"Pensieri della mosca con la testa storta": alle origini della coscienza con la riflessione di Giorgio Vallortigara

 



Pensieri della mosca con la testa storta
di Giorgio Vallortigara
Adelphi, 2021

pp. 221 
€ 20,00 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)
 

Continua con Pensieri della mosca con la testa storta la collana "Animalia" di Adelphi (trovate qui le recensioni ai volumi precedenti). Il focus ancora una volta si sposta, confermando il carattere eterogeneo della collana e in questo caso portandoci verso un’indagine sottilmente condotta sull’esperienza e sulla nascita della coscienza.
Esperto di neuroscienze e docente universitario, Giorgio Vallortigara da anni si occupa di studiare i sistemi nervosi e le menti animali, in particolare occupandosi di quelli che lui chiama “cervelli miniaturizzati”, come quelli delle api, o delle mosche citate nel titolo. Chi maneggerà il volume dovrà quindi abituarsi presto alla splendida incisività di capitoli come “La coscienza del verme”, “Cervelli per ogni occasione” o “Sentire il canto del grillo che non c’è”.
Il punto di partenza della riflessione è la constatazione che anche questi cervelli dal volume ridotto siano capaci di cose straordinarie e che quindi non si giustifichi con un’adeguata proporzionalità il surplus neuronale riscontrabile in altre creature, tra cui l’uomo stesso. È quindi ipotizzabile che l’intelligenza non dipenda dalla dimensione del cervello, e anzi la domanda ritornante che si pone, e ci pone, Vallortigara è proprio quale sia la funzione di una maggiore dotazione neuronale o cerebrale:
Se così tanto, in termini di processi di elaborazione delle informazioni, e quindi anche di varietà e flessibilità nei comportamenti, può essere ottenuto con un hardware tutto sommato modesto come quello a disposizione di un’ape o di una mosca, a che cosa potrebbe mai servire avere grandi cervelli con molti neuroni? (p. 74)
La risposta viene fornita subito, e sarà poi dimostrata nel corso del volume:
Sosterrò che le forme basilari della vita mentale non necessitino di grandi cervelli, e che il surplus neurologico che si osserva in alcuni animali sia probabilmente al servizio dei magazzini di memoria, non dei processi del pensiero o della coscienza. (p. 19)
I grandi cervelli possono quindi essere funzionali alla necessità di archiviare grandi masse di dati e informazioni, o ancora a quella di sviluppare competenze specializzate, oppure, come sostengono alcuni studiosi, ad avere materiali “di riserva” per fronteggiare il deterioramento cognitivo in caso di vite lunghe. Non a questo, però, sarebbe legata necessariamente l’intelligenza così come comunemente definita.
Al contrario, le forme rudimentali di una coscienza, intesa come esperienza sensibile del mondo esterno, possono essere ricondotte già a forme di vita molto essenziali, e in particolare alle prime intuizioni di una distinzione tra un sé e l’altro da sé, il mondo esterno. Un primo abbozzo rudimentale di pensiero sarebbe dovuto alla percezione di ciò che è diverso da sé, che si colloca oltre i confini delle proprie membrane, del proprio corpo. Attraverso il movimento volontario, e la sensibilità dei recettori, si inizia a distinguere la sensazione generata dal proprio agire nel mondo da quella del mondo che agisce a sua volta sul soggetto, si tratti pure di un organismo semplice come un’ascidia. Tutto questo, secondo Vallortigara, avverrebbe quindi indipendentemente dalla complessità del sistema nervoso.
Pensieri della mosca dalla testa storta è per tanti aspetti un saggio scientifico particolare. Innanzitutto ogni capitolo è introdotto da una citazione letteraria che ne anticipa i contenuti, in secondo luogo lo stile dell’autore, seppur preciso e puntualmente documentato, riesce a essere fluido e aneddotico, e quindi molto accattivante anche per il lettore non esperto. Anche gli esempi forniti sono talvolta tratti da romanzi o film, a indicare come la scienza afferisca sempre al mondo, e dal mondo importi anche gli strumenti per raccontarsi.
Non viene mai meno tuttavia il rigore scientifico e il continuo riferimento alle fonti e agli studi precedenti su cui Vallortigara fonda le sue teorie. Vengono riferite quindi scoperte veramente curiose, come il fatto che le api riescano a distinguere un quadro di Picasso da uno di Monet, che i piccioni, opportunamente preparati, siano in grado di riconoscere parole scritte ben formate, o che diverse specie animali siano sensibili alla pareidolia.
La trattazione procede sistematicamente, secondo una catena logica e sequenziale, per cui ogni capitolo aggiunge un piccolo tassello di informazione, e la relativa brevità di ognuno rende possibile sedimentare ogni passaggio prima di procedere oltre.
Per chi si interroga sulle origini della coscienza, sulle modalità di percezione del mondo animale, o chi desideri semplicemente uscire da una prospettiva specista, questa lettura potrebbe essere davvero illuminante.
 
 
Carolina Pernigo