Tutti gli animali, umani e non, sono simili e crudeli ciascuno a modo proprio: "Il nido" di Catherine Chidgey

 



Il nido
di Catherine Chidgey
Edizioni e/o, maggio 2025
 
Traduzione di Silvia Castoldi

pp. 352
€ 20,00 (cartaceo)
€ 11,99 (ebook)

Quella fu la mia prima parola umana, e anche se in seguito ne collezionai innumerevoli altre rimase la mia preferita. Quando la casa era silenziosa e io ero solo mi esercitavo: Mar Mar Mar Mar. Sentivo l'aria muoversi dentro e fuori di me, la siringe in fondo al petto che ronzava mentre cercavo di riprodurre il suono, Che strana forma aveva la loro lingua, com'era densa, e squadrata (p. 20)
Tama è un pulcino di gazza caduto dal nido e salvato da Marnie. Anche se sa che non bisognerebbe toccare gli uccellini perché altrimenti i genitori non li vorranno più, la donna non può non portare in casa quel cucciolo che serve a riempiere un vuoto affettivo che da poco l'ha colpita. Il marito Rob, allevatore e taglialegna, non ne è entusiasta: delle gazze si dice che siano uccelli del demonio e, di certo, porterà malattie e farà i suoi bisogni nel loro letto. Ma Tama – diminutivo di Tamagotchi – si trova subito a suo agio. Impara i comandi, si fa allevare e apprende la lingua degli esseri umani, strumento potente sia per decodificare ciò che succede intorno a lui, sia per affascinare le migliaia di follower che iniziano a compiere pellegrinaggi per vedere la gazza che parla, si mette i costumini e dà bacetti a comando. I limiti di comprensione di Tama sono molto ampli: sa cosa succede tra Marnie e Rob perché la violenza, come imparerà a sue spese, è un tratto che accomuna tutti gli abitanti del regno animale, sia umani che non.

Umani che prendono con sé animali e li addomesticano o, viceversa, animali che si allontanano dall'orbita umana per tornare alla natura è un tema caro alla letteratura, una declinazione dell'universale conflitto uomo-natura. Catherine Chidgey, scrittrice neozelandese già pubblicata in Italia da edizioni e/o, con Il nido racconta una storia che, tramite la voce di Tama che va dall'ingenuo al crudele, mostra come questo conflitto, in realtà, non abbia quasi ragione di esistere perché siamo tutti animali, tutti con i nostri codici sociali e comportamentali e tutti, senza innocenti, intrisi di crudeltà.

Parlare della crudeltà umana risulta quasi troppo evidente. Il matrimonio tra Marnie e Rob corre sul filo della tensione sin dalle primissime pagine, mostrando una violenza domestica già in pieno svolgimento, aggravata dalla famiglia di Marnie che vede negli sguardi affamati di Rob nei suoi confronti una dimostrazione di amore. La violenza si declina su altri piani come il mancato riconoscimento del lutto di Marnie, reduce da un aborto, o il continuo body shaming a cui la sottopone la madre. Inutile precisare che, in un contesto di questo tipo, lo specismo non viene nemmeno notato, tanto che il racconto delle morti di pecore e capre sono storielle divertenti e diventano motivo di tristezza solo se, da quelle morti, deriva una perdita economica. Tama, infatti, viene tollerato solo quando si trasforma in una fonte di reddito grazie a Twitter, ma anche quando sembra risollevare la fattoria di Rob dai debiti deve comunque fare attenzione a non morire per mano degli umani.
«Che? Che che che? Com'è morta nostra madre?».
«Morte per macchina».
«Chi uccide con le macchine?».
«Gli umani».
«Cos'è lei?»
«Un'umana».
«Nostro padre morirà per la vergogna. Il suo ultimo figlio maschio, che se va per vivere in una casa con un'umana. Morte per vergogna». (p. 31)
Così la sorella di Tama lo mette in guardia. Ma gli animali non umani non sono da meno e non lo ripudiano per motivi ferini, come l'odore o l'incapacità di cacciare, ma per ragioni che nascondono una struttura sociale fatta di orgoglio e vergogna, né più né meno della nostra. Il padre di Tama esorta i nuovi figli a far finta di non averlo sentito parlare quando lui ritorna perché un uccello che va a vivere con gli umani è come se fosse morto. Quando la sorella viene presa in trappola, pur nella sua ingenuità, non esita a far catturare altre gazze in cambio di bocconcini di bacon. Tama, che si muove a suo agio tra i linguaggi umano-gazza, prova gelosia per la nuova posizione della sorella e la "libera" appena ne ha l'occasione.  

Anche le figure dotate di buone intenzioni finiscono per danneggiare gli altri. Ange, la sorella di Marnie, per far sì che la sorella metta in mostra le sue doti canore finisce per suscitare l'ira di Rob; Marnie, chiamando Tama «il suo bambino», lo porta a ripudiare il suo istinto animale e a doversi scusare quando la gazza divora una preda in diretta streaming; gli animalisti che si battono contro lo sfruttamento social di Tama, finiscono solo per tenerlo lontano da Marnie, la persona che lui ama sopra ogni cosa e che vive in una «casa giallo tuorlo» (p. 27), per lui sicura come quando stava dentro l'uovo: un confronto, questo, che gioca anche su come la casa e il nido possano essere luogo sicuro, ma anche luogo di orrori nel caso della violenza domestica.

Tesi l'orecchio in attesa che Dio mi guidasse, ma come al solito non mi fu di nessun aiuto. Era il mio stormo a guidarmi verso casa, oppure era Marnie? [...] Passai sopra le case dove gli uomini cuocevano la carne nei giardini avvizziti e i bambini gridavano Ti ho sparato, sdraiati, sei morto. Oltre il confine della città iniziavano i frutteti, e quasi tutti gli alberi erano coperti di reti, anche se qua e là la frutta pendeva dolce e indifesa. Non mi fermai. Volai attraverso il vasto mondo, sopra la maledetta diga che tratteneva tutta l'acqua, anche se l'avevano costruita sopra una faglia, quegli idioti di merda, quei bastardi schifosi. (p. 274)
Il racconto, in prima persona dal punto di vista di Tama che mescola pensieri suoi, ripete ciò che dicono gli umani e ciò che cantano gli uccelli, lascia trasparire molta più comprensione di quando non ci si aspetterebbe tra umani e animali non umani: a parte qualche divertente incomprensione linguistica, come quando la sorella di Tama non comprende il significato di «virale» sui social e teme che lui sia contagioso, la sovrapposizione tra le specie non è per nulla lontana. Questo non perché si sia scelto di antropomorfizzare la gazza, ma perché veniamo tutti dallo stesso bacino: quello animale. Tutti gli animali, verrebbe da pensare, oltre a essere simili tra di loro, sono anche crudeli ciascuno a proprio modo.

Giulia Pretta