Una storia d'amore, d'attrito, di agguati: "Leggermente mossa" di Carlo Lei per Revolver

Leggermente mossa
di Carlo Lei
Revolver, giugno 2025

pp. 144
€ 12 (cartaceo)

Fissando gli scomparti vuoti mi sono chiesto quanti giorni erano che non mi capitava di pensare a lei, e come chiamare questo tornado che mi è entrato in casa come un fantasma, se è qualcosa che ancora esiste o no. Se la normalità della mia vita è con Carmela dentro, o con l'assenza di lei. (p. 39)
La scrittura di una prefazione offre a Carlo Lei l'occasione di ripercorrere i successi più significativi della carriera di Carmela De Ciccoli, artista poliedrica legata all'uomo da anni. Carlo la ricorda soprattutto attraverso le foto che ne conserva: la sua giovinezza, una vacanza in Grecia, i primi passi artistici, le invidie dei colleghi, l'idea di scrivere un romanzo; finalmente, ha l'opportunità di chiarire a se stesso cosa è stata Carmela per lui. 
Nella foto non si vede, ma a quest'età ha i lineamenti acerbi, non si sa se diventerà bella, nemmeno io lo so. (p. 11)
I suoi quadri rappresentano animali, sempre appostati in attesa di qualcosa. (p. 12)
Carmela De Ciccoli è pittrice, scenografa, ora anche scrittrice: e Carlo ne soffre.

L'uomo, che di Carmela è stato amante e forse il più grande ammiratore, ne ha gradualmente patito il riconoscimento, le attenzioni mediatiche, la mondanità. La loro è diventata storia d'attrito e provocazione, di scontri, di agguati. Tra colpi bassi e accuse di ipocrisia e prostituzione intellettuale, la relazione si lascia consumare dall'acredine prodotta da un confronto impari.

Non capisco cosa sia questo amore, come funzioni, non è attrazione, non è stima, non è desiderio, assomiglia a un senso d'invidia, di autodifesa. (p. 101) 
Leggermente mossa prende il via dal racconto di una artista affermata per scoperchiare il sentimento di inadeguatezza provato da un uomo nei confronti di un partner migliore di sé in ogni aspetto, un partner che ottiene tutto quasi per inerzia.
"È finito il tempo di guardarsi dentro, devi guardarti fuori. Dico davvero, è matematico. Sennò ti manca proprio la materia prima da interiorizzare. La diamo un po' un'occhiata a quest'aria nuova che c'è attorno?" (p. 30)

La ricerca di Carlo è quindi duplice: mentre affronta Carmela, affronta se stesso, il suo rapporto col fallimento, la mediocrità, la scrittura come mezzo espressivo raramente appagante e quasi sempre frustrante. 

Perché solo con lei mi sento così impotente, così indecentemente smascherato da ricominciare ad avere paura di tutti gli altri? Nemmeno troppo ai suoi occhi: smascherato ai miei. (p. 65)

Per Carlo infatti la scrittura non è mai galvanizzante, ma rappresenta una fuga sottaciuta, spesso castrata e sconclusionata. Ne comprendiamo il modo in cui si imbatte in lei, nel processo creativo, nel dramma del compromesso a cui quasi ogni artista ormai tende - quello di mettere insieme ambizione artistica e vita di tutti i giorni, fatta di lavori che non restituiscono niente.

Se non scrivi, non solo quando muori sei morto, ma quando vivi non vivi. (p. 58)

La sfida Carlo/Carmela si acuisce proprio sul fronte della scrittura. 
Se Carlo scrive quasi in anonimato, Carmela lo sta facendo come un di più,  per diritto acquisito.

Guarda che mica è un film, che uno cova il grande genio mentre vive sereno il quotidiano, e poi scoppia come una cosa naturale, un fiore. T'hai a scuntrà giorno per giorno con la mediocrità. (p. 79) 

Eppure la scrittura permette a Carmela di concedersi un unico momento di umanità: la stesura del romanzo ne scopre le fragilità. Anche in lei esiste la paura di non essere all'altezza.
"Vuoi leggerlo? Ti prego, non è troppo lungo, sono novanta cartelle corpo undici. Ho bisogno di condividere con qualcuno questo figlio che aggio fatt' e parturit' i' da sola, mi sento che tutti dovrebbero amarlo come lo amo io. (p. 62)

Carlo e Carmela si lasceranno, torneranno insieme, avranno altre relazioni, ameranno molto. 

Ma cosa resta tra queste due persone? Ed è Carmela a chiederselo, finché pone l'interrogativo proprio a Carlo: che ne ricava da quel rapporto, cos'è che sta cercando lui da lei, se un'approvazione, magari una legittimazione a far parte di un mondo artistico riconosciuto e rispettato, distante dal dimenticatoio degli artisti misconosciuti.

Ma tu ch' vvuo da mme? (p. 75)

Felliniano nella ricerca di significati esistenziali connessi alla professione dell'artista e Starnoniano nelle descrizioni meticolose e ossessive di Carmela, verace, orgogliosa, incontenibile, Leggermente mossa è in definitiva un testo intenso, travolgente, doloroso, che si concede passaggi ironici ferocissimi e momenti di tenerezza rivelatoria, fino a un grande e inaspettato finale.

Daniele Scalese