Quando l'amicizia aiuta a evadere dalla propria famiglia: "Chiara" di Antonella Lattanzi



Chiara
di Antonella Lattanzi
Einaudi, ottobre 2025

pp. 176
€ 18 (cartaceo)
€ 11,99 (ebook)

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Può un'amicizia aiutare a dimenticare l'angoscia che si vive tra le mura domestiche? No, eppure l'amicizia può contribuire a sopportarla, a sentirsi meno soli, specialmente se l'altra persona vive qualcosa di molto simile, ovvero anche lei ha un "mostro" dentro casa. 

A scuola Marianna scopre presto Chiara, una bambina che viene spesso presa di mira dal resto della classe; lei, che mangia panino con la frittata all'intervallo e ha la carnagione scura, con buffi baffetti sopra il labbro superiore, diventa presto "la persona" di Marianna. E Antonella Lattanzi nella prima parte del suo romanzo costruisce quell'incredibile e innocente percorso d'amicizia che è assoluto e irripetibile dopo l'infanzia. Trovarsi, sentirsi finalmente capite, poter tanto giocare quanto fare i compiti insieme, prendersi per mano e sorridersi d'intesa,... Anche per Marianna e Chiara questo sarebbe un percorso iridescente, che va a formare un legame più duro del diaspro, se solo non fosse che la gioia di entrambe è spesso oscurata dalla violenza. La violenza che sta tra le mura di casa

Raffaele, il padre di Chiara, è infatti violento nei confronti della moglie, ma anche dei figli, e Chiara ha imparato presto a scappare e chiudersi in camera sua, ignorando o fingendo di ignorare le urla e le preghiere che arrivano da fuori. La madre sembra pregare fin troppo dolcemente Raffaele, come se la sua fosse una recita rassegnata, e la sua parte fosse ormai sempre la stessa, quella della vittima. 

A casa di Marianna, invece, il mostro è un altro, e ci vuole pazienza per capirlo, perché suo padre è amabile e attento, come se dovesse farsi perdonare qualcosa. L'autrice è abile nel prolungare l'attesa, lasciando che noi lettori immaginiamo una situazione simile a quella di Chiara. Invece no, ma la scoperta che faremo è altrettanto bruciante – e non pare più uno spoiler dirlo, visto che Antonella Lattanzi ne ha parlato pubblicamente –: il padre di Marianna è autolesionista. E le ferite che si infligge – spesso molto gravi – richiedono l'intervento dei medici, talvolta addirittura il ricovero. Se la moglie è pronta a intervenire, Marianna a volte si ribella, avverte il ricatto morale che spesso porta suo padre ad attribuirle le colpe del suo malessere. Ma dopo l'attacco, quell'uomo torna a essere un padre affettuoso e presente, quello che tutti i compagni di Marianna trovano invidiabile. 

Entrambi i padri, per ragioni diverse, portano la violenza e l'imprevedibilità nelle loro famiglie, insieme a un'angoscia e a un'ansia che spesso insorgono prepotenti, annebbiando la razionalità di Chiara e di Marianna. E questo – sembra suggerirci l'autrice – non può risolversi con la crescita. Al contrario, più seguiamo al storia di Chiara e di Marianna e più capiamo l'esclusività del loro rapporto, che addirittura si ammanta di contorni molto sfumati tra amicizia e passione amorosa, perlomeno da parte di Marianna. 

Non c'è equilibrio in chi equilibrio non ha avuto mai, e le due protagoniste cercano di vivere ognuna facendo i conti con traumi che rischieranno addirittura di allontanarle. Antonella Lattanzi, sapientemente, ci lascia intravvedere chi sono diventate oggi, quelle bambine degli anni Novanta: a più di trent'anni non hanno rapporti solidi. A scampoli, l'autrice ci fa capire che si sono allontanate, ma per quale ragione? E si tratterà di un distacco definitivo? 

Scopriremo questo e anche tanto altro riempiendo i vuoti di un passato che la narrazione completa via via, mostrando due adolescenti e poi due giovanissime donne, impegnate a tenersi vicine, anche quando le scelte di vita si fanno pericolosamente opposte. Un esempio? Se Chiara cerca sempre di non suscitare l'ira di suo padre, e dunque tende a essere la prima della classe, a vestirsi con estrema sobrietà, senza mai attirare l'attenzione con i suoi comportamenti, Marianna prova lo sballo, le compagnie sbandate, il sesso e la provocazione. I risultati? Non sono mai quelli che le ragazze vorrebbero: il padre di Chiara è sempre violento e Marianna non attira l'attenzione, concentrati come sono i suoi genitori sull'autolesionismo del padre.

Eppure questa non è una storia di disperazione; semmai Chiara racconta come si diventi grandi nonostante i traumi, nonostante famiglie disfunzionali, grazie a un'amicizia profonda e totalizzante. Viene da parteggiare costantemente per le due protagoniste, che – come in una storia d'amore – attraversano fasi alterne e noi lettori non facciamo che sperare che qualsiasi crisi possa risolversi. Perché fa bene anche a noi leggere di amicizie così. Che profumano di vero, ma anche di unicità.

GMGhioni