La società in mano ai sociopatici: "Cometa" di Gregorio Magini

Cometa
di Gregorio Magini
Neo Edizioni, 2018

pp. 248
€ 15,00


Se ogni epoca umana è modellata da un qualche dio a sua immagine e somiglianza, io mi chiedo spesso, ultimamente, come siano fatti gli dèi che hanno modellato la nostra. A questo proposito c'è una frase di Cometa, il secondo romanzo di Gregorio Magini, che forse va in questa direzione: "La società in mano ai sociopatici".

È un momento importante, nell'economia del romanzo (o almeno nella prospettiva da cui, tra le decine possibili, l'ho interpretato io). Viene pronunciata nel corso di una serata durante la quale Raffaele e Fabio, i due protagonisti, decidono di cementare la loro amicizia con un droga party a casa del primo. A un certo punto, in pieno trip, i due iniziano a delirare sull'invenzione di un social network che Fabio ha in mente da tempo di progettare. La sua idea è quella di creare un MySpace migliore di MySpace, un social in grado di associare utenti dagli interessi simili incrociandone dati, gusti e affinità di ogni genere e mettere così in contatto ognuno proprio con la persona di cui ha bisogno in quel momento.

Nel tempo del racconto siamo agli inizi degli anni 2000, il periodo perfetto per quel tipo di impresa: sono gli anni della nascita di fb, dell'esplorazione di un nuovo tipo di web con cui curare la solitudine di un'epoca che sta neanche troppo lentamente perdendo tutti i suoi storici riferimenti sociali e culturali. E come chiamare un social ideato per far incontrare la gente? Facile: Comeet, da co-meet. Un nome in effetti piuttosto evocativo, a cui Raffaele propone di aggiungere una "r" alla fine. Così, tanto da dargli un'aria un po' più 2.0.

Un'idea che potrebbe rendere i due amici ricchissimi e forse anche rivoluzionare il tradizionale modo di concepire le relazioni umane. Purtroppo c'è un problema: Raffaele e Fabio sono due disadattati e odiano le persone. Il loro stesso legame di amicizia brilla per la sua disfunzionalità e resta l'unica eccezione, nel corso del romanzo, in grado di stabilire un punto fermo nel procedere delle loro vite sconclusionate, fatte di una serie infinita di difficoltà individuali, sociali, familiari e sentimentali, rapporti fallimentari e progressive alienazioni. Insomma: sono, come giustamente sottolinea Raffaele, due sociopatici. Ed è una cosa interessante che l'idea (anche se poi coronata da un nulla di fatto, ma non importa) di dare il via a una rivoluzione tecno-antropologica nel modo di relazionarsi con la realtà nasca dall'incontro di due sociopatici scollegati dal mondo: perché in fondo è esattamente quello che è successo con la nascita di Facebook. Anzi, a risalire ancora più indietro, in un certo senso la stessa storia della genesi e della formazione dell'era digitale, se vogliamo dar retta alle teorie espresse da Ellen Ullman nel suo memoir Accanto alla macchina (minimum fax, traduzione di Vincenzo Latronico), è determinata in buona parte da persone (informatici, programmatori etc) che con la realtà, i rapporti emotivi, la relazione con l'altro e il proprio ruolo in quel nuovo mondo a cui stanno contribuendo a dare vita intrattengono dinamiche quantomeno problematiche.

In questo quadro, la società in mano ai sociopatici è l'esito naturale di un processo di sviluppo culturale, sociale e umano che comincia almeno una trentina d'anni fa, se non di più, e dà i migliori esiti proprio adesso, nella quotidianità che ogni giorno ci costruiamo intorno. Così Raffaele e Fabio, con le loro vite disfatte e le loro personalità fracassate, finiscono per essere l'incarnazione più perfetta dei demiurghi che, nel corso dei decenni, hanno creato il nostro mondo quotidiano. Gli dèi che hanno modellato il nostro mondo a loro immagine e somiglianza. E tutto questo solo perché non sapevano bene cosa fare di se stessi.

Proprio Fabio e Raffaele sono il cuore del romanzo, e non Cometa, un social network abortito che si annuncia, arriva e passa con la velocità, appunto, di una cometa. Sviluppando in parallelo, dall'infanzia alla maturità, le loro esistenze distorte, Magini scrive una specie di romanzo di formazione parallelo nel corso del quale Raffaele e Fabio danno quasi l'impressione di essere la versione esasperata, sclerotizzata e oscura dei due emisferi del nostro cervello, simmetrici e opposti. In Raffaele creatività, emotività, immaginazione e pulsioni artistiche si trasformano in edonismo, satiriasi, performance degenerate e deriva esistenziale. In Fabio logica, razionalità e inclinazioni analitiche e matematiche diventano fin da subito alienazione, nerdismo, solipsismo quasi schizofrenico e anaffettività. In entrambi, a fare da padrone, l'assenza di ogni scopo, il fallimento di ogni minimo tentativo di interazione con l'altro da sé, il riflusso nel proprio mondo emotivo interiore, claustrofobico, asettico e asfittico, freddo e insondabile come la coda di una cometa.

Nati in un decennio (gli anni Ottanta) dominato dall'egoismo del piacere e dall'illusione della soddisfazione immediata di ogni volontà, da una perenne vibrazione erotica a mediare qualsiasi rapporto, dalla moltiplicazione degli immaginari di evasione e dalla nascita di tecnologie sempre più pervasive, Raffaele e Fabio scivolano, anno dopo anno sempre più cinici e distaccati, nella liquefazione di tutti i valori su cui si basa una società civile degna di questo nome. Politica, morale, etica, cultura, realizzazione di sé, famiglia per loro sono facciate posticce davanti a cui recitare di volta in volta una parte diversa, senza troppa convinzione e senza nessun autentico coinvolgimento. Perché a loro non interessa davvero nulla: crisi economica, società dello spettacolo, rivendicazioni politiche, il G8, l'abbattimento delle frontiere. Niente di tutto questo: a Raffaele interessa solo il sesso, e a Fabio i videogiochi e poi i computer. Sono quelle le stelle polari che orienteranno tutte le loro esperienze, mantenendoli paradossalmente sempre uguali a se stessi mentre tutto intorno il mondo e le persone perdono di identità. E che mondo può nascere da due dèi come questi, se non il relitto pericolante e fasullo, smarrito e intontito, che oggi popoliamo?

Un appunto sulla lingua: Cometa è senza dubbio il libro italiano più sbalorditivo, sul piano linguistico, che io abbia letto da molto tempo. È uno di quei libri che andrebbero ricominciati subito dopo aver finito la prima lettura. La lingua di Magini è ricca, ma non affettata, immaginifica senza riuscire artificiosa, perfettamente adeguata al tono e al carattere di ognuno dei suoi due protagonisti, ironica e insieme distaccata.

Un gran romanzo, sotto ogni aspetto.

Luca Pantarotto