#Festadelpapà - Otto Frank e quel bisogno di vivere in armonia, nonostante tutto

Diario
di Anna Frank
traduzione di Arrigo Visa
Einaudi, pp. 306

L'invasione tedesca dell'Olanda segna l'inizio della fase più cruenta della Seconda Guerra Mondiale e dell'Olocausto. Due famiglie ebree tentano di sottrarsi all'orrore nazista, accettando di buon grado una reclusione forzata in un alloggio segreto allestito all'interno dell'edificio di Prinsengracht 263, nel cuore di Amsterdam, dove ha sede la società di cui è titolare Otto Frank.
Nel Diario, scritto dalla sua secondogenita Anna e pubblicato per la prima volta nel 1947 per espressa volontà dello stesso Otto Frank, affiora prepotentemente quella joie de vivre che impedisce alla giovanissima autrice di cedere alle insidie del disincanto e del pessimismo della ragione. Perfino nei momenti più bui, quando le notizie sconfortanti che giungono dal mondo esterno si intrecciano con i conflitti familiari esasperati dalla convivenza forzata, basta davvero poco per farle ritrovare il sorriso.
Anna è un'adolescente che, al pari dei suoi coetanei, sta imparando a conoscere se stessa per consolidare la sua vera identità. Il fatto che un grave evento bellico si stagli minaccioso sullo sfondo del suo microcosmo, nulla toglie a quell'urgenza di vivere assecondando le sue istanze più autentiche, L'incomunicabilità che avverte, a tratti, come una ventata di ostilità da parte della madre e degli altri ospiti dell'alloggio segreto, è mitigata dal rapporto di complicità che la lega al padre. A differenza degli altri, lui sa ascoltarla e comprenderla, ma anche rimproverarla senza condannarla o stigmatizzare aspramente la sua irruenza e la sua mancanza di diplomazia. Al contrario, si sforza di farle prendere coscienza dei suoi limiti attraverso un dialogo pacato, senza mai indulgere al rimprovero iracondo e stizzoso, come dimostra questa poesia che le ha dedicato in occasione del suo quattordicesimo compleanno:

Tu qui sei la più giovane sebben non più piccina
Ma la vita è difficile; la sera e la mattina
Tutti quanti s'affannano a farti la lezione,
E così te la contano in qualunque occasione:
"Ascolta noi adulti: ne abbiamo di esperienza!
La vita ci ha insegnato la sua sì ardua scienza",
Più si diventa vecchi e più cose s'impara;
Questa è la vecchia regola, pur se ti sembra amara.
Ogni nostro difetto ci sembra assai piccino,
Per questo critichiamo facilmente il vicino.
Perciò, buona, sopporta questi tuoi genitori,
Cerchiam di giudicarti senza falsi timori.
Tu lasciati correggere, bimba, non t'arrabbiare,
Anche se queste pillole sono talvolta amare.
E' meglio far così, per stare in armonia,
Mentre il tempo che passa il soffrir porta via.
Tu  qui rinchiusa leggi e studi tutto il dì,
Chi mai pensato avrebbe di vivere così?
Tu sei così fra noi un soffio d'aria pura
E solo ti lamenti: "Mi arriva alla cintura
La camicia più lunga e non ho più braghette.
Che cosa indosserò? Le scarpe sono strette,
Per metterle dovrei tagliarmi via le dita.
Oh Dio come mi angustiano i guai della vita!"

Anna ha accolto con grande gioia questo dono, e nel suo diario scrive:

Non trovi bella la poesia? Per di più sono stata assai viziata e ho ricevuto molte belle cose, fra l'altro un libro sul mio argomento preferito, la mitologia dei greci e dei romani. Nemmeno i dolci mi sono mancati; tutti hanno versato le loro ultime riserve. Mi hanno trattata come la beniamina della famiglia, onorandomi più di quanto io meriti.
Attraverso le pagine del Diario di Anna, ma anche attraverso le durissime prove che la vita  non gli ha risparmiato (è l'unico membro della sua famiglia ad essere sopravvissuto ai campi di sterminio), la figura di Otto Frank è un fulgido esempio di come l'armonia sia una risorsa essenziale per appianare i conflitti ma, anche e soprattutto, per far prevalere l'amore e il rispetto per la vita sempre e comunque.
Senza covare odio e risentimento, nonostante  tutto. Probabilmente è ciò che spinge Anna a scrivere nel suo Diario, solo due settimane prima che la polizia tedesca facesse irruzione nell'alloggio segreto:
Ecco la difficoltà di questi tempi: gli ideali, i sogni, le splendide speranze non sono ancora sorti in noi che già sono colpiti e completamente distrutti dalla crudele realtà.
E' un gran miracolo che io non abbia rinunciato a  tutte le mie speranze perché esse sembrano assurde e inattuabili. Le conservo ancora, nonostante tutto, perché continuo a credere nell'intima bontà dell'uomo. Mi è impossibile costruire tutto sulla base della morte, della miseria, della confusione. Vedo il mondo mutarsi lentamente in un deserto, odo sempre più forte l'avvicinarsi del rombo che ucciderà noi pure, partecipo al dolore di milioni di uomini, eppure, quando guardo il cielo, penso che tutto si volgerà nuovamente al bene, che anche questa spietata  durezza cesserà, che ritorneranno l'ordine, la pace e la serenità.
Intanto debbo conservare intatti i miei ideali; verrà un tempo in cui saranno forse ancora attuabili.