La mano verde e altri racconti
di Nicole Claveloux e Edith Zha
Eris Edizioni, novembre 2025
Traduzione di Boris Battaglia
pp. 104
€ 25 (cartaceo)
I cinque capitoli de "La Mano Verde" inaugurano la collaborazione tra le due autrici e segnano l'ingresso di Nicole Claveloux in Métal Hurlant. Queste tavole sontuose, dal ritmo surreale, si inseriscono in un sommario in cui la parte del leone la fanno rock e fantascienza - due parole che all'epoca rimano ancora con testosterone. Nicole decide di realizzare le sue pagine a colori (cioè, direttamente sulle tavole originali) utilizzando una tecnica mista molto complessa, in cui mischia inchiostro, tempere e aerografo. I tratti neri li disegna solo dopo aver effettuato la colorazione. Tutto è realizzato nel formato di stampa. Il processo è laborioso, il risultato spettacolare - ma purtroppo impossibile da rendere fedelmente con la tecnica della quadricromia. «Faccio sempre esperimenti tecnici azzardati... alla fine ne avevo abbastanza, ho tirato via.» Sfidiamo i lettori a trovare il minimo cedimento in questo stordente capolavoro della modernità, che conserva intatta, dopo quarant'anni, tutta la sua originaria freschezza. (p. 14, dalla prefazione di Jean-Louis Gauthey)
Panka Nebe
In questa parodia di Biancaneve, quando la Regina Madre si punge con l'ago ed esprime il desiderio di avere una figlia, è raffreddata. L'effetto del suo desiderio, pronunciato con il naso chiuso, è paradossale, soprattutto a partire dal nome della bambina: Planche Neiche. L'assonanza della pronuncia è fortissima con quella di Blanche Neige, ma il significato è vicino a come i francesi chiamano lo snowboard: planche à neige (letteralmente: tavola da neve). Dato che l'idea di tavola è fondamentale relativamente alla magrezza (il requisito che la Matrigna le invidia) della protagonista era necessario mantenerla nella traduzione. Credo che Panka renda bene l'idea. (p. 98)
Tutte le storie sono sempre molto grottesche, vagamente erotiche, un po' crudeli e tanto mi ricordano le peculiarità del teatro dell'assurdo - movimento teatrale del dopoguerra che aveva in Beckett uno dei suoi massimi esponenti - dunque l'assenza di linearità, l'assurdità, il nonsense, i dialoghi surreali, le situazioni illogiche senza spiegazioni razionali.
I tratti sono frenetici, come infantili eppure molto disturbanti nella resa finale.
Nelle storie c'è anche un principio di femminismo, una scintilla non ancora del tutto pronta a esplodere ma che lascia presagire già una certa sensibilità, una certa intuizione e sguardo sul futuro. O forse, essendo una delle poche donne fumettiste di quegli anni - e parliamo degli anni '70-'80 - tendeva a inserire nelle sue storie e nei suoi personaggi femminili (famosissima la sua Grabote) alcune istanze che oggi conosciamo benissimo, e sappiamo nominare: disparità di genere, patriarcato, sessismo, necessità di riscrivere i destini delle eroine classiche.
Credo sia uno di quei fumetti - finalmente a disposizione anche nel nostro Paese - che tutti gli appassionati dovrebbero leggere o avere in libreria, a prescindere dalle preferenze di genere.
Lo consiglio anche a chi ama particolarmente Moebius e lo scrittore cileno Jodorowsky.
Deborah D'Addetta


