Profumo di Liguria con Biamonti


Attesa sul mare
di Francesco Biamonti
Einaudi Tascabili, Torino, 1994

pagg. 115
€ 7,23

"Era ormai sulla strada di casa. Riconosceva il mormorio della terra scoscesa, come quando vi giungeva, passato il mare, nel ricordo." 
Un mare ligure e un uomo che torna al paese natale, per una breve sosta, prima di imbarcarsi nuovamente, per la sua ultima missione. Forse, l'ultima.

Così comincia il libro di Biamonti, ambientato come di consueto nella sua zona d'origine, che prende forma dall'abile penna di uno scrittore abituato a guardare il paesaggio con uno sguardo da botanico. A parte i termini appropriati, però, è necessario precisare che non viene mai meno il lirismo.Lirico, infatti, lirico e terribilmente accattivante, perché i pensieri del protagonista, Edoardo, sono un gorgo di ricordi in cui è facile perdersi. Alla sommità di tutti i suoi pensieri, Clara, donna che l'attende e spera sempre che Edoardo scenda a terra, per concretizzare i loro sogni. Di grande delicatezza e poesia sono tutti i tratti dedicati a questa donna, che appare mille volte dalla coltre nebbiosa della memoria e riesce a commuovere. Si legga, per esempio, questo brano estratto a caso:
"Una luce a chiazze le pioveva addosso, dorava una gamba piegata e un braccio posato sul seno. «Guardala, - disse a se stesso, - in questa luce che la cerca, nel suo abbandono. E ricordala». Poi lei si alzò. Lo splendore le scendeva dai capelli lungo la schiena, Andò a rivestirsi in un angolo, in un mosaico d'ombre".
Oltre al tema amoroso, c'è la rincorsa di un desiderio indefinito d'avventura che porta sempre Edoardo in mare, come se potesse sfuggire il suo destino. O, ancora, il traffico d'armi con la Ex-Jugoslavia che tanto preoccuperà Edoardo e sarà occasione, ancora una volta, per riflettere sul passato e sul futuro. Un paio di parole merita anche lo stile, asciutto e particolarmente ricco di dialoghi, scarno e insieme poetico, con descrizioni paesaggistiche assolutamente irripetibili. Un vero gioiello della letteratura contemporanea, senza remore o preziosismi fittizi.

Gloria M. Ghioni

Eutanasia della critica: c'è ancora una speranza?


"Eutanasia della critica"
Mario Lavagetto
Einaudi, Torino 2005

Pagg. 96 € 7,00

Basta accostarsi al breve intervento di Lavagetto e sfogliarlo per accorgersi che in queste novantasei pagine si trova ben più di un semplice pamphlet: accanto a tematiche attuali, trovano notevole spazio riflessioni circa la storia della critica letteraria e, soprattutto, il futuro che l'attende. Per quanto riguarda le problematiche più contingenti, Lavagetto discute la tendenza degli ultimi anni ad allegare libri alla vendita dei quotidiani o dei periodici in Italia. Se dal lato ottimistico questo potrebbe rappresentare un incentivo alla lettura, dall'altro potrebbe portare con sé preoccupanti ripercussioni editoriali, come la mancanza di fondi per ri-traduzioni o per nuove edizioni con apparato critico. Accanto alla vena economico-commerciale - importante ma senz'altro non preponderante -, l'autore traccia una panoramica accurata sul passato della critica letteraria, soffermandosi sull'approccio accademico e sugli estremismi esegetici della "critica tematica", o ancora sulla volontà di trasformare una disciplina ermeneutica in scientifica.

Troviamo qui riflessioni accurate e ragionate sulla proliferazione di saggi criptici e inaccessibili che hanno ristretto la cerchia - peraltro già limitata - dei destinatari, ma anche analisi accese e sconfortanti sulla cosiddetta "critica comparatistica", fino a respirare un clima che rasenta un catastrofico suicidio dell'esegesi. È infatti la produzione saggistica fine a se stessa, ecolalica ed eccessivamente specialistica, ad aver portato all'attuale agonia, secondo una tesi ben condivisibile. Questa prima parte accorata appare estremamente funzionale all'ultima sezione, caratterizzata da una vena propositiva che vede Lavagetto esporsi maggiormente. Tutte le considerazioni precedenti, infatti, convergono verso una speranza realizzabile: tornare ad ascoltare i testi, cercando di leggere ciò che v'è sotteso. Solo questa, infatti, è la via per riscoprire il valore esistenziale e valoriale della letteratura. Si ricordi, infatti, che  
"i grandi testi non vengono uccisi dall'ermeneutica, se mai ne sono arricchiti e amplificati" (ibidem, pag. 20).

Se già queste tematiche (decisamente interessanti per il grande pubblico dei lettori e non solo per gli addetti ai lavori), la posizione militante di Lavagetto, la reputazione dell'editore sono un buon motivo per una lettura dell'opera, un fattore ben più convincente è lo stile accattivante, che affianca un lessico metaforico e ironico ad uno più specifico e accurato. Inoltre, le considerazioni sono intessute con ricche citazioni che, nella maggior parte dei casi, sono in linea perfettamente con l'opera.
Si considerino, a tal proposito, gli interventi di G. Steiner o di R. Barthes, o ancora di De Benedetti, o di H. James: non si tratta, infatti di un patchwork modesto, ma le citazioni sono in grado di intrecciarsi e sfumare nelle affermazioni di Lavagetto, in un vero e proprio ricamo argomentativo e retorico.

"Questo amore", unico e irripetibile


Titolo: Questo amore
Autore: Roberto Cotroneo
Prezzo: € 16,00
Dati: 137 p., rilegato
Anno: 2006
Editore: Mondadori



Certi libri li leggi:
a) perché ti hanno consigliato (oppure ordinato, chissà) di farlo
b) perché hai già letto qualcos’altro di quell’autore, e ti è piaciuto
c) perché l’hai visto pubblicizzare e ti sei incuriosito
oppure, ancor più semplicemente:
d) perché vagabondando per la libreria hai adocchiato quel volume e ti è piaciuto il titolo (e la copertina, non dimentichiamo la copertina).
E’ stato proprio questo il modo in cui mi è capitato tra le mani il romanzo di Cotroneo. Il titolo sta lì, bianco e piccolo, a capo della pagina – disarmante, diretto, senza preamboli.
“Questo amore”.
La copertina è azzurra, di quell’azzurro carico di certe giornate di fine estate – quell’azzurro-turchese che non riesci a capire se è allegro o triste. Di spalle, sbiadito, il volo di due gabbiani e la mano di una donna (o un uomo? o un bambino?) tesa verso di loro.
Sa di casa questa copertina, non so se mi spiego.
E’ come se ti proiettasse in avanti, facendoti quasi cadere “dentro” il libro.
“Questa dovrebbe essere una recensione, ricordatelo”.
“Sì, scusami Gloria, non volevo”.
E allora il libro l’ho comprato, all’inizio ho spiluccato qualche pagina (non potevo far di più, troppi compiti a scuola). Poi però, le pagine che ti divori diventano sempre di più – aumentano e aumentano e aumentano.
Avete presente quando la voglia di vedere cosa succede dopo è talmente forte che non vuoi vedere altro che il Tuo Libro? E diventi scorbutico con quelli che ti interrompono?
Ecco!
Perché certi romanzi non raccontano storie. Quelle che raccontano, indubbiamente, sono Storie. Con la S maiuscola.
E l’amore di Anna e Edo Palmieri (personaggi realmente esistiti, amici dell’autore). Lei, insegnante di lettere, lui, ex calciatore innamorato della poesia che vuole prendere la maturità classica dopo gli studi interrotti… e aprire un negozio di libri.
Non vi racconto nient’altro perché, detto da me, sembrerebbe una storiella scialba da soap opera – e poi non voglio rovinarvi il finale. L’unica cosa che vi posso dire è che questo non è solo un romanzo, non è solo la storia di due cuori uniti dall’amore. E’ l’esaltazione della poesia dell’anima e dell’anima della poesia, per dirla così; è il riflesso della memoria sui frammenti di due vite parallele. Perché, forse, l’assenza e la presenza, il sonno e la veglia possono confondersi tra loro…

In questa casa ogni dettaglio racconta un’attesa. Questa casa di memorie trasparenti come vetri. Dove le pareti lasciano vedere le stanze. Questa casa di albe non cercate, e di sonni agitati. Come posso dormire tranquilla se il tempo non si ferma un attimo nel sonno?

Lasciati condurre dal profumo e ... arriverai a Grenouille


Il profumo
di Patrick Süskind
1992, Tea Due

259 pp.
€8,00

"Nel diciottesimo secolo visse in Francia un uomo, tra le figure più geniali e scellerate di quell'epoca non povera di geniali e scellerate figure. Qui sarà raccontata la sua storia. Si chiamava Jean-Baptiste Grenouille". 
In uno dei modi più classici degli attacchi narrativi prende avvio il romanzo, tra collocazioni temporali e spaziali che proiettano il lettore in quell'universo apparentemente lontanissimo. Con grande maestria, infatti, Süskind non manca di ritagliarsi ampie zone descrittive per dipingere la scena con ogni sorta di pennello. L'attenzione, tuttavia, non si concentra solo sugli aspetti macroscopici di una Parigi pre-rivoluzionaria, ma soprattutto sul microcosmo degli odori. Da qui, il titolo: "Il profumo" è appunto il filo conduttore della vicenda. Profumo che ossessiona il protagonista Grenouille, nato senza portare odori e, di conseguenza, privo di una propria identità olfattiva. Di contro, la natura s'è presa gioco di questa creatura, affidandole l'olfatto più eccelso dell'intero mondo. Non a caso, sfruttando questa qualità peculiare, Grenouille arriverà ad affermarsi come profumiere, scegliendo però di restare sempre nell'ombra nel ruolo di garzone per riuscire nella sua diabolica missione: costruire artificialmente il profumo umano migliore, che faccia innamorare chiunque l'odori. 
Attraverso varie peripezie ed esperimenti amorali, Grenouille arriverà addirittura ad uccidere ben venticinque vergini, le più belle della città di Grasse, dove s'era trasferito per continuare la sua carriera di profumiere. La giustizia, sulle tracce dell'assassino, sarà disposta a tutto, pur di trovare il colpevole e punirlo.Questi sono brevemente i tratti narrativi di maggior rilievo, ma è davvero impossibile e sconsigliabile cercare di riassumere l'opera di Süskind, meritevole di lettura anche solo per lo stile. 
L'autore, infatti, non teme la pesantezza di lunghe e fitte pagine senza dialogo - si pensi alle numerosissime inquadrature sugli odori o sulle operazioni del profumiere -, dal momento che tutto risulta realmente funzionale alla storia, almeno quanto gli scavi psicologici abbondanti. Da un lato, si potrebbe obiettare che i numerosi flashback su personaggi minori distolgano dal fulcro della narrazione. Narrazione che, invece, Süskind tiene strettamente tra le dita e, come attento burattinaio di storie, non rischia mai di lasciar sfuggire. Proprio per queste caratteristiche così insolite per un romanzo di un ventennio fa, la lettura risulta l'unica indispensabile chiave per approdare al mondo dissipato e così concreto che Süskind ha saputo riesumare.

"Gli uomini potevano chiudere gli occhi davanti alla grandezza, davanti all'orrore, e turarsi le orecchie davanti a melodie o a parole seducenti. Ma non potevano sottrarsi al profumo. Poiché il profumo è fratello del respiro. Con esso penetrava gli uomini, a esso non potevano resistere, se volevano vivere. E il profumo scendeva in loro, direttamente al cuore e la distingueva categoricamente la simpatia dal disprezzo, il disgusto dal piacere, l'amore dall'odio. Colui che dominava gli odori, dominava il cuore degli uomini."
 Gloria M. Ghioni

Riscoprire il piacere della lettura come unico imperativo per Pennac


Come un romanzo
Daniel Pennac
1992, Universale Economica Feltrinelli

pagg. 139 € 6.00

Non c'è più tempo per leggere: in questa realtà caratterizzata da velocità e impegni sempre più pressanti, è facile lasciarsi contaminare dalla convinzione che non si possa trovare tempo per sé e per un libro. Proprio da queste considerazioni prende avvio il libro di Pennac, in una vivace e concisa dissertazione sulla perdita della lettura, appunto.Dopo aver inquadrato il problema, portandosi dalla parte del lettore, Pennac affronta un altro luogo comune: il dovere di leggere. Quante volte, infatti, ci siamo sentiti ripetere dal professore che bisogna leggere? Oppure per moda, ci siamo riempiti dei soliti best-seller da tavolo di libreria? Anche in questo caso, infatti, vivevamo in una sorta di costrizione implicita. In tal modo, i 'vecchi' classici restavano oscurati da copertine nuove e folgoranti, e le letture di scuola si trasformavano in veri deliri del professore.La necessità, quindi, sarà proprio una capacità critica di scelta, la volontà e il piacere di restare alzati di notte, a luce fioca, anche solo per sapere se Lucia tornerà mai ai suoi monti, o padron 'Ntoni riuscirà a riavere la casa del Nespolo. Dopo questa parte generale di riflessione, Pennac passa a distruggere degli assiomi comuni, senza particolari argomentazioni, ma ricorrendo alla propria esperienza, talvolta universalizzabile. Infatti, chi non ha mai saltato qualche pagina, davanti alle teorie agrarie in Anna Karenina? O chi non ha mai provato il piacere di rileggere un vecchio libro, a dispetto delle migliaia di nuove copertine? Certo, queste sono realtà condivise, ma è difficile riconoscere che ciò proviene dal fatto che leggere è libertà.Proprio in nome di questa ri-scoperta, Pennac stila con grande ironia e un pizzico di gusto satirico, i dieci diritti del lettore.

Guardate voi stessi se, da una rapida scorsa già non viene da sorridere e annuire, spontaneamente:
I Diritti Imperscrittibili Del Lettore
I. Il diritto di non leggere II. Il diritto di saltare le pagine III. Il diritto di non finire un libro IV. Il diritto di rileggere V. Il diritto di leggere qualsiasi cosa VI. Il diritto al bovarismo (malattia testualmente contagiosa) VII. Il diritto di leggere ovunque VIII. Il diritto di spizzicare IX. Il diritto di leggere a voce alta X. Il diritto di tacere.
Sacrosanta verità, insomma, per un libro rapido e maneggevole, diviso in comodi paragrafi che non rischiano mai di annoiare, aiutati come sono dallo stile scarno e accattivante di un grande autore che, messo davanti a una problematica saggistica, agisce con il suo solito grande divertimento in primis.

Gloria M. Ghioni