La follia nazista raccontata da chi ci credeva ciecamente in “Erika Sattler” di Hervè Bel

 




Erika Sattler
di Hervè Bel
Edizioni Clichy, 25 gennaio 2022

Traduzione di Fabrizio Di Majo

pp. 303
€ 19,00 (cartaceo)
€ 9.99 (ebook)


Leggere Erika Sattler di Hervè Bel richiede di mettersi nella mente di una nazista e una fanatica del Terzo Reich, e non è stato facile attraversare questo romanzo fino alla fine, perché quello che per noi sarebbe inimmaginabile, per lei era la normalità, anzi era l’unico modo corretto di pensare. E allora ci domandiamo: com’è possibile che qualcuno creda così ciecamente a certe idee? Com’è potuto accadere?

Niente e nessuno riuscirà a scalfire Erika, nemmeno quando è costretta a rientrare in Germania per l’avanzata dell’armata russa e, dunque, quando la sconfitta è alle porte e le sue idee sono pronte a crollare come un castello di sabbia. Erika è in Polonia, a lavorare in una fabbrica, quando l’avvisano dell’arrivo dei russi e, insieme ad altri civili, è costretta a rimpatriare in Germania per evitare che i soldati dell’Armata Rossa li trovino. Inizia così questo romanzo, con la fuga di Erika. La ragazza sale su un camion per raggiungere la città di Polsen, dalla quale potrà prendere un treno per rientrare a Berlino, ma i piani non vanno secondo le attese. Il rimpatrio, al contrario delle aspettative della protagonista, non sarà così facile: le strade sono distrutte, la neve che cade copiosa e le migliaia di civili che stanno rientrando faranno del viaggio uno specchio dell’anima.

Nella zona di Polsen, città in cui dovrebbe partire un treno per Berlino, Erika incontrerà Katherine con il figlio piccolo Albert e insieme a lei inizierà questo viaggio, ma, poco dopo la partenza, arriva l’imprevisto. Costretta a fermarsi e a proseguire a piedi, come gli altri, Erika è destinata a incontrare molte figure diversissime tra loro, ma che saranno tutte lo specchio della stessa medaglia: dalla stessa Katherine, con la quale la protagonista non instaurerà mai un vero e proprio rapporto di amicizia, a un soldato disertore che l’aiuterà nel momento del bisogno quando tutti i suoi compagni di viaggio avevano perso la vita per un bombardamento russo, fino a un fanatico di cui Erika sarà contemporaneamente intimorita e affascinata e che la porterà a un rifugio per i civili tedeschi. Ognuno diverso per storia e carattere, ogni personaggio mostra come sia banalmente facile cadere in certe ideologie. Nonostante quello che vede, morti, miseria, distruzioni, vittime, Erika ci crede fino alla fine: la Germania nazista trionferà.

Agli occhi di Erika, la guerra era più che altro un’avventura lontana. Era inteso che mai la Germania sarebbe stata conquistata. Che ci fossero degli alti e bassi, certo, faceva parte del gioco… Ma che tutto potesse finire nell’annientamento della patria, non ci aveva mai pensato. Forse che si pensa che la terra, il sole e le stelle possano un giorno morire? (p. 107) 

Lontana ma, inevitabilmente, intrecciata alla storia di Erika è quella del marito, Paul. Entrato nelle SS solo per impressionare Erika, che aveva un debole per loro, aveva combattuto durante la campagna di Russia, nella quale era rimasto gravemente ferito. Viene poi riassegnato come guardia a un campo di prigionia, ed è allora che la sua coscienza inizia a chiedere il conto, a differenza di quella di Erika. Durante uno dei suoi giri di guardia, nota un prigioniero che si è addormentato per l’indicibile stanchezza, ma, invece di punirlo, Paul lo salverà, lo farà fuggire dal campo e lo nasconderà a casa sua. Purtroppo la Gestapo lo scoprirà e Paul farà a malapena in tempo a farlo scappare, quando sarà arrestato e condotto al quartier generale. Erika, al contrario, non sentirà la minima empatia verso il marito: nel suo viaggio o negli anni trascorsi in Polonia rivolgerà ben pochi pensieri a Paul e quei pochi saranno di biasimo e di vergogna per aver sposato un uomo che aiuta quelli considerati “inferiori”:

Ansiosi di farla finita, ubriachi fradici, adesso sparavano senza sosta, cancellando dalla faccia della terra, nello spazio di un secondo, delle vite intere, delle persone che avevano un nome, degli amori, dei drammi, dei pensieri maturati lentamente negli anni, come quel vecchio medico con il pizzetto… O come lui stesso, Paul. Era sconvolto dall’idea evidente, ma della quale ormai misurava appieno il significato, che si stavano uccidendo degli esseri umani. (p. 263)

In questo romanzo Hervè Bel ci costringe a entrare nella mente perversa, contorta e crudele di una nazista, facendoci così scoprire come questa abbia soggiogato i pensieri di un intero popolo, credendo ciecamente a folli idee sulla razza e sulla sua superiorità. Erika Sattler è un colpo al cuore, perché è difficile leggere, e soprattutto sapere, che ci sono state migliaia di persone con questo osceno punto di vista ed è altrettanto sorprendente accorgersi di come considerassero normali certe azioni o ideologie, al punto da apportare insane giustificazioni, come quella di Erika:

Chi non ha vissuto quei tempi non può sapere quello che i tedeschi devono a Hitler. Non bisogna dimenticarsene, adesso che le cose vanno male (p. 68).

Quella di Erika è una storia di una normalità folle quanto raccapricciante, ma che dobbiamo ricordare, per far sì che questo non accada più. Erika Sattler è reale, per quanto odiosa, perché rappresenta migliaia di donne che, come lei, hanno voluto credere a quest’ideologia.

Giada Marzocchi