RileggiamoConVoi - febbraio 2014

Roma (Ponte Umberto I) in b/n - Foto di Elena Sizana, 08/02/2014

Cari amici,
rieccoci dopo un febbraio pazzerello, a darvi qualche consiglio di lettura. Come sempre, troverete novità e classici, con il link alle nostre recensioni o ad altri contenuti speciali per capire se il libro fa davvero per voi. 
E non dimenticate di farci sapere cosa ne pensate, poi! 

Buona lettura,
La Redazione


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Claudia consiglia: 
Joshua allora e oggi di M. Richler 
Perché: irriverente e unico, Richler in questo libro del 1980 regala una storia che prende forma grazie al filo della memoria.
A chi: a tutti coloro che hanno perso la testa per Barney Panofsky, eroe dei tempi moderni. In Joshua rivedranno le sue scorrettezze, il suo essere spregiudicato ma sempre incredibilmente irresistibile.

Ci rivediamo lassù: Lemaitre tra le stelle del Goncourt

Ci rivediamo lassù
di Pierre Lemaitre
Mondadori, 2013

pp. 456
cartaceo € 17,50
ebook € 9,99



«Quello che vedi non è esattamente la realtà, i tuoi pensieri sono evanescenti, i progetti sembrano miraggi, abiti in un sogno, in una storia che non è completamente tua.
E il domani non esiste.» (p. 415)
Queste righe potrebbero riassumere tutto Ci rivediamo lassù, romanzo che è valso a Pierre Lemaitre il prestigiosissimo premio Goncourt. Niente è come sembra: la storia si apre negli ultimi giorni della Prima Guerra Mondiale, quando i soldati sono ormai stremati e accecati da fame di massacro, e già domina il paradosso: «Più si spera nella pace, meno si confida nelle notizie che l'annunciano, un modo insomma per scongiurare la malasorte» (p. 11). Infatti, i soldati si sono visti passare davanti gli anni, le illusioni della guerra-lampo, le lettere dalla fidanzata e dalla famiglia, e ormai hanno capito «che la guerra non era altro che un'immensa roulette in cui le palline erano pallottole, e sopravvivere quattro anni rappresentava fondamentalmente un miracolo» (p. 18). Così anche per Albert Maillard, uno dei due protagonisti che incontriamo sul campo di battaglia, e rischiamo di perderlo dopo quaranta pagine, sepolto vivo da una montagna di terra per una granata scoppiata vicino alla buca dove Albert era caduto. Caduto? Sì, ma spintonato dal suo superiore Pradelle, perché Albert era stato testimone, suo malgrado, di un caso spinoso da insabbiare. Poco dopo, Albert esala l'ultimo respiro, che è tra le altre cose il respiro offerto dal fiato mefitico di un cavallo sepolto lì sotto. Si può iniziare un libro con un protagonista morto? Difficile, ma soprattutto non ce lo dobbiamo chiedere, perché Albert riprenderà a respirare poco dopo. 

I fotoromanzi Lancio: un pezzo di storia


In principio fu il feuilleton, il taglio basso dei giornali ottocenteschi, romanzo popolare a puntate, destinato ad aumentare le vendite dei giornali. Poi, nel 1947, un certo Stefano Reda va in giro per le case editrici proponendo l’idea pazza e innovativa di un fumetto che abbia foto al posto dei disegni. Solo la piccola casa editrice Novissima, consociata con la Rizzoli, accetta. Esce Sogno, un giornale di sedici pagine. I soggetti sono di Reda e di Luciana Peverelli, scrittrice di romanzi rosa. Dopo poco anche Arnoldo Mondadori pubblica un albo di fotoromanzi dal titolo Bolero (film).  A questi due va aggiunto il precedente Grand Hotel, i cui romanzi, però, erano solo disegnati.

Siamo nel secondo dopoguerra, le storie sono semplici e sentimentali, tante ragazze sognano e imparano a leggere. Le prime narrazioni sono sequenze di film famosi o adattamenti di romanzi della letteratura “alta”, come i “Promessi Sposi” di Manzoni, “I miserabili” di Victor Hugò, o, addirittura, della Bibbia. Col passare del tempo, i soggetti si moltiplicano e, a interpretare i fotoromanzi, sono chiamati personaggi dello spettacolo, come Raffaella Carrà, Giuliano Gemma, Sofia Loren.

Ma sarà la casa Lancio, dopo aver rilevato “Sogno”, a dare l’impulso maggiore al genere. Negli anni sessanta nascono le più importanti testate di questa editrice che diventa sinonimo di fotoromanzo: a Sogno si aggiungono Letizia, Charme, Marina, Kolossal e molte altre.
Il decennio di massimo splendore è quello degli anni 70. Si vendono cinque milioni di fotoromanzi il mese, quindici milioni di persone li leggono dal parrucchiere, nelle sale d’attesa dei medici, aspettando l’uscita in edicola o il prestito di un’amica.

Vita di una ragazza schiava raccontata da lei medesima: l'odissea di una donna nell'America schiavista


Vita di una ragazza schiava raccontata da lei medesima
di Harriet Jacobs
a cura di S. Antonelli
Donzelli, 2004

€ 22
pp. XXXV - 251

Tra le opere comunemente riconosciute come slave narrative, ve ne è una per molti aspetti più interessante delle altre, nel senso di originale e controversa, che dopo un’iniziale diffidenza circa la veridicità del racconto solo la critica novecentesca ha saputo rivalutare ed inserire a pieno titolo non solo nel genere sopracitato ma nel canone dei classici americani. L’opera in questione, che sottolineiamo fin d’ora non è un romanzo ma un’autobiografia, è Incidents in the life of a slave girl di Harriet Jacobs, racconto dell’esperienza della giovane ragazza schiava fuggita a Nord per sottrarsi alla violenza del padrone e trovare la libertà. Il libro viene pubblicato nel 1861, anno che vede gli Stati Uniti divisi nei combattimenti della Guerra Civile tra Unione e Confederazione; un momento storico difficile, che porta all’attenzione nazionale il problema controverso della schiavitù su cui si discuteva già da tempo (il movimento abolizionista nasce intorno agli anni Trenta del secolo) ma che ora diviene centrale nel tentativo di riunificare un paese attraversato da profonde differenze non solo economiche ma anche culturali e porre le basi per una nazione coesa e capace di riconoscere a tutti i suoi membri quei diritti inalienabili dell’uomo base dell’ideologia statunitense, primo fra tutti la libertà. Se infatti la tratta degli schiavi era stata abolita dal 1808, come è noto la condizione di schiavitù (oltretutto stato ereditario) resiste negli Stati Uniti fino appunto alla fine della Guerra Civile quando il Congresso approva quel tredicesimo emendamento fortemente voluto dal presidente Lincoln (assassinato proprio nel ’65 da un sostenitore dello schiavismo) che pone fine per sempre alla schiavitù (ma non purtroppo alla segregazione che assume ora impronta marcatamente razziale e che come sappiamo richiederà un lungo processo per arrivare alla conquista dei diritti civili).

Scrittori in Ascolto e #vivasheherazade - Incontro con Cristina De Stefano


Salone teresiano, Biblioteca Universitaria di Pavia
20 febbraio 2014, h. 17.30
Cristina De Stefano dialoga con Giorgio Boatti
Introduce Antonio Sacchi, dirigente del settore cultura della Provincia di Pavia


Cristina De Stefano, Oriana. Una donna,
Rizzoli, Milano 2013 (pp. 324, € 19,00)

Un pubblico fittissimo e gremito lo scorso giovedì ha presenziato al bell'incontro con Cristina De Stefano che, introdotta da Antonio Sacchi e presentata da Giorgio Boatti, ha raccontato il suo coraggioso percorso per scrivere la biografia di Oriana Fallaci. Si sa che la Fallaci ha sempre diviso i giudizi, e non ha mai suscitato indifferenza: la sua autonomia di pensiero l'ha aiutata a rifuggire da ideologie preconfezionate, ma il carattere spigoloso e ardito ha spesso scatenato critiche. Questo "fardello" non si è esaurito con la vecchiaia, e Cristina De Stefano lo testimonia: le sono servivi tre anni faticosi per riuscire a imparare tutto quel che doveva, e poi a dimenticarlo, procedura fondamentale a detta di tanti biografi, per riuscire a scrivere in una sorta di «momento sciamanico». A bloccare in parte l'autrice, la «vastità di Oriana», difficile da riassumere a parole, e poi qualche tratto caratteriale: tanto Oriana era avventata, quanto Cristina rifugge la polemica ed è molto riservata. 

"I camminatori" di Italo Testa, Premio Ciampi 2013

I camminatori
di Italo Testa
Premio Ciampi Valigie Rosse 2013

pp. 47


I camminatori è una raccolta di poesie legata al “Premio Ciampi” per la sezione italiana 2013 e per questo edito da Valige Rosse. O forse sarebbe meglio dire curato e stampato. Questo perché Valigie Rosse non è in realtà una casa editrice nel senso proprio del termine, quanto piuttosto uno splendido progetto culturale ed editoriale, indipendente e no profit. La collana di poesia è nata del 2010 in occasione della scomparsa del cantautore livornese Piero Ciampi (il nome stesso del progetto viene fuori dai versi di una sua canzone «Tu avevi preparato/ le tue valigie rosse/ e con tono deciso/ chiamavi per telefono un tassì») e i volumi che la compongono sono detentori del premio allo stesso Ciampi dedicato.

Il premio è composto da due sezioni, una di poesia italiana e una di poesia straniera, curate rispettivamente da Paolo Maccari e Valerio Nardoni. Si tratta di una sorta di riconoscimento alla carriera, che ha lo scopo di individuare voci affermate e solide del panorama letterario piuttosto che scovare poeti emergenti.

"La sete dei pesci" di Devis Bellucci



La sete dei pesci 
di Devis Bellucci
A&B Editrice, 2013

pp. 173




Il mio primo terrore è quello degli specchi, da quando ero bambino che raccontavo favole a me stesso se il nonno era al bar. Il mio secondo terrore è quello delle mani tese che salgono dal basso e il terzo di farmi sfruttare nel lavoro da altri uomini più impresentabili di me, siano essi clienti o padroni, e siccome il quarto terrore è quello del carcere, dove di solito cadono i fessi che rubano per non lavorare, l’unico modo per superare le secche lungo i fondali è indurre il cucchiaio degli altri a nutrirti, come la rondine imbocca i piccini […]. Il mio quinto terrore è avere uomini intorno che mi conoscono bene. Ovviamente anche donne. Francesca, per come mi faceva sentire abitato, mi conosceva bene.[1]

Filippo Zanardi, il protagonista del romanzo, è un giovane che sembra costantemente fuggire dalla propria identità. Studente fuori corso all’Università, finge di aver conseguito una fantomatica laurea in Scienze Politiche e in Giurisprudenza e di svolgere, a seconda delle situazioni che si dipanano nel romanzo, varie professioni. Ha un riferimento femminile che lo segue ovunque. Di Francesca, la donna per cui ha provato forse l’amore più importante della propria esistenza, è rimasto solamente un biglietto con un’interrogativa. Dove sei?
 È una figura che traspare continuamente nel romanzo; la sua presenza è continua, volutamente evocata da Filippo. Non è una ricerca ossessiva verso la donna quella del protagonista che sembra in un primo momento rimanere inerte di fronte agli accadimenti e incapace in qualche modo di reagire:

Il padre come specchio: Geologia di un padre di Valerio Magrelli

Geologia di un padre
di Valerio Magrelli,
Einaudi, 2013

€ 18
pp. 160




Solenni fontane, imponenti scalinate vegliate da statue, tempietti indecisi tra un nervoso barocco e un freddo razionalismo sono questi progetti dell’architetto Giacinto ad aprire il monumento aere perennius che Valerio Magrelli, suo figlio, gli erige con il suo libro. Duello di tratti grafici oppure medesima tendenza ad esternare la propria volontà di sfuggire alla fragilità? Parricidio o figliolanza? Forse entrambe.

Ma andiamo con ordine. Geologia di un padre è stato apprezzato dalla critica e anche dai lettori (ha vinto il Supermondello ed è arrivato in finale al Campiello) perché, con tutta probabilità, unisce alla velocità di lettura (capitoli brevissimi e intensi) una complessità e una delicatezza di sentimenti che colpiscono e fanno meditare. Il poeta, che da qualche tempo ha eletto la prosa come suo agone, ripercorre, attraverso frammenti riflessivi o lacerti mnemonici, la parte di esistenza condivisa con chi l’ha generato. Il discorso non risulta spezzettato, ma coerente come una confessione che procede per analogiche congiunzioni e per ritrovamenti occasionali, soffermandosi però con particolare perizia sul periodo del decadimento fisico del genitore e della malattia che lo destinerà alla morte. Il tutto variando i toni: dal grottesco al tragico, dal comico all’intimista. Raccontare la dissoluzione per uccidere e annullare meglio il potere della creazione e così poter innalzare sé stessi? Progetto troppo sordido, persino per un poeta! Mostrando le sotterranee affinità tra i due Magrelli, Valerio racconta sé stesso attraverso Giacinto come in una ricercata fusione di destini: il complesso edipico è superato, forse, ma sopravvive un’oleosa influenza: 
«È che mi sono accorto di essere ancora schiavo di un meccanismo mimetico da cui mi consideravo ormai in salvo» (p. 41).

"Corpi di Gloria" di Giuliana Altamura

Corpi di Gloria
di Giuliana Altamura
Marsilio, 2014

p. 176


Riva Marina brilla a picco sul mare, come se il cielo fosse caduto in terra e dell'universo lì fuori non restasse più niente.

Le giornate d'estate a Riva Marina hanno colori accecanti; il sole batte sulle facciate delle lussuose ville e si riflette sull'acqua trasparente delle piscine, ma quando scende la notte è più buio che mai.
Corpi di Gloria, romanzo d'esordio di Giuliana Altamura per Marsilio Editori, è impregnato di contrasti, nelle immagini come nei dialoghi. L'estate pugliese di un gruppo di ventenni è raccontata con l'esattezza di una scrittura che si confronta a viso aperto con la morte e la paura. La prima caratteristica del romanzo per me è il coraggio di andare al punto senza girarci troppo intorno, di descrivere lo smarrimento degli adolescenti senza affollarlo di parole ma racchiuderlo in immagini che bastano a se stesse.

La vita benevola o crudele. Comunque indifferente


Troppa felicità
(Too much happiness)
di Alice Munro
Einaudi, 2011 (2009)

pp. 327


Chiudi l’ultima pagina e sospetti che questo della Munro sia un titolo fuorviante. Poi vai oltre e trovi i ringraziamenti. Così troppa felicità non è tanto il sentimento prevalente di questa raccolta di racconti ma il titolo dell’ultimo. Dedicato a Sofia Kovalevskaja, matematica e romanziera di cui la Munro, così dice, si incuriosì immediatamente a causa della compresenza, nella stessa persona, di due discipline in apparenza antitetiche. Che riflettono il millenario confronto numeri-parole. «Il mio racconto si concentra unicamente sui giorni che precedettero la morte di Sofia, con alcune reminescenze del suo passato». Alla faccia della felicità.

Eppure è proprio in punto di morte che Sofia pronuncia la breve frase utilizzata nei titoli. Frutto di uno stato di delirio causato dalla malattia? Della visione della figlia Fufu al proprio capezzale e il senso, dunque, di avere lasciato una traccia significativa nel mondo? Proviamo a prendere in esame, dell’ultimo Premio Nobel per la letteratura, sia il sentimento sia il gioco narrativo, le reminescenze del passato che si accavallano, quasi arrancando, con il presente.

Aperitivo con Fabio Bartolomei | Incontri a cura delle Edizioni e/o






Non si vede in giro tanto spesso, Fabio Bartolomei, rispetta in pieno l'immagine dello scrittore schivo, riservato, un po' timoroso del confronto con il pubblico, seppure abbia tanto da dire.
Ha incontrato però alcuni lettori in un piccolo locale romano, in compagnia dell'editor Claudio Ceciarelli e dei fondatori della casa editrice Edizioni e/o: un aperitivo e le sue riflessioni su come si diventa scrittori. 
Decisamente insolito il modo in cui Bartolomei è stato pubblicato, racconta Ceciarelli, perché aveva inviato il suo manoscritto per email: nei mesi in cui la casa editrice decide di aprire agli invii per posta, in genere arrivano centinaia di proposte e davvero pochi vengono scelti per la pubblicazione, precisa Sandra Ozzola. Solitamente i manoscritti vengono segnalati.

Ceciarelli racconta di come il romanzo di Bartolomei, Giulia 1300 e altri miracoli, fosse già ad un ottimo livello, per cui sarebbe stato necessario solo un editing poco incisivo, data la predisposizione dell'autore al lavoro di rifinitura dei suoi testi, nonché all'autocritica.

Antonio Machado, un omaggio a settantacinque anni dalla morte


Nadie es más que nadie, porque - y éste es el más hondo sentido de la frase -, por mucho que valga un hombre, nunca tendrá valor más alto que el valor de ser hombre. (17)

Antonio Machado scrive queste parole nel 1936, quando la Guerra Civile è appena iniziata e Madrid si prepara ad una lunga resistenza. Siamo all'inizio di quel succedersi di eventi storici che culminano con la II Guerra Mondiale e l'Olocausto nazista; inevitabile quindi intravedere una relazione, suggestiva più che reale, con i versi di Primo Levi: “Considerate se questo è un uomo”. Dubito che lo scrittore torinese conoscesse il volumetto La guerra di Antonio Machado, ultima pubblicazione in vita del poeta sivigliano. Ciononostante, è innegabile che la temperie storica e l'esperienza che li travolse, seppur considerando le dovute differenze, fu inenarrabile, ineffabile, ancorata a quella dimensione del linguaggio che è difficile da rendere intellegibile.

Il dilemma del'ebraismo

La famiglia Karnowski
(Di mishpohe Karnovski)
di Israel Joshua Singer
Adelphi, 2013 

1^ edizione: 1943
pp. 494


Adelphi è come noto casa editrice di classe. Io le sarò grato in eterno perché presso i suoi tipi è stato pubblicato il Libro dei Libri, ovvero “La versione di Barney” di Mordecai Richler – mai mi stancherò di ripeterlo – ma al di là dei gusti personali, è evidente che grazie ad Adelphi abbiamo riscoperto negli ultimi anni scrittori dimenticati per molto tempo. Grandi scrittori: Sándor Márai, Irène Némirovsky sono i primi che mi vengono in mente. Adesso è la volta di Israel Joshua Singer, fratello maggiore del celebre Isaac Bashevis, premio Nobel per la letteratura e ritenuto l’impareggiabile cantore dello scomparso mondo yiddish.

"Sorteggio" di Lorenzo Chiuchiù




Sorteggio
di Lorenzo Chiuchiù
"La Sabiana" Marietti 1820, 2012

pp. 75
€ 13,00


Lorenzo Chiuchiù è una delle voci più promettenti del panorama letterario nazionale, tanto per usare un’espressione terribilmente ordinaria. In realtà di ordinario c’è ben poco. A partire da quel cognome che sembra preso in prestito dalla tradizione poetica italiana. L’onomatopea di Pascoli divenuta il cognome di un predestinato.

Nato a Perugia, classe 1973, Lorenzo Chiuchiù è alla seconda raccolta di poesia, intitolata Sorteggio e pubblicata nella collana “La sabiana”, diretta da Davide Rondoni per l’editore Marietti 1820. Il volume è uscito nel 2012. L’esordio risale invece a qualche anno prima, al 2005, con la pubblicazione di Iride incendio per la prestigiosa collana “Niebo” diretta da Milo De Angelis per la casa editrice La vita felice. Pascoli, De Angelis, Rondoni, un biglietto da visita di tutto rispetto.

Milli Dandolo, "Il dono dell'innocente"

Il dono dell'innnocente
di Milly Dandolo
Treves, Milano 1926



Se non fosse che il libro è ingiallito, picchiettato, slabbrato, se non fosse che l’edizione (Garzanti 1942) è una ristampa dell’originale per i tipi di Treves del 1926, direi che lo stile de “Il dono dell’innocente”, di Milli Dandolo, è simile a quello di molti autori contemporanei, sorprendentemente moderno per l’epoca, seppur influenzato dal clima decadente. Non è un caso se la Dandolo, oltre ad essere scrittrice per ragazzi - collaboratrice già a quattordici anni de “Il giornalino”, insieme al Vamba di Gian Burrasca - è stata anche traduttrice di capolavori stranieri. Si devono a lei versioni italiane e riadattamenti di Dickens, Maupassant, Katherine Mansfield, Bernardin de Saint Pierre, D. H. Lawrence e Barrie.

Milly Dandolo (1885 – 1946) nacque a Milano ma visse prevalentemente in Veneto, ambientando spesso i suoi romanzi a Venezia. Scrisse poesie, racconti per ragazzi e narrativa per adulti. Di natura inquieta e sensibile, i temi ricorrenti dei suoi scritti sono il dolore, collegato, come in questo caso, all’innocenza dei bambini, e il ruolo fondamentale della maternità per la donna. Sull’onda di un cattolicesimo ortodosso e manicheo, e di un imperativo fascista che voleva le donne mogli e fattrici, viene esaltato il sacrificio materno. La donna vive una condizione di sofferenza, di subalternità, che riesce a sopportare solo attraverso la dedizione e l’amore per i figli.  De Amicis trascolora in ideologia.

Il Salotto - Intervista a Julien Donadille, Direttore del Festival de la Fiction Française



Su Twitter in questi ultimi mesi impazza l'hashtag #2014FFF, lanciato da @Fe_fi_fra e ricondiviso con molto entusiasmo dai principali account di editori e lettori forti: di cosa si tratta? Del Festival della Narrativa Francese, che dal 4 febbraio al 1 marzo sta portando ben ventitré autori francofoni in quattordici città italiane. Sul finire di questa splendida esperienza, abbiamo pensato di chiedere qualcosa di più al Direttore del Festival, Julien Donadille.

Julien Donadille
Direttore, innanzitutto La ringraziamo per la disponibilità e per l’interesse dimostrato per CriticaLetteraria. Questa è la quinta edizione di un festival che sta facendo sempre più parlare di sé: quali sono i cambiamenti più rilevanti rispetto alle altre edizioni, e quali gli aspetti inalterati?

Direi che abbiamo lavorato in continuità con l'edizione precedente, con l'idea di collocare il festival all'interno del paesaggio letterario ed editoriale italiano. Di conseguenza, non ci sono vere novità, a parte forse il numero degli autori (23, un record per il festival) e la percentuale delle scrittrici, più ampia del solito. Per il resto, le linee direttrici sono le stesse: attualità editoriale (tutti gli scrittori sono appena stati pubblicati da case editrici italiane), sviluppo sul territorio italiano (14 città) e collaborazione con tutta la catena del libro (editori, librai, bibliotecari).

#PagineCritiche - Niente stoffe leggere: un saggio di formazione

Niente stoffe leggere
di Domenico Calcaterra
Meligrana Editore, 2013

ebook € 3,99



«La critica è una spazzola che non si può usare sulle stoffe leggere, o si porterebbe via tutto»: parte da questa citazione balzachiana lo spunto per la raccolta di articoli e brevi saggi di Domenico Calcaterra, Niente stoffe leggere. La critica letteraria come mezzo per trarre dalle claustrofobiche stanze dello specialismo la letteratura essere vitale che all’esistenza – nella sua accezione più quotidiana – aspira a tornare: è questa l’idea guida, e il percorso personale, che spinge lo studioso siciliano. E l’autore fin dall’inizio vuole tener fede al suo proposito facendo scelte decise e chiare: scagliandosi, ad esempio, contro un certo realismo di maniera che, nel tentativo di trovare l’opera mondo che racconti alla perfezione gli anni del berlusconismo, si fa vuota ripetizione di stilemi anche ideologici (ben riuscita la stroncatura al libro Dove eravate tutti di di Paolo). Al contrario mostra maggiore propensione verso la narrazione straniata e dunque non perfettamente realista che, grazie al suo sguardo laterale, riesce a sfuggire ad un incombente e quanto mai pervasivo pensiero unico, nella convinzione che «la Medusa può essere smascherata, sconfitta, dunque esorcizzata, anche e soprattutto grazie al ricorrere a uno sguardo traverso, per così dire strabico» (p. 30). Calcaterra, però non si ferma ad una semplice dichiarazione astratta, ma propone un piccolo canone: Il corridoio di legno di Giorgio Manacorda (Voland, 2012), La casa del sollievo mentale di Francesco Permunian (Nutrimenti, 2011), Le sorelle Soffici di Pierpaolo Vettori (Elliot, 2012), La gallina di Fabrizio Ottaviani (Marsilio, 2011), Il trono vuoto di Roberto Andò (Bompiani, 2012). Proditorio perché è un raro tentativo di messa a sistema della contemporaneità, una ricerca di senso nell’esondazione di pubblicazioni, che ha come rotta «la responsabilità, per il critico militante, di una necessaria verifica dei valori odierni sulla scorta di quelli passati»: mantenendosi quindi fedele alla stella polare dell’insegnamento di Luigi Baldacci e Massimo Onofri.

Editori In Ascolto - L'editoria come forma: incontro con Roberto Calasso

Giovedì 13 febbraio 2014, h. 17.30
Aula Conferenze Enrico Magenes, Collegio Santa Caterina da Siena (Via San Martino 17/B, Pavia)


Per inaugurare la nuova edizione del Master di primo livello in Professioni e prodotti dell'editoria, il collegio Santa Caterina ha invitato Roberto Calasso a dialogare con Ranieri Polese. Un'occasione impagabile, aperta a tutti, per avvicinarsi all'"arte dell'editore", come s'intitolava l'incontro: un'arte ibridata col mestiere, senza per questo asservirsi al mercato. 

Roberto Calasso, Presidente di Adelphi, ha dovuto fin da subito affrontare una domanda spinosa: cos'è l'editoria? Secondo Calasso, si può aprire una casa editrice «per qualsiasi motivo, persino per fare soldi - ed è una delle cose più improbabili». Tra le varie spinte, sicuramente il desiderio di «una casa editrice come forma, come se fosse in sé un genere letterario molto anomalo, che ha inizio con il libro stampato»: insomma, a partire dalla spettacolare esperienza di Aldo Manuzio a Venezia, sul finire del Quattrocento, fino a oggi, con periodi di parziale insoddisfazione e strappi anche violenti d'interesse per il libro. Una casa editrice deve sempre tracciare una linea netta tra cosa piace e cosa non piace, facendo sentire la sua scelta, per quanto questo non garantisca il successo: il grande editore Wolff ha pubblicato grandissimi autori, tra cui Kafka e Benn, ma sopravvive solo dieci anni sul mercato; al contrario, Gallimard ha prosperato e ancora oggi è floridissima, con la sua linea editoriale ben chiara. Insomma, secondo Calasso, 
una casa editrice è un tutto, è un libro composto da molti libri. Se non si vede questo, siamo in presenza di case editrici generaliste.

Scrittori in ascolto: incontro con Clara Sánchez


Sono passate da poco le 13 quando nella sede milanese di Garzanti in via Parini arriva Clara Sánchez, autrice pluri-premiata dalla critica e amatissima dal pubblico. Dopo grandi successi (non tutti purtroppo tradotti in italiano, ad oggi), arriva Le cose che sai di me, recensito stamattina su CLetteraria e al primo posto nelle vendite in Spagna da mesi. Le curiosità sono tante, e già prima di iniziare l'incontro, noi blogger ci siamo scambiate un po' di impressioni sul romanzo. Da subito scopriamo di avere tantissime domande per Clara, che ci darà puntualmente risposta. Perché una delle prima cose da dire è che Clara Sánchez è una scrittrice generosa e molto piacevole, disposta a raccontarsi nel suo percorso di autrice, ma anche come donna. 

Uno dei punti cruciali che innescano la storia è l'incontro della protagonista Patricia con la (vera o presunta) veggente Viviana. Questa scelta, che suscita un po' di riserve da parte delle più scettiche verso la magia e il soprannaturale, viene spiegata così dall'autrice: Patricia ha bisogno di qualcuno che le tolga la benda della sua ingenuità. E Viviana, una persona che ha vissuto drammi pesantissimi, è la persona giusta: ha dovuto trovare la forza, e adesso ha tutte le risorse per modificare il presente con la sua esperienza. Poi, cos'è questa magia? Secondo la Sánchez, è una forma di immaginazione, che esercitiamo ogni giorno per giocare con la realtà. Ognuno di noi ha bisogno di andare oltre il tangibile e il razionale: c'è chi sceglie la religione, ma questa presuppone di aspettare un intervento dall'alto; al contrario, la magia fa presa sulle proprie capacità. In un certo senso, la chiave di tutto è l'intuizione, che permette di andare oltre il razionale: anche nel lavoro di scrittore, per la Sánchez l'intuizione e il sesto senso sono almeno l'80% di quel che serve per narrare.  

Le ombre degli altri in una vita di sole

Le cose che sai di me
di Clara Sánchez
Garzanti, 2014

Traduzione di E. Budetta
cartaceo € 18,60
ebook € 9,99
pp. 319



Patricia non ha paura della luce, perché la sua pelle non ha difetti da nascondere: è semplicemente un metro più su, e da quando è sulle passerelle ha imparato che la bellezza e il suo corpo non sono mai un problema. Il problema sono le ombre, ovvero l'incubo di una persona che vuole il suo male. Non ci aveva mai pensato, troppo impegnata a viaggiare in lungo e in largo, e a impersonare la sicurezza di chi, guardandosi allo specchio, vede sempre ciò che vuol vedere. Eppure, proprio su un aereo, una forte turbolenza e la rivelazione di una sconosciuta compagna di viaggio, Viviana, mettono a dura prova le certezze di Patricia: qualcuno desidera la sua morte. Più sorpresa che ansiosa, Patricia non si rende conto che le parole di Viviana prendono a rintoccare nella sua quotidianità, ogni volta che banali incidenti mettono a repentaglio la sua incolumità. Così, la vita perfetta di Patricia si incrina all'improvviso: il matrimonio con Eliás, pittore incompreso, continuamente turbato dall'insuccesso; il rapporto con la sorella-manager Carolina; il suo curriculum invidiabile in una delle agenzie per modelle più famose. Via via che gli incidenti si sommano, il dubbio si fa più feroce: chi vuole il suo male? E soprattutto, prima aveva davvero una vita perfetta?

#vivasheherazade – Antonia Cosentino, Al posto della dote


Al posto della dote. Casa delle donne: desideri, utopie, conflitti.
di Antonia Cosentino
Villaggio Maori, 2013
pp. 136
€ 13,00

Avevamo incontrato Antonia Cosentino in quanto coautrice di Dividua.Femminismo e Cittadinanza. La riflessione storica e femminista di questa giovane scrittrice catanese continua con Al posto della dote, uscito a dicembre 2013 per la Villaggio Maori Edizioni. Un saggio che nasce dal lavoro svolto dalla Cosentino per la sua tesi di laurea, e che si traduce in uno scritto godibilissimo da leggere, fruibile anche ai ‘non addetti al lavori’.
Attraverso un uso consapevole e maturo delle fonti, il libro ripercorre la storia delle Case delle Donne – della loro presenza sul territorio o della loro assenza – attraverso cinque esperienze italiane: Milano, Roma, Bologna, Pisa e Catania. Spazio femminile conquistato, la Casa della Donna tramuta il luogo simbolo dell’isolamento femminile della donna/angelo del focolare – la  casa, appunto – in luogo pubblico, dove far convergere esperienze e servizi.
Uno spazio poliedrico che rispecchi le capacità delle donne di lavorare contemporaneamente su più temi: informazione, salute, diritti; aperto alla contaminazione di tutte le donne, anche quelle non organizzare e apparentemente lontane; luogo di saperi, ma anche di servizi: biblioteche, centri di documentazione, sportelli di consulenza legale, consultori.

#vivasheherazade: Essere straniere al mondo e a sé stesse

Ospiti estranei
di Verena Stefan
Luciana Tufani Editrice, 2012



Il bel viso di Verena Stefan (Berna, 1947) si offre sorridente al lettore di questo libro in realtà drammatico e sofferto, pubblicato dalle eleganti edizioni di Luciana Tufani, da sempre intelligentemente schierate dalla parte delle donne e della loro scrittura. E femminista dichiaratamente lesbica si è definita con orgoglio sin dal suo esordio letterario questa autrice svizzera, trasferitasi presto a Berlino, e poi in Canada, sempre inseguendo con coerenza un suo impegno civile e politico di lotta per i diritti delle minoranze. Ospite estranea di tre diversi paesi (dapprima come cittadina elvetica di padre tedesco mai completamente accettato a Berna, quindi immigrata in Germania e infine a Montreal), Verena Stefan ha fatto del suo sentirsi “altra”, straniera, disorientata, un mezzo per meglio riuscire ad esplorare se stessa, le persone intorno, l'ambiente e soprattutto la lingua con cui rapportarsi al mondo. Così l'impatto con la natura sconfinata e affascinante del Quebec, con i suoi laghi e boschi, e lo sforzo di impadronirsi di diversi e stranianti vocabolari (francese e inglese), o di adeguarsi ad atteggiamenti e abitudini lontani dallo spirito europeo, avrebbe potuto indebolire il suo carattere naturalmente combattivo: se non fosse stato mediato dalla naturalezza espansiva della sua compagna canadese, Lou, e dalla tenera sensualità di lei: 
Il suo corpo porta iscritti gesti di seduzione e di offerta, un inchino appena accennato nel quale si intrecciano richiesta e sfida.

#SpecialeSCUOLA - incontriamo #L_etàLirica, un progetto a cura di Elisa Lucchesi

Qui su CriticaLetteraria crediamo profondamente nel potere delle parole, e a maggior ragione nei progetti di chi, a scuola, non sta solo dietro la cattedra, ma cerca (e trova) vari modi per avvicinare i giovani alla letteratura. Avevamo già incontrato Elisa Lucchesi, giovane insegnante toscana, che ci aveva raccontato i progetti realizzati con la sua scuola attraverso i social (leggi l'intervista). La realizzazione e i risultati sono stati molto promettenti: i ragazzi non hanno subito l'idea, ma hanno partecipato attivamente, con creatività ed entusiasmo. Per questo, quando Elisa ci ha proposto di partecipare al nuovo #l_etàLirica, non abbiamo resistito! Soprattutto perché all'iniziale progetto di lettura in classe è seguita una selezione di recensioni.

Dunque, Elisa, come è nato questo progetto e quali sono i suoi scopi? 

#l_etàlirica è un progetto di lettura in classe e recensione dell'omonimo romanzo di Letizia Pezzali, finalista al Premio Calvino nel 2011.
Esso si inserisce all'interno del più ampio modulo Ugua.Di 2 Lab Uguali e diversi: progettare e sostenere la scuola delle differenze per una cittadinanza plurale, attualmente in corso presso l'Istituto Omnicomprensivo di San Marcello Pistoiese (http://www.progettouguadi.it). 

E come avete scelto questo libro? 

Il Premio Calvino mi ha fatto dono di una copia del romanzo nella scorsa primavera, in occasione del contest #lafinale26. In questo modo mi è stato possibile apprezzarne non solo l'innegabile bellezza, ma anche l'importante messaggio di accettazione della diversità, così urgente nella scuola di oggi. Ne L'età lirica, in effetti, il manifestarsi di un'affettività omosessuale durante il periodo cruciale dell'adolescenza viene analizzato dall'Autrice con estrema sensibilità e inserito, con naturalezza, tra le molteplici sfumature amorose che caratterizzano questo delicato periodo.

Ci racconti i diversi step del progetto? 

Distruggere un "libro" per venderne le pagine, preziose come gioielli

Pulizie di primavera "letterarie", dal libro d'ore di Marguerite d'Orléans (1)

L'idea che un libro, inteso come oggetto fisico (il supporto) e come prodotto intellettuale (il testo), possa avere un valore non è più tanto scontata. Puoi accendere il computer, andare su uno dei tanti portali che mettono a disposizione e-book di opere su cui non vige più il diritto d'autore et voilà, sul tuo schermo appare un'edizione di ottima qualità, per citare un titolo a caso, dei Malavoglia di Giovanni Verga. Pigiando sullo schermo del tuo e-reader puoi acquistare un volume a tua scelta per pochi euro, e puoi sempre lamentarti che costi troppo, perché suvvia, è sempre un libro digitale, mica il cartaceo. Puoi scovare su una bancarella quel classico nella vecchia tascabile Newton Compton a mille lire, contrattare per averlo a un euro, se la giornata è propizia puoi avere un tre per due: conosco persone che leggono solo libri acquistati così, edizioni curate da nomi oscuri, economiche dimenticate, titoli scomparsi dagli scaffali. Puoi aspettare che un bestseller esca in economica, perché quel libro vuoi leggerlo, ma francamente un cartonato è eccessivo. E invece no, quel titolo lì lo vuoi adesso, subito, nella gloria delle sue fascette e sovraccoperte scintillanti, dritto dalla pila delle novità editoriali. Ma ci si può spingere anche oltre...

Milano verso Bookcity 2014: le prime novità

Bookcity 2014 inizia a prendere forma. L’incontro di mercoledì 12 febbraio, a Palazzo Reale, Milano, è stata la prima occasione per riflettere su proposte e suggerimenti in attesa del grande evento che dal 2012 interessa Milano, capitale nazionale dell’industria editoriale.


Quello milanese è un primato che va difeso e valorizzato anche in previsione del ruolo che avrà la città nel semestre di presidenza italiana della Comunità Europea e, naturalmente, la visibilità di cui godrà con Expo2015, come ha anche sottolineato Pier Gaetano Marchetti, nuovo presidente della rassegna che succede ad Achille Mauri.
Ma Bookcity è soprattutto entusiasmo e voglia di innovazione. Dall’edizione pilota si è subito registrato un grande coinvolgimento del pubblico, formato per la maggior parte da donne, famiglie, circa 950 classi di scuole che hanno contribuito con progetti volti a rendere la lettura un’attività curricolare. 
Venendo ai dati, quest’anno la manifestazione dedicata al libro si terrà dal 13 al 16 novembre

John Keats: la fulgida stella del romanticismo inglese


Nell’immaginario collettivo, il poeta romantico di primo Ottocento ci appare forse un poco stereotipato nella figura dell’artista tormentato e ispirato in contemplazione di una natura selvaggia e solitaria, spesso ai margini di un mondo a lui contemporaneo che non ne comprende la carica poetica e lo mortifica con i nuovi ideali dell’utilitarismo che vengono applicati ad ogni aspetto della vita umana. 
In Inghilterra la comparsa dei primi poeti identificati in seguito come romantici, quella prima generazione composta ad esempio da Wordsworth e Coleridge (la cui prefazione alla seconda edizione pubblicata nel 1800 delle Lyrical Ballads è tradizionalmente considerata appunto come manifesto del Romanticismo) e soprattutto la generazione successiva - con Shelley, Byron e Keats - si muove in un mondo complesso, età di rivoluzioni, fervente dibattito, istanze democratiche ed enormi mutamenti sociali uno su tutti la prima fase della rivoluzione industriale che investe il Nord del Paese e che genera enormi  mutamenti sulla struttura e la mentalità stessa della società inglese tra la fine del Settecento e il primo Ottocento.
Ognuno di questi grandi poeti meriterebbe di trovare qui lo spazio dovuto a quei giganti della letteratura che come pochi hanno saputo attraversare epoche e luoghi e giungere fino a noi con i loro versi ancora intatti e potenti, di quella forza che è concessa solo a pochi.

Oggi, San Valentino, scegliamo di lasciarci trasportare dalle meravigliose parole di Keats poeta amatissimo dalle generazioni successive e da pochi stimati contemporanei appartenenti alla sua cerchia (i quali lo ritenevano a ragione una promessa della poesia inglese), che nel brevissimo tempo della sua vita ha consegnato ai lettori pagine immortali, capaci ancora oggi di toccare le più profonde corde del nostro cuore.

"Delitto e Castigo" di Fëdor Dostoevskij


Delitto e castigo
di Fedor Dostoevskij
Mondadori, 2012

€ 10,50
pp. 763

A volte l'uomo è straordinariamente, appassionatamente innamorato della sofferenza.
Delitto e Castigo si colloca fra quei romanzi che, seppur nati nella dimensione letteraria russa, sono riusciti ad assumere i caratteri dell'universalità e della trasversalità a livello internazionale.
Nel mio romanzo vi è inoltre un'allusione all'idea che la pena giuridica comminata per il delitto spaventa il criminale molto meno di quanto pensino i legislatori, in parte perché anche lui stesso, moralmente, la richiede.
Un classico d'altri tempi, tale in nome delle potenzialità riflessive in esso contenute e della capacità di rendersi psicologicamente e culturalmente attuale anche a distanza di quasi 150 anni.
Pubblicato da Fëdor Dostoevskij nel 1886, Delitto e Castigo, sulla scia di Ricordi dal sottosuolo e de I fratelli Karamazov, ci colloca nella condizione di osservatori esterni di una scena narrativa ben definita dal punto di vista spazio temporale, oltre che dal punto di vista dei personaggi e dell'intero contesto che la genera. Una situazione potenzialmente realistica, all'interno della quale l'autore russo porta avanti,con costanti e sottili riferimenti alla propria dimensione religiosa, una riflessione esistenziale inconsapevolmente necessaria per il lettore.

#SpecialeSCUOLA - La scuola come “scuola di vita”: Don Lorenzo Milani e “Lettera ad una professoressa"


Lettera a una professoressa
della Scuola di Barbiana
Libreria Editrice Fiorentina, 1967



La scuola è da sempre un argomento scottante in Italia e non c’è bisogno di dilungarsi sui motivi. L’istruzione per troppo tempo è stata rivolta a pochi prediletti – non solo nel nostro Paese – e ha subìto le conseguenze di una Penisola divisa, povera e sotto dominio straniero.

Ciò non significa però che gli allievi italiani debbano ancora patire gli strascichi di un’istruzione minata dalla storia e dalla politica. Al contrario, bisogna lottare affinché gli studenti italiani portino avanti la storia del proprio Paese con orgoglio. Troppo spesso i professori dimenticano la propria missione: insegnare (dal verbo latino insignare, tracciare segni). In questa sede però, non si tratta di tracciare segni in senso letterale, bensì in senso figurato: lasciare un segno nell’allievo (in-signare). Il professore è portatore di un’eredità da condividere e trasmettere (dal latino transmittere, mettere al di là) ai giovani il proprio sapere affinché venga approfondito, accresciuto, migliorato. La scuola è una sfida quotidiana, puntare a un obiettivo senza demoralizzarsi, la classe diventa una sola anima che lavora ad unisono.

Bruno Arpaia e il suo nuovo romanzo "Prima della battaglia"


Lunedì 10 febbraio alla Feltrinelli di Piazza Piemonte a Milano è stato presentato l'ultimo romanzo di Bruno Arpaia, Prima della battaglia, edito da Guanda Editore. L'autore, accompagnato da Gianni Biondillo e Paolo Soraci, ha incontrato i lettori e raccontato l'origine e i significati di questo nuovo libro che conferma ancora una volta la sua predilezione per i generi misti - tra il noir, il racconto di un viaggio on the road e il romanzo di formazione alla rovescia - e la presenza costante di certe scelte di stile ricorrenti nella sua produzione e ormai distintive della sua penna.

#CriticCOMICS - Cani e coperte: i tratti di matita delle nevrosi odierne





Diciamo, banalmente, di vivere in un mondo veloce, stressato, pieno di nevrosi e complessi. Nessuno sa più prendersi tempo per se stesso, nessuno si rilassa più. C’è chi porta il proprio stress e le proprie manie appuntate all’occhiello della camicia con orgoglio: perché se sei normale, non sei interessante. Qualcuno ci sospira anche comicamente su "Eh, che vuoi, se uno psicologo mi prendesse in analisi dovrebbe solo rinchiudermi/ scrivere un libro su quello che mi passa per la testa.” Eppure, c’è chi ha lucidamente visto e ritratto i mali del mondo moderno e non l’ha fatto con pesanti e difficili tomi di psicologia.
Pertanto oggi possiamo provare a osservare le problematiche e le nevrosi che affliggono la nostra vita con un occhio più leggero, scanzonato; le possiamo guardare seduti sul divano, intenti nella digestione del pranzo.  Per fare ciò possiamo leggere le strisce dei Peanuts, vignette che vedono protagonisti un gruppo di bambini e un cane nate dalla penna di uno dei più grandi autori del XX secolo, Charles Schulz.

#PagineCritiche - Teorie sul grottesco



Teorie sul grottesco da Hugo a Braibanti
di Gioacchino Danilo Di Gesù
Aracne, 2012

pp. 88
€ 7

Due innamorati, sdraiati sulla spiaggia detta de "La Vicinzina", nel sud Italia, si godono un tramonto invernale. Il mare è leggermente mosso e l'aria, che profuma di miele, freschissima. La ragazzetta, biondina, promette a se stessa che bacierà il suo fidanzato non appena il sole lascierà l'orizzonte. Dopo qualche minuto, del sole è rimasto solamente l'ultimo quarto, poggiato sul mare come uno spicchio di arancia su un copritavola bluastro, pieno di pieghe e illuminato da una luce bianca che esalta i chiaroscuri. 
"Ci siamo quasi", sussurra ella palpitando, "ci siamo quasi", pensando al suo bacio farsi sempre più vicino, pensando le sue guance sempre più rosse, calde. La ragazzetta si prepara, un po' allungando e stringendo le labbra, un po' cercando una posizione che le permetta di baciare il suo fidanzato velocemente, ritornando sdraiata come se nulla fosse accaduto. Ma passano cinque, dieci, quindici, venti munuti: e il sole non tramonta, resta là, all'orizzonte, fermo. Lei, alla quale il colpo è andato a vuoto, sente crescere l'imbarazzo; lui, che le sfiora con la mano il polso, canticchiando con gli occhi chiusi un motivetto, pare non capir la situazione. "Il sole", fa ella con voce tremante, "il sole non tramonta!". 
Lui spalanca gli occhi e assiste a questo scenario: il mare, improvvisamente, assume il colore e la consistenza di un succo di frutta alla pesca; gli uccelli si trasformano in origami fatti con depliant pubblicitari; le nuvole si solidificano, diventando cromate; la sabbia scompare, sostituita da una distesa di parquet; da sinistra, entra un Ape Cross violetta che trasporta un pianoforte a coda, i cui tasti sono teschi bianchi e neri, e, strombazzando il clacson, parcheggia proprio di fronte i ragazzi, seduti adesso su un trono gigante. 

Nata in una casa di donne, una saga familiare al femminile nell'ultimo libro di Cetta De Luca


Nata in una casa di donne
di Cetta de Luca
ed. Associazione culturale L'Erudita

pagg. 101
€ 11

Vivere in una famiglia tutta al femminile.
Una saga familiare rosa nel secondo romanzo di Cetta De Luca

Un mondo al femminile, quello narrato da Cetta De Luca in Nata in una casa di donne, nel quale si intrecciano le storie delle 4 figlie di Teresina, la prima donna della famiglia, e dove il padre, unico uomo di casa, «era un po' femmina, in fondo. Aveva dovuto adeguarsi alle circostanze, per spirito di sopravvivenza, per questo vivere, o forse perché, in fondo, gli andava bene così». 

L'autrice ricostruisce le vicende di queste cinque donne, divise tra la Calabria e Roma, i loro conflitti interiori, del loro superamento o, talvolta, della resa ad essi; degli scontri generazionali, degli anni che quando sono pochi creano distanza tra i genitori e le figlie e poi, aumentando, avvicinano. Lo sfondo della narrazione è l'Italia del dopoguerra, della rinascita, della prosperità economica, ma anche quella del gretto provincialismo, dei pregiudizi, del moralismo ostentato, arrivando ai nostri giorni, passando attraverso i suoi cambiamenti, le sue mode, le ribellioni, l'emancipazione.

"Trauma di Stato" di Alessandro Didoni


Trauma di Stato
di Alessandro Didoni
Autodafè, 2013 

pp. 220


Tutto quello che ruota attorno al G8 di Genova e agli eventi della scuola Diaz e della caserma di Bolzaneto del 2001 è ancora una "ferita aperta" in Italia; per questo motivo scrivere un libro, o fare un film come il commovente Diaz. Non pulire questo sangue del 2011 di Daniele Vicari, significa compiere un gesto politico, molto lontano dal mero esercizio di stile letterario.

Alessandro Didoni costruisce il romanzo Trauma di Stato come la cronaca di una ferita mai rimarginata, ancora più insuperabile perché nata in un contesto come quello del G8 dove la repressione di Stato, secondo l'autore, ha avuto i connotati di un'autentica strafexpedition.

#PagineCritiche - La scrittura secondo De Sanctis



Francesco De Sanctis. Lezioni di scrittura. Lettere a Virginia Basco 1855-83
a cura di Fabiana Cacciapuoti
Roma, Donzelli Editore, 2001
      
€ 19,63
pp. XXX - 145

       A Torino nel 1855 Francesco De Sanctis fu docente di lettere in un istituto femminile guidato dalla nobile signora Elliot ed ebbe tra le sue allieve Virginia Basco. Quando il critico nel 1856 a Zurigo venne nominato professore di estetica e di letteratura italiana, iniziò una fitta corrispondenza epistolare tra i due [1] che può essere considerata un vero e proprio romanzo di formazione.
Il volume, curato da Fabiana Cacciapuoti, raccoglie 75 missive inviate da De Sanctis a Virginia Basco e 9 risposte dell’allieva al critico. Traspare tra le righe, il forte desiderio della ragazza di essere educata dal suo maestro: un’educazione che per De Sanctis doveva puntare alla formazione intellettuale e morale della fanciulla: grande appassionata di letture, dai classici alle letterature moderne, la ragazza desidera cimentarsi con la scrittura; ha come interlocutore il “maestro” De Sanctis e può quindi iniziare ad apprendere attraverso le missive, le tecniche metodologiche che sono soprattutto valori che la ragazza individua nello studio e nella conoscenza, un dialogo a distanza proiettato su una scrittura a posteriori.
     Questo consentirà a Virginia di iniziare un lungo percorso, irto anche di momenti davvero difficili: De Sanctis si dimostra un maestro assai severo; dalle produzioni scritte della giovane Virginia, egli desidera che emergano soprattutto “elaborazioni intellettuali” e il loro rapporto cresce in modo esponenziale.

Critica Libera: la cronaca di Marko




Sono nato il 9 ottobre. Lo so, vivevate bene anche senza saperlo. Però, attenzione, è l’anniversario del Vajont, della fucilazione del Che e della caduta del primo governo Prodi. È già una data più interessante? Fate voi. Per ora è un primo indizio che servirà più avanti. Un giorno mi venne voglia di scoprire come sono fatti realmente i Balcani e con un paio di amici imboccammo l’autostrada Zagabria-Belgrado. All’epoca non esistevano relazioni diplomatiche fra i due paesi ed era l’una di un pomeriggio estivo. Una cosa allucinante. Non passava una macchina. Letteralmente una.