Perfezione e dintorni: "Indagine apparente" di Luca Poldelmengo



Indagine apparente
di Luca Poldelmengo 
Gallucci editore, aprile 2025 

pp. 320 
€ 16,50 (cartaceo) 
€ 8,99 (ebook) 

Rigorosa, inflessibile, tendenzialmente poco empatica («non captava la sofferenza di chi le stava vicino», p. 261), la protagonista del romanzo di Luca Poldelmengo, il pubblico ministero Letizia Riva, vive da sempre circondata da "un’aura di perfezione" personale, familiare e professionale. In procura, un collega l’ha soprannominata «il tasso del miele» («mustelide famoso per non indietreggiare neppure davanti a un leone», p. 17) e questo nomignolo è solo il più originale tra i tanti, anche poco eleganti, che le sono stati affibbiati per il suo modo di fare. 

Già nelle primissime righe del primo capitolo, l’autore dipinge il ritratto di una donna che, a cinquantasei anni, per il suo aspetto giovanile e piacente, suscita gli sguardi di ammirazione di chi la incrocia per la strada e se ne compiace, dal momento che cura la sua forma fisica «con impegno e forza di volontà» (p. 11). 

Poco dopo, però, aggiunge un dettaglio altrettanto significativo: 

Letizia non riusciva a calpestare le fughe tra una mattonella e l’altra, il solo pensiero la gettava nel terrore, quasi l’intero universo fosse sorretto da quelle linee sottili che lei non doveva assolutamente spezzare. (pp. 11-12) 

Questa fobia, di cui si parla poi tante altre volte nel corso del romanzo, suggerisce che nella psicologia del personaggio albergano disturbi vagamente ossessivo-compulsivi e indica che il mondo di Letizia non è poi così perfetto come potrebbe apparire in prima battuta. 

Infatti, nel momento in cui suo marito improvvisamente e inspiegabilmente scompare nel nulla, di quel mondo perfetto, quasi con violenza, emergono tutti i limiti e le ambiguità: Letizia è costretta a mettere in discussione ogni certezza fino ad allora ritenuta indiscutibile e a intraprendere un doloroso lavoro su se stessa, che coinvolge anche tutti i membri della sua famiglia

La narrazione procede così su una sorta di doppio binario, che corrisponde al duplice percorso che la protagoniste deve intraprendere: da un lato, quello thrilling dell’indagine personale, che la porta tra le strade della Suburra romana, tra corruzione, crimine organizzato e traffici illegali; un contesto che la donna, in quanto pm, conosce già, pur senza averlo mai frequentato direttamente, e all’interno del quale si muove con relativa scioltezza. 

L’inchiesta, del resto, si rivela subito come una sorta di scatola cinese, riservandole sorprese sempre più amare e sconcertanti che gettano una nuova, sinistra luce sull’amato Aldo, da trent’anni colonna portante della sua esistenza, l’unico con cui poteva essere se stessa, ma che le appare ormai come uno sconosciuto: «Conosceva davvero suo marito? O era stata così sciocca da costruire tutta la sua vita perfetta sopra un’enorme bugia?».

Conosceva davvero suo marito? O era stata così sciocca da costruire tutta la sua vita perfetta sopra un’enorme bugia? (p. 65)

La scrittura di Poldelmengo, diretta, tagliente, incisiva, oltre a riflettere il carattere della protagonista, risulta particolarmente adatta al ritmo serrato, rapido e senza pause di queste pagine e, con la sua chiarezza, contribuisce ad amplificare l’effetto del colpo di scena finale

Dall’altro lato, il racconto si fa psicologico, focalizzato sul sofferto cammino interiore affrontato, suo malgrado, da Letizia. Dopo l’iniziale, dolorosa incredulità, che semina nel suo animo dubbi e domande senza risposta, si impone la presa di coscienza, la consapevolezza di aver sbagliato tanto e con le persone più importanti, cioè il marito e soprattutto i figli; il sentimento di inadeguatezza, che Letizia prova per la prima volta, fa strada dapprima a timidi tentativi di cambiamento, quindi alla volontà di imprimere una svolta decisa e definitiva alla propria vita. Anche in questo caso il tratto lineare della penna di Poldelmengo si rivela il più consono alla descrizione del non facile “viaggio” di Letizia dentro se stessa.

La crisi interiore, come si diceva, deflagra principalmente in relazione alla famiglia. La smania di perfezione della protagonista, infatti, sin dalla loro nascita si è riverberata su Mattia e Simona: da loro la donna ha sempre preteso che raggiungessero determinati standard (soprattutto in termini di successi scolastici) e incarnassero il ‘modello' di persona da lei concepito, senza rendersi conto dei loro bisogni e delle loro esigenze reali o, più semplicemente, non concependoli che come emanazioni di sé. Ciò ha provocato nei due ragazzi conseguenze diverse, ma altrettanto importanti, di cui Letizia non ha avuto sentore fino alla sparizione di Aldo. 

“Allora, com’è andato l’esame?” gli chiese. […] “Ventiquattro”. “Non è accontentandoti del minino sindacale che ti costruirai la vita che desideri”. “Quella che desidero io o quella che desideri tu?” (pp. 93-94) 

Gli altri esempi di relazioni tra genitori e figli che l’autore propone nel corso del romanzo, impongono a Letizia – e con lei, al lettore – di domandarsi fino a che punto e secondo quali modalità un padre o una madre hanno il diritto di indirizzare e di condizionare la vita dei figli e di chiedersi, invece, quale sia il momento di lasciarli liberi, anche di sbagliare. 

Elide Stagnetti