Einaudi, marzo 2022
pp. 96
€ 11 (cartaceo)
€ 7,99 (ebook)
A tutti sarà capitato di rimanere imbottigliati nel traffico e di iniziare a chiedersi – dopo le lamentele di rito – chi siano le persone nelle macchine di fianco a noi, immaginarsi le loro vite, il motivo del loro viaggio. Carlo Lucarelli, in Autosole, mette nero su bianco questo gioco, apparentemente innocuo.
Quello che fa è prendere un frammento, un istante, di un allegorico primo agosto, dell’autosole congestionata dal traffico e fornirci la cronaca di ciò che avviene. Descrive l’autostrada come «un serpente dalle scaglie fitte, che lentamente si allunga, si stende, abbagliante di riflessi, e attende, immobile, sotto al sole, respirando piano al ritmo roco dei motori accesi » (p. 7).
I capitoli sono divisi per autovettura e per corsia, ma anche per Autogrill e aree di parcheggio. Prima ancora di conoscere i personaggi, conosciamo le loro auto e il loro approccio a questa sosta forzata, in questo girone dantesco simile non solo per il caldo torrido. Le prime – magistrali – descrizioni riguardano proprio il caldo, a tal punto che può sembrare di sentire anche a noi il sudore correre lungo la schiena. I personaggi, presentati a canone, sono tanti, variegati, costruiti con una prima impressione sommaria. Abbiamo quindi il malavitoso, l’uomo d’affari, il camionista tutto canotta e luci sul cruscotto, i vecchietti in gita (con dimostrazione di pentole annesse), la famiglia felice solo di facciata e tanti altri.
E per quanto l’intento di Lucarelli sia chiaro – ovvero raccontare un istante in autostrada –, durante i primi capitoli ci si chiede comunque dove voglia andare a parare, dove porteranno tutti questi micro-racconti, queste incursioni più o meno profonde nella vita di questi reclusi tra lamiere. Ci si accorge, andando avanti con la lettura, che queste figure iniziano a intrecciarsi tra di loro: come le macchine si allineano, si allontanano, di pari passo con gli sguardi e gli interrogativi, si genera – per forza di cose – dell’intreccio, che evidenzia la grandissima attenzione di Lucarelli per i dettagli.
In una situazione di stallo, Lucarelli ordisce una trama che ha grandissima presa, che ci viene mostrata poco alla volta e che si alimenta di volta in volta con ogni personaggio, che a sua volta contribuisce a questa tessitura, nonostante lo facciano con piccoli punti di contatto. Ma non è soltanto questo intrecciarsi di storie e di vite a rendere questo romanzo ipnotico. Ciò che rende impossibile l’interruzione della lettura è il fatto che sono storie che ci conducono dove non pensavamo. Presentano un punto di svolta inatteso, spiazzante. Vanno a fregare i poveri personaggi che hanno la sola colpa di essersi immessi nella stessa strada, nello stesso istante, ma soprattutto il lettore, che pagina dopo pagina, si sente gabbato, fregato, per non aver minimamente immaginato la vera natura dei personaggi e soprattutto per empatizzare sempre con quello sbagliato.
Nulla è come sembra, i cattivi sono buoni e i buoni diventano cattivi. Qui non c’è solo in ballo la risoluzione di una coda autostradale, ma diventa una lotta alla sopravvivenza, dove tutto è possibile, dove leggi e buonsenso vengono soverchiati per fornirci una singolarissima morale che sembra avere senso, frutto di grandi riflessioni esistenziali generate tra un Camogli riscaldato, tra delle lamiere più calde dell’Inferno e guardando verso un orizzonte nel quale non si scorge niente, se non l’incapacità di ogni singolo personaggio di rivelarsi per quello che è.
In questo senso il gioco che fa Lucarelli è solo all’apparenza innocuo, perché una sosta forzata, una permanenza in una gabbia di lamiera mette i personaggi sotto una lente d’ingrandimento particolare: quella della frustrazione di non essere liberi. Nessuno può scappare dagli altri, ma soprattutto da sé stessi. Non è un caso che alla fine i personaggi siano ancora in coda al 31 di agosto. Perché per quanto la coda prima o poi finirà, non finirà invece la fuga da noi stessi.
Dopo aver sudato, gioito, sperato con loro, il lettore è portato a farsi un’ultima riflessione: quanta vita può avvenire (sarebbe riduttivo parlare di cose che succedono) in pochi istanti e in pochi metri quadrati? A fine lettura ho preso in mano il testo, l’ho guardato, e mi sono chiesta come faccia a starci tutto ciò in un libretto poco più lungo di un opuscolo. Ma come per la storia raccontata, come per il tempo, come per quel dragone metaforico con il quale Lucarelli descrive l’autostrada, tutto si dilata e si restringe sulla base della nostra percezione, dei nostri sogni, delle nostre speranze. Rimane una costante voglia di rilettura, per cogliere i dettagli non visti, non detti, quel particolare buttato lì, capace di dare una nuova prospettiva all’insieme. Forse, una delle migliori opere di Lucarelli, capace di trasformare una cosa così poco poetica come una coda in autostrada, in un caleidoscopio di vite, dalle infinite combinazioni.
Giovanna Scalzo