Quante e quali forme d'amore senza rinunciare a se stessi?

Lila
di Marilynne Robinson
Einaudi, 2015

pp. 280
€ 20


«Il futuro ci trova sempre cambiati» (p. 233). Lila lo sa bene, lei che è stata subito abbandonata, appena in fasce, e ha scoperto che niente è scontato, neanche l'identità. Il suo nome, infatti, arriva quasi per caso, come la madre adottiva che ha pietà per quel fagotto di stracci, ossa e sangue, e la porta con sé attraverso anni di stenti, a mendicare qualche lavoro qua e là. Ma Lila non recrimina la povertà della madre adottiva Doll, perché la donna ha saputo dare tutto l'amore possibile, e una protezione quasi carnale. Non c'era spazio per la spiritualità, per Lila, finché il suo orizzonte era delimitato dalla gonna di Doll e dalla cerchia ristretta dei vagabondi con cui vivevano... Ma poi qualcosa, qualcosa di traumatico e difficilmente rimasticabile, ha lasciato Lila da sola, e l'ha portata a viaggiare fino a Gilead. 

#CritiCOMICS - Il fantastico mondo dei Peanuts in mostra a Milano presso Wow Spazio Fumetto (fino al 10 gennaio 2016)

Volete trascorrere un pomeriggio un po' diverso dal solito, in sintonia con quell'alone ovattato e quasi surreale che funge da ideale spartiacque fra i bagordi natalizi e la quiete prima del Veglione di Capodanno (e anche oltre)? Siete alla ricerca di uno spunto all'insegna, per così dire, di un disimpegno arguto e intelligente per grandi e piccini? Se vi trovate a Milano e dintorni, vi suggerisco di visitare la mostra Il Fantastico mondo dei Peanuts presso il Museo del Fumetto, dell'Illustrazione e dell'Immagine animata (meglio noto come Wow Spazio Fumetto). Ogni pomeriggio, fino al 10 gennaio (tranne il lunedì, il 31 dicembre e il 1° gennaio), potrete ammirare questa esposizione che lo Spazio Wow ha allestito in collaborazione con BIC Licensing per festeggiare il sessantacinquesimo anniversario della nascita dei Peanuts, salutato anche dall'uscita nelle sale di Snoopy & Friends.
La mostra è caratterizzata da un doppio percorso tematico e cronologico che permette al visitatore di passare in rassegna le tappe salienti dell'evoluzione seguita sia dai contenuti delle storie dei Peanuts, spesso ispirati alla cronaca del momento, sia dalla grafica, sull'onda delle tecnologie sempre più innovative succedutesi nel corso degli ultimi decenni.

Anche Corto Maltese ha risalito un cuore di tenebra

Oltremare
di Marco Steiner
Sellerio, 2015


pp. 288

14


C’era una volta Hugo Pratt e poi c’era una volta… anzi no, Corto Maltese è immortale. Semmai ecco un ragazzo di bottega, Marco Steiner, bottega di Pratt, che ha preso a pubblicare con Sellerio romanzi che affondano nella prima adolescenza di Corto. Marco Steiner può permetterselo perché fra un rito vudu e l’altro, o forse maori, il destino gli ha concesso di diventare il principale collaboratore del grande fumettista. E da quest’ultimo, a forza di immergersi in ricerche e filologia, ha mutuato la capacità di raccontare.

Ecco allora, dopo “Il corvo di pietra”, gaelico e sicilianissimo, la nuova avventura di un Corto che sta facendo esperienza: in “Oltremare” si balla il sirtaki, si fumano narghilè e si risale il Mekong. Dall’Egeo a Istanbul, da Venezia ad Angkor. Corto Maltese è il simbolo complessivo di un desiderio di viaggio e conoscenza. E la conoscenza è evoluzione, è qualcosa di alchemico che progredisce, si trasforma. Corto apre porte, Corto è la curiosità. È un modo di essere grazie al quale si entra in mondi diversi.

#CriticaNera - Giulio Piccini (Jarro), L'assassinio nel Vicolo della Luna



L'assassinio nel Vicolo della Luna (1883)

di Giulio Piccini (Jarro)


Edizioni Rogas, 2015



pp.300









Firenze, anno di Grazia 1831. Un uomo viene accoltellato in un vicolo del vecchio ghetto. Nonostante l'arresto del presunto colpevole, molti aspetti di questo delitto rimangono incomprensibili e irrisolti, e sono diversi coloro – tra i quali un poliziotto e un giudice istruttore – che non sono convinti di aver catturato il vero responsabile.



Questa in estrema sintesi la trama di una singolare crime story scritta nel 1883 e ambientata mezzo secolo prima, nella Firenze preunitaria. Il primo volume delle Inchieste di Lucertolo, ripubblicato dopo oltre un secolo, è in realtà una sorta di preludio all'effettivo lavoro di investigazione sul delitto che avrà termine nel secondo volume dal titolo Il processo Bartelloni, in cui la figura di Lucertolo, in questo primo volume appena abbozzata, avrà modo di entrare in scena e di svolgere appieno il suo ruolo.


#CritcArte - Adolfo Wildt “L’ULTIMO SIMBOLISTA”

Dal 27 Novembre 2015 al 14 Febbraio 2016
GAM Galleria d’Arte Moderna di Milano

Adolfo Wildt “L’ULTIMO SIMBOLISTA” 

Dal 27 Novembre 2015 al 14 Febbraio 2016 la Galleria d’Arte Moderna (GAM) di Milano celebra tra le sue sale il genio artistico di uno dei più grandi scultori del nostro tempo: Adolfo Wildt.

La mostra è diretta da Paola Zatti, conservatore responsabile della Galleria e promossa dal Comune di Milano | Cultura con la straordinaria collaborazione dei Musées d’Orsay et de l’Orangerie di Parigi, con cui la rassegna milanese condivide il progetto scientifico e la curatela, inoltre è realizzata nell’ambito della partnership triennale fra la GAM e l’istituto bancario UBS.

Sem di Gianluigi Gasparri: tutti, almeno una volta, siamo arrivati primi

Sem
di Gianluigi Gasparri
Leone Editore, 2015
pp. 313
€ 12,90

 Genesi 11,10-26

10 Questa è la discendenza di Sem:
Sem aveva cento anni quando generò Arpacsad, due anni dopo il diluvio;
11 Sem, dopo aver generato Arpacsad, visse cinquecento anni e generò figli e figlie

Sem è la storia di uno spermatozoo. Sì, proprio così, è la storia di uno spermatozoo troppo cresciuto e mai nato il quale lotta, con tutta la “forza” della sua testolina e della sua codina “capta-pensieri” perché gli venga riconosciuto il diritto di esistere. Nel libro edito da Leone Editore di Gianluigi Gasparri, vulcanico e prolifico autore, si parla di tematiche molto importanti (il sistema giuridico statunitense, come vengono storpiate le notizie dai media e, naturalmente, il diritto all’esistenza) attraverso uno stile caustico e canzonatorio. Una specie di  Tutto quello che avreste voluto sapere sul sesso* (*ma non avete mai osato chiedere) in salsa nostrana.

#CriticaNera - La galleria degli specchi di Savage Lane

Savage Lane
di Jason Starr

trad. italiana di Barbara Merendoni

1Rosso, Parallelo45 Edizioni, 2015

pp. 304







Qualche volta la cosa più ovvia non è la verità

Si parte da una situazione apparentemente normale e banale: marito e moglie, Mark e Deb, di ritorno da una festa il venerdì sera, litigano in macchina perché secondo lei, lui stava flirtando troppo palesemente con la vicina di casa. Lui ovviamente nega con tutte le sue forze e la accusa di essere ubriaca e di essersi immaginata ogni cosa. Rientrando nella loro villetta in Savage Lane dove li attendono i figli adolescenti, il litigio si stempera nel ripassare gli impegni del giorno successivo: gli allenamenti di nuoto del figlio, le prove di ballo della figlia.
Sembriamo fissare lo sguardo su una comune storia di tradimento: Mark è vittima della noia matrimoniale, Deb è forse effettivamente troppo dedita all’alcol e Karen, la vicina divorziata, bella e molto attiva sul versante appuntamenti, appare come la classica gatta morta e sfascia matrimoni.

All'inferno fa freddo. La scrittura come liberazione e rinascita

All’inferno fa freddo. 
Racconti dal carcere
a cura di Antonella Bolelli Ferrera

Rai Eri, 2015
pp. 368  € 12,00


Sezione adulti

Nel sentir parlare del Premio letterario Goliarda Sapienza, che raccoglie e valorizza i migliori racconti scritti dai detenuti nelle carceri italiane, la mia prima reazione è stata di curiosità non certo libera da un moderato scetticismo. Mi sono offerta di leggere il volume attirata dall’idea, più che dalla speranza di imbattermi in una buona prova di letteratura. Mi aspettavo che, dato il contesto in cui si trovano inseriti gli scriventi, la valutazione sarebbe stata indulgente, che ad essere giudicati sarebbero stati i casi umani piuttosto che i racconti. Mi sbagliavo.

#CritiCinema : Only lovers left alive

Did you know that there is a diamond up there the size of a planet? It’s a white dwarf it’s a compressed heart of a star. But it’s not only a radiant diamond it also emits the music of a gigantic gong.

Da dove cominciare per descrivere la poesia struggente di questo film? Dalle numerose, bellissime immagini come questa, di un diamante lassù nel cielo che emette il suono di un gigantesco gong? Dalle atmosfere decadenti, notturne e malinconiche, tra Detroit e Tangeri, città fantasma di strade deserte, vicoli, vecchi teatri abbandonati, locali fumosi? Dalla colonna sonora, indie e tormentata, che come la musica ha un ruolo protagonista in questa storia? O, ancora, dalle innumerevoli citazioni letterarie, rimandi e cenni, esplicito omaggio o particolare nascosto, qui e là disseminati?
È un piccolo capolavoro di musica e parole, dove l’una non prevarica mai sull’altra, i dialoghi essenziali, il ritmo lento turbato da qualche momento di intensità. È l’immagine a parlare da sé, le inquadrature, gli sguardi dei protagonisti: Jim Jarmusch (Broken Flowers, Coffee and Cigarettes, Dead Man), in questo film presentato a Cannes 2013, regala al suo pubblico un momento di malinconica bellezza, una piccola perla che vale la pena riscoprire, fosse anche soltanto per la prova recitativa degli attori coinvolti, Tom Hiddleston, Tilda Swinton, Mia Wasikowska, John Hurt.
Storia d’amore, riflessione sulla fragilità della vita e la miseria umana, su amicizia e devozione, arte e scienza… e, si, sull’immortalità. Perché i protagonisti della storia, due amanti che si dividono tra Detroit e Tangeri, sono vampiri. Creature della notte malinconiche, affascinanti e selvatiche, più vicine al mito creato dalla letteratura che alla sua deriva cinematografica.

Il pieno e il vuoto della poesia: Varianze di Maurizio Giudice

Varianze
di Maurizio Giudice

Giuliano Ladolfi ed., 2015

pp. 32
 6



"Questo per dire quanto / resta di qua della pagina / e bussa e non può entrare, / e non deve". Così, con questa epigrafe-summa di Valerio Magrelli, il lettore viene cautamente introdotto nel micro-universo poetico di Varianze (Giuliano Ladolfi editore, 2015); così, con un invito, pacato ma fermo, a muoversi in maniera intelligente e discreta tra queste pagine, rispettando le zone d'ombra e i confini di una parola poetica che, distante dallo 'squadrare da ogni lato l'animo nostro informe', per dirla con il Montale degli Ossi, "resta di qua" a mostrare i suoi limiti e i lividi di una fragilità che è, in fondo, umana troppo umana. 
La stessa scelta dell'autore, Maurizio Giudice (catanese classe 1979), di affacciarsi al panorama poetico nazionale con una plaquette di soli tredici componimenti, più che frutto di "una concezione di poesia, vicina alla filosofia buddista, come pratica contemplativa di quel vuoto che l'ensō, il cerchio della simbologia zen, circoscrive e da cui le cose s'affacciano", come scrive Giuliano Ladolfi nella presentazione, sembra modellata su un'esperienza vissuta e sofferta che denuncia, alla fine (o all'origine) di tutto, una mancanza dilaniante: "Ho chiamato tutti tranne quel numero, / è rimasto sulla punta delle dita, imperfetto. / L'ho composto cinque volte stasera, / era un modo per averla vicina. / Le costole, le clavicole, strappate ai tasti, sono qui, / in una parte infinitesimale della mani". 
Un'esperienza, dunque. Che certamente viene rarefatta da un esercizio stilistico molto riuscito di essenzialità e sottrazione della dizione poetica, ma che con altrettanta evidenza non può prescindere dalla dinamica reale sottesa a un incontro: qui, drammaticamente, con i "tuoi occhi vuoti / mentre parliamo d'altro", come si legge in un testo che, rovesciando non senza significato il nomen dell'intera opera, si intitola Permanenza. E infatti quando l'io poetico dà 'voce' a questo incontro, grammaticalmente sintetizzato da una prima persona plurale, è sempre per mettere a nudo uno iato incolmabile o una precarietà di istanti o anni che rivela un'estraneità: "Calcoliamo il perimetro degli oggetti, / lontano dall'abitarli"; "Spenta l'ultima lampadina, restiamo / con le dita attaccate alla notte"; "Abbiamo attraversato vent'anni, / ma non sono serviti a renderci familiari". 
In questo scenario la parola poetica non consola; si ritira, lasciando il campo libero al deserto che avanza: 
Il deserto avanza: nella rubrica telefonica
i numeri hanno cambiato di posto,
non trovo più le facce, i luoghi, le date.
Il deserto sale, ripara le pieghe dei nostri passaggi.
Ma, ci permettiamo di chiosare, quella di Maurizio Giudice non è sfiducia nella potenza del dire, piuttosto è una lucida presa di coscienza dello scarto abissale tra la scrittura (che rende l'esperienza 'leggibile') e le sedimentazioni della realtà, che è come dire tra l'assenza nel presente e una presenza fantasmatica sempre collocata nella memoria: 
Le dita non trovano la strada, sono trasparenti
le costole, il ventre. Le dita non trovano più la strada
che le tue gambe, come un orologio,
segnavano così bene.
Il silenzio - o il vuoto buddista richiamato graficamente dalla copertina - allora non può bastare:
Così che il silenzio non basta,
bisogna raccontarlo, indicarvelo
col dito - un rumore
ininterrotto,
fermarsi: ecco. 
È qui, da questo fondo sonoro indistinto, da una lacerazione ininterrotta, che nasce il poeta. E la poesia. 


Pietro Russo

Lokabrenna: il punto di vista del bad boy del pantheon norreno




Il canto del ribelle
di Joanne Harris
Garzanti, 2015 

Traduzione italiana di Laura Grandi
pp. 320, € 16,90

Io ero il fuoco incarnato, un vero figlio del Caos, felice e libero. Be’ forse non del tutto libero. E neanche del tutto felice.

Anche se non fanno parte della nostra cultura e del nostro retaggio mitologico, ormai sono entrati nel nostro immaginario; complici gli action movies Marvel o le serie di ambientazione nordica, tutti abbiamo presente, almeno di nome, le figure di Thor, Odino e Loki e lo sfondo epico sul quale si muovono. Soprattutto la figura di Loki, bad boy del pantheon norreno, accattiva e conquista.
Joanne Harris, a tutti nota come l’autrice del fortunatissimo romanzo “Chocolat”, già da qualche anno ha abbandonato gli ambienti culinari e si è rivolta ad altri filoni letterari. Ci ha sottilmente inquietati con alcune opere più tendenti al noir come “Il ragazzo dagli occhi blu” e ha iniziato sfruttare la ricchissima vena della mitologia scandinava con la saga “Runemarks” di cui fino ad ora sono usciti i primi due volumi: "Le parole segrete" e "Le parole di luce". "Il canto del ribelle" ne è un piacevole e scorrevole prequel.

La psicosi contemporanea secondo Bret Easton Ellis

American Psycho
di Bret Easton Ellis,
Einaudi, 2001
Traduzione di Giuseppe Culicchia
1^ edizione originale: 1991

p. 522
€ 14
Pubblicato quattro anni dopo Le regole dell’attrazione, di cui rappresenta un’ideale prosecuzione, American Psycho riprende alcuni dei personaggi già conosciuti in quella sede per raccontare le vicende esistenziali di un gruppo di giovani dispersi (e disgregati) nel caos della metropoli contemporanea.
In questo nuovo romanzo, come nei precedenti, Bret Easton Ellis invita il lettore a sospendere ogni giudizio etico e costruisce un mondo di pura superficie, attraverso la sistematica citazione di marche di abiti famosi, arredamenti di lusso, alcool e droghe di cui tutti fanno largo uso. Le relazioni tra i personaggi sono basate esclusivamente sulle attrazioni momentanee e non sono mai esclusive, vengono sciolte e riallacciate sulla base del puro impulso. Le persone si muovono sulla scena come manichini, identificate esclusivamente dalla tonicità dei corpi e dall’abbigliamento prescelto: sono tutte interscambiabili e vengono continuamente misconosciute, confuse l’una con l’altra. Il tempo si disgrega in un eterno presente fatto di attimi e indifferenziati, mentre l’unico ordine che si può dare agli eventi è quello spaziale, determinato dalle descrizioni che si susseguono di una serie di luoghi della New York più in.

#CriticARTe - Steve McCurry “India”


Steve McCurry “India”

11 Dicembre 2015, Lecture presso IED di Milano


Steve McCurry ha incontrato la stampa e gli studenti dello IED, in una gremita Sala di Posa lo scorso 11 dicembre 2015, in occasione dell’uscita del suo nuovo capolavoro fotografico: “India”, 208 pagine e 350 immagini, edito da Electa. “Ho viaggiato per molto tempo in vari luoghi, ma il primo posto che ho visitato come reporter fotografico è stato l’India. La mia esperienza là è durata circa due anni e mi ha ispirato in modo tale da indurmi a ritornare spesso in quella parte del mondo. Penso che l’India sia molto affascinante per i suoi colori ... come se mi fossi trovato in una sorta di sogno La scelta delle foto è stata fatta come se si trattasse di un poema, un'enciclopedia sull'India, un diario sulle persone. Parla del mio viaggio e storie.” - così McCurry presenta il suo libro, che racconta con la consueta cifra stilistica dell’autore, caratterizzata da delicate composizioni e forza cromatica vivace, storie di incredibile bellezza, che si affiancano ad ombre feroci, resistuendo al lettore lo spaccato di una nazione permeata da contrasti accesi, all’interno della quale coesistono povertà assoluta e sconfinata ricchezza. Accade così che un sarto attraversi il fiume, immerso nell’acqua fino al collo, sollevando al di sopra della spalla la propria macchina da cucire; che il colore delle vesti di un monaco buddista si contrapponga al rosso della pubblicità della Coca Cola alle sue spalle. “India” fotografa il Paese dalle tempeste di sabbia del Gran Deserto ai villaggi bengalesi alluvionati, dal Kashmir al Kerala, dalle imponenti folle del Kumbh fino all’Himalaya.

La felicità è dietro l'angolo (se smetti di cercarla): la "legge del contrario" di Oliver Burkeman

La legge del contrario
di Oliver Burkeman

Mondadori, 2015

trad. italiana di Michele Piumini

pp. 216, 19 €



«La natura non ci ha solamente dato il desiderio della felicità, ma il bisogno; vero bisogno, come quel di cibarsi. Perché chi non possiede la felicità, è infelice, come chi non ha di che cibarsi, patisce di fame. Or questo bisogno ella ci ha dato senza la possibilità di soddisfarlo, senza nemmeno aver posto la felicità nel mondo. Gli animali non han più di noi, se non il patir meno; così i selvaggi: ma la felicità nessuno.»
(Giacomo Leopardi, Zibaldone, 27 maggio 1829)

Ho aperto La legge del contrario con grande fiducia, sicura che vi avrei trovato risposte e suggerimenti utili alla mia personale ricerca della serenità: pensare positivo, vedere il bello delle cose, cogliere il lato migliore degli eventi non fa per me, mi dicevo; Burkeman propone un metodo completamente contro-tendenza, perché non provare? Ero attratta soprattutto da quel sottotitolo: Stare bene con se stessi senza preoccuparsi della felicità. Semplice, diretto. Non mi ha deluso. La quarta di copertina recita: “un inno al potere del pensiero negativo”, ma c’è di più.

Questa è l'acqua. Secondo festival sonoro della letteratura. Reggio Emilia 18-20 dicembre 2015


Qualche anno fa una ragazza che si era laureata su un autore tedesco, tornata dalla Germania, dove era stata per scriver la tesi, mi aveva detto che per metà del tempo aveva lavorato con gli occhi e per metà del tempo con le orecchie, perché nelle biblioteche tedesche, oltre a consultare dei libri, aveva ascoltato molti file sonori [...]. Pensavamo che parallelamente all’archivio sarebbe stato bello fare un festival sonoro della letteratura [...] che ci sembrava potesse riuscire una cosa singolare e forse anche utile, ammesso che, come ci auguravamo, potesse servire per riavvicinare a una pratica, quella della lettura ad alta voce, che ci sembra molto legata alla natura della letteratura, ammesso che la letteratura abbia una natura.[1]
Il festival sonoro della letteratura nasce da un'idea di Paolo Nori per tornare a una dimensione orale della letteratura attraverso la lettura ad alta voce, pratica molto più antica della lettura individuale che svolgiamo oggi nel silenzio delle nostre stanze.
Nel luglio del 2014, con l'Arci di Reggio Emilia, viene organizzata la prima edizione del festival e quest'anno l'iniziativa si ripete a dicembre, dal 18 al 20, presso la Fonderia 39 di Reggio Emilia.

Stephen King, 22/11/'63

22/11/'63
di Stephen King
Sperling & Kupfer, 2011

Traduzione italiana di Wu Ming 1
pp. 767

disponibile anche in formato elettronico





Il mondo in cui viviamo non è di sicuro – con buona pace del Pangloss voltairiano – il “migliore dei mondi possibili”, tuttavia siamo sicuri che modificando quelli che riteniamo punti di svolta della Storia lo renderemmo tale? O piuttosto rischieremmo, dando agli eventi una direzione verso scenari imprevedibili, di creare situazioni potenzialmente peggiori?
Certo, è una speculazione oziosa e che non avrà mai una risposta, ma è un interrogativo inevitabile dopo la lettura di questo singolare diario di viaggio che ci permette di ritrovarci nell'America degli anni dal 1958 al 1963.

The Hollow Crown: dalla tetralogia shakespeariana un intenso adattamento televisivo


O for a Muse of fire, that would ascendThe brightest heaven of invention,A kingdom for a stage, princes to actAnd monarchs to behold the swelling scene!Then should the warlike Harry, like himself,Assume the port of Mars; and at his heels,Leash'd in like hounds, should famine, sword and fireCrouch for employment. [...]O, pardon! since a crooked figure mayAttest in little place a million;And let us, ciphers to this great accompt,On your imaginary forces work.

Shakespeare, fonte inesauribile di ispirazione da cui trarre nuove rappresentazioni, rivisitazioni televisive e cinematografiche, progetti culturali. Le passioni di quell’uomo che sembra egli stesso nascere direttamente dalla penna del Bardo, grazie alla loro universalità non smettono di essere attuali e di fornire materiale per mezzo del quale riflettere sull’indole umana, vizi, virtù, sentimenti. È il teatro del mondo, in cui fintanto che esisterà l’uomo sarà possibile rintracciare nell’opera shakespeariana quella stessa vita percepita dai suoi contemporanei, perché le passioni universali che muovono i suoi personaggi sono in fondo le stesse, immutate, di ogni tempo e luogo.
Cambiano ambientazioni, interpreti e letture, ma l’opera del drammaturgo inglese intriga registi – teatrali, ma sempre più spesso anche cinematografici e televisivi – e attori che con esso si misurano, segno anche di un interesse da parte del pubblico che non sembra conoscere crisi, soprattutto intorno ad alcune opere più spesso di altre oggetto di reinterpretazione. Tra i progetti più ambiziosi si colloca la miniserie del 2012 firmata – ça va san dire – Bbc, The Hollow crown, realizzata in occasione delle olimpiadi culturali inglesi: trasposizione televisiva della tetralogia shakespeariana di alcuni tra i drammi storici più intensi dell’autore: Richard II, Henry IV (diviso in due parti) ed Henry V. L’”enrieide” come è comunemente denominata, in cui dominano alcune delle tematiche più frequenti nei drammi storici del Bardo e che concorrono a rendere le opere ancora attualissime: tradimenti, congiure, intrighi, guerre civili, riflessioni sul potere e sulla natura della sovranità, nemici interni ed esterni, amicizia, conflitto generazionale, onore e patria.

#CriticaLibera - Un caffè, un incontro e un "amante giapponese"


Isabel Allende, L'amante giapponese,
Feltrinelli Editore, 2015.

Cosa succede quando due appassionate di letteratura si incontrano da Eataly per una chiacchierata e scoprono di aver appena finito di leggere "L'amante giapponese" di Isabel Allende?  Da questo suggestivo e piacevole pomeriggio letterario, nasce un'intervista dove si alternano due punti di vista che si intersecano sotto diversi aspetti. 


1.       Qual è stato il tuo primo incontro con Isabel Allende?

Arianna: Ho conosciuto Isabel Allende quando avevo sedici anni. Nessuno me ne aveva mai parlato prima di allora, all’epoca ero sprovvista di una connessione Internet (bei tempi!). Era estate, mi annoiavo, non avevo amici tranne i personaggi dei romanzi che leggevo. Entrai in libreria, lessi “Casa degli Spiriti” e ciò bastò a convincermi ad acquistare il libro. La lettura fu coinvolgente, non avrei mai immaginato che una protagonista tanto bizzarra potesse rappresentare al meglio la parte più misteriosa di me stessa.

Federica: Vivido è nella mia mente il momento in cui a 12 anni divorai il primo volume della trilogia per ragazzi scritta da Isabel Allende. Il nome dell’autrice non mi era affatto sconosciuto perché mia mamma ne è una sua accanita lettrice e molti dei suoi titoli erano già nella libreria di casa. Nessuno di questi, tuttavia, aveva attirato la mia attenzione, al contrario de La città delle bestie che mi colpì sin da subito. Un particolare mi scioccò durante la lettura: avevo la brutta abitudine di leggere con velocità le parti descrittive dei libri, vogliosa di conoscere le parole dei dialoghi. Questa volta, invece, rimasi incollata ad ogni singola sillaba del testo.

#CriticaNera. La nuova frontiera del disincanto. Intervista a Massimo Carlotto


Foto di @daniela zedda
Barcellona è invasa da un sole quasi irreale che dona alla pelle e agli occhi sensazioni primaverili, anche se è fine novembre. Il Mediterraneo si adagia placidamente sulla spiaggia del Somorrostro, un tempo quartiere di baracche popolate da gitani e oggi spazio invaso dai turisti di mezzo mondo, che non aspettano altro che farsi un bagno specchiandosi nelle pareti dell'Hotel Vela. Il mare nostrum sembra un grande lago, perfino i surfisti che nei mesi invernali popolano le acque più vicine alla costa oggi riposano. Un gabbiano cammina sulla sabbia lasciando una lunga scia di impronte e poi vola via in una direzione che a occhio e croce punta alle isole Baleari, a Minorca, a un altro Mediterraneo. Come diverso è il Mediterraneo che bagna le coste di Marsiglia, gli scogli di Genova, la spiaggia di Scicli in Sicilia e la laguna di Venezia. Un mare diverso, ma in fondo uguale, che unisce e non divide. Un mare nostrum, dei popoli che da millenni lo abitiamo, lo attraversiamo e lo osserviamo. Jean-Claude Izzo diceva che guardare il mare rende più semplice l'idea di felicità. A questo penso, al Mediterraneo, mentre sulla linea 1 della metropolitana di Barcellona percorro il tragitto che mi porta dal lavoro a casa, dove mi aspetta, a più di mille km di distanza in collegamento Skype, Massimo Carlotto. Il suo Mediterraneo è l'Adriatico, ma anche Marsiglia, la Provenza, Nizza. Carlotto è uno scrittore mediterraneo, uno scrittore noir, compagno, più che erede, di Jean-Claude Izzo. Perché se il marsigliese non ci avesse lasciato tanto prematuramente ne avrebbe scritte, ancora, di cose. Izzo e Carlotto sono quasi coetanei, separati da una decina d’anni, e i loro due personaggi, i loro occhi sul mondo, sono nati quasi insieme: l'Alligatore e Montale esordiscono a metà degli anni '90, quando la globalizzazione che ci ha investito nel nuovo millennio era appena una bambina. Ma Izzo, al contrario di Carlotto, non l'ha vista crescere.

Francesco Permunian 2/ Ultima favola: realtà nevrotica e fantasmatica salvezza

Ultima favola
di Francesco Permunian
Il Saggiatore, 2015

pp. 178
€ 16



Francesco Permunian ha plasmato una narrativa così singolare da sembrare un genere autonomo (come ha scritto Romano Fiocchi su Nazione indiana), che sta tra un raffinato umorismo di provincia e un realismo sordido, e Ultima favola (Il Saggiatore, 2015) ne è forse l’esempio più complesso e meditato, come prova la gestazione lunga una decina d’anni. Il romanzo sembra l’elaborazione di un lutto dove non regnano solo tristezza e malinconia, ma anche ridicolo, abietto e soprattutto grottesco, che vorrebbero produrre nel lettore ilarità, ragionamento e ripulsa.

La vicenda si svolge in Trentino negli anni Ottanta e il protagonista è un giornalista dell’«Eco delle Alpi» esperto in insignificanti fatterelli locali, Ottavio Denteamaro. Il cronista è reduce dalla remota e tragica perdita dell’amata ed è come bloccato nei ricordi, non riesce a vivere nella società e a rapportarsi a nulla se non con un profondo distacco e senso di vuoto, condizione che si riverbera anche sul fisico con imbarazzanti problemi digestivi e intestinali. Ottavio vivacchia costipato indagando sui pettegolezzi della zona, tentando malamente di rapportarsi con una normalità per lui irragiungibile: sembra un inetto di sveviana memoria, ma con un’attenzione al basso corporeo e alla fisicità tutta contemporanea. Lentamente nella sua esistenza si aprirà una piccola e sghemba speranza di affetto e serenità, prospettiva che si dovrà confrontare duramente con il fantasma della moglie che da tempo incombe su di lui. La vicenda è piena di divagazioni e piccoli avvenimenti, come d’altronde abbonda di personaggi colti da più o meno gravi manie e nevrosi raccontate nel dettaglio.

#piùlibri2015: l'impegno verso l'innovazione

Roma, domenica 6 dicembre.
Più libri più liberi, annuale momento d’incontro, scambio e riflessione, in cui circolano editori, promesse della letteratura internazionale, autori italiani, professionisti del settore, ma anche fumettisti, YouTubers, giornalisti, intellettuali e soprattutto lettori. Tutti, “per amore dei libri”.
Novità 2015 è lo spazio dedicato ai YouTubers, giovani protagonisti di innovative forme di narrazione online, capaci di attrarre l'attenzione di quelle fasce di pubblico oggi sempre più sfuggenti per l'industria editoriale.
Nella giornata di domenica sono stati due i protagonisti della scena nazionale: The Pills e Alessandro
"Shooter Hates You" Masala; i primi espressione delle scrittura seriale, che da rockstar del web conquistano il cinema, il secondo produttore di un notiziario (o show) su You Tube. L’attenzione nei confronti di queste nuove forme di comunicazione “culturale”, ha incuriosito studiosi e giornalisti, interessati a comprendere la cause del fenomeno. 
Alessandro Masala, ad esempio, con il suo notiziario online Breaking Italy, raccoglie gli ascolti di buona parte di giovani italiani tra i 18 e i 24 anni. Quali le ragioni?
«Probabilmente» spiega il giovane YouTuber «perché parlo come parlano loro, in maniera diretta, come fossi un amico».
In parole povere, è come se ci fosse una richiesta di accorciare le distanze tra informazione e pubblico e diversificare il linguaggio a seconda degli ascoltatori, ma anche di una cultura che sdrammatizzi; insomma, una richiesta d’informazione, ma con toni più smorzati.
Sullo stesso filone “demenziale” si collocano i The Pills, tre giovani attori che hanno realizzato tre milioni di visualizzazioni su YouTube, rappresentanti grotteschi della generazione precaria, disillusa e un po’ perduta dei trentenni italiani.

Continua il rapporto della fiera con le scuole e le università, non solo nel consueto “Spazio Ragazzi”, ma anche attraverso una serie di iniziative che va dagli alunni delle scuole primarie agli studenti universitari.
Restano i tradizionali incontri con gli scrittori italiani più amati. In sala Rubino, Dacia Maraini racconta gli anni della reclusione in Giappone: «i miei genitori erano libri-persona» dice «imparavano i libri a memoria e li raccontavano alla gente nel campo di concentramento».
Non solo, l’autrice parla di luoghi (come la Sicilia) dove ha conosciuto “la grande bellezza” e l’amore per il Barocco, spiega come la scrittura sia arte, creazione di uno stile e forma di artificio, «saper parlare non vuol dire saper scrivere», quello della creazione è un processo impegnativo e molto complesso. Per cui, come s’impara a scrivere?
«Le scuole di scrittura possono aiutare. Prima di tutto c’è il talento, l’artificio si acquisisce».


Nella stessa giornata, Andrea Camilleri ha presentato il suo ultimo libro Le vichinghe volanti e altre storie d’amore a Vigàta. Sala gremita per ascoltare la nascita delle storie dello scrittore siciliano, «io seguo un certo ritmo» dice «e quando vedevo, mi rileggevo la pagina ad alta voce e doveva suonarmi bene».
Non poteva mancare, a quarant'anni dalla sua scomparsa, un ciclo di omaggi e approfondimenti sulla figura di Pier Paolo Pasolini, dalla presentazione di un diario segreto La vita di Pier Paolo Pasolini prima di diventare Pasolini, scritto da Elettra Stamboulis e illustrato dal fumettista Gianluca Costantini, alle riflessioni sui maggiori autori del Novecento di Aldo Onorati.

Tra le personalità di spicco del panorama internazionale, lo scrittore sloveno Boris Pahor, che ha presentato il suo ultimo lavoro Quello che ho da dirvi. Dialogo tra generazioni lontane un secolo; libro nato dal confronto con un gruppo di diciottenni  su svariati temi, quali la guerra, l’identità, la lingua, la scrittura. 
Contemporaneamente, in Sala Rubino, la scrittrice, psichiatra e attivista Jean Shinoda Bolen, presentava il suo tredicesimo libro: Artemide. Lo spirito indomito dentro la donna.
L’autrice americana esalta la forza della mitologica dea guerriera, ponendola come archetipo interiore femminile e simbolo di lotta  e solidarietà. 
«I support the activism in every woman» dice Bolen, ma esistono delle donne che hanno l’archetipo di Artemide dentro di loro, queste non saranno mai delle vittime, saranno sempre delle donne che combattono.




Isabella Corrado

#CritiComics | L'inquietudine disneyana di "Jaybird"

Jaybird
di Lauri e Jaakko Ahonen
Elara, 2015

Traduzione di Armando Corridore

pp. 128
€ 24.00 

Nato nel 2012 da Lauri e Jaakko Ahonen e realizzato lo stesso anno attraverso una campagna di crowdfunding, Jaybird arriva in Italia nel 2014 grazie alle Edizioni Paoline che lo pubblicano integralmente all'interno del mensile Super G e che io trovo casualmente nella sala d'aspetto del mio gommista. Così, mentre lui smonta con mesi di ritardo gli pneumatici invernali dalla mia auto, io passo un sabato mattina in balia dell'angoscia e della tristezza scaturite in maniera inaspettata da questo fumetto.
Qualche mese dopo Jaybird non solo è tra i finalisti del Premio Gran Guinigi di Lucca Comics nella sezione Graphic Novel, (vinto ex aequo con La gigantesca barba malvagia) ma riceve anche due nomination agli Eisner Awards.
A distanza di un anno, Elara Edizioni inaugura la sua collana di fumetti ripubblicando Jaybird in un'edizione cartonata e di grande formato che rende giustizia alle tavole claustrofobiche di Lauri Ahonen.

#CriticARTe - "Guarda! Danno l'arte alla tivvù!". Una raccolta di saggi per distinguere tra buona e cattiva divulgazione

Arte in TV.
Forme di divulgazione

a cura di Aldo Grasso e Vincenzo Trione

Johan & Levi, 2014

pp. 181

euro 16,00

La lettura di Arte in TV. Forme di divulgazione (Johan & Levi, 2014) andrebbe consigliata indifferentemente al telespettatore distratto e al fanatico dei canali tematici, alla studentessa snob e al professore di storia dell’arte a corto di idee, agli amanti del bello e del brutto e ai curiosi di ogni età. E tutti gli arty people – da quelli più sprezzanti e blasé a quelli più miti, solo apparentemente più tiepidi – non avrebbero che da imparare da questa bella raccolta di saggi. C’è anzi da credere che il volume curato da Aldo Grasso e Vincenzo Trione potrebbe contribuire non poco a rivoluzionarne l’atteggiamento rispetto a quel palinsesto, tanto vario quanto vasto, rubricato, appunto, sotto la generica dicitura di “arte in TV”. Potrebbe, cioè, aiutare a selezionare l’offerta, e magari convincere che guardare una puntata di Passepartout o ascoltare un intervento di Flavio Caroli non costituiscano irredimibili peccati intellettuali; potrebbe, ancora, suggerire integrazioni audiovisive alle (spesso) noiosissime lezioni frontali ex cathedra, e addirittura, nella più rosea delle previsioni, stimolare l’acquisto di un volume monografico su Yves Klein o la visita alla mostra in corso nel museo vicino a casa. Ennesima conferma del potere della TV? No, dell’arte. A patto che la sua divulgazione sia condotta sotto le stelle felici di una programmazione ragionata e della buona comunicazione.

La filosofia della polvere di stelle

Dove va a finire il cielo e altri misteri dell’universo
di Licia Troisi
Mondadori, 2015
pp. 190, 17,00€



«I will be chasing a starlight until the end of my life». (Starlight, MuSe)
Odio la filosofia. O meglio, non ho idea del metodo per trovare ciò che di bello si cela nei meandri di questa disciplina. Sono sicura che qualcosa di splendido c’è, se chiunque parli con me di filosofia immediatamente cada in una sorta di trance mistica che gli fa brillare gli occhi e allargare il cuore. Il libro di Licia Troisi parla di filosofia? Non apertamente; ma la sensazione che si è impadronita di me è la stessa di quella ravvisabile nei soggetti precedentemente citati.

Francesco Permunian 1/ La polvere dell’infanzia: il peso dolceamaro del passato

La polvere dell'infanzia
di Francesco Permunian
Nutrimenti edizioni, 2015

€ 15
pp. 160



La memoria costruisce la persona, eppure quando i ricordi si fanno scomodi – per felicità interrotta o per trauma subito – il passato diventa una torturante corona di spine che siamo obbligati a indossare. È questo triste copricapo che ossessiona Francesco Permunian da tempo e in  La polvere dell’infanzia e altri affanni di gioventù (Nutrimenti, 2015) lo descrive con uno sguardo sincero ed elegiaco, con la consapevolezza che un mondo scomparso si aggrappa alla sua penna per non svaporare nelle brume della palude.
L’autore polesano, trapiantato sul Garda, è riconosciuto sia da Silvano Nigro che da Cortellessa, sia da Maria Corti che da Massimo Onofri (per fare solo i nomi più blasonati) come una delle più originali voci del panorama italiano contemporaneo. Scrittore che rifugge sia dagli steccati di genere sia dai salotti buoni della cultura, Permunian si è guadagnato questi riconoscimenti solo con la potenza narrativa derivata da un’urgenza espressiva tangibile. Le sue opere sono caratterizzate da una gran mole di personaggi descritti con un tono grottesco che mette in risalto le piccolezze e le mostruosità, ma che al medesimo tempo ne svela anche l’umana disperazione. Un altro segno distintivo è la lingua che passa da un frequente vocabolario raffinato, che non disdegna il preziosismo, ad un registro sconcio, con influenze popolari.

Poesia come fuoco e meraviglia: "Adesso è tornare sempre" di Pietro Cagni

Adesso è tornare sempre
di Pietro Cagni

Le Farfalle, 2015

pp. 64
 10



Ogni tanto, cioè molto di rado in verità, accade che qualcosa ci ricordi che leggere un libro di poesie dovrebbe essere un'esperienza di ininterrotto stupore. A cominciare dal titolo e fino all'ultimo verso. Dovrebbe: perché libri del genere - non semplici sillogi o autoantologie ma organismi vivi che hanno per l'appunto l'unità e la necessità interna del 'libro' - non capitano tutti i giorni tra le mani (e neanche negli scaffali, tarlati o online, delle librerie).
A questa seconda categoria appartiene sicuramente l'esordio poetico del catanese (ma palermitano di nascita) Pietro Cagni, classe 1990, che per i tipi eleganti e raffinati de Le Farfalle (felice progetto editoriale del poeta-editore Angelo Scandurra) pubblica Adesso è tornare sempreÈ, questa di Cagni, una scrittura potente quanto primigenia, animata da una grazia francescana che ri-scopre e ri-genera, nello spazio limitato e inadeguato della pagina, la luziana "maestà del mondo" già posta in esergo ("Che ho mai potuto dire / di te, maestà del mondo?"). Il "tornare" del poeta si delinea infatti come uno sguardo sempre inedito su una realtà vista con occhi di "meraviglia" e "candore" - lemmi-cardine del libro - che accrescono, senza mai pagare dazio a un eventuale rischio di naïveté, la sostanza della parola poetica. Proprio in virtù di questo sguardo il soggetto poetante non ha paura di chiamare le cose con il loro nome ("amore", "morte", "bellezza", "mancanza" e perfino - mirabile dictu! - "anima") e quindi di dare loro un peso specifico e collocarli nella giusta dimensione. E laddove questo "io" emerge con insistenza, già dall'attacco di alcuni testi per esempio ("io non dimentico la somiglianza"; "non mi ha creato la morte"; "io un candore così non l'ho più visto"), è solo per la necessità di palesare con chiarezza la sua natura profondamente relazionale. 

Signori si nasce? Cafoni pure. A lezione di buone maniere da Miss Caterina

Keep calm e smetti di fare il cafone
di Miss Caterina
Newton Compton Editori, 2015

pp. 256

Euro 9,90

«Anche la timidezza è una forma di maleducazione»
Paolo Villaggio intervistato da Maurizio Costanzo

Siamo tutti vittime, nella nostra vita, di episodi di maleducazione più o meno clamorosa: il fidanzato spilorcio che fa tanto di regalarci tre misere rose rosse, ammaccate e mal confezionate, protestando che almeno sono in numero dispari; l’amica di vecchia data, ben al corrente della nostra pericolosa allergia ai frutti rossi, che per dolce ci propone puntualmente torta/crostata/gelato alle fragole; la coppia al primo pargolo, così entusiasta del lieto evento da essere persuasa che la vita di chiunque desideri ruotare attorno alla triade pappa-cacca-nanna; la suocera, magari pessima cuciniera, che a tavola ci esorta a finire gli avanzi, “altrimenti si buttano”; la migliore amica di nostra moglie, talmente “migliore” che se ci incontra in sua compagnia ci ignora platealmente e non si toglie mai gli occhiali da sole (“peggiore” di lei è solo la persona che abbiamo sposato, che tace e acconsente); l’ex collega, con cui abbiamo perso i contatti da mesi (se non da anni), che pretende gratuitamente il nostro aiuto. Gli elenchi di ciascuno di noi potrebbero continuare ad libitum, e presumibilmente senza godimento alcuno: una cafonata bene assestata può suscitare travasi di bile più perenni di certi ghiacciai. Ma se raccogliere e indicizzare tutte le occorrenze assumerebbe i caratteri dell’impresa enciclopedica tanto rancorosa quanto scoraggiante, si può forse cominciare con un vaccino preventivo o, nel peggiore dei casi, con un antidoto: vale a dire, con la lettura – volontaria o coercitiva – di Keep calm e smetti di fare il cafone (Newton Compton Editori, 2015), l’agile manuale di buone maniere contemporanee, stilato dalla seguitissima blogger Miss Caterina (buonemaniere.wordpress.com).

#CriticaNera. L'ossessione della verità: "Per tutto l'oro del mondo" di Massimo Carlotto

Per tutto l'oro del mondo
di Massimo Carlotto
Edizioni E/O

Donna di jazz. Quando avvicinava le labbra rosse al microfono per attaccare Good Morning Kiss trattenevo il fiato per godermi ogni singolo istante. (6)
L'incipit di Per tutto l'oro del mondo proietta il lettore dentro le note che lo accompagneranno nella lettura del centinaio di pagine che seguono. Una donna e il jazz. In realtà Massimo Carlotto confonde le acque: la scena fa riferimento a un classico caso di corna, solo che l'amante finirà con l'essere proprio l'Alligatore. Questa pagina è infatti isolata dal resto del romanzo con l'artificio del prologo e avverte il lettore: tutto quello che succederà da qui in poi ha una colonna sonora che tu lettore devi avere bene in testa, una colonna sonora che ha il volto di una donna che canta blues in un locale della provincia veneta, il Pico's Club. Una donna che Marco Buratti deve sorvegliare e di cui finirà per innamorarsi, inevitabilmente come un fiume che sfocia nel mare.

Il capitalismo è morto, evviva il capitalismo: Come salvare il capitalismo di Robert B. Reich



Come salvare il capitalismo
di Robert B. Reich
Traduzione di Nazzareno Mataldi
Fazi Editore, 2015

pp. 290
€ 22

Scrive Paul Mason in un articolo apparso su The Guardian qualche tempo fa: “L’individualismo ha preso il posto del collettivismo e della solidarietà, mentre la forza lavoro mondiale, cresciuta a dismisura, somiglia a un proletariato, ma non ragiona né si  comporta più come un tempo. (...) Il capitalismo non sarà abolito con una marcia a tappe forzate, ma grazie alla creazione di qualcosa di più dinamico”. La tesi sostenuta dal giornalista britannico è quella secondo la quale, grazie alle nuove tecnologie e alle nuove tipologie di lavoro che da esse scaturiscono e scaturiranno, l’obsoleto capitalismo post-Ottocentesco verrà, una volta per tutte, spazzato via. Apparentemente il libro pubblicato da Fazi Editore, Come salvare il capitalismo di Robert B. Reich va totalmente nella direzione opposta. L'ex Segretario di Bill Clinton nelle quasi 300 pagine del volume “le tenta tutte” per proporre soluzioni innovative per “salvare” il capitalismo e prepararlo alle sfide dell’umanità. Ma quindi il capitalismo è morto, o comunque è destinato a morire in un futuro prossimo, oppure è destinato a resistere? Tutte e due le cose, un po’ sulla scia del motto goethiano del “Muori e divieni”.

Funes, che inganno la memoria. Viaggio dentro un racconto di Borges

Lo ricordo (io non ho il diritto di pronunciare questo verbo sacro; un uomo solo, sulla terra, ebbe questo diritto, e quest'uomo è morto), e ricordo la passiflora oscura che teneva nella mano [...] Ricordo il suo volto taciturno dai tratti di indiano, singolarmente remoto dietro la sigaretta. Ricordo (credo) le sue mani affilate d'intrecciatore; ricordo presso queste mani un servizio da mate, con le armi della Banda Orientale; ricordo a una finestra della sua casa una tenda gialla, con un vago paesaggio lacustre. Ricordo chiaramente la sua voce; la voce posata, nasale e un poco lamentosa dell'orillero antico...

"Una lunga metafora dell'insonnia"
, scrive Borges a proposito di Funes, o della memoria, racconto che apre Artifici, seconda parte della raccolta Finzioni (1935-1944, Buenos Aires, SUR).
L'incipit è scandito dalla figura retorica della ripetizione, quel "ricordo" che ci introduce nel mondo del personaggio Funes, subito dipinto grazie alla memoria - non infallibile ma "imparziale" - del narratore che dice "io".
Un volto taciturno, quasi nascosto dietro la sigaretta, le mani affilate, la voce posata, nasale, come un lamento. È tutto qui Funes, non ci serve sapere molto altro, l'io narrante lo ha già raffigurato magistralmente.