Filmare se stessi, filmare il dolore: "Monster" di Walter Dean Myers, una storia americana

 

Monster 
di Walter Dean Myers
Marcos y Marcos, 2021

Traduzione di Paolo Ippedico

272 pp.
€ 17 (cartaceo)
€ 17 (ebook)






C'è uno specchio sul lavello d'acciaio nella mia cella. È alto quindici centimetri ed è graffiato con i nomi di alcuni tizi che stavano qui prima di me. Quando guardo nel piccolo rettangolo, vedo una faccia che mi guarda, ma non la riconosco. Non mi assomiglia. Non posso essere cambiato tanto in pochi mesi. Mi chiedo se sarò lo stesso quando il processo sarà finito. (pp. 7-8)

Leggere Monster è come guardare un film. Sì, sembra proprio quel genere di frase fatta che si dice di molti libri, ma stavolta è vero, nel senso più completo e sfaccettato del termine.
Il romanzo cult di Walter Dean Myers, scrittore americano dalla lunga e prestigiosa carriera (la Library of Congress l'ha nominato portavoce nazionale della letteratura per ragazzi nel 2012-2013), è costruito come la sceneggiatura di un film scritto, diretto e interpretato dal sedicenne protagonista Steve Harmon, un ragazzo come tanti cresciuto ad Harlem con la passione per l'universo cinematografico e la voglia di guardare il mondo esterno da un obiettivo per metterlo in contatto con il suo mondo interiore.
Steve un giorno, all'improvviso, finisce tra le sbarre del Centro di Detenzione di Manhattan perché accusato di aver preso parte a un omicidio. Il lettore ignora come la vicenda si sia svolta, ma già dalle prime pagine respira la paura del ragazzo, l'ansia dell'essere rinchiuso in mezzo a persone violente, il dolore di essere chiamato "Mostro" di fronte a una giuria che deve decidere del suo destino. E soprattutto il dubbio di essere realmente un mostro. Scena dopo scena, come in un film in cui si alternano il qui e ora e la retrospezione, scopriamo cosa è successo quel drammatico giorno di fine estate in cui un uomo, Aguinaldo Nesbitt, ha perso la vita dentro il suo negozio di alimentari.
Sul banco degli imputati, oltre a Steve, c'è James King, uno dei due ragazzi accusati di aver commesso la rapina che ha portato all'omicidio. Attorno a loro tutti gli altri personaggi coinvolti nel processo: il Giudice, l'avvocato difensore di Steve, O'Brien, il Procuratore Zelante Petrocelli, i testimoni, i giurati. Ognuno di loro compare come oggetto di osservazione della macchina da presa di Steve, regista e soggetto quanto mai coinvolto nel racconto. La sua regia non è mai impassibile, ma ha tutta la forza emotiva dei primi piani espressionistici e del bianco e nero sgranato:
Qualche volta la macchina da presa si avvicina così tanto che non si capisce cosa ti sta succedendo e allora ti concentri sui suoni e tiri a indovinare. (p. 9)

L'aspetto psicologicamente più controverso della storia, come di tutte le narrazioni che hanno al centro un processo, è il dubbio, lo stare in bilico tra innocenza e colpevolezza, qui potenziato dal fatto che anche Steve nutre dubbi su se stesso. E nel buio ci muoviamo anche noi lettori, mentre i piani del sogno e della realtà si mescolano. Qual è la verità?

Walter Dean Myers ricostruisce la vicenda da più angolazioni registiche per ricordarci che non esiste mai un'unica verità in una storia. Ce ne sono tante quante gli incroci delle strade in cui si incontrano, di passaggio, i nostri destini. Tra ambivalenze, colpi di scena, stacchi e campi lunghi, entriamo non solo dentro l'anima del protagonista, ma facciamo capolino anche dentro quella degli altri personaggi coinvolti. I gesti e gli sguardi degli avvocati, soprattutto di O'Brien, diventano oggetto di studio per arrivare a un verdetto.
Molti si sono avvicinati a Monster a partire dal film diretto da Anthony Mandler disponibile su Netflix. 



Libro e film condividono l'ottima tenuta del ritmo, ma il romanzo si conferma un'esperienza ancora più potenziata perché nell'intrecciarsi dei piani il lettore ha la possibilità di immaginare tutto. Come fosse vestito Steve il giorno dell'omicidio, di che colore fosse il suo cappellino, quale luce filtrasse dalle finestre mentre sviluppava il suo girato, di che sfumatura di verde siano gli occhi dell'avvocato, il colore dolente del rosso sulla maglia della vittima e sulle divise dei detenuti.
Immaginando, viviamo mille versioni diverse di una storia che ne ha già tante e vediamo uno Steve innocente, uno colpevole, uno in perenne attesa di giudizio. Il lettore entra a far parte della giuria e ha la libertà di scegliere la propria versione dei fatti. 

Monster non è solo un'opera letteraria dalla fine costruzione narrativa - in qualche modo transmediale ante litteram - è anche un libro che racconta l'adolescenza come momento chiave della vita in cui si ha la possibilità di scoprire la differenza tra bene e male e di capire che spesso tra l'uno e l'altro passano veramente pochi passi, pochi metri.
"Scrivo per rendere visibili gli invisibili", disse l'autore, interessato a mettere in letteratura le storie degli adolescenti problematici di Harlem a cui il quartiere insegnava a essere "cattivi".
Il libro ci racconta che c'è sempre un'alternativa, così come una possibilità di riscatto. Sta nell'essere saldi dentro una propria verità e nel portarla avanti a costo di lottare contro il mondo e di essere chiamati Mostri da chi preferisce non riconoscerci umani. 

Claudia Consoli