Il creato in un fiocco di neve: "Il fiocco" di Bertrand Santini e Laurent Gapaillard

 


Il fiocco
di Bertrand Santini e Laurent Gapaillard 
L’ippocampo, 2021
 
Traduzione di Ottavio Fatica
 
p. 52
€ 22,00 (cartaceo)

 
È la sera di Capodanno, momento simbolico di passaggio tra una fine e un nuovo inizio. A Praga, all’inizio del XVII secolo, il Re decide di dare una festa, a cui partecipano tutti i grandi del reame.
Alla essenzialità dei versi di cui si compone il testo, concisi e quasi scarni (seppur evocativi e musicali nella bella traduzione di Ottavio Fatica), si contrappone la ricchezza opulenta delle illustrazioni, che campeggiano su ampie tavole con la sfarzosità delle architetture, l’affollamento caotico degli individui all’interno della corte, gli animali esotici portati in dono, la minuzia e la cura di ogni dettaglio.
Nonostante ciascuno degli invitati porti con sé un dono tanto più ricco quanto maggiore è la sua importanza, è l’astrologo a fare quello più gradito: un strumento ottico di nuova invenzione, un cannocchiale magico con cui scrutare l’universo, da puntare verso il cielo “con prudenza e devozione / Per tema che attraverso l’oculare / Emerga Dio in persona” (p. 14).
L’occasione è ghiotta anche perché da mesi è possibile osservare una cometa, la cui natura è ignota a uomini di scienza e di fede: si dibatte senza sosta sulle implicazioni possibili o sulla natura benevola o potenzialmente catastrofica del presagio celeste.
Quando ormai tutti sono rientrati alla festa e sul palazzo reale si è abbattuta una tempesta di neve, si presenta all’improvviso a palazzo Johann Keplero, matematico di corte e caro al re – minuscolo in mezzo ai notabili del regno, umile con il suo completo nero nello sfarzo generale. Il dono che lui porta al suo sovrano è apparentemente insignificante, “quasi Niente”, un fiocco di neve sul palmo di una mano. Eppure, a chi lo irride o si scandalizza per tanto ardimento, consiglia di rivolgere il cannocchiale verso il frammento di ghiaccio, svelandone il mistero e la meraviglia. I fiocchi infatti “sono lettere / Inviate dal Cielo, / Messaggeri del pensiero delle stelle” (p. 24).
Le immagini di Laurent Gapaillard, nel loro zoom progressivo, rivelano nell’infinitamente piccolo l’infinitamente grande. Il piccolo fiocco di neve disvela l’intero universo creato, le piante, gli animali, la metamorfosi di ogni cosa in ogni altra, il ciclo delle stagioni e delle esistenze, il sole intorno a cui tutto ruota e si articola. Il re esce quasi frastornato dalla visione, così come il lettore, che vorrebbe subito tornare indietro e immergersi nuovamente nella straordinarietà delle figurazioni, nel caleidoscopio virtuosistico in cui si esterna l’abilità del disegnatore.
La portata della rivelazione è indescrivibile: nel fiocco, il sovrano ha avuto l’improvvisa consapevolezza che l’uomo non è al centro dell’universo, che non per lui è stata concepita la Creazione. Siamo ben oltre la serena e appagante fiducia rinascimentale: la crisi travolge ogni certezza, ogni fede, ogni presunzione di superiorità (“Ho visto che uguali / Noi siamo agli Animali / E men che mai padroni / Nella nostra stessa Casa”, p. 33).
A poco valgono quindi le reazioni chiassose e scomposte, la stolidità dei potenti, la cecità dei consacrati, l’ostinata renitenza di non accetta il proprio decentramento. La vita, la natura, trionfano, il fuoco e la neve si prendono la propria rivincita e il mondo che brucia diventa, nell’ottica più grande dell’Universo, l’ennesima scintilla di un presagio, che può essere “di una fine o di un cominciamento”.
La domanda che pone il racconto, ispirato da un breve volume composto proprio da Keplero nel 1610, Strena seu de nive sexangula, è quantomai attuale ed è lasciata volutamente senza risposta. Sta all’essere umano decidere quale posizione assumere rispetto alle forze che lo trascendono, e di conseguenza quale rischio correre, quanto scontare la propria arroganza nel pretendersi superiore a tutto ciò con cui condivide la sua vita terrena. Non è un caso che sia proprio Keplero, incarnazione della scienza, a vedere in ciò che a prima vista è irrilevante la chiave del tutto, il relativismo che è anche la via per un più consapevole stare al mondo. Non è un caso pertanto che sia Keplero l’unico a poter scampare all’ordalia.
Pur essendo molto breve, il volume di Bertrand Santini e Laurent Gapaillard si rivela di grande spessore: la densità del messaggio, la qualità della resa grafica, le illustrazioni che ripropongono lo stile e l’iconografia delle incisioni cinquecentesche (le apprezzeranno particolarmente gli amanti di Albrecht Dürer) strizzano l’occhio soprattutto al lettore adulto. Ciò non toglie però che il racconto possa essere adatto anche a una lettura condivisa con un pubblico più giovane, magari da parte di un educatore che voglia sollevare una riflessione sulla tematica ambientale o sull’importanza della scienza e della ragione rispetto alle forze che vorrebbero metterle a tacere.
 
Carolina Pernigo


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