L'epopea indiana di Salman Rushdie parla di scrittura, donne e la storia che ritorna: "La città della vittoria"


La città della vittoria
di Salman Rushdie
Mondadori, 2023

Traduzione di Stefano Mogni e Sara Puggioni

pp. 360
€ 22,00 (cartaceo)
€ 11,99 (ebook)

La storia di Bisnaga ebbe inizio nel quattordicesimo secolo dell'Era Volgare, nel sud di quella che oggi chiamiamo India, a Bharat, nell'Hindustan. Il vecchio re la cui testa, rotolando, mise in moto tutto non era un granché come monarca, solo il tipico sovrano posticcio che spunta fuori tra il declino di un grande regno e l'ascesa di un altro.

La storia di Bisnaga (Vijayanagara che significa Città della vittoria) inizia con una testa che cade, una delle numerose di quegli anni, e una guerra, una di quelle senza nome perché insignificanti e uguali a tutte le altre. In realtà qualcosa di diverso accade: le donne del principato sconfitto, quasi tutte vedove, si suicidarono in massa tra le fiamme di una pira accesa da loro. Tra queste Radha Kampana, la madre di Pampa Kampana, l'autrice del Jayaparajaya, capolavoro di ventiquattromila versi ritrovato tra le rovine di Bisnaga, sigillato in un vaso. Salman Rushdie torna in libreria e torna alla sua amata India, è nato a Mumbai, e lo fa utilizzando un espediente molto noto: il ritrovamento di un manoscritto (uno degli esempi più celebri è I Promessi Sposi), in questo caso un poema composto da una poetessa cieca vissuta fino a duecentoquarantasette anni, elemento della tradizione mitologica indiana molto presente nel romanzo.

Negli occhi di Pampa Kampana le fiamme che bruciano la madre e nelle narici l'odore delle sue carni bruciate, madre che la lascia da sola sena una parola, uno sguardo, avranno delle conseguenze e faranno nascere in lei una convinzione molto forte:

Avrebbe riso in faccia alla morte e si sarebbe rivolta verso la vita. Non avrebbe sacrificato il proprio corpo solo per seguire nell'aldilà degli uomini morti. Si sarebbe rifiutata di morire giovane e sarebbe vissuta, invece, per diventare incredibilmente, sfacciatamente vecchia.

Ed è qui che la dea omonima le dà la sua benedizione: grazie al suo potere sulle sponde del fiume Pampa sarebbe sorta una grande città e lei sarebbe stata parte importante dell'impero e sua cantrice.

Tu lotterai per assicurarti che nessun'altra donna sia mai più bruciata in questo modo, e che gli uomini inizino a considerare le donne con occhi nuovi […].

Ci troviamo nel XIV secolo e a pensarci sembrerà impossibile una società così all'avanguardia nei diritti delle donne. Vi svelo una cosa: all'epoca le donne avevano un'alta considerazione. Basta fare una semplice ricerca per scoprire che Vijayanagara è esistita davvero, capitale dell'omonimo impero che ebbe grande importanza, ed è possibile anche leggerne in breve la storia: provate a confrontarla con quella narrata da Rushdie e troverete moltissime somiglianze. Rushdie dunque ha scelto di utilizzare fatti reali (anche i nomi dei re che si sono succeduti, le famiglie, le battaglie) per scrivere un romanzo. In cosa consisterebbe quindi la fiction? Non si tratta, chiaramente, di una semplice riscrittura della storia di un impero decaduto perché l'autore ha aggiunto degli elementi interessanti che rendono la storia godibile e, in qualche modo, con spunti che meritano un approfondimento.

Riallacciandomi al discorso sulle donne, sappiamo che nella realtà le donne facevano parte dell'esercito come gli uomini. Questo elemento, questa differente visione del femminile, Rushdie l'ha ampliata, l'ha fatta diventare prima una vendetta e poi quasi una missione della nostra Pampa. Il personaggio di Pampa, una donna, funge da eroina di un poema, appunto, anche se particolare: donna, madre, poetessa, due volte regina, benedetta dalla dea, ottima combattente, creatrice dell'impero. In questa epopea creata da Rushdie, nel momento di massimo splendore dell'impero, le donne possono fare gli stessi mestieri degli uomini. Cosa manca? Una reggente, non una regina compagna del re, una regina a capo. Si apre quindi un altro punto saliente: le donne non hanno bisogno degli uomini. Pampa sarà, anche in questo caso, una reggente a tutti gli effetti quando il re in carica sarà impegnato in guerra. Le viene, dunque, finalmente riconosciuta saggezza, conoscenza anche in quanto creatrice del mondo, e pur non essendo sposata sta a capo, ma solo provvisoriamente, quindi un primo passo. Pampa sarà in grado di attendere il momento giusto per intervenire dopo un lungo esilio, così come saprà quando fare un passo indietro. Solo per fare di quel mondo che sente suo il migliore possibile. Però Pampa è anche un essere umano, e avrà sogni e desideri: vivrà su di sé il senso di fallimento, di sconfitta, di non essere vista, di essere una cattiva madre, farà sacrifici per un bene superiore, accetterà la morte di sopravvivere alla morte di chi ama, vivrà senza la vista e forse da quest'ultimo dolore trarrà maggiore consapevolezza di sé e del dono della dea: scrivere per non far cadere nell'oblio una storia come la sua e di Bisnaga (si pensi che anche nella realtà l'impero di Vijayanagara è ben poco ricordato).

Eppure, era chiaro a tutti e sei che questi angeli beneducati erano di gran lunga i più pericolosi, e gli uomini le guardavano con un miscuglio insolito di paura e desiderio, incapaci di esprimere il desiderio a causa della paura; e, così svirilizzati, dilaniavano le cosce di capra con una ferocia sempre più barbara, sperando che questo avrebbe dato loro almeno un'apparenza di virilità.

Le donne sono, come vediamo, un argomento molto consistente e in questa citazione Rushdie introduce un altro punto. È chiaro che una società in cui le donne hanno un grande spazio non può eliminare ogni pensiero diverso, specie se deriva da chi non è stato forgiato dal proprio creatore. Vediamo, come, il concetto di virilità si presenti con forza quando gli uomini sentono di aver perso il ruolo di difensore dei più deboli, donne incluse, che anzi sono anche più pericolose di loro oltre che bellissime. Questo sentimento di desiderio e paura richiama molto le discussioni che in questi ultimi anni hanno acceso la nostra società: i ruoli si sono invertiti, l'uomo è diventato più femminile ecc. ecc. Io credo che semplicemente si stia rendendo chiaro che differenze tra uomini e donne ci sono, ma nessuno è inferiore, in ogni campo, dell'altro e il concetto di virilità e femminilità, concetti intesi in senso negativo e dispregiativo, sono superati.

Tornando alla trama, proprio come in un'epopea, la storia di un impero vede intrighi, morti, nascite, cambi di potere, guerre. Gli anni di maggiore splendore di Bisnaga rendono questa capitale un centro culturale di tutte le arti, un luogo in cui tutte le religione sono ben viste, non ci sono tabù. Ma come è nato tutto, visto che prima di Pampa non esisteva? Il mondo viene creato grazie a dei semi magici che Pampa dona a due fratelli, Hukka e Bukka, da cui nascono palazzi, mura. E le persone? Compaiono anche loro da questi semi, inizialmente sembrano corpi senza anima, poi con dei sussurri che arrivano a ogni abitante ne crea la personalità e la storia, e di conseguenza la storia dell'impero senza passato. Anche questa vicinanza tra uomini e donne inizia a farsi certezza grazie ai sussurri, a essere contrari sono persone esterne che non sono state toccate dai sussurri.

In quel momento misterioso tra il sonno e il risveglio, ognuno di loro ascoltava la narrazione fantastica delle generazioni immaginarie della propria famiglia […] In questo modo, così come la popolazione civile della città, diventavano esseri umani, anche se le storie nella loro testa erano finte.

Mi ci soffermo per un motivo particolare: ho letto questa scelta dell'autore come volontà di parlare di scrittura, di creazione di un mondo letterario. I sussurri, le parole "uniche vincitrici" creano storie come queste, lo fanno da quando non esisteva la scrittura e continuano a farlo con la scrittura. Siamo di fronte alla forza delle parole e delle storie, in grado di creare mondi, distruggerli, modificarli, di dare vita ai personaggi e alle loro voci. Un passaggio chiarisce meglio il concetto:

Una volta creati i personaggi, si è vincolati alle loro scelte. Non si è più liberi di forgiarli nuovamente secondo i propri desideri. Erano quel che erano e avrebbero fatto quel che avrebbero fatto. Si chiamava "libero arbitrio".

Non si dice sempre che i personaggi si muovono in autonomia? Una volta scelto per loro il carattere, le peculiarità, la seguono e non cambiano se non forzatamente o per libera scelta. E Pampa, quando proverà a sussurrare ancora per risollevare le sorti dell'impero, troverà molta difficoltà perché gli anni sono trascorsi e un passato si è formato indipendentemente, ormai, da lei. Le credenze sono dure a morire e i personaggi ormai hanno la loro strada da seguire.

Il personaggio di Pampa e tutti gli eventi dei 250 anni di impero mettono in luce una grande verità: la storia si ripete, e non bastano un personaggio come Pampa Kampana ha modificarne il senso.

«Quando si parla di età dell'oro» disse «si pensa sempre che sia iniziato un nuovo mondo che durerà per sempre. Ma la verità su queste cosiddette età dell'oro è che non durano mai molto a lungo. Qualche anno, forse. Ci sono sempre problemi dietro l'angolo».

C'è sempre qualcuno o qualcosa che arriva a stravolgere lo status quo anche con un regnante illuminato e un popolo soddisfatto. La voglia di conquista e di potere è sempre esistita e l'animo umano è suscettibile di variazioni più o meno repentine.

[…] l'intelligenza e la stupidità umana, così come la natura umana, la parte migliore e la peggiore, sono le grandi costanti del mondo che cambia in ogni parte del mondo.

Viviana Calabria