaca nera; da dove è nata questa passione?
Non è stata una scelta. Quando sono entrata nel mio primo quotidiano, “LaNotte”, ho iniziato a occuparmi di cronaca perché era funzionale ai bisogni della redazione. Devo ammettere che avevo un certo talento per quel genere di storie, ma nella mia esperienza professionale mi sono occupata anche d’altro: ho curato la pagina di cultura del giornale, sono stata vice del capocronista, ho gestito per due anni le pagine dei consumi a “Epoca” e sono stata per oltre 10 curatore del rotocalco di Canale 5 “Verissimo”.
Certo, la “nera” è nel mio Dna, ma ogni tanto amo cambiare pelle.

Lavorare in Mediaset, a Quarto Grado, ti è stato d’auto per il tuo successo di scrittrice? Se sì, in che modo? Purtroppo non posso definirmi una scrittrice di successo e, come ti dicevo, ho sempre tenuto ben separati i due ambiti.
Il mio editore, Sonzogno, non è nemmeno collegato al gruppo editoriale per cui lavoro come giornalista, ma forse qualcuno dei telespettatori del mio programma può aver comprato un mio libro dopo avermi visto lì.

Intervista a cura di Elena Sassi