Riproduciamo un estratto dall’intervista di Aliocha Wald Lasowki a Michel Onfray pubblicata sul n. 520 (giugno 2012) del Magazine Littéraire.
Michel Onfray è uno scrittore e filosofo francese (nato nel 1959) proveniente da una modesta famiglia della provincia normanna. Donna delle pulizie la madre e bracciante agricolo il padre, Onfray ha studiato al collegio dei salesiani, ha fatto l’operaio stagionale in un caseificio, per poi laurearsi in filosofia e intraprendere l’insegnamento nelle scuole superiori.
È autore di molti libri, per lo più incentrati su un approccio materialistico, edonistico e antiaccademico alla storia della filosofia. Ha fondato nel 2002 l’università popolare di Caen, tuttora operante ed è impegnato in una diffusione della cultura e dell’insegnamento al di fuori dalle istituzioni ufficiali e a disposizione delle categorie sociali di solito escluse dall’accesso alla cultura superiore.
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L’uomo, un po’ dandy, sorridente e cordiale, elegante e discreto, nel ricevervi ha l’aspetto disteso. Non fidarsi delle apparenze: lui è uno dei rari filosofi d’oggi che sia anche un cittadino attivo, impegnato. Carismatico, gioviale, intellettuale antiliberale, ateo, edonista e libertario, ha un forte impatto sull’attualità. Sono appena usciti La costruzione del superuomo, settimo volume della Controstoria della filosofia, il Manifesto edonista, che raccoglie le principali tesi della sua filosofia, L’ordine libertario, dove Michel Onfray traccia un bel ritratto di Albert Camus, e La saggezza delle api, grande poema in prosa scritto da Onfray e messo in scena da Jean Lambert-Wild alla Comédie de Caen. Per aggiungere un mattone all’edificio, il filosofo lavora attualmente a un’antologia pagana. E, quest’anno, l’Università popolare che ha fondato a Caen festeggia dieci anni.
Nell’Ordre libertaire. La vie philosophique d’Albert Camus, lei incrocia l’opera dello scrittore con lo svolgersi della sua esistenza, con la vita dell’uomo, le sue prese di posizione, il suo sguardo vivo e personale sul mondo. Quale insegnamento filosofico ne ricava? Secondo lei, Camus incarna lo spirito libero?
Lui è il libertario per eccellenza, altrimenti detto: l’uomo libero, specie rispetto a coloro che fanno professione di libertà libertaria, come gli anarchici guardiani del tempio che parlano tra loro in conformità a un catechismo della libertà che li aliena. Costoro hanno sempre bisogno di compulsare Bakunin o Kropoktin per sapere cosa devono pensare…Camus, figlio di poveri, fedele al suo ambiente d’origine, non intercala mai la sua biblioteca tra il mondo e se stesso, al contrario della maggior parte degli intellettuali e dei filosofi che vanno per la maggiore. Se deve ragionare sulla miseria, non si chiede cosa ne dicessero Marx e Engels, perché lui l’ha vista a casa sua, in una famiglia senza padre e con una madre disabile. Non commenterà un commentario, ma dirà cosa ha visto: quale metodo migliore per un filosofo? Sartre rappresenta il contrario: prodotto dai libri e dalle biblioteche, il ragazzotto che vuole essere celebre grazie alla letteratura pensa il mondo come un campo di battaglia dove lui lotta per diventare celebre – Spinoza e Stendhal, come afferma immodestamente.
Camus è l’erede carnale dei Greci o uno spirito inquieto sempre all’erta, alla maniera di Nietzsche?
Così come Nietzsche fu un grande filosofo perché non fu un prodotto dell’università, ma un autodidatta (ebbe una formazione da filologo, no da filosofo), Camus incarna la tradizione del pensiero libero, indipendente, autonomo, padrone di sé, un uomo che non dipende dalla tribù, che non si costruisce guardandosi nello specchio della storia, che non deve niente a nessuno, che si è costruito da solo, senza i vantaggi degli ascensori tribali parigini, ma vivendo sotto l’occhio di un padre assente depositario dei valori della gente semplice e modesta: la verità e l’equità che è giustizia.
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Tra i valori essenziali di Camus, ci sono anche l’entusiasmo, la simpatia per il corpo, la carne, la sensualità. Qual è il bersaglio della sua parodia teatrale del 1947 La commedia dei filosofi? Si fa beffe della pesantezza speculativa?
È proprio un testo contro Sartre, l’esistenzialismo e la frivolezza degli ambienti intellettuali di quell’epoca. Camus ha conosciuto la meschinità di questo mondo arrivando a Parigi. È la squadra degli autori Gallimard, che è anche il suo editore. È il Gotha intellettuale, ovvero un gruppetto di persone che detta legge. A quell’epoca, Sartre è il governatore: tutto ciò che dice è scorticato e diventa, a seconda dei gusti, una parabola del Vangelo o le parole del diavolo. Quando arriva la celebrità, essa conferisce doveri, non diritti. Sartre, diventato più che lui grazie al successo, è stato meno che lui per decenni. Sartre aveva talento, se non genio, ma nella sua capacità creatrice non ha mai misurato il peso delle parole e ha parlato alla leggera schierandosi dalla parte del totalitarismo marxista-leninista, legittimando ogni violenza a patto che fossero esercitate in nome della sinistra, appoggiando il terrorismo, i regimi corrotti, i paesi dell’Est. Camus prende in giro il Sartre che recita il ruolo del guru a suo esclusivo vantaggio. Sul modello della Commedia dell’Arte, o del Molière delle Furberie di Scapino, Camus mette in scena il «Signor Niente», un personaggio libidinoso, panciuto, verboso, con un bel librone sotto il braccio, che gioca con le parole, servendosene per arrivare ai suoi scopi che sono, una volta, divorarsi un prosciutto, e un’altra, sedurre una giovinetta. Alla fine si scopre che il personaggio era scappato dal manicomio. Quest’improvvisazione è rimasta inedita e non è mai stata rappresentata. Peccato! Ma potrebbe ancora succedere [In Italia ne è uscita nel 2010 un’edizione numerata a cura di A. Castronovo con il titolo La commedia dei filosofi per le edizioni Via col vento, N.d.T. ].