Napoli, L'altra madre di Andrej Longo

L'altra madre
di Andrej Longo
Adelphi, 2016

pp. 197
€ 17 (cartaceo)




L'altra madre: dal titolo mi aspettavo una storia diversa, una storia di gravidanze difficili, di maternità sofferte. Invece il testo di Andrej Longo, uscito nel per Adelphi qualche mese fa, parla di destini che si incrociano, come solo può accadere nelle storie della Vita.
La città di Napoli, in una tiepida primavera di qualche anno fa che potrebbe essere questa estate, accoglie le vicende di due (o meglio quattro) vite che scorrono parallele, ma destinate a unirsi.
Genny ha sedici anni, è un ragazzino sveglio e volenteroso, lavora in un bar di via Toledo, ha la lingua lunga, la sicurezza spavalda e un po' arrogante, ma non cattiva, dell'adolescenza e vola sul suo motorino. Sua madre ha quarant'anni, ma un brutto tumore la rende stanca, più vecchia di quel che è, consumata e senza più ossigeno. Fa gli orli ai pantaloni del vicinato, venti orli a ottanta euro, e ogni tanto si prende una pausa per farsi i tarocchi.
Tania invece di anni ne ha quindici, va a scuola, gioca a pallavolo e le piace sognare, uscire con le amiche, stare in compagnia, sognare i bei vestiti delle vetrine del centro. Irene, sua mamma, fa la poliziotta, un mestiere che deve fare i conti con le difficoltà quotidiane della città all'ombra del Vesuvio. È una donna indipendente e caparbia, con un amore infinito per la sua bambina.

Due figli e due genitori, una simmetria perfetta che collega quattro persone apparentemente così distanti: due quartieri diversi, due culture diverse, due lavori e aspettative di vita totalmente opposte, ma lo stesso rapporto viscerale alla base.

Genny ha capito come funziona per le strade di Napoli: devi stare attento ai sì e ai no che dici. Lui vorrebbe tenersi lontano dalle dinamiche del bar di Pinuccia, che non è quello chic in cui lavora, ma quello che frequenta la sera, dove trova i suoi conoscenti, i suoi amici, spesso più grandi di lui e con tutta un'altra condotta di vita. Un po' di spaccio, tante risse, qualche scippo. Sa che è meglio stare alla larga da queste cose, è sua madre che glielo ricorda ogni giorno, con il filo di voce che le è rimasto. Però ci sono dei no che non puoi pronunciare, che comprometterebbero certi rapporti con qualche ragazzo più grande e più potente di te. E invece dire sì in certi casi ti fa sentire come loro, parte di un gruppo, accettato dagli altri preso in considerazione anche solo perchè sai guidare il motorino come nessuno e sei la persona adatta a scippare due ragazze in una strada del Vomero. Una delle due ragazze è Tania.

Da questo istante le vite di Irene e Genny sono unite, involontariamente e per sempre in questa assurda coincidenza. Irene, da poliziotta impeccabile, si trasforma in una detective privata determinata a volere farsi giustizia da sola. Ma l'amore materno supera il dolore e talvolta il perdono e l'accettazione della tragedia portano a un passo avanti nella comprensione dei nostri sentimenti, anche quelli più istintuali e radicati in noi. Così mentre la vita della madre di Genny si spegne, distrutta dal tumore, gli si dà la possibilità di fare riferimento, di lì in avanti, ad una “altra madre”. Che può essere sì Irene, ma è anche la città di Napoli.

Napoli è la madre simbolica di tutti questi ragazzi cresciuti per le strade. Una Napoli che sembra voltare la faccia ai suoi cittadini, o magari sono proprio i suoi abitanti ad averla tradita. La città è descritta come un groviglio di strade, quartieri da evitare e scorci di straordinaria bellezza, apprezzabili semplicemente salendo le scale da cui è possibile scorgere il mare che luccica. Andrej Longo, Ischiano di nascita, costruisce la sua prosa (come già ha fatto nei suoi precedenti romanzi o racconti – pensiamo a Dieci o a Lu campo di girasoli) con molti dialoghi in dialetto, in un amalgama ben equilibrato e autentico, intenso come la città che racconta in questa toccante lettura estiva.