#RileggiamoConVoi - aprile 2017

Roma - Foto di ©ElenaSizana

Buona domenica, lettori! 
Oggi non è solo una giornata festiva: è anche l'ultimo giorno del mese, ed ecco puntuali i nostri consigli di lettura di fine aprile, uniti a qualche foto della nostra redazione. Questo mese abbiamo davvero spaziato: come i nostri collaboratori hanno viaggiato (complici le vacanze di Pasqua), così anche le letture ci accompagnano in territori inesplorati, tra classici e novità. Il filo rosso che le unisce? La piacevolezza. 

Buona lettura! 
La Redazione

***

"Nel guscio" di Ian McEwan

Nel guscio
di Ian McEwan
Einaudi, 2017

Traduzione di Susanna Basso

pp. 184
€ 18 (cartaceo) 
€ 9,99 (ebook)

È piuttosto semplice, in fondo: Nel guscio, l’ultimo, discusso, romanzo dello scrittore inglese Ian McEwan è la conferma che, qualche volta, bastano meno di duecento pagine per costruire una storia spiazzante, intensa, ricchissima di spunti di riflessione. O forse non è proprio così semplice.
Perché leggendo questo romanzo, fin dalle primissime pagine, è impossibile non rimanere stregati dal talento di un abile narratore: che gioca con le parole e le modella in una prosa elegante – resa magistralmente dall’accorta traduzione di Susanna Basso – , riprende topoi della tradizione letteraria e l’Amleto shakespeariano e li rielabora in qualcosa di nuovo e sorprendente.
Non un romanzo perfetto, il più rappresentativo dello stile del suo autore o quello da cui iniziare a conoscerlo se ci si avvicina per la prima volta alla narrativa di McEwan: non è privo di difetti, infatti, e costringe il lettore ad un patto di fiducia e credibilità che non è sempre facile assecondare, destabilizza e cattura costringendoci ad osservare la storia di passioni, tradimenti e vendetta dall’inedito punto di vista scelto. È, quest’ultimo, infatti, l’elemento strutturale più interessante del romanzo: un bambino non ancora nato, un feto, che è narratore, protagonista e punto di vista sulla vicenda, in quello che potremmo considerare un lungo monologo interrotto solo brevemente dai dialoghi degli altri personaggi che controllano l’azione. Un tentativo intrigante ma senza dubbio azzardato, prova che uno scrittore esperto come McEwan supera brillantemente, a cui in fondo è facile perdonare qualche lieve inciampo, perché i punti di forza di questo romanzo superano abbondantemente le sue debolezze.

Il Salotto: Vanni Santoni scrittore, editor e lettore, l'intervista

L’attività editoriale di Vanni Santoni comprende dei progetti di successo, sia in qualità di editor che in qualità di autore. Ha pubblicato con Laterza, Mondadori, Feltrinelli e minimum fax; dirige la collana di narrativa della casa editrice Tunué e ha fondato Scrittura Industriale Collettiva, il progetto che ha portato alla pubblicazione di In territorio nemico (minimum fax 2013), scritto da un collettivo di 230 autori da lui coordinato. Con il suo ultimo libro, La stanza profonda, la casa editrice Laterza partecipa per la prima volta al premio Strega.
L’ho incontrato per saperne di più sulla sua attività di scrittore e sulla Stanza profonda, ma anche di quella di “editor sterminato” alla Tunué, quando è alle prese con i libri degli altri o quando insegna alla Scuola del libro. Alla base di tutta la sua esperienza, però, non possono che esserci le sue letture, e qui ne ha sciorinate un bel po’.


Presentando La stanza profonda, hai detto che il progetto del libro è venuto fuori in maniera naturale dopo aver lavorato a Muro di casse (Laterza, 2015), raccontaci questo percorso.

Nonostante io abbia un’esperienza diretta da giocatore di ruolo, La stanza profonda sgorga direttamente da Muro di casse, sia per la forma che in senso editoriale perché, mentre il Muro andava molto bene, Anna Gialluca, direttrice editoriale di Laterza, mi disse di cominciare a pensare a un altro libro e mi venne subito in mente di proporne uno sui giochi di ruolo. Lei rimase forse un po’ interdetta perché si aspettava qualcosa di vicino ai rave e apparentemente i giochi di ruolo ne sono lontanissimi: quella della free tekno è una sottocultura giovanile molto estroversa, si tratta di ballare per giorni, di organizzare grandi baccanali; d’altra parte, nei giochi di ruolo si tratta di chiudersi in una cantina a tirare dadi e raccontarsi storie. Però ho sentito subito che questi due mondi in realtà avevano punti in comune forti e poco raccontati: il proporre una forma di intrattenimento che metteva in discussione gli stili di vita dominanti, nel suo essere non competitiva e non commerciale, e nell’avere in entrambi i casi una forte componente visionaria – l’obiettivo era, in entrambi i casi, quello di creare mondi altri, non importa se con musica ritmata e psichedelici o mappe, dadi e matite. Tutto questo le rendeva di fatto avanguardie. Si trattava di una carica che poi si è anche in parte esaurita perché le controculture rimangono tali solo per alcuni anni, in seguito il loro impatto eversivo sulla realtà tende a calare e diventano sottoculture quando cominciano a sviluppare un loro codice autoreferenziale, che  progressivamente riduce la loro possibilità di impatto. Entrambe queste sottoculture, però, avevano avuto un momento controculturale notevole e ricevuto in risposta uno stigma sociale forte: realizzato ciò, ho pensato che un romanzo sui giochi di ruolo potesse essere una buona idea per formare un dittico con Muro di casse.

I «Carciofi alla Giudia» divertono e convincono: il felice esordio di Elisabetta Fiorito

Carciofi alla giudia
di Elisabetta Fiorito
Milano, Mondadori, 2017

pp. 276
€ 18,00 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)

Rosamaria - razionalista convinta, atea per scelta (dopo innumerevoli esperienze e riflessioni sulle diverse religioni esistenti) – e David – ebraico osservante – formano una coppia cosiddetta «mista», calata nella Roma contemporanea, in cui le loro differenze religiose e culturali devono scontrarsi non solo con i tanti interrogativi delle rispettive famiglie, ma anche con un'Italia che talvolta mostra in maniera più evidente le contraddizioni e le ferite della storia recente. Inoltre, in taluni casi, i due devono scontrarsi con le rispettive rigidità o le forti differenze nelle scelte di vita. Se aggiungiamo che i due aspettano un bambino, e che Rosamaria è sempre più preoccupata dall'imminente circoncisione, la storia non può che farsi interessante.
Tra le varie vicende che ci regalano un vivace affresco di una vita divisa tra le ricorrenze giudaiche e quelle cattoliche, Rosamaria deve fare i conti anche con delle novità che si profilano all'orizzonte: David, improvvisamente scopre di avere una figlia in Israele, avuta da una precedente relazione con una ragazza del posto – il suo amore più grande – e si ritrova quindi, subito dopo la nascita del piccolo Arturo, a partire per conoscere la figlia. Come reagirà Rosamaria, ancora all'oscuro di tutto, quando dalla porta degli arrivi internazionali vedrà spuntare David accompagnato da Ruth?

Le parole degli altri: la farmacologia (in)fallibile dei libri

Le parole degli altri
di Michaël Uras


Editrice Nord, 2017

Traduzione di Francesco Graziosi

pp. 346
€ 16,90



Non dovremmo mai lasciare decidere alla letteratura delle nostre vite, ma è impossibile per chi ci vive dentro. 

Yann è un adolescente molto acuto con il viso sfigurato da un terribile incidente stradale. Robert è un superficiale venditore di orologi di lusso consumato dallo stress. Anthony è il miglior calciatore francese idolatrato dalle folle. Queste persone hanno come punto in comune quello di frequentare tutti lo stesso terapista: in Francia, moltissima gente ricorre al supporto di uno psicologo. Meno frequente è il fatto che si tratti di un biblioterapeuta, un uomo che aggiusta le persone tramite i libri. Alexandre è l'unico professionista del genere nella capitale francese; i libri occupano tutta la sua vita, lavorativa e personale. Sono anzi forse troppo ingombranti visto che da poco è stato lasciato da Mélanie, la sua compagna. Forse ha anche lui bisogno di un suggerimento, di libri che lo possano rimettere in sesto. Lui, così bravo a trovare per tutti il romanzo o la raccolta di poesie adatta, si trova nella situazione di essere paziente di se stesso e si accorgerà che è molto difficile stare sia seduti sulla poltrona che sdraiati sul divanetto a parlare di sè.

Lo storytelling sub specie ludi: "La stanza profonda" di Vanni Santoni

La stanza profonda
di Vanni Santoni
Laterza, 2017

pp. 150
€ 14,00 (cartaceo)



Romanzo di formazione, scrittura memoriale, saggistica di stampo sociologico: sono solo alcuni dei tag in cui è possibile inquadrare La stanza profonda di Vanni Santoni, candidato forte dell'editore Laterza al Premio Strega 2017. L'esigenza ('umana, molto umana', secondo il filosofo) di definire generi e stabilire confini più o meno netti tra una forma e l'altra dell'ars scribendi è destinata, nel caso specifico, a scontrarsi con un 'modo' della narrazione, come direbbe Northrop Frye, che fa dell'ibridazione il suo evidente punto di forza. E tuttavia quegli steccati - mentali, non certo ideologici - non vanno necessariamente accantonati del tutto: una volta considerata l'opera di Santoni nella sua imprescindibile natura meticcia e imbastardita, una ricomposizione tassonomica per tipologie testuali può tornare utile per offrire alcune chiavi di lettura di questo libro che merita certamente di entrare in un discorso più articolato sulla più recente letteratura in Italia.

Sì, perché si commetterebbe un grossolano errore a reputare La stanza profonda, sulla scorta di validi modelli stranieri e anche nostrani, un miscela ben collaudata di narrativa e saggistica che affronta il tema (abbastanza inedito e 'di nicchia') dei giochi di ruolo, il cui boom commerciale si situa tra gli anni ottanta e i novanta del secolo scorso. Superato lo scoglio, pure necessario, di certe divagazioni 'esoteriche' - stante, almeno, al background del sottoscritto, poco uso per non dire vergine rispetto all'oggetto in questione -, il libro di Santoni inizia a configurarsi come una narrazione sub specie ludi (di ruolo, of course!) dell'Italia negli ultimi vent'anni del Novecento. Se gli anni ottanta portano in dote, come è risaputo, un riflusso socio-politico in cui il paese ripiega su se stesso, sul proprio benessere faticosamente (e ciecamente) costruito nei decenni precedenti, gli anni novanta segnano senza subbio l'avvenuto scollamento delle nuove generazioni da una realtà che oggi merita l'attributo di storica.

"La stanza profonda" di Vanni Santoni

La stanza profonda
di Vanni Santoni 
Laterza, 2016

pp. 156
14,00 € 


[…] Sei andato a trovarli questa mattina. Hai preso la macchina, ferma davanti alla vecchia casa, e hai guidato attraverso mezza valle, superando borghi e capannoni, pievi e cimiteri e balze, tra cittadine sempre più disadorne e una vegetazione dal vigore che non ricordavi; […] e hai continuato poi su, oltre le colline aspre intorno e fino a quelle dolci e gravide di vino in cui sono andati ad abitare. 
L’incipit de La stanza profonda è fatto di righe evocative. L’espediente della narrazione in seconda persona fa sì che ci si trovi subito dentro la storia, nei panni del personaggio che racconta il suo ritorno alla casa d’infanzia immersa nella provincia toscana. Si tratta di un ritorno carico di ricordi, ma senza cedere troppo alla nostalgia, ché «è una pessima postura per un autore», dice Santoni alla presentazione del suo libro che si è tenuta giorni fa, a Firenze. 

La fame maledetta di Murakami in "Gli assalti alle panetterie"

Gli assalti alle panetterie
di Haruki Murakami

Illustrato da Igort
Trad. italiana di Antonietta Pastore

Einaudi, 2016

pp. 57
€ 15


In ogni caso, avevamo fame. Anzi, per l'esattezza, ci sembrava di aver inghiottito il vuoto cosmico, quella era la sensazione. All'inizio era un vuoto piccolo, delle dimensioni del buco di una ciambella, ma col passare dei giorni andava espandendosi all'interno del nostro corpo e prendeva le dimensioni di un abisso senza fondo. Un monumento alla fame, con tanto di musica solenne in sottofondo.
Immersi in un fluido onirico, veniamo trasportati da Murakami in una nuova dimensione, la sua, racchiusa questa volta in due racconti brevi, uno il seguito dell'altro. Ci troviamo nella magnetica Tokyo e due amici poco più che diciottenni, straziati da un'incontenibile fame, decidono di compiere un reato: fare un assalto in panetteria. Ben inteso: loro non vogliono rubare soldi, vogliono soltanto mangiare senza pagare. Entrati nel negozio prescelto, puntano le armi contro il panettiere, il quale li invita, dopo lunghi accordi, a mangiare gratis a patto che prima ascoltino insieme a lui Wagner.
Quando tornammo a casa, il vuoto dentro di noi era sparito. E la nostra fantasia cominciò a rotolare su un dolce pendio.

#PagineCritiche - Laudator temporis acti: il romantico "Giuliano" di Gore Vidal


Giuliano
di Gore Vidal
Fazi Editore, 2017

Traduzione di Chiara Vatteroni

pp. 575
€ 19,50



"A volte ho l'impressione che la storia dell'impero romanzo sia un'unica, interminabile ripetizione delle stesse facce. In fondo si assomigliano tutti, questi uomini d'azione: solo Giuliano è stato diverso". 

Libro poderoso e pregno di scelte colte, Giuliano di Gore Vidal, uscito originariamente nel 1964 ed oggi ripubblicato in un'elegante edizione da Fazi Editore, è un volume molto importante per comprendere meglio la vita e i fati di uno degli Augusti giudicati, più a torto che a ragione, "minori". Già perché se molti di noi, almeno a livello scolastico, rimembrano abbastanza bene le figure di Adriano o Marco Aurelio, considerati gli ultimi "grandi Imperatori" della tarda latinità assieme a Costatino, pochi si ricordano di Giuliano, passato alla storia o, per meglio dire, sui libri di storia con l'attributo, un poco infamante, di "apostata". Ma perché questo rinnegatore in realtà. almeno nel racconto di Vidal, pare ergersi come un gigante di fronte ai nani del suo tempo? Per il suo insondabile romanticismo da uomo di cultura sempre sul filo della vita e della morte.

È giusto obbedire alla notte - Storia di solitudini e rinascite

È giusto obbedire alla notte
di Matteo Nucci
Ponte alle Grazie, 2017

pp. 360
cartaceo: € 18
e book: € 10,99

L'ultimo romanzo di Matteo Nucci, È giusto obbedire alla notte, racconta le vicende di una comunità di personaggi che vive in una Roma ben lontana dai fasti del centro, bensì lungo l'ansa del fiume Tevere.

È una storia potente quella che ci troviamo a leggere, un'odissea in cui le passioni, i sentimenti ed il passato si intrecciano al presente ed al futuro del protagonista, Ippolito, chiamato da tutti "Il Dottore".

Le vite di Ippolito, quella dei fratelli Giulio e Cesare, di Luis e di altri pittoreschi esseri umani si incrociano all'interno della trattoria Anaconda.
Pian piano assistiamo alle rivelazioni sul passato del Dottore, al dispiegarsi di un'esistenza dalla quale quest'uomo ha scelto di fuggire, per abbandonare la civiltà e offrire le sue cure a quanti avranno in egual maniera abiurato il loro mondo.

#PagineCritiche - «La loro vita merita di essere ricordata»: il coraggio delle donne, dal ventennio fascista alle votazioni del 1946.

Le donne silenziose – 1946, il coraggio di vivere
di Claudio Repek
prefazione di Lucia Rossi
Firenze, Clichy, 2017

pp. 240
€ 15,00 (cartaceo)
Sono ragazze silenziose alle quali la famiglia, la scuola e la Chiesa trasmettono soltanto un lungo elenco di doveri. I diritti dovranno conquistarseli da sole. (p. 54)
In Le donne silenziose, Repek disegna un affresco composito e realistico della condizione femminile nella prima metà del Novecento. Attraverso le interviste a diciassette di quelle donne che varcarono la soglia del seggio elettorale nel 1946 – le prime nelle storia – l'autore ricostruisce fedelmente cosa significasse essere donna durante il ventennio fascista prima e la seconda guerra mondiale poi. Grazie alle parole di queste donne coraggiose che hanno visto cambiare il volto dell'Italia possiamo capire davvero la portata storica della conquista del diritto di voto.
Giulia Nocchi, nata nel 1921 in una famiglia mezzadrile pisana e diventata poi dirigente dell'Udi e del Pci, ricorda così il rapporto tra uomo e donna nella sua casa: «nell'atteggiamento degli uomini verso le donne, anche negli scherzi, c'era sempre una punta di denigrazione. Si tendeva a dimostrare in ogni occasione che le donne non contavano nulla, salvo poi a darle la colpa di tutto ciò che non filava alla perfezione. […] Se noi ragazze avevamo poca libertà, le donne sposate erano addirittura schiave. Erano le prime ad alzarsi al mattino e le ultime ad andare a letto la sera. Dopo mangiato gli uomini si riposavano, mentre le donne mettevano in ordine la cucina». (p. 35)

#PagineCritiche - Sono gelosa. E allora?

La gelosia. Una passione inconfessabile
di Giulia Sissa
Laterza, 2017

Traduzione di Carlo De Nonno
1^ edizione originale: 2015

pp. 280
€ 13 (cartaceo)



Ridiventare capaci di godere del tragico, ossia di comprendere la sofferenza intrinseca all'amore, in Euripide come in Seneca, Corneille, Shakespeare o nella nostra stessa vita, è la scommessa di questo saggio. (p. 144)
La gelosia (quando non è eccessiva) è normale, onesta, imprescindibile dall'amore e dal desiderio dell'altro. Senza dubbio, è un sentimento ancora molto discusso nel nostro presente, in cui una dose eccessiva di gelosia dà vita purtroppo a violenze e gesti estremi. Eppure, al di là della cronaca nera, la gelosia viene ancora confessata a fatica, come se fosse qualcosa di riprovevole. Di per sé, secondo Giulia Sissa, la gelosia non dovrebbe essere un sentimento da insabbiare, rendendolo inconfessabile: gli antichi, a cominciare dai Greci, rivelavano la gelosia, indissolubilmente connessa alla collera erotica, come provato nella Medea di Euripide. Tale «collera erotica», nata dall'infrazione del rispetto del rapporto amoroso tra Medea e Giasone, innesca una reazione a catena di vendetta e sofferenza, in qualche modo giustificata dagli antichi. Ma nelle riscritture successive, la Medea risente del passare del tempo e muta in base al pensiero delle diverse epoche: così la Medea di Seneca si conforma alla sua visione stoica, in base alla quale «soffrire è una scelta. Più precisamente, un errore» (p. 22), che plasma la collera erotica rendendola «qualcosa di inammissibile, che non bisogna assolutamente dire» (p. 31). Se con la riscrittura di Corneille nel 1635 Medea si trasforma in un'eroina cristiana, ecco che Giasone si merita una punizione esemplare, che troverà nel suicidio finale. Eppure, prima di morire, il Giasone di Corneille fa una cosa senza precedenti: deride l'ira di Medea, inutile, senza nerbo né effetti. Insomma, mentre Medea vive una tragedia senza pari, Giasone vive una commedia che rende risibile la collera erotica.

Arnold Zable, "The Fig Tree"

The Fig Tree
di Arnold Zable

The Text Publishing Company
Melbourne, Australia, 2002

non ancora pubblicato in Italia

pagine 222





Pressoché sconosciuto in Italia, Arnold Zable è un narratore e romanziere di altissimo pregio, abilissimo nel creare legami con il lettore grazie a un lessico prezioso, alla dimensione intima della sua scrittura e a una forte carica poetica ed emotiva. Australiano ma figlio di profughi polacchi di origine ebraica, Zable si è spesso dedicato a tematiche legate alle migrazioni, tentando di spostarne la prospettiva di analisi da mero fenomeno emergenziale a dinamica umana naturale, costante e reiterata, evento causato dalla necessità di cercare rifugio da situazioni di vita insostenibili.

IlSalotto - Intervista a Michela Zanarella, autrice de "Le parole accanto"

Michela Zanarella è una poetessa padovana che vive a Roma. Si dedica alla scrittura dal 2004 e in poco più di dieci anni ha pubblicato svariate raccolte poetiche, ottenuto prestigiosi premi internazionali (come il Naji Naaman’s Literary Prizes 2016) ed è stata tradotta in otto lingue (tra cui arabo e giapponese). Ambasciatrice per la cultura nel mondo, è alla direzione di Writers Capital International Foundation.
L'abbiamo intervistata a poche settimane dall'uscita di Le parole accanto, raccolta poetica pubblicata da Interno Poesia con il progetto di crowdfunding che l'editore Andrea Cati ci aveva illustrato in questa intervista, qualche mese fa.

Cara Michela, innanzitutto grazie per averci concesso quest’intervista. Come prima cosa, qual è stato il tuo percorso formativo come poetessa e chi sono gli autori che ispirano il tuo lavoro?

Ho iniziato a scrivere dopo essere sopravvissuta a un incidente stradale. La poesia è arrivata in modo inaspettato, quasi come un dono. Non avevo mai scritto nulla prima di allora, ma da quel preciso istante non ho più smesso di farlo.

#CriticaNera. Un appunto a proposito di "7-7-2007" di Antonio Manzini

Marco Giallini nei panni di Rocco Schiavone
Arrivo a leggere 7-7-2007 di Antonio Manzini con colpevole ritardo e senza aver visto neanche un secondo della fiction Rai sul vicequestore Schiavone andata in onda lo scorso autunno. Devo anche confessare un secondo peccato: di Manzini ho solo letto i cinque racconti con protagonista il poliziotto di Trastevere e nessuno dei romanzi che hanno preceduto questo. Ma alla fine è un bene perché le cinque narrazioni brevi danno quelle tre, quattro coordinate che permettono al lettore di orientarsi senza troppe difficoltà e non anticipano nulla. Si arriva preparati, insomma, sapendo che Marina è morta a seguito di un'indagine di Schiavone; si sa che il vicequestore è stato trasferito ad Aosta per ragioni politiche; si conoscono i tre amici di una vita di Rocco, ovvero Furio, Bizio e Seba e le loro attività illecite; e si conosce Roma, quella Roma anti-ufficiale e trasteverina che illumina e fa da personaggio aggiunto a tutta la serie.

#CriticaNera - Jacquot Grunwald, "La tentazione del rabbino Fix"

La tentazione del rabbino Fix
(La tentation du rabbin Fix, 2005)
di Jacquot Grunewald
Editrice Giuntina, 2014

Traduzione di Vanna Lucattini Vogelmann

pagine 195
€ 15,00 (cartaceo)
€ 8,99 (ebook)







È possibile costruire una storia poliziesca ispirandosi alle Sacre Scritture? Evidentemente sì, stando a questo curioso noir, scritto nel 2005 da Jacquot Grunwald, che non per niente è un rabbino cresciuto in Francia e stabilitosi in Israele dal 1985, oltre che scrittore e giornalista.

Protagonista, lo si intuisce dal titolo, è un rabbino, possibile alter ego dell'autore, che da Parigi decide di indagare sull'omicidio di un conoscente avvenuto in Israele e rubricato dalle autorità come atto terroristico.
Convinto si tratti di ben altro, il nostro rav inizia a indagare tenendo all'oscuro le polizie (quella francese nulla sa del caso, quella israeliana nulla sa dell'indagine) e nonostante i tentativi di dissuasione operati da un amico magistrato cui il rabbino si rivolge, oltre che dalla moglie esasperata dalle frenesie indagatorie dell'uomo.

Il post- esotismo: una corrente letteraria esclusa dai testi scolastici - una seconda lettura


Il post- esotismo in dieci lezioni, lezione undicesima
di Antoine Volodine
66thand2nd, 2017
Traduzione di Anna d'Elia

pp. 106
€ 16,00


Quando al liceo si arrivava alla fine dell'anno della maturità, il programma subiva una decisa accelerata: Saba e Montale venivano trattati in pochissime ore, spesso fuori dall'orario curricolare, perché sarebbero quasi certamente capitati in prima prova. Veniva concesso un po' di spazio al Decadentismo, sapevamo dell'esistenza del Futurismo, ma tutto il grande bacino delle correnti letterarie del Novecento veniva accennato. Crepuscolarismo, ermetismo, post- esotismo sarebbero poi stati rimandati all'università o al nostro interesse personale. 
Forse, però, il post- esotismo proprio non vi suona. Non ricordate di averne vista traccia nei vostri volumi delle scuole superiori, non ricordate una prima o terza prova che ne parlassero. Non siete stati distratti in classe, tranquilli: il post- esotismo è una corrente letteraria inventa dallo scrittore francese Antoine Volodine che sta tornando alla ribalta negli scaffali delle librerie italiane proprio in questi anni. Possiamo quindi, in ritardo sugli anni della scuola, concederci un'infarinatura della sua letteratura con il volumetto edito da 66thand2nd Il post esotismo in dieci lezioni, lezione undicesima.

L'ultima giornata di Samuel in "Tutto quello che non ricordo" di Jonas Hassen Khemiri


Tutto quello che non ricordo
di Jonas Hassen Khemiri
Milano, Iperborea, 2017

pp. 342
€ 17,50



Ci aveva già pensato Verga, era il 1883 e scriveva "L'ultima giornata", novella di una modernità sconvolgente, dove i giorni si confondono insieme alle voci narranti, sovrapposte nel tentativo di ricostruire le ultime ore di vita di un suicida che, per la disperazione di un lavoro che non riesce a trovare, decide di guardare il cielo e aspettare il passaggio di un treno.

Ha la stessa storia in testa Jonas Hassen Khemiri, giovane e talentuoso scrittore e drammaturgo svedese, quando scrive "Tutto quello che non ricordo" (Iperborea, 2017). Alle volte le narrazioni sono così potenti da riproporsi nel tempo, senza invecchiare.

"Tutto quello che non ricordo" è la storia di Samuel che un giorno perde la vita in un tragico incidente. Se si sia trattato di una fatalità o di una decisione deliberata non si sa, a noi lettori non è dato l'accesso all'interiorità del personaggio che, invece, ci viene descritto da fuori, da chi lo conosceva. E mentre leggiamo di lui dalle parole scomposte di amici ed ex fidanzata, sigliamo un patto narrativo al contrario, nel quale l'approdo a una verità, a una parola finale, sfugge in partenza.

Perché è nel ritratto che fanno di lui gli altri che conosciamo Samuel, nel momento in cui il personaggio di giovane scrittore troppo simile a Khemiri stesso si mette sulle sue tracce. Vuole scrivere un romanzo a partire dalle testimonianze che riuscirà a raccogliere su Samuel e sulle sue ultime ore di vita.

#PagineCritiche - Che cosa legittima il potere in Grecia?

Chi comanda nella città. I Greci e il potere
di Mario Vegetti
Carocci, 2017

€ 12 (cartaceo)
pp. 128



Quando si pensa all'Antica Grecia, una dicotomia netta risuona nelle nostre menti dai tempi della scuola: democrazia ad Atene, oligarchia a Sparta. Ma è proprio così? Il potere in Grecia è stato ben più di questo, ha sperimentato tirannide e anarchia, periodi di transizione, guerre civili che hanno sradicato ogni certezza. Ma è proprio il potere a essere oggetto di tante speculazioni filosofiche e politiche nel corso del V e del IV secolo a.C.: visto che non esisteva un apparato centralizzato di potere, né la trasmissione delle cariche avveniva pacificamente per via ereditaria o per legittimazione religiosa, ogni incarico pubblico andava giustificato. È proprio da questa serie di assenze che muove l'agile e utilissimo contributo di Mario Vegetti, Chi comanda nella città, uscito da poco per i tipi di Carocci, che scioglie tanti pregiudizi e che può aiutare studenti e insegnanti a entrare nella dimensione delle tante sfumature filosofiche della politica antica.

Dopo un'utile introduzione, che delinea la situazione disgregata e pericolosamente autonoma delle pòleis, ci si concentra su quell'incredibile «laboratorio del pensiero politico nell'Occidente» che è stata la Grecia tra il 430 e il 330 a.C. Un interrogativo principale scandiva le riflessioni del periodo: che cosa legittima il potere?

#PagineCritiche - Come vivevano i Romani?

La vita privata nell'Impero romano
di Paul Veyne
Laterza, 2010

Prima edizione originale: 1985

pp. 236
€ 9 (cartaceo)


Quanti di voi sanno perché un Romano non aveva un figlio, ma lo sollevava (dal verbo tollere)? Come funzionava la cerimonia del matrimonio: c'era un vero e proprio rituale codificato? E per il divorzio come si procedeva? Quali doveri e diritti legavano patroni e clienti? 
A questi e a tantissimi altri interrogativi risponde La vita privata nell'Impero romano, uno studio in cui Paul Veyne riesce a unire curiosità e rigore storico. Non ci sono frasi farraginose o astratte: tutto viene calato nella realtà del tempo, tra aneddoti, eventi storici, leggende, proverbi,... Addirittura, talvolta, l'autore ci mette a osservare la realtà dal punto di vista di diverse figure: ora diventiamo un liberto, ora uno schiavo, ora una madre di famiglia, osservando come venivano gestiti problemi, opportunità, crisi. La snellezza dello stile, l'immediatezza e il talento nel rendere la storia una grande narrazione di vita fa sì che il saggio sia leggibilissimo e molto godibile anche da parte di un pubblico di non addetti ai lavori o di studenti liceali. 

#PagineCritiche - Le contraddizioni di Sciascia e quello che ne resta




Contraddisse e si contraddisse
Le solitudini di Leonardo Sciascia
Di Rosario Castelli
Franco Cesati Editore, 2016

€ 15,00



Sulla vita e le opere di Leonardo Sciascia vi è un filone di critica molto attiva, che negli ultimi anni ha rinvigorito tutta una serie di studi, guardando allo scrittore racalmutese con nuovo slancio e spunti non banali. Una delle domande più frequenti su cui i lettori e i critici si interrogano è: cosa avrebbe pensato dei nostri tempi Leonardo Sciascia? Come si sarebbe inserito nel dibattito odierno un uomo che odiava definirsi intellettuale, che odiava in genere ogni forma di etichettatura e che propugnava a spada tratta la verità, seppur scomoda, ad ogni costo?

Sono domande che resteranno, come è logico, senza una risposta. Molti dei nodi cruciali della vita di Sciascia, al contrario, vengono riproposti in questo interessante saggio di Rosario Castelli, studioso di Letteratura del Novecento, professore di Letteratura Italiana e Letteratura e Cinema all’Università degli studi di Catania, appassionato di linguaggi visivi.
A partire dal titolo, quel Contraddisse e si contraddisse che come non tutti sanno era l’epigrafe che Sciascia avrebbe voluto apposta sulla sua tomba, probabilmente tratta dalla lettura di un testo sull’Illuminismo di Jean Starobinski, dal titolo L’invenzione della libertà.

"Ce la faccio da sola" di Kelly Brogan : ovvero come usare la testa e vivere felici

Ce la faccio da sola. Curare la depressione senza farmaci
A Mind of Your Own
di Kelly Brogan
Sonzogno, 2017

Traduzione di Paolo Perucci


pp. 381

€ 17,50




Questa è una recensione monca. Scrivo così, perché mi pare di combattere ad armi impari. Non ho una laurea in medicina, né ho una specializzazione in farmacia, chimica e derivati. Ho una cultura umanistica e mi trovo, per così dire, in imbarazzo nell’affrontare un testo che ha costruito la sua fortuna su una promessa che pare occhieggiarci sorniona già dalla copertina: Curare la depressione senza farmaci. La mia cultura umanistica mi impedisce di scendere in profondità, di dialogare con il testo come avrei fatto se si fosse trattato di materiale letterario. Il mio approccio è dunque quello di un lettore qualsiasi, un lettore mediamente critico che si avvicina al volume mosso da una discreta curiosità. Incarno il lettore medio, mediamente istruito, mediamente dotato di capacità critica rispetto alle informazioni che riceve quotidianamente.
Confesso che a fine lettura sono rimasta piuttosto basita. Credevo di aver a che fare con un volume che proponesse un’alternativa alla normale psicoterapia. Un volume capace di svelare a tutte le donne (già dal titolo gli uomini paiono esclusi, e su questa stigmatizzazione vagamente sessista chiudiamo la parentesi) come affrontare i meandri del male oscuro senza ricorrere a Prozac, Valium e compagnia. Credevo di avere a che fare con un testo che proponesse nuovi studi legati alle terapie comportamentali, oppure che so, un’inedita lettura di Lacan, una rivisitazione di Freud in salsa piccante con annessa applicazione di certe teorie psicoanalitiche. Quel Ce la faccio da sola pareva annullare la presenza del terapista, come a suggerire: sfoglia il volume, avrai la chiave della tua guarigione. Dai manuali pro-benessere che intasano le librerie americane – e ormai anche le nostre – questo ci si aspetta. Eppure no.

#CriticaNera: Brian Panowich, "Bull Mountain"

Bull Mountain
di Brian Panowich
NN Editore, 2017
traduzione di Nescio Nomen

pp. 304
18 (cartaceo)



Le umane debolezze sono, da che mondo è mondo, un segmento di mercato ben preciso e circoscritto, oggetto di estrema attenzione in quanto area di sviluppo potenzialmente inarrestabile e illimitato, nonché fonte inesauribile di spinte all'innovazione e alla creatività.

Innovazione e creatività sono – appunto – il carburante che permette il funzionamento della macchina produttiva della famiglia Burroughs, protagonista del romanzo di cui andremo a parlare, che ha fatto dell'evoluzione la principale ragione di successo ininterrotto da oltre cinquant'anni, passando dalla distillazione di moonshine (di ottima qualità, peraltro) alla coltivazione di marijuana e, per stare al passo con i tempi, alla produzione di metanfetamine.

#RileggiamoConVoi - Relax e viaggi per Pasquetta

Foto di ©DeboraLambruschini


Buona Pasquetta, lettori! 
Vi immaginiamo in splendide gite fuoriporta, pronti a rilassarvi prima di tornare al quotidiano. Per quest'anno abbiamo deciso di accompagnare il vostro viaggio con alcuni consigli di lettura dedicati che ci permettono di viaggiare con la mente, perfetti da portare in treno questa sera o per accompagnarvi nei prossimi giorni! 

Ottima giornata e splendide letture,
La redazione

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#RileggiamoConVoi - A tavola per gustare Pasqua

Foto "gustate" da +Debora Lambruschini 

Buona Pasqua a tutti! 
Si sa che a Pasqua, mediamente, si dedicano poche ore ai libri e tante alla buona cucina e allora... abbiamo pensato di portare un po' di letteratura a tavola, tra saggi, romanzi e curiosità! 
Vi consigliamo libri che non scadono, buoni a pranzo, a cena e persino per chi è a dieta. Li potete divorare di giorno o di notte, da soli o con qualcuno, accompagnandoli con un buon tè o anche con un bicchiere di vino (o di digestivo, se dopo il pranzo di Pasqua!). 

Tanti auguri,
La Redazione

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Pillole d'Autore: "Marembo" di Dorcy Rugamba

La mia famiglia è scomparsa in un solo giorno, è successo tutto in tre quarti d'ora. Era il sette aprile mille novecento novanta quattro alle dieci del mattino. Non erano previsti cicloni, i cuculi cantavano, i vulcani tacevano, il Nilo dormiva tranquillo nel suo letto. Da infinite generazioni abitavamo una terra generosa. La nostra unica sventura, in quello scorcio finale del ventesimo secolo, ci venne dal fatto di convivere con uomini ideologizzati.


Ruanda, 1994, collina di Kimihurura: l'inizio di questo libro coincide con una fine, la fine dei tempi. L'autore parte dal mattino che ha visto la distruzione della sua famiglia, momento nel quale si rispecchia lo sterminio di un'intera nazione. Si fa fatica a esprimere il senso di una condanna totale che ha coinvolto migliaia di famiglie in tutto il Paese: la sfida è trovare una lingua per descrivere il dolore. 
Dorcy Rugamba, attore, regista teatrale, ballerino e scrittore, ci prova usando la lingua nativa, quella della madre e delle madri, il kinyarwanda. La ricerca linguistica diventa nel libro ricerca di senso: è solo attingendo alle parole di un vocabolario d'origine che si può tentare di cogliere la dimensione di un evento epocale nella vita del singolo e della comunità. Per dieci anni Rugamba si è arrovellato alla ricerca di una spiegazione, il suo è il percorso del superstite destinato a convivere con le conseguenti presenti e future del male, sempre vertiginosamente vicino all'epicentro del dolore. 

#CriticaNera - La verità della sofferenza: dialogo con Alessandro Bastasi

Alessandro Bastasi, veneto di nascita e milanese di adozione, mi "accoglie" nella sua quotidianità un pomeriggio d'inizio primavera. La distanza Barcellona-Milano viene magistralmente colmata da Skype, che ci regala l'illusione di stare nella stessa stanza. Con Alessandro condividiamo l'editore e forse per questo l'atmosfera è quella di una chiacchierata informale tra colleghi. Autore di diversi romanzi noir e racconti, con un passato di attore teatrale, Bastasi è in libreria da qualche mese con Morte a S. Siro, seconda pubblicazione personale per i tipi della F.lli Frilli Editori, che atterra negli scaffali italiani a un anno circa di distanza da Era la Milano da bere (F.lli Frilli Ed., 2016).

Sesso e distopia: "2031. Amore peccaminoso" di Leonarda Morsi

2031. Amore peccaminoso
di Leonarda Morsi
Pizzo Nero

pp. 187
€ 14,00

L'11 maggio 2028, in seguito ad un attentato terroristico in Piazza San Pietro che uccide il Papa e numerosi fedeli, viene proclamato il Nuovo Stato Pontificio d'Italia, che rivoluziona la vita della popolazione incentrandola sulla religione. Tre anni dopo Sara, una fotografa risparmiata dalla repressione cattolica per un suo scatto diventato per caso simbolo del risveglio cristiano, sta raggiungendo il Casale dell'amore, un luogo in campagna da lei creato per accogliere quanti non si sono piegati ai nuovi dictat oscurantisti e alla conversione forzata; lì passerà la giornata delle celebrazioni dell'anniversario della nuova era lontana da quel mondo che non approva. Non potrà esserci invece Matteo, il suo compagno, un magistrato incarcerato perché ritenuto una minaccia alla società e ai suoi valori confessionali. Quel giorno il rifugio ospita anche altre persone ed altre coppie, raccontate con lo scorrere delle pagine; storie di sesso, amore e resistenza.

"Le ore": Elogio dell'imperfezione.

Le ore (audiolibro)
di Michael Cunningham
Emons, 2017

Letto da: Isabella Ferrari
Regia: Flavia Gentili
Durata: 7h e 8m
Traduzione: Ivan Cotroneo
Edizione testo: 1999, Bompiani

€ 15,90 (cd)
€ 9,54 (mp3 zip)

"Viviamo le nostre vite, facciamo qualunque cosa, e poi dormiamo  - è così semplice e ordinario. Pochi saltano dalle finestre o si annegano o prendono pillole; più persone muoiono per un incidente; e la maggior parte di noi, la grande maggioranza, muore divorata lentamente da qualche malattia o, se è molto fortunata, dal tempo stesso. C'è solo questo come consolazione: un'ora qui o lì, quando le nostre vite sembrano, contro ogni probabilità e aspettativa, aprirsi completamente e darci tutto quello che abbiamo immaginato, anche se tutti tranne i bambini (e forse anche loro) sanno che queste ore saranno inevitabilmente seguite da altre molto più cupe e difficili. E comunque amiamo la città, il mattino; più di ogni altra cosa speriamo di averne ancora".
Basterebbero queste poche poetiche righe a descrivere Le ore, romanzo scritto da Michael Cunningham e vincitore del Premio Pulitzer nel 1999, qui riproposto in un audiolibro letto dall'attrice Isabella Ferrari.
L'intera narrazione è incentrata sulla vita di tre donne che vivono le loro esistenze in epoche e luoghi differenti, ma tutte accomunate da un'opera di Virginia Woolf: La signora Dalloway.
Il primo personaggio che Cunningham ci presenta è proprio la Woolf, vittima delle gravi crisi depressive che la condurranno al suicidio; il secondo è Laura Brown, madre e moglie nell'America degli anni Cinquanta vittima di profonda insoddisfazione; infine abbiamo Clarissa Vaughan, un'editrice che vive a New York nel 2001 con la compagna e la figlia e che si occupa amorevolmente anche dell'amico  ed ex fidanzato Richard, gravemente malato di AIDS, il quale anni prima le aveva affibbiato il soprannome di "Mrs. Dalloway" per via della rassomiglianza col personaggio nato dalla penna della Woolf.

«Ti auguro che il viaggio sia favorevole, qualunque cosa tu stia cercando». Matteo Caccia e la nobile arte di raccontare la vita

Il silenzio coprì le sue tracce
di Matteo Caccia
Milano, Baldini & Castoldi, 2017

pp. 192
16,00 (cartaceo)
9,99 (ebook)



Per chi non lo conoscesse, Matteo Caccia è uno dei talenti più limpidi dell'attuale panorama radiotelevisivo italiano: attore teatrale, conduttore radiofonico su Radio Due, scrittore. Tra le sue creazioni citiamo, a mero titolo esemplificativo, Amnèsia, sceneggiato in cui lo stesso speaker, dicendo di essere stato colpito da un'amnesia retrogada, ricostruisce pezzo dopo pezzo la propria vita, raccontando la propria esistenza al microfono della radio. Il programma divenne nel giro di poco tempo un vero e proprio cult, delineandosi quasi come un esperimento antropologico. Altra conduzione degna di nota che possiamo citare è quella di Una vita – viaggio nelle età di ognuno, splendido programma in cui si raccontavano le diverse fasi della vita, attraverso il racconto di una persona che sta vivendo quell'età, fino a coprire tutto l'arco di un'esistenza.
Il lavoro di Caccia si è, a poco a poco, distinto nel panorama radiofonico italiano poiché egli possiede uno straordinario talento, quello di raccontare storie. Lo storytelling, divenuto molto popolare negli ultimi anni, trova in Matteo Caccia un portavoce di eccezionale bravura, capace di entrare, con discrezione e incisività nelle pieghe più intime dell'anima di una persona, senza mai risultare invadente o eccessivo e capace, invece, di creare una profonda empatia con l'interlocutore, rendendoci partecipi della sua storia. L'efficacia dello storytelling di Caccia, infatti, sta proprio nella sua capacità di ascolto, e nella sua abilità a rendere trasversali vicende estremamente personali, in un'ottica antropologica e profondamente umana, a riprova di quante cose accomunino gli esseri umani tutti. Matteo Caccia, insomma, possiede la nobile arte di raccontare la vita, quella reale, in tutte le sue sfumature, e ha certamente gli strumenti narrativi adeguati per farlo.

Essere (o non essere?) Nanni Moretti

Essere Nanni Moretti
di Giuseppe Culicchia
Mondadori, 2017

pp. 264
€ 17,50

"Continuiamo così, facciamoci del male."
(Bianca, Nanni Moretti)

Bruno Bruni se si fa crescere la barba è uguale uguale a Nanni Moretti.
Bruno Bruni è uno scrittore fallito, lo stereotipo dello scrittore fallito, ossessionato dal sesso e dal mancato riconoscimento collettivo del suo straordinario talento. Fa il traduttore, campa e rosica male, sta con una pole dancer, lo stereotipo della bella(che balla)&burina che per giunta si chiama Selvaggia, e come sennò?, dalle velleità artistiche assolutamente sproporzionate rispetto alle capacità.
Bruno Bruni non lo sapeva, che se si faceva crescere la barba, sarebbe stato uguale uguale a Nanni Moretti.
E quindi per sbarcare il lunario, in questi anni di precarietà esistenziale, pensa che potrebbe essere una buona idea fingere di essere Nanni Moretti, andare a riempire quel vuoto che peraltro è lasciato tale dal leggendario regista che non ama la mondanità, inventandosi una serie di sopralluoghi per le location di un prossimo film - prendendo lo spunto dal celebre episodio del morettiano Caro diario - per farsi pagare viaggi, vitto e alloggio dalle amministrazioni comunali di tutto il Belpaese, ansiose di magnificare la grandezza del proprio orticello.

La scabra autenticità della miseria

L'Arminuta
di Donatella Di Pietrantonio
Einaudi, 2017

pp.  176
€ 8,99 (ebook)
€ 17,50 (cartaceo)



Nel mese dello svezzamento le due famiglie si erano spartite la mia vita a parole, senza accordi precisi, senza chiedersi quanto avrei pagato la loro vaghezza.
Una delle paure più forti di ognuno di noi: aprire gli occhi e scoprire che non siamo davvero figli di quella che chiamavamo madre fino a pochi momenti prima, ma che siamo stati adottati. Parte così L'Arminuta, questo straordinario romanzo di Donatella Di Pietrantonio, anzi parte dall'arrivo al paese dove si trova la famiglia vera della protagonista. Niente a che fare con il benessere e i vizi a cui la ragazzina era stata abituata: adolescente da poco, si ritrova immersa nella miseria di una famiglia numerosissima, ruvida come carta vetrata, ma pronta a dividere il poco che ha nel piatto con lei. E in pochissimo la protagonista si ritrova a dormire con i piedi della sorellastra Adriana in faccia, quando dividono il lettino che emana odore di urina e sogni inquieti. Non ci sono più le lezioni di danza, non c'è il mare, non c'è l'abbraccio di Adalgisa, quella che per anni si è fatta chiamare mamma. Ci sono solo le rudi attenzioni di questa nuova madre, che cela il suo sguardo attento ai dettagli dietro una finta noncuranza. Eppure si accorge che tra la nuova arrivata, "L'Arminuta" (la ritornata), e sua figlia Adriana si sta stringendo un rapporto strettissimo, che tuttavia non riesce a placare le domande della prima: perché ha dovuto andarsene? Tutti sono molto reticenti sulla malattia della madre adottiva e il non sapere annienta le notti dell'Arminuta, non avvezza allo stile di vita della sua nuova/antica famiglia:
La sua eccitazione mi stupiva. Quella brama degli occhi sopra le banconote. Io non conoscevo nessuna fame e abitavo come una straniera tra gli affamati. Il privilegio che portavo dalla vita precedente mi distingueva, mi isolava nella famiglia. Ero l'Arminuta, la ritornata. Parlavo un'altra lingua e non sapevo più a chi appartenere. Invidiavo le compagne di scuola del paese e persino Adriana, per la certezza delle loro madri. 

Marco Salvador, "Processo a Rolandina"

Processo a Rolandina
di Marco Salvador
Fernandel edizioni, 2017

pagine 128
Euro 12,00



Una vicenda misteriosa, dalle tinte forti, che si snoda fra calli e pòrteghi della Venezia del 1353 per approdare alle sale del tribunale e ai palazzi del potere. La storia vera di Rolandina Roncaglia, venditrice di uova il giorno e prostituta dopo il calar del sole, ammirata e ricercata per la sua grazia e la sua avvenenza:
In lei non vi era la sfrontatezza delle altre nell'adescare il passante, tantomeno la volgarità nell'esibire il corpo e nel promettere delizie. Anzi, sembrava una alla sua prima volta. Timida, quasi vergognosa del suo vendersi.

«Tutti cercano il loro pezzettino di senso. Qualche effimera cosa perfetta che possa renderli più vivi»

Le buone intenzioni
di Kate Tempest
Frassinelli, 2017

Traduzione di Simona  Vinci
pp. 327
€ 18.50 (cartaceo)


Lei viene da una lunga schiera di persone che hanno lottato come cani per tutto quello che hanno avuto. Che si sono spinti in posti impossibili. (p. 83)

Essere giovani ai tempi della crisi non è semplice: ogni singola cosa viene conquistata a qualsiasi costo, anche andando contro "le buone intenzioni" che ognuno si è riproposto. Così Harry, compressa in una identità che non sente sua, si trova a confrontarsi quotidianamente con la sua omosessualità e col sentirsi in trappola in un corpo di donna che le sembra estraneo. E sa bene che per riuscire a realizzare il suo sogno di aprire un locale deve continuare a vendere droga ai piani alti, nell'alta società di Londra per un altro po'. In ogni caso ha Leon al suo fianco, un fratello putativo, che ha condiviso con lei gioie e drammi familiari e che la segue come un'ombra, guardia del corpo pronta ad agire senza che nessuno se ne accorga.

Il riordino del mondo olimpico: "Bibbia pagana" di Giorgio Dell'Arti

Bibbia Pagana
di Giorgio Dell'Arti
Edizioni Clichy, 2016

pp. 475
€ 19,00




Un tempo il padre Crono era signore del mondo, ma il figlio suo, padre Zeus, un giorno si presenta e lo seppellisce sotto una montagna di pietre. In questo modo il padre Zeus diventa lui padrone del mondo.


A guardarla a posteriori, mi sono accorta che, finora, le tappe della mia esistenza come lettrice sono state segnate dal mondo mitologico. Da bambina, oltre alle regolari fiabe, mi venivano lette le versioni per ragazzi dell'Iliade, dell'Odissea e delle vicende degli dei del monte Olimpo. La Dami Editore pubblicava delle splendide versioni illustrate per ragazzi con adattamenti di testo complete ed accurate. Da studentessa di liceo classico, ho rincontrato quelle storie così affascinanti nella loro versione originale. La bellezza della narrazione a tratti si scontrava con la difficoltà della grammatica, a volte veniva esaltata dalla metrica della lingua originale e dalle costruzioni tra l'aulico e il volgare. Trovare forme scurrili "antiche" era fonte di grande divertimento per degli adolescenti. L'anno scorso è uscito per Clichy, Bibbia Pagana, ad opera di Giorgio Dell'Arti, rientrato nella rosa di candidati al Premio Strega 2017. Non ho potuto esimermi dalla lettura come mio ulteriore passo all'interno del mondo mitologico greco.

#CriticaLibera - Il sangue e la parola: divagazioni leggendo Rupi Kaur

milk and honey
di Rupi Kaur
Tre60, 2017

pp. 204
€ 12 (cartaceo)
€ 6,99 (ebook)


È l'aver a che fare quasi quotidianamente con gli adolescenti che permette di comprendere la necessità di un'opera come quella di Rupi Kaur (di cui Gloria ha parlato più organicamente qui). Non si tratta tanto di come sia, o cosa pensi, l'adolescente medio (sarebbe illogico e ingiusto generalizzare), ma del contesto in cui è inserito: dell'aria che respira, del linguaggio che apprende, delle idee da cui viene circondato. Anche i più sensibili, anche i più intellettualmente prudenti vengono toccati, subiscono la tentazione della facilità, della semplificazione, dell'applicazione di etichette. È normale, è connaturato all'età, è a tratti pericoloso, se non viene esercitata una censura da parte dello spirito (auto)critico, una continua revisione del proprio pensiero. La deriva che controllano è un vascelletto leggero, richiede un continuo aggiustamento di rotta. Tanti ci provano, va detto, anche senza bisogno di aiuto o supervisione esterna. Alcuni ci provano e non riescono (io forse sono stata un'adolescente di questo tipo, per cui il fallimento era uno sprone a ritentare). Altri non provano perché non ne comprendono la necessità. A questi soprattutto proporrei la lettura di milk and honey, come pungolo, come punto di leva per uno spiazzamento, ma più propriamente potrei dire scardinamento, dei luoghi comuni in cui galleggiano, da cui a volte si lasciano affascinare. In una poesia famosa, manifesto della sua poetica, J. G. Ballard diceva di credere "nella farsa della geometria, nella crudeltà dell’aritmetica, negli intenti omicidi della logica". Ho sempre percepito l'ambiguità di questi versi: da un lato la necessità di interpretare il mondo, di applicare griglie per leggerlo meglio, dall'altro la spietatezza della catalogazione, della volontà di ridurre tutto a una norma fissa, a qualcosa di rigido e conosciuto - e perciò rassicurante. C'è sempre un momento, in ogni anno scolastico, davanti ad ogni classe, in cui un insegnante deve ricordare agli studenti che le etichette ammazzano la gente. Che non si può forzare tutta la realtà all'interno di contenitori forniti dall'esterno, come quei giochi per bambini in cui per ogni formina colorata esiste una e un'unica sede. Questo ci diceva Ballard e questo ci ripete oggi Kaur.