Mogli e figlie: l'ultimo regalo di Elizabeth Gaskell

Foto di Debora Lambruschini
Mogli e figlie
di Elizabeth Gaskell
Jo March edizioni, Maggio 2015

traduzione di Mara Barbuni
pp.684
€  19.00

Il contributo che la casa editrice umbra Jo March ha dato nella riscoperta nel nostro Paese di un’autrice del calibro di Elizabeth Gaskell, è qualcosa per cui non smetteremo mai di essere grati e che qui ho più volte citato; tra le voci femminili più interessanti della narrativa vittoriana, Gaskell gode infatti negli ultimi anni di rinnovato interesse anche in Italia, grazie soprattutto alle recenti traduzioni di alcuni dei suoi romanzi più noti, quali Nord e Sud, Gli innamorati di Sylvia e da pochi mesi Mogli e figlie, l’ultima opera parzialmente incompiuta della scrittrice inglese. Un rinnovato interesse che è auspicabile faccia parte di un progetto di recupero completo dell’intera bibliografia di una scrittrice apprezzata da pubblico e critica, stimata dai contemporanei e letta con immutato piacere anche oggi, esempio di un contesto letterario tanto variegato ed estremamente interessante come quello vittoriano. Wives and daughters è rimasto l’ultimo romanzo incompiuto della Gaskell, improvvisamente scomparsa, la cui pubblicazione sul Cornhill Magazine era iniziata nell’agosto del 1864 per concludersi un anno dopo la scomparsa dell’autrice avvenuta nel 1865; trama ed epilogo che fortunatamente erano già chiaramente delineati e che, insieme a lettere e conversazioni raccolte dall’editore della rivista, Frederick Greenwood, hanno permesso a questi di scrivere quel capitolo finale che la Gaskell non aveva fatto in tempo a trasporre sulla carta, ma che facilmente intuiamo come unico epilogo possibile a questa storia.
La signora Gaskell fu senza dubbio una delle interpreti più capaci e attente del periodo mid victorian, il cui sguardo critico non ha mancato di osservare contraddizioni, conflittualità e problematiche di una società complessa, in cui convenzioni, rigide regole sociali e all’apparenza insuperabili differenze di classe si accompagnano a scoperte scientifiche e tecnologiche, nuove possibilità, stimoli culturali e aperture verso una maggior democratizzazione – politica, sociale, culturale – ma anche a sofferenza, divario sociale, oppressione, conflitti. Un dualismo che spesso l’autrice ha rappresentato nella dicotomia città – campagna: l’una frenetica, inquinata, feroce, a tratti alienante, ma anche così ricca di stimoli, opportunità economiche e sociali; l’altra fatta di vite semplici, legate ai ritmi naturali, da cui spesso è necessario allontanarsi per sfuggire alla povertà, luogo dell’infanzia e della bellezza, della lirica, degli anni spensierati e ingenui, mondo chiuso e limitato.
Foto di Debora Lambruschini
E dopo l’ambientazione urbana di buona parte dei romanzi e racconti che l’hanno preceduto, in quest’ultimo lavoro la Gaskell abbandona la contrapposizione città/campagna, insieme all’indagine più sociale che hanno caratterizzato romanzi come North and South o Mary Barton – solo per citarne un paio – per chiudere il cerchio tornando a quel mondo rurale in cui la stessa scrittrice si era ritirata con la famiglia negli ultimi anni. Quella del villaggio di Hollingford è una natura semplice, pacifica, serena, su cui l’occhio della scrittrice spesso indugia, cornice e insieme specchio di stati d’animo, eventi, passioni e sentimenti:

Gradualmente, la vista del panorama dolce e pacifico si insinuò nella sua mente, e placò l’intontimento e la confusione. Là, bagnato dai raggi quasi piatti del sole d’autunno, c’era il paesaggio che conosceva ed amava fin dall’infanzia; quieto, e denso di piccole vite mormoranti, com’era, a quell’ora, da generazioni. I fiori autunnali splendevano nel giardino sotto di lei, le vacche pigre erano sparse nei prati più lontani, ruminando il loro bolo nel verde fieno di secondo taglio; i fuochi della sera erano appena stati accesi nei cottage distanti, in attesa del ritorno dell’uomo di casa, e lasciavano salire nell’aria immobile morbidi riccioli di fumo azzurrino; i bambini fuori da scuola, strillavano allegri in lontananza [...]

Palcoscenico naturale di un microcosmo scelto per raccontare “una storia di tutti i giorni” come recita il sottotitolo di questo romanzo, in cui non ci saranno grandi figure tragiche, scenari esotici, vivaci ambienti cosmopoliti e la città – Londra – è solo sporadicamente menzionata a rappresentare non il contrasto con la vita rurale bensì semplicemente quale centro culturale ricco di stimoli e possibilità; eppure, ugualmente coinvolgente e attenta la descrizione di questo piccolo spaccato di mondo e dei suoi fragili equilibri. Un microcosmo in cui l’attenzione è tutta rivolta sui rapporti famigliari, tema centrale del romanzo e chiave di lettura principale attraverso cui cercare di comprendere atteggiamenti, sentimenti ed equilibri messi in scena.
La famiglia piccolo borghese del bravo medico di campagna (che non manca però di essere in qualche caso apprezzato anche fuori dai confini di Hollingford), Mr Gibson, e della giovane figlia Molly, rimasta orfana di madre quando aveva solo tre anni, le cui vite si intrecciano a quelle della comunità tutta: le famiglie semplici con i loro divertimenti domestici, la nobiltà locale che periodicamente accontenta la comunità mettendosi in mostra come si conviene, le antiche famiglie di proprietari terrieri un tempo prospere ora segnate dalle difficoltà. Una comunità piccola, a tratti pettegola (e, ad un certo punto della storia incapace di resistere al giudizio), ma che non rifiuta di aprirsi al nuovo, soprattutto quando questo ha i tratti eleganti di una giovane affascinante appena tornata in patria dopo gli anni trascorsi in Francia. Una società variegata quindi che Gaskell tratteggia con la sua vena più spiccatamente narrativa, allontanandosi dall’indagine sociale, da conflittualità e problematiche che hanno maggiormente caratterizzato le opere precedenti, per rappresentare un mondo in cui i contrasti sono tutti del cuore, il divario sociale esiste ma è solo accennato, le passioni appaiono misurate.

Foto di Debora Lambruschini
Se cuore del romanzo è la famiglia, oggetto di indagine privilegiata da cui osservare il mondo sono soprattutto le figlie, direttamente chiamate nel titolo, ma anche i figli maschi e, senza dubbio più ancor delle mogli, le madri. Partiamo dalle figlie, figure sempre centrali nei romanzi della Gaskell, spesso orfane di madre ed eroine della storia: Molly Gibson, ragazza semplice, buona, compassionevole ed intelligente, profondamente legata a quel padre di cui ha goduto l’affetto esclusivo; virtuosa e remissiva fino alla noia, per carattere manca di quella vivacità e anticonformismo che alcuni di noi hanno imparato ad amare sul modello di Becky Sharp, la splendida protagonista di Vanity Fair. Anima semplice e fedele, a suo agio nella quotidianità degli affetti familiari: è ormai una giovane donna – ingenua, come si conviene ad una signorina di una famiglia rispettabile – che il padre sente improvvisamente di dover proteggere dalle insidie delle sua giovane età trovando una nuova moglie che possa fare da madre alla dolce Molly e, meglio di lui, guidarla ed educarla in questa delicata fase della sua vita. La donna che Mr Gibson sceglie come sposa è l’ancora piacevole vedova Kirkpatrick, Clare, come era un tempo conosciuta quale istitutrice della giovani figlie di Lord Cumnor, che la stessa Molly aveva brevemente incontrato tanti anni prima durante una gita nella tenuta nobiliare e che, fra i tanti indifferenti ospiti, aveva riservato almeno una qualche breve gentilezza per quella bambina spaurita.
Naturalmente apprendere l’improvviso desiderio del padre di risposarsi è per Molly fonte di profondo turbamento, silenziosa disperazione e timore che, in parte, si rivelerà infondato: Clare è una matrigna tutto considerato accettabile, ma che soprattutto porta con sè un’inaspettata fonte di gioia ed affetto nella vita di Miss Gibson, mediante l’arrivo della figlia, l’affascinante Cynthia.

Due giovani donne come non potrebbero esisterne di maggiormente diverse per sentimenti ed aspetto, indole e desideri, ma che nonostante timori e differenze si ritrovano presto legate da un affetto profondo e sincero. Molly è presto conquistata dalla bella Cynthia, capace di compensare le scarse dimostrazioni d'affetto e di confidenza della sorella appena entrata nella sua vita con la semplice bontà del suo carattere; da subito resta affascinata da questa creatura bella, altera a tratti, simpatica e arguta, di cui ne intuisce l'intima sofferenza e ogni turbamento all'apparenza invisibile ad occhi meno affettuosi; per lei è pronta a mettere da parte gelosia e sentimenti, anche a difenderla da chiacchiere e inganni. Sorelle, che nel profondo condividono più cose di quanto si sia in un primo momento portati a pensare, accomunate infatti da simili sofferenze e solitudini. La bella Cynthia è – nemmeno a dirlo – il personaggio a mio parere più affascinante di questo romanzo, il più moderno e per alcuni versi anticonvenzionale, del cui destino partecipiamo fino all’ultima pagina, desiderando indovinarne la scelta conclusiva. Con i suoi modi e il suo aspetto affascina ogni persona le graviti intorno, per quell’innato innocente desiderio di piacere che cela il bisogno di essere finalmente amata. Cresciuta in Francia, lontana dalla madre e dal suo affetto, non sono mancate anche le difficoltà economiche, che tuttavia l’amore famigliare avrebbe sicuramente ampiamente compensato. Ma Clare era, è, una madre troppo assente, superficiale, egoista e priva di istintivo affetto verso la figlia, prima considerata un ostacolo nella ricerca di una posizione, poi motivo di gelosia per quella sua fresca bellezza.

La nuova Mrs Gibson non è una donna cattiva, ma una donna concentrata su sè stessa, priva di istinto materno, incapace di empatia, frivola; si intuiscono chiaramente le difficoltà del passato che hanno lasciato un segno indelebile su quei tratti caratteriali ora più marcati, una donna che, un secolo più tardi, sicuramente avrebbe scelto di non avere figli, o – stando a quanto afferma lei stessa – perlomeno non figlie femmine, “piaghe della sua vita”, più complicate, difficili da gestire e fonte di costante preoccupazione. Inevitabile che la sensazione di essere un peso nella vita della madre e la solitudine durante gli anni lontani da lei, abbiano lasciato in Cynthia una carenza affettiva molto profonda, che ha contribuito a renderla la giovane donna, affascinante ma volubile e incapace di sentimenti profondi. Non ha conosciuto l’affetto famigliare, la complicità, che lega Molly al padre, e per questo sente di non essere capace di provare un tale grado di affetto e amore, non nei confronti di un genitore, non verso un marito o un figlio probabilmente:

Non penso che l’amore per una madre sia in assoluto un fatto naturale; e ricorda quanto a lungo sono stata separata da lei! Amavo mio padre, se si vuole” continuò, con la forza della verità nel tono della voce, e poi si interruppe; “ma morì quand’ero una bambinetta, e nessuno crede che mi ricordi di lui. Ho sentito la mamma dire a un ospite, neanche quindici giorni dopo il funerale: “Oh, no! Cynthia è troppo piccola; l’ha completamente dimenticato” e io mi sono morsa le labbra per impedirmi di urlare: “Papà! Papà! È davvero così?”. Ma tutto questo è inutile. Beh, poi la mamma ha dovuto iniziare a lavorare come istitutrice; non poteva evitarlo, poveretta! Ma non le interessava poi molto allontanarsi da me. Io ero un fastidio, oserei dire. Così fui mandata a scuola all’età di quattro anni; prima in una, poi in un’altra; e le vacanze la mamma andava a trascorrerle in case sontuose, mentre io ero lasciata alle cure delle mie insegnanti.

Eppure Clare non è una madre, un personaggio, cattivo, ma forse solo incapace di pensare ad altri se non a sè stessa e i legami che stringe – con il secondo marito, con Cynthia, con la figliastra – non riescono mai ad essere davvero profondi, sinceri, realmente affettuosi. Madre diametralmente opposta a Clare è Mrs Hamley, così affettuosa e partecipe; eppure la signora Hamley non è una madre perfetta e anche i suoi errori in qualche modo segnano in maniera indelebile il carattere di quei due figli maschi, Osborne e Roger, che pure sono legati tra loro da un affetto incondizionato. I due fratelli Hamley sono, specularmente a Cynthia e Molly, altrettanto differenti nell’aspetto e nel carattere ma complici e leali tra loro fin da bambini, si fidano l’uno dell’altro. La gentile Mrs Hamley tuttavia, è si una madre amorevole e una cara amica per la piccola Molly – alla quale vuole bene come una figlia – ma le sue attenzioni, le sue aspettative, sono sempre state tutte rivolte quasi esclusivamente al primogenito, Osborne, così simile a lei nell’aspetto e nel carattere, ed è a lui che la famiglia tutta guarda con speranza per il futuro. Osborne, elegante, quasi dandy, intelligente e sensibile, animo poetico, erede della tenuta, da cui ci si aspettano grandi cose: un matrimonio adeguato, successi accademici che portino onore e denaro alla famiglia. Un figlio idealizzato come un dio, che la stessa giovane Gibson appare curiosa di conoscere, per conciliare la fantasia con l’uomo reale:

[...] questo giovane bello e brillante, l’eroe di sua madre. Di tanto in tanto la sua fantasia di fanciulla aveva indugiato su come egli potesse essere; su come l’adorabile ragazzino del ritratto nel salotto di Mrs Hamley fosse cambiato nei dieci anni che erano passati da quando era stato eseguito; se leggesse poesie ad alta voce; se leggesse persino le proprie poesie.

E inevitabilmente la caduta di un idolo è tanto violenta quanto inattesa: quando il futuro brillante immaginato per il primogenito appare irrealizzabile, le attese tradite, l’equilibrio famigliare va in pezzi. Dove prima c’erano adorazione e speranza, ora profondissima delusione, rancori, rabbia e disincanto e, per prima, è la stessa Mrs Hamley a comprendere chiaramente l’errore:

Ho fatto del mio Osborne un idolo; e lui ha dimostrato di avere i piedi d’argilla, non abbastanza robusti da mantenersi saldo per terra. E questa, oltretutto, è la luce migliore sotto la quale considerare la sua condotta!

Caduto il primogenito, inaspettatamente è Roger a ridare speranza alla famiglia: quel figlio su cui nessuno mai aveva nutrito particolari aspettative, uomo mediocre all’apparenza, privo di quell’animo sensibile del fratello maggiore, dei suoi modi raffinati; no, Roger è molto diverso dall’amato fratello, è pratico, vitale, all’ozio casalingo predilige la vita a contatto con la natura, la scienza alla poesia, l’avventura al focolare. Tocca a Roger farsi carico dei problemi, curare le ferite, trovare il modo per far riconciliare padre e figlio che sembrano incapaci di mettere da parte l’orgoglio:

Se in quell’istante gli fosse andato incontro manifestando una qualunque emozione, sarebbe potuto cambiare tutto. Invece, egli attese che il padre lo vedesse prima di pronunciare una sola parola. Tutto ciò che lo Squire disse quando il suo sguardo cadde infine su di lui fu: Voi qui, signore! E troncando le istruzioni che stava impartendo a Molly lasciò immediatamente la stanza. Per tutto il tempo il suo cuore aveva agognato il primogenito; ma l’orgoglio di entrambi li tenne a distanza.

Nonostante differenze e dissapori è sorprendente, si diceva, il profondo legame tra i fratelli Hamley, così come lo è quello tra Molly e Cynthia, il cui rapporto è in fondo il cuore della storia, impossibili da definire sorellastre tanto sincero è l’affetto che le unisce. Situazioni e sentimenti che con il tempo si intrecciano rendono sempre più evidenti le differenze caratteriali delle due giovani donne e, soprattutto quando è l’amore ad entrare in gioco, il rischio che questo si metta tra loro e rompa l’equilibrio si fa per un momento davvero concreto. Ma il romanzo che la Gaskell qui costruisce rifiuta eccessi e luoghi comuni, non esistono rivalità tra sorellastre o fratelli, gelosie o rabbia. Nel piccolo mondo di Hollingford l’autrice mette in scena la vita di ogni giorno, fatta di innumerevoli piccole, frivole cose, di affetti sinceri che non mutano nemmeno di fronte all’errore e al giudizio esterno. Sarà la vita, il destino, nel caso lo voglia a rimettere ordine.
Immutevole, come i sentimenti che legano le due sorelle e il loro essere coerenti a sè stesse – quasi – fino alla fine.

di Debora Lambruschini