L'irriverenza di tre Madri omosessuali e la lotta contro un'oscura oppressione: torna in libreria Eduardo Savarese



Le Madri della Sapienza
di Eduardo Savarese
Wojtek Edizioni, ottobre 2023

pp. 351
€ 18 (cartaceo)

Dopo i primi anni di vita, le Madri della Sapienza avevano iniziato a attirare attenzione non solo all’interno dei confini del paese, ma anche dall’estero, finanche da territori e nazioni remoti. Prima, si trattava soltanto di una curiosità un po’ sarcastica per lo strambo gruppo di persone chiuse in monastero a fare vita monacale, pur essendo tutti laici la maggior parte dei quali omosessuali dichiarati e militanti. Poi, la curiosità superficiale si era lentamente tramutata in un’osservazione più profonda dei riti, delle parole, dei gesti e dei modi di vita delle Madri (p. 25)

Eduardo Savarese torna (finalmente) in libreria pubblicando con Wojtek Edizioni questo romanzo che tocca tematiche a lui care, già trattate in altri suoi testi, quali l'omosessualità contrapposta alla fede (ricordo Lettere di un omosessuale alla Chiesa di Roma, edizioni e/o, 2015), e lo scontro tra dibattito politico e diritti delle persone appartenenti alla comunità queer/lgbt.
Anche questo lungo romanzo ha per protagonisti uomini e donne che rientrano nella dicotomia noi/loro: da una parte abbiamo Anselmo Riccardi, figlio di un onorevole omosessuale e progressista, appena eletto premier; dall'altra un gruppo di persone omosessuali, lesbiche e transessuali, capeggiate da tre fondatori/fondatrici, le Madri della Sapienza, (nel testo hanno sia nomi maschili che femminili, a sottolinearne la natura) Fernando, Luciano e Giorgio.

Le Madri della Sapienza erano innanzitutto tre uomini. Che si sentivano anche madri. E che avrebbero considerato riduttivo avere un priore e non una badessa, o una badessa senza un priore, e credevano, forse ingenuamente, che i molteplici aspetti della natura umana potessero coesistere e addirittura condensarsi in una sola creatura, purché fosse senza pregiudizio aperta alla vita e alle sue imprevedibili, inafferrabili trasformazioni. (p. 33)

Anselmo è un uomo apparentemente deciso, determinato, ambizioso in modo patologico: tutto ciò che rientra nella sfera dell'omosessualità, del "non-canonico", lo disgusta, specie perché il padre, Ruggero Riccardi, lo ha cresciuto in un ambiente, a detta sua, promiscuo. Nato da un ovulo donato da una donna sconosciuta e portato in grembo dalla migliore amica del padre, Anselmo si è plasmato con l'opposta volontà di imporre un modello di famiglia iper-tradizionale. Premier della destra italiana, mira, insieme all'aiuto di una misteriosa maga di nome Ulrica, a ristabilire l'ordine.

Il testo presenta molti elementi, se vogliamo, esoterici: la maga tedesca; la figlia stessa di Anselmo, Licia, una ragazzina di undici anni che vive delle vere e proprie estasi mistiche; la comparsa a circa metà del romanzo di un elemento (che non svelo per non anticipare la sorpresa) estremamente alienante, che riprende il tono aulico legato alla musica lirica (grande passione dell'autore) e alle storie di santi quali San Giorgio e San Michele Arcangelo.
Ma torniamo per un momento alle Madri:

Le Madri vivevano liberamente la loro sessualità, anche se il tempo e la saggezza avevano ricondotto le voglie di un tempo in binari più temperati. Come diceva Fernando di tanto in tanto: «È bello essere fuori dai giochi», quando si agitava intorno a loro una tempesta di testosteroni che un tempo li avrebbe aizzati subito come galletti. «Falsa», gli sibilava allora Luciano alle spalle perché non si era fuori dai giochi, ancora no, e lo sapevano benissimo (p. 51)

Fernando, Luciano e Giorgio fondano questa istituzione pseduo-religiosa non riconosciuta dalla Chiesa ma se ne fregano: vivono in un monastero pieno di pace e bellezza e accolgono persone come loro, turisti, fedeli, curiosi, come se quella fosse una sorta di comune illuminata. Pregano, certo, ma il loro comportamento è frizzante, esuberante, irriverente. Sono tre femminielli (se proprio dobbiamo dargli una definizione) che si riconoscono come omosessuali, ma anche come credenti e praticanti.
Questa contraddizione rende Anselmo pazzo.

Le Madri devono essere eliminate, i conflitti interiori risolti, la vendetta portata a termine. Ma, svariati colpi di scena renderanno la sua vita impossibile e coinvolgeranno non solo le tre Madri, ma anche la sua stessa famiglia, Licia, e sua moglie Barbara.
Dove sta la Sapienza? Nella volontà del potere di piallare le differenze e porre ordine o nell'apparente incongruenza delle Madri di fronte alla propria natura e alla propria fede? Savarese fa del romanzo un dialogo interiore a più voci per rispondere a questa domanda. Le vite stesse di Fernando, Luciano e Giorgio, raccontate attraverso lunghi flashback, sono spiegazioni, radici a cui tornare e, al tempo stesso, da cui prendere le distanze per definire se stessi in modo nuovo.
Tutti e tre sono omosessuali, tutti e tre hanno amato e perso, e quella fuga dal mondo, quel chiudersi in un monastero "fingendo" di essere badesse e priori, è metafora dei tempi attuali: perseguitare persone che hanno scelto di vivere in altri modi, magari diversi dal nostro, diversi da quello di Anselmo, non giustifica l'odio e la sopraffazione, politica e sociale, due elementi molto importanti nel romanzo.
La scrittura di Eduardo, ugualmente, corre su due binari: elegante e formale quando a parlare è il premier, divertente e insolente (con un pizzico di dialetto che non fa mai male) quando le voci sono delle Madri (e come potrebbe essere altrimenti, tra croci e boa di piume?)
La tematica mi è cara, dunque non posso che consigliarlo.
Un testo attuale, scorrevole, nonostante le oltre trecento pagine, in cui io ho avvertito riverberi di testi molto diversi tra loro - Scende giù per Toledo di Patroni Griffi (nell'irriverenza delle Madri), La vita intima di Ammaniti (nell'esplorazione della psicologia della "first lady" Barbara), e testi epici di mitologia norrena (capirete perché) - nonché varie incursioni nella musica lirica e nell'agiografia/agiologia.
La domanda che resta a galleggiare alla fine del testo è: sarebbe possibile davvero vivere come le Madri? E la politica potrebbe agevolare invece che combattere, in una società totalmente utopica, la vita libera di una fetta di popolazione che esiste e che è inutile rinnegare?

Deborah D'Addetta